Logo IeD

Brevi note a margine dell'ordinanza della Corte di Cassazione n. 27122/2020

Scritto da Federico Vinciguerra • dic 2020

Sintesi

I giudici della Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27122/2020 tornano sullo spinoso tema relativo alla natura del processo tributario. L’orientamento oramai divenuto maggioritario nella giurisprudenza attribuisce a quest’ultimo la connotazione di processo d’impugnazione-merito, considerandosi superata la visione dell’impugnazione-annullamento. La pronuncia in questione si colloca nel solco della discontinuità, ponendo interrogativi sulle attribuzioni del giudice tributario: l’operato dello stesso dovrebbe circoscriversi all’atto impositivo impugnato oppure estendersi sul rapporto obbligatorio d’imposta, nei limiti delle domande di parte?

Abstract

The Supreme Court of Cassation’s judges, with order no. 27122/2020, return to the thorny issue related to the nature of the tax process. The position, which has now become majority opinion in the case law, attributes an appeal-on-merit connotation to the tax process, considering that the view of the appeal-annulment has been superseded. The judgment in question follows a path of discontinuity, raising questions about the tax court’s powers: should a judges work be limited to contested tax acts or extend to mandatory tax ratios, within the limits of the party’s applications?.

Contenuto

1. Considerazioni preliminari

La recente pronuncia della Cassazione offre importanti spunti di riflessione sull’annosa questione relativa alla natura1 del processo tributario.

È andata oramai consolidandosi fra gli Ermellini la teoria dichiarativa,2 per la quale il processo tributario è di impugnazione-merito3 in contrapposizione alla teoria costitutiva,4 che qualifica il medesimo come di impugnazione-annullamento.5

Secondo l’indirizzo predominante fine ultimo del processo tributario non è il mero annullamento dell’atto impositivo impugnato, quanto l’accertamento del rapporto obbligatorio d’imposta tendente ad una pronuncia sostitutiva6 della dichiarazione resa dal contribuente e del provvedimento dell’Amministrazione Finanziaria, nei vincoli posti dalle domande di parte.

Evidentemente, al di fuori dell’ipotesi in cui l’atto impugnato sia viziato da errori formali7 che impediscano l’esame di merito, in tutte le altre circostanze è dovere-potere del giudice tributario esaminare il rapporto d’imposta, non potendosi il giudizio esaurire in una statuizione di carattere caducatorio.8

Con riferimento a quest’ultimo aspetto, affermato e ribadito a più riprese nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, si assiste, a giudizio di chi scrive, ad un dietrofront nell’ordinanza n. 27122/2020.


2. Ordinanza Cassazione n. 27122/2020: ombre sulla natura del processo tributario

La disputa tra Amministrazione Finanziaria e contribuente (S.p.A.) trae origine dalla notifica di due avvisi di accertamento, relativi ai periodi d’imposta 2008 e 2009, con i quali si contestava l’errata contabilizzazione di ricavi avvenuta rispettivamente nelle annualità 2007 e 2008.

La società impugnava gli avvisi di accertamento e, contemporaneamente, presentava dichiarazioni integrative (a sfavore per l’annualità 2009 e a favore per il 2008).

A valle delle stesse, la contribuente avanzava un’istanza di rimborso IRAP per l’anno 2008, considerato che, a fronte delle correzioni operate, i versamenti risultavano eccedenti.

L’AdE declinava la sopracitata istanza e la contribuente, di conseguenza, impugnava dinanzi alle Commissioni (prima provinciale e poi regionale) il diniego oppostole.

Le motivazioni della società non venivano accolte, la Commissione Tributaria Regionale, nello specifico, riteneva tardive le dichiarazioni integrative (oltre il termine ex art. 2,9 commi 8 e 8-bis del D.P.R. n. 322/1988, ovvero per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo) e non operabile il rimborso richiesto in quanto, nel frattempo, con sentenza passata in giudicato gli avvisi di accertamento, a monte notificati alla contribuente, erano stati annullati, così cristallizando i contenuti delle dichiarazioni originarie.

La società, dunque, si rivolgeva alla Corte di Cassazione, lamentando la tempestività nella presentazione delle dichiarazioni integrative e censurando l’operato della Commissione Tributaria Regionale che aveva, erroneamente, decretato la definitività delle dichiarazioni dei redditi, inizialmente rese dalla contribuente, alla luce dell’annullamento degli avvisi di accertamento.

Gli Ermellini, con pronuncia n. 27122/2020, rigettavano la doglianza della società attinente la puntualità nella presentazione delle dichiarazioni integrative, a contrario ritenendo ammissibile l’istanza di rimborso.

Proprio in merito a quest’ultimo aspetto, il procedimento esperibile ai sensi dell’art. 3810 del D.P.R. n. 602/1973 costituisce un’ulteriore possibilità per il contribuente, concorrente e non alternativa alla proponibilità di dichiarazioni integrative.

Da un lato, infatti, la scelta di emendare gli errori commessi attraverso il rimedio dell’integrativa afferisce, come succintamente argomentato dai giudici della Suprema Corte, al campo applicativo dell’accertamento fiscale, viceversa l’istanza di rimborso11 è riconducibile al diverso piano della riscossione dei tributi.

Con riferimento, invece, alla definitività delle dichiarazioni dei redditi presentate dalla società in origine, effetto discendente dall’annullamento degli avvisi di accertamento, gli Ermellini accoglievano la tesi sostenuta dalla contribuente.

Infatti, si riconoscono come unici limiti alla emandabilità delle dichiarazioni l’inoppugnabilità del provvedimento impositivo, ovvero lo spirare dei termini previsti per la rettifica (attraverso integrativa e/o rimborso).

Seguendo l’iter logico proposto dai giudici, la pronuncia circoscritta all’annullamento degli atti impositivi, in assenza di statuizioni giudiziali di merito che incidano sul rapporto di imposta (sia in senso confermativo del quantum debeatur presentato dal contribuente tramite dichiarazione, sia in senso sostitutivo), non determina il consolidamento dei contenuti della dichiarazione originaria, che pertanto può essere sia emendata dal contribuente che oggetto di nuove verifiche da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

La conclusione della Cassazione si colloca in una posizione di discontinuità rispetto a quanto finora affermato dalla stessa in altre sentenze.

I giudici, quasi a volere intercettare accuse legittime cui potrebbero incorrere, difendono il modus operandi adottato e conseguentemente gli approdi raggiunti attraverso quella che appare una mera excusatio non petita: “Né può ritenersi ostativo a tale ricostruzione l’orientamento interpretativo - ampiamente condiviso da questa Corte - secondo il quale il processo tributario si assume quale tipico strumento di “impugnazione-merito”, con il risultato di attribuire alla decisione giurisdizionale un ruolo non meramente rescindente dell’atto di accertamento, ossia limitato all’accertamento del diritto all’annullamento, ma anche prescrittivo-sostitutivo nella rideterminazione del contenuto effettivo della pretesa tributaria contestata, sia in caso di rigetto, che in caso di accoglimento del ricorso”.12

Se, la ricostruzione degli Ermellini fosse stata pacificamente in linea con l’orientamento oramai consolidatosi in seno alla Suprema Corte, invero non avrebbe necessitato di una simile arringa difensiva mirante alla captatio benevolentiae dei più.

La pronuncia in esame svilisce la natura di impugnazione-merito del processo tributario, ponendosi in contrasto con precetti solidi che, quasi in automatismo, venivano affermati dai giudici di Cassazione.

Si assiste ad un’involuzione13 ingiustificata di processo tributario, ammettendone la caratterizzazione tipicamente demolitoria ascrivibile ai sostenitori della teoria costitutiva.

Infatti, secondo quanto emerso dall’ordinanza in questione, il giudice può limitarsi all’annullamento dell’atto impositivo anche in ipotesi diverse dalla presenza di gravi vizi formali che impediscano l’esame di merito del rapporto obbligatorio di imposta.14

Non può passare in sordina la decisione assunta dalla Cassazione perché non solo riapre un dibattito di matrice teorica sulla natura del processo tributario, che appariva risolto, ma anche e soprattutto per le conseguenze pratiche.

Il giudice che si trovi dinanzi ad un provvedimento impositivo di cui ravvisi l’infondatezza, non per ragioni formali ma di carattere sostanziale, potrebbe arbitrariamente esimersi dal quantificare la pretesa tributaria (chiaramente nei confini tracciati dal petitum delle parti), limitandosi all’annullamento dell’atto.

Un altro giudice, nelle stesse condizioni, potrebbe e dovrebbe andare oltre l’atto impugnato, unico strumento a disposizione del contribuente per accedere alla tutela,15 esaminando il rapporto obbligatorio d’imposta con l’obiettivo di emettere una pronuncia sostitutiva16 che determini nella corretta misura il quantum debeatur.17

Nella prima delle casistiche tratteggiate il processo tributario regredisce investendo meramente il provvedimento impositivo, ed il giudice si spoglia dei poteri di controllo, valutazione e determinazione della pretesa che rientrerebbero pienamente nel suo raggio d’azione.18

Non si comprende la direzione che la Suprema Corte di Cassazione ha inteso imboccare, la sensazione è quella di un passo indietro sulla natura del processo tributario inteso come d’impugnazione-merito, ma allo stesso tempo il risultato ottenuto è ambiguo, ammettendosi un sistema “ibrido” deputato a volte al mero annullamento dell’atto impositivo altre all’analisi del rapporto obbligatorio d’imposta, in assenza di una chiara linea di condotta che regoli l’attività dei giudici.

Infine, si aggiunga come gli stessi Ermellini prima di tale ordinanza avessero criticato, ripetutamente, una simile soluzione, invocando perfino il vizio di omessa pronuncia,19 ex art. 11220 del codice di procedura civile, laddove il giudice venendo meno a quelle che sono le attribuzioni riconosciute dalla legge, non avesse emesso un provvedimento risolutorio della questione portata alla sua attenzione.


3. Conclusioni

La pronuncia della Suprema Corte, come visto nel corso della dissertazione, appare come un fulmine a ciel sereno nel panorama giurisprudenziale relativo alla natura del processo tributario.

I contenuti dell’ordinanza risultano, a parere di chi scrive, assolutamente desueti, affermazioni appartenenti ad una dialettica superata.

L’incoerenza delle argomentazioni salta ancor più all’occhio perché squarcia, senza però la pretesa di sconvolgere, un puzzle già completo.

Non si coglie nelle parole adoperate dagli Ermellini una fervida volontà innovativa, piuttosto, gli stessi mostrano titubanza nelle conclusioni rese affermando e difendendo nel medesimo tempo l’iter logico seguito.

Il risultato raggiunto è stravagante, si afferma un’impostazione oramai retrò che stona soprattutto alla luce di una sfilza di pronunce (ascrivibili ai medesimi giudici di Cassazione) che muovono in tutt’altra direzione.

Il processo tributario non può essere incluso all’interno della categoria dell’impugnazione-annullamento, questo il leitmotiv caratteristico delle sentenze degli Ermellini; pertanto i giudici non devono meramente soffermarsi sull’atto impositivo ma devono mirare, nei limiti posti dalle domande di parte, ad indagare sul rapporto obbligatorio d’imposta con l’obiettivo di emettere una pronuncia che definisca nella corretta misura il quantum debeatur.

Si tratta, dunque, di un processo a cognizione piena, dove per il giudice tributario l’indagine di merito costituisce un vero e proprio dovere istituzionale, il cui inadempimento dovrebbe, a tutti gli effetti, ricadere nel vizio di omessa pronuncia ex art. 112 del Codice di procedura civile.

Non può ritenersi plausibile il contenuto dell’ordinanza n. 27122/2020, che giustificherebbe l’esistenza di un doppio binario comportamentale da parte dei giudici.

Infatti, gli Ermellini non si assumono la responsabilità di negare la qualificazione di processo tributario come d’impugnazione-merito, piuttosto ammettono anche una sua connotazione d’impugnazione-annullamento, laddove non si ravvisino delle statuizioni giudiziali (confermative o sostitutive) attinenti al rapporto d’imposta.

Concludendo, ci si auspica che la Suprema Corte possa ravvedersi sugli errori commessi, evitando vano protagonismo in un dibattito teorico che ha da tempo raggiunto una solida quadratura.

1 Si veda per un excursus sui diversi orientamenti G.M. Cipolla, Processo tributario e modelli di riferimento: dall’onere di impugnazione alla impugnazione facoltativa, in Riv. Dir. Trib., 2012, I, p. 957, e F. Tesauro, Processo Tributario, in Dig. Disc. Priv. Sez. Comm., Agg., II, 2007, p. 697.

2 Si veda E. Capaccioli, La nuova disciplina del contenzioso tributario: le fasi innanzi alle Commissioni di primo e di secondo grado, in Il contenzioso tributario, Atti del Convegno di Sanremo, 2-3 marzo 1974, Padova 1975, e C. Bafile, Introduzione al diritto tributario, Padova, 1978.

3 Tale definizione viene utilizzata per la prima volta da P. Russo, Diritto e processo nella teoria dell’obbligazione tributaria, Milano, 1969, 286; si veda anche ID., Il nuovo processo tributario, Milano, 1974, in nota, p. 79; ID., L’accertamento tributario nel pensiero di Enzo Capaccioli: profili sostanziali e processuali, in Riv. Dir. Trib. 2010, I, 661. Inoltre si vedano C. Bafile, Il nuovo processo tributario, Padova, 1994, p. 271, G. Fransoni, Spunti ricostruttivi in tema di atti impugnabili nel processo tributario, in Riv. Dir. Trib., 2012, p. 980, F. Terrussi, Assetto del processo tributario, funzione della sentenza e actio iudicati, in Diritto e processo tributario, 1/2015, pp. 59 e ss., A. Fantozzi, Diritto Tributario, Torino, 1991, G. Porcaro, Il ruolo del giudice tributario nella dinamica della tutela giurisdizionale. Stato degli atti e prospettive, in Diritto e processo tributario, 2/2016, pp. 207 e ss., e C. Beccalli, Conforme sulla natura del processo tributario: per la Cassazione è giudizio di impugnazione-merito, nota a Cass. n. 25104/2008, in Il fisco, n. 44/2008, pp. 1-7896.

4 Cfr. G. Falsitta, Manuale di diritto tributario - parte generale, Cedam, Padova, 2010; C. Glendi, L’oggetto del processo tributario, Padova, 1984; ID., Impugnazione del diniego di autotutela e oggetto del processo tributario, in GT - Riv. giur. trib., n. 6/2009, pp. 473 e ss.; F. Tesauro, Manuale del processo tributario, Giappichelli, Torino, 2009, pp. 75 e ss..

5 Cfr. C. Glendi, L’oggetto del processo tributario, Padova, 1984.

6 Cfr. A. Turchi, L’azione tributaria di impugnazione fra modelli tradizionali e recenti interpretazioni giurisprudenziali (The tax action of impugnation between traditional models and recent jurisprudential interpretations), in Rivista Trimestrale di Diritto Tributario, n. 1/2017, pp. 169 e ss, M. Basilavecchia, Funzione impositiva e forme di tutela, II ed., Torino, 2013, pp. 147 e ss; vedi anche F. Randazzo, Rapporto tra iscrivibilità a ruolo degli importi non contestati e decadenza dell’Amministrazione finanziaria, in Riv. giur. trib., 2013, p. 584.

7 Cfr. F. Farri, Impugnazione-merito e ‘vizi formali’ nell’attuale processo tributario, in Riv. Dir. Trib., n. 6/2018, I, pp. 659 e ss..

8 Per quanto concerne alcune pronunce giurisprudenziali sul tema si annoverano la sentenza della Cassazione n. 22937/2013 che testualmente riporta «Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo cui il processo tributario non è annoverabile tra quelli di impugnazione-annullamento, bensì tra quelli di impugnazione-merito, in quanto non diretto alla mera eliminazione dell’atto impugnato, bensì alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva, sia della dichiarazione resa dal contribuente, sia dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria. Ne discende che, qualora il giudice tributario ravvisi la parziale infondatezza – il principio non si attaglia, invero, per evidenti ragioni, all’ipotesi di totale nullità dell’atto impositivo – della pretesa fiscale dell’amministrazione, non deve, né può, limitarsi ad annullare l’avviso di accertamento, ma deve quantificare la pretesa tributaria ritenuta corretta, entro i limiti posti dal petitum delle parti», in Banca dati Pluris Wolters Kluwer, la pronuncia Cassazione n. 20052/2014 secondo cui «L’impugnazione davanti al giudice tributario attribuisce a quest’ultimo la cognizione non solo dell’atto, come nelle ipotesi di “impugnazione-annullamento”, orientate unicamente all’eliminazione dell’atto, ma anche del rapporto tributario, trattandosi di una cd. “impugnazione-merito”, perché diretta alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria, implicante per esso giudice di quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dalle domande di parte; ne consegue che il giudice che ritenga invalido l’avviso di accertamento non per motivi formali, ma di carattere sostanziale, non deve limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria, e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte», in Banca dati Pluris Wolters Kluwer. Si confronti, inoltre, Cass., 3 agosto 2016, n. 16154, in Banca dati Pluris Wolters Kluwer; Cass., Sez. V, 6 marzo 2015, n. 4574, in Corr. Trib., 1466, con nota di F. Pistolesi, La natura “sostitutiva” della sentenza tributaria rispetto all’atto impugnato; Cass., Sez. un., 16 gennaio 2015, n. 640, in GT - Riv. giur. trib., 2015, p. 557; Cass., 28 agosto 2013, n. 19710, in GT - Riv. giur. trib., 2014, 47, nota di M. Basilavecchia, La sentenza tributaria terzo atto di accertamento?

9 Art. 2, comma 8 D.P.R. n. 322/1988: «Salva l'applicazione delle sanzioni e ferma restando l'applicazione dell'articolo 13 del Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, le dichiarazioni dei redditi, dell'imposta regionale sulle attivita' produttive e dei sostituti d'imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l'indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d'imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all'articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d'imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dall'articolo 43 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600».

Art. 2, comma 8-bis D.P.R. n. 322/1988: «L'eventuale credito derivante dal minor debito o dal maggiore credito risultante dalle dichiarazioni di cui al comma 8 puo' essere utilizzato in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del Decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Ferma restando in ogni caso l'applicabilita' della disposizione di cui al primo periodo per i casi di correzione di errori contabili di competenza, nel caso in cui la dichiarazione oggetto di integrazione a favore sia presentata oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, il credito di cui al periodo precedente puo' essere utilizzato in compensazione, ai sensi del citato articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa; in tal caso, nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa è indicato il credito derivante dal minor debito o dal maggiore credito risultante dalla dichiarazione integrativa. Resta ferma in ogni caso per il contribuente la possibilita' di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull'obbligazione tributaria, determinando l'indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d'imposta o, comunque, di un minore credito».

10 Art. 38 D.P.R. n. 602/1973: «Il soggetto che ha effettuato il versamento diretto puo' presentare all'intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede il concessionario presso la quale è stato eseguito il versamento istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del vesamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento […]».

11 Cfr. sentenza Cass., Sez. V, 6 luglio 2011, n. 14932; Cass., Sez. V, 16 luglio 2019, n. 19002; Cass., Sez. V, 15 marzo 2019, n. 7389; Cass., Sez. V, 11 maggio 2018, n. 11507; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27583.

12 Cit. Ordinanza Corte di Cassazione 27.11.2020 n. 27122 in Rassegna Giurisprudenza - Eutekne online.

13 Cfr. P. Semeraro - G. Infranca, L’annullamento dell’atto non preclude l’emandabilità della dichiarazione, in Eutekne.info, articolo del 28 novembre 2020.

14 In tal senso si cfr. Sentenza Cass. Civ., 25 giugno 2020, n. 12597 che testualmente riporta: «Il processo tributario è a cognizione piena e tende all’accertamento sostanziale del rapporto controverso, con la conseguenza che solo quando l’atto di accertamento sia affetto da vizi formali a tal punto gravi da impedire l’identificazione dei presupposti impositivi e precludere l’esame del merito del rapporto tributario - come nel caso in cui vi sia difetto assoluto o totale carenza di motivazione il giudizio deve concludersi con una pronuncia di semplice invalidazione, ostandovi altrimenti il principio di economia dei mezzi processuali, che consente al giudice di avvalersi dei propri poteri valutativi ed estimativi ai fini della decisione e, in forza dei poteri istruttori attribuiti dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, di acquisire “aliunde” i relativi elementi, prescindendo dagli accertamenti dell’Ufficio e sostituendo la propria valutazione a quella operata dallo stesso».

15 Si veda F. Tesauro, Il processo tributario tra modello impugnatorio e modello dichiarativo, in Rassegna Tributaria, n. 4 del 2016, p. 1036.

16 Cfr. D. Nolè - R. Lupi, Processo tributario e processo amministrativo: il senso dell’impugnazione merito, in Dialoghi Tributari, n. 1 del 2013. Si veda anche Cassazione, ordinanza 21 febbraio 2020, n. 4647, in Banca dati Eutekne, che testualmente recita: «La CTR, pertanto, una volta ritenuta la parziale infondatezza della pretesa fiscale, anziché pronunciare una sentenza priva di contenuto precettivo certo, attuale e concreto, avrebbe dovuto esercitare la propria valutazione di merito sostitutiva dell’atto impositivo, “che è oggetto dei poteri del giudice tributario oltre che suo preciso dovere istituzionale”». Si confronti, infine Cassazione, ordinanza 2 luglio 2020, n. 13523, in Banca dati Eutekne, nell’inciso che recita: «In base a questi principi, la sentenza della Commissione tributaria regionale non avrebbe dovuto annullare per intero l’accertamento, ma sostituire, al suo interno, la determinazione del reddito che avrebbe potuto determinare con un elementare calcolo matematico».

17 Cfr. S. Eusepi, Legittima la rideterminazione “sostitutiva” del giudice basata sul concreto stato aziendale - Processo tributario - Il sindacato giurisdizionale sull’atto impugnato: fondamento e limiti del potere “sostitutivo” del giudice tributario, in GT - Rivista di Giurisprudenza Tributaria” n. 8 del 2020, p. 706.

18 Cfr. Cass., ord. 21 novembre 2013, n. 26157, in Banca dati Eutekne, che testualmente recita: «[…] Da ciò non ha tratto però le debite conseguenze circa la necessità di sostituire la propria valutazione a quella dell’Amministrazione in ordine alla soluzione della questione liquidatoria, e espressamente provvedendo sull’implicita domanda della parte pubblica ottenere un positivo accertamento dell’ammontare dell’imposta dovuta, oggetto dei poteri del giudice tributario oltre che suo preciso dovere istituzionale».

19 Cfr. Cassazione, Sez. 5, Sentenza del 12 luglio 2006, n. 15825, in Banca dati Eutekne. Si veda anche con riferimento a quest’ultimo aspetto, Cassazione, ordinanza 5 ottobre 2020, n. 21290, in Banca dati Eutekne che testualmente riporta: « […] e senza che ciò costitutisca attività amministrativa di nuovo accertamento, rappresentando invece soltanto l’esercizio dei poteri di controllo, di valutazione e di determinazione del quantum della pretesa tributaria, oppure costituisca violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e epronunciato, essendo chiaramente consentito al giudice tributario, in un giudizio che non è solo “sull’atto”, da annullare, ma anche e principalmente sul rapporto sostanziale tra amministrazione finanziaria e contribuente […]». Stesse conclusioni si ravvisano in Cassazione, ordinanza 25 giugno 2020, n. 12587, in Banca dati Eutekne.

20 Art. 112 del Codice di procedura civile, rubricato “Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato”: «Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti».