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Cambiamenti climatici e carbon neutrality: un vero obiettivo o solo un’utopia?

Scritto da Aurora De Roma • lug 2022

Sintesi

Il cambiamento climatico si manifesta, oggi, in termini di fenomeni devastanti, che obbligano gli Stati ad intervenire, tenendo conto che, ogni anno, vi sono circa cinque milioni di morti a causa degli effetti del cambiamento climatico, ovvero per l’innalzamento e l’abbassamento delle temperature. Il cambiamento climatico è un problema che va affrontato necessariamente sul piano globale, non essendo sufficiente, infatti, che un singolo Paese adotti le migliori prassi possibili, perché ciò non può essere risolutivo. Attualmente, tuttavia, è necessario soffermarsi sulle scelte di diritto interno, fino a quando la comunità internazionale non comincerà a correre senza eccezioni, fino a quando gli Stati non inizieranno a discutere delle stesse regole, degli stessi principi, degli stessi valori, a livello di regole di diritto internazionale più serie e di regole europee più convinte e più incisive. Fino a quando non ci sarà una più ampia convergenza a livello sovranazionale, le legislazioni statali devono fare la loro parte. Una delle principali cause dei cambiamenti climatici è indubbiamente rappresentata dall’aumento di CO2 Per contrastare i rischi legati al cambiamento climatico e mitigarne le conseguenze, è necessario proseguire con estrema determinazione nel percorso di decarbonizzazione, come è stato sancito dalle intese raggiunte dalla comunità internazionale, nonché dall'accordo di Parigi del 2015 È necessario, quindi, raggiungere l'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050. Chiaramente, ciò comporta l'assunzione di responsabilità e di impegni a livello globale, con politiche di mitigazione climatica sempre più stringenti.

Abstract

Climate change is manifested today in terms of devastating phenomena, which oblige States to intervene, taking into account that, every year, there are about five million deaths due to the effects of climate change, that is to say due to the increase and the 'lowering of temperatures. Climate change is a problem that must necessarily be tackled on a global level, as it is not sufficient for a single country to adopt the best possible practices, because this cannot be decisive. Currently, however, it is necessary to dwell on the choices of domestic law, until the international community begins to run without exception, until the States begin to discuss the same rules, the same principles, the same values, at the level of more serious rules of international law and more convinced and more incisive European rules. Until there is broader convergence at the supranational level, state legislations must play their part. One of the main causes of climate change is undoubtedly represented by the increase in CO2. To combat the risks associated with climate change and mitigate its consequences, it is necessary to continue with extreme determination on the path of decarbonization, as was enshrined in the agreements reached by the international community, as well as by the Paris Agreement. It is therefore necessary to reach the goal of climate neutrality by 2050. Clearly, this involves the assumption of responsibilities and commitments at a global level, with increasingly stringent climate mitigation policies.

Contenuto

1. Introduzione

Il cambiamento climatico si manifesta, oggi, in termini di fenomeni violenti: tempeste, innalzamento dei mari, erosione costiera, incendi, che obbligano gli Stati ad intervenire, tenendo conto che, ogni anno, vi sono circa cinque milioni di morti a causa degli effetti del cambiamento climatico, ovvero per l’innalzamento e l’abbassamento delle temperature. Si tratta, quindi, di una dimensione drammatica, non emergenziale, di un fenomeno che deve essere affrontato. (1)1Il modo più semplice per indicare il cambiamento climatico è “Groenlandia”, il cui nome è dovuto al fatto che un tempo era verde, mentre chi oggi la sorvola si rende conto che è grigia e bianca. Indubbiamente, vi è sempre stato un legame tra industria e ambiente: leggendo, infatti, l’articolo di Pasolini sulle lucciole, l’Autore avverte che lo sviluppo del triangolo industriale avrebbe comportato dei cambiamenti nell'ambiente, ma sicuramente in una dimensione limitata, non globale come quelli a cui oggi assistiamo. (2)2

Il cambiamento climatico è un problema che va affrontato necessariamente sul piano globale, non essendo sufficiente, infatti, che un singolo Paese adotti le migliori prassi possibili, perché ciò non può essere risolutivo. (3) Attualmente, tuttavia, è necessario soffermarsi sulle scelte di diritto interno, fino a quando la comunità internazionale non comincerà a correre senza eccezioni, (pensiamo alla Cina o ai Paesi in via di sviluppo) fino a quando gli Stati non inizieranno a discutere delle stesse regole, degli stessi principi, degli stessi valori, a livello di regole di diritto internazionale più serie e di regole europee più convinte e più incisive. Fino a quando non ci sarà una più ampia convergenza a livello sovranazionale, le legislazioni statali devono fare la loro parte. Una delle principali cause dei cambiamenti climatici è indubbiamente rappresentata dall’aumento di CO2. Se si osserva la concentrazione di CO2 nell'atmosfera, è possibile rendersi conto che, negli ultimi 800.000 anni, essa ha oscillato tra 160 parti per milioni e 300 parti per milioni, mentre solo negli ultimi 50 anni è stata caratterizzata da una crescita esponenziale, senza precedenti, raggiungendo recentemente il livello di 417 parti per milioni. Tutto ciò può avere impatti economici e geografici significativi per gli ecosistemi, determinando, in particolare, l'aumento della temperatura globale fino a 2°C. Aumenti delle temperature superiori a 1°C, secondo gli scienziati, potrebbero avere conseguenze potenzialmente catastrofiche per il nostro pianeta e per gli ecosistemi naturali, comportando impatti estremamente differenziati nelle varie aree del globo e provocando, inevitabilmente, tensioni negli equilibri geopolitici, anche in termini di effetti negativi sui flussi migratori, sui rischi per la salute e l'ambiente, sull’instabilità politica e sulla conflittualità sociale. Per contrastare i rischi legati al cambiamento climatico e mitigarne le conseguenze, è necessario proseguire con estrema determinazione nel percorso di decarbonizzazione, come è stato sancito dalle intese raggiunte dalla comunità internazionale, nonché dall'accordo di Parigi del 2015. (4) 3

È necessario, quindi, raggiungere l'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050. Chiaramente, ciò comporta l'assunzione di responsabilità e di impegni a livello globale, con politiche di mitigazione climatica sempre più stringenti.

Nell'accordo di Parigi del 2015 è presente un concetto estremamente importante, che è quello di responsabilità condivise ma differenziate, (5) perché è un fatto acclarato che solitamente i contributi alle emissioni sono molto differenziati tra i Paesi su scala globale. È chiaro, infatti, che i Paesi sviluppati hanno contribuito molto di più alle emissioni rispetto ai Paesi emergenti e soltanto di recente il loro contributo emissivo è calato, passando dal 70% del 1971 al 36% del 2018. L'economia cinese, invece, sta crescendo e ciò comporta un aumento vertiginoso delle emissioni inquinanti: in Cina, la produzione di carbone è passata dal 13,6% della produzione mondiale nel 1973 a quasi il 50% nel 2020. Per tali ragioni, il tema della responsabilità condivisa ma differenziata è estremamente importante ed è stato oggetto della recente COP26, sottolineando che vi sono diverse traiettorie di sviluppo e non tutti i Paesi hanno le stesse capacità in termini di diffusione tecnologica, per iniziare e portare avanti una transizione ecosostenibile in tempi brevi.


2. L’Agenda 2030 e il Green Deal europeo

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma di azione internazionale, il cui scopo consiste nel promuovere uno sviluppo sostenibile globale. Sono 193 gli Stati membri ONU che hanno sottoscritto l’Agenda 2030 nel settembre 2015, tra cui l'Italia, individuando 17 obiettivi “comuni”. (6) Sono “comuni” gli obiettivi che riguardano non solo tutti i Paesi, ma anche tutti gli individui perché “nessuno è escluso, né deve essere lasciato indietro, sulla strada che conduce allo sviluppo sostenibile”.

Con riferimento alla nozione di “sviluppo sostenibile”, merita rilevare l’evoluzione che essa ha vissuto nel corso del tempo. Originariamente, nell’ambito della conferenza di Stoccolma tenutasi nel 1972, la sostenibilità era inquadrata in una dimensione essenzialmente ed esclusivamente ambientale;(7) 4solo nel 1987, con l'istituzione, presso l'ONU, della Commissione mondiale su sviluppo e ambiente, è stata elaborata una definizione di sviluppo sostenibile maggiormente articolata, indicando, in particolare, come “sostenibile” quello sviluppo che “consente alla generazione attuale di soddisfare i propri bisogni, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”. Si apre, quindi, la strada ad un'idea di equità che sia non solo intergenerazionale ma anche intragenerazionale, la cui conseguenza è stata la declinazione della sostenibilità non più soltanto in una dimensione ambientale, ma anche sociale ed è su questa scia che, nel 2011, viene adottata la Strategia dell’Unione Europea per lo Sviluppo Sostenibile, nell'ambito della quale espressamente ci si riferisce ad una sostenibilità economica, sociale ed ambientale. Nell'ambito di tale Strategia, in particolare, vengono individuati tre fattori, considerati tra loro interdipendenti, che concorrono a garantire uno sviluppo sostenibile. Tali fattori sono: la crescita economica, che viene definita come la capacità di un sistema economico di produrre, in maniera duratura, reddito e lavoro; la coesione sociale, intesa come capacità di garantire un'equa distribuzione delle condizioni che devono essere create e infine naturalmente la tutela ambientale. I 17 obiettivi dell'Agenda 2030 sono suddivisi in 169 targets o sotto obiettivi, il cui raggiungimento dovrebbe condurre al conseguimento dei 17 obiettivi dell'Agenda. (8) Esaminando i singoli obiettivi, è difficile ricondurli in concreto soltanto ad una dimensione sociale, ambientale o economica, poiché la maggior parte di essi in qualche modo cerca di compendiare i tre profili dello sviluppo sostenibile.

Per quanto concerne i Paesi firmatari dell'Agenda, ognuno di essi ha lavorato, a seguito della sottoscrizione del piano internazionale, al proprio programma per lo sviluppo sostenibile. In Italia, in particolare, è stata approvata dal CIPE con Delibera n. 108/2017, la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile, i cui principi ispiratori sono quattro: integrazione, inclusione, universalità e trasformazione. La Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile 2017-2030 si configura come lo strumento principale per la creazione di un nuovo modello economico circolare, a basse emissioni di CO2, resiliente ai cambiamenti climatici e agli altri cambiamenti globali causa di crisi locali, come, ad esempio, la perdita di biodiversità, la modificazione dei cicli biogeochimici fondamentali e i cambiamenti nell’utilizzo del suolo. Nell’ambito della suddetta Strategia, vengono individuati gli obiettivi strategici nazionali, organizzati intorno a 5 aree: persone, pianeta, prosperità, pace e partnership, che rappresentano l’adattamento in ambito nazionale dei targets proposti dall'Agenda 2030. 5

Nel maggio 2020, è stato approvato il Green Deal europeo, (9) che rappresenta la cornice di riferimento all'interno della quale i diversi attori europei si muovono ed il punto di riferimento per creare una nuova strategia per la crescita, che miri a trasformare l’Europa in un’economia moderna, efficiente e competitiva, senza emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050, un'economia in cui la crescita economica sia dissociata dall'uso delle risorse e nessuna persona o luogo sia lasciato indietro. (10)

Gli interventi in materia tributaria costituiscono un aspetto fondamentale del Green Deal. Secondo la Commissione Europea, infatti, l’imposizione tributaria deve essere pienamente allineata agli obiettivi climatici e ambientali, proponendo una revisione delle esenzioni fiscali, attualmente in vigore in alcuni Stati membri, relativamente ai combustibili fossili e a quelli utilizzati nel settore del trasporto aereo e marittimo. Inoltre, la Commissione sottolinea che il Green Deal creerà le condizioni per riforme fiscali ad ampio respiro, nella prospettiva non solamente di stimolare la crescita economica, ma anche di ridurre “la pressione fiscale sul lavoro per trasferirla sull’inquinamento”.

La legge europea sul clima, approvata con regolamento del 30 giugno 2021, tramuta in legge l'obiettivo fissato nel Green Deal europeo, ovvero diventare climaticamente neutrali entro il 2050. La legge fissa, inoltre, l'obiettivo intermedio di riduzione delle emissioni nette di gas serra pari almeno al 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, mira a garantire che tutte le politiche dell'Unione contribuiscano al raggiungimento di tale obiettivo e che tutti i settori dell'economia e della società svolgano la loro parte.6

3. Il pacchetto “Fit for 55”

Il 14 luglio 2021, l'Unione Europea ha adottato il pacchetto “Fit for 55”, (11) con il quale si intende dare esecuzione ai principi di fondo stabiliti nel Green Deal e consiste in una serie di proposte molto articolate, interconnesse tra di loro, tutte orientate verso gli stessi obiettivi: riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 55% rispetto ai livelli del 1990 e raggiungimento della carbon neutrality per il 2050, nell’ottica di una transizione equa, competitiva e verde.(12) Il pacchetto “Fit for 55” è molto ampio e contiene 12 iniziative, sia modifiche di legislazioni esistenti sia nuove proposte. Tra queste, ricordiamo: la proposta di modifica della direttiva sulla tassazione dell'energia, in cui viene ribadito il principio dell'efficienza energetica; la proposta di revisione della direttiva sulle rinnovabili; la revisione del sistema di scambio delle emissioni (Emission Trading System); la proposta relativa all’introduzione di un sistema di scambio delle emissioni per i trasporti; la proposta riguardante la creazione di un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera, il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM). 7

Per quanto riguarda la revisione della direttiva sulla tassazione dell'energia e dei prodotti energetici, l’obiettivo è quello di rivedere l’intero quadro europeo della tassazione dei prodotti energetici, nell’ambito del Green Deal europeo. Nel Green Deal, da un lato, viene ribadita la necessità della fissazione del prezzo del carbonio per incoraggiare consumatori e imprese a modificare i propri comportamenti e per agevolare un incremento degli investimenti sostenibili, dall’altro, si auspica l'eliminazione o la forte riduzione delle sovvenzioni a favore dei combustibili fossili, con un'attenta revisione delle attuali esenzioni fiscali europee, anche per il settore dei trasporti. Alla fiscalità viene riconosciuto un compito molto preciso, ovvero “stimolare la crescita economica, migliorare la resistenza agli shock climatici, costituire una società più equa, sostenere una transizione giusta e incentivare produttori e consumatori ad assumere comportamenti sostenibili”.

In base alle regole attuali della direttiva sull’energia del 2003, i singoli Stati sono liberi di fissare le proprie aliquote, purché vengano rispettati i minimi fissati a livello europeo. Ad oggi, il livello di tassazione dei carburanti non è correlato al loro effettivo contenuto energetico e al loro impatto ambientale, tutt’oggi sussistono agevolazioni che favoriscono i combustibili fossili altamente inquinanti e ciò evidentemente non costituisce un incentivo per gli operatori a investire su innovazioni che rendano le loro produzioni più verdi.

Gli obiettivi della proposta di revisione della direttiva sono: allineare la tassazione dei prodotti energetici alle nuove politiche dell’UE in materia di ambiente e clima; fornire un quadro che preservi e migliori il mercato interno dell’UE; preservare la capacità di generare entrate per i bilanci degli Stati membri. La revisione intende correlare il peso dell'imposizione non sul volume, come succede oggi per la maggior parte dei casi, ma andando a tassare in misura maggiore i prodotti energetici da cui derivano più emissioni di CO2 nell'atmosfera.

Altra proposta importante del pacchetto “Fit for 55” è il meccanismo di aggiustamento alla frontiera del carbonio, il cosiddetto “Carbon Border Adjustment Mechanism”, in base al quale il CBAM fisserà il prezzo del carbonio per le importazioni di determinati prodotti per evitare il carbon leakage, ovvero la possibile delocalizzazione delle produzioni inquinanti in Paesi che prevedono regole ambientali meno stringenti rispetto a quelle europee. (13) Tale meccanismo mira a pareggiare il prezzo del carbonio dei prodotti fabbricati all’interno dell’UE e quelli importati, con il fine di ristabilire una parità di costi e neutralizzare la convenienza economica a delocalizzare le produzioni più inquinanti verso Paesi che non prevedono standard ambientali analoghi. (14)

In riferimento al pacchetto “Fit for 55”, nel periodo di transizione, è opportuno tenere conto del fatto che non tutte le regioni e non tutti gli Stati membri si trovano al medesimo livello di partenza; di conseguenza, è necessario un meccanismo che consenta una transizione giusta, sostenendo le regioni che dipendono fortemente da attività ad alta intensità di carbonio e garantendo l'accesso a programmi di riqualificazione. Si tratta, quindi, della necessità di affrontare le diseguaglianze, che esistevano già prima, ma che evidentemente sono destinate a peggiorare senza un'azione risoluta contro i cambiamenti climatici. 8

Nel pacchetto “Fit for 55”, inoltre, la solidarietà è un principio guida, intesa come solidarietà tra generazioni, tra Stati membri, tra regioni, tra zone rurali e zone urbane e in generale tra tutti i diversi componenti della società. È in quest'ottica che si inserisce la proposta di regolamento per l'istituzione del nuovo Fondo Sociale per il clima, che intende fornire finanziamenti specifici per sostenere i cittadini europei più colpiti o a rischio di povertà energetica. L’aumento del prezzo dei combustibili avrà sicuramente un impatto sociale, che andrà a colpire in modo sproporzionato le famiglie, le imprese e in generale gli utenti più vulnerabili. Di conseguenza, è giusto prevedere meccanismi specifici che accompagnino la transizione secondo gli obiettivi di equità. Tale fondo è quindi pensato per gestire i rischi sociali collegati alla definizione delle nuove politiche ambientali.

4. Gli obiettivi di decarbonizzazione

Il ruolo che i tributi possono assumere nell’attuazione degli obiettivi riconducibili all’Agenda 2030 e al Green Deal europeo è intuibile, in particolare osservando l'ordinamento italiano, nel quale il perseguimento di obiettivi aventi natura extrafiscale attraverso lo strumento tributario è un elemento caratterizzante. In effetti, nel nostro ordinamento, la funzione del tributo non è soltanto fiscale, cioè di mero reperimento delle risorse, ma anche extrafiscale, ovvero di perseguimento di altri obiettivi, che trascendono una dimensione meramente tributaria, nell’ottica di promozione di comportamenti o processi produttivi ecocompatibili o di disincentivazione di produzioni inquinanti o di consumo di risorse scarse ovvero addossando su chi inquina i costi delle azioni di eliminazione dei danni all’ambiente, di bonifica e ripristino dei siti inquinati. (15)

È, quindi, evidente che ogni qualvolta sia prevista un'azione di promozione di uno stile di vita sano, di interventi di manutenzione volti a ridurre rischi ambientali o sismici, di investimenti in ricerca e sviluppo, tale promozione avvenga anche attraverso il ricorso ad incentivi fiscali oppure attraverso la modulazione del carico fiscale che viene applicato a determinati beni, ad esempio in ragione degli effetti che derivano dal loro impiego e dal loro consumo per l'ambiente, per la salute ecc. (16) 9

Più in generale, la normativa fiscale può avere un certo impatto sulle scelte economiche dei singoli, inducendoli ad adottare determinate decisioni e comportamenti o orientando in un modo, piuttosto che in un altro, i propri interessi e i propri rapporti economici. Inoltre, il tributo è un potentissimo mezzo di redistribuzione, di riallocazione delle risorse disponibili e da ciò non si può prescindere se si intende perseguire uno sviluppo che sia sostenibile anche dal punto di vista sociale. Con riferimento alla Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile approvata dal CIPE nel 2017, in particolare, il rinvio alla fiscalità in alcuni passaggi è esplicito. In primo luogo, nell'area prosperità, in cui sono indicati gli obiettivi strategici funzionali ad affermare modelli sostenibili di produzione e di consumo. Tra questi obiettivi, insieme alla dematerializzazione dell'economia, all’efficientamento dell'utilizzo delle risorse, alla promozione dell'economia circolare e della responsabilità sociale e ambientale di imprese e amministrazioni, rientra esplicitamente anche la promozione della fiscalità ambientale.

Semplificando, rientrano nell'ambito della fiscalità ambientale essenzialmente due macro tipologie di interventi possibili: da una parte, i tributi ambientali strettamente considerati, (17) definiti tributi indennitari, che hanno come presupposto la relazione fra l'attività che viene esercitata dal soggetto passivo e le esternalità negative che ne derivano sul piano ambientale; dall'altro lato, tutte quelle misure che genericamente possiamo definire come ecoincentivi e che sono in qualche misura destinati a premiare i comportamenti virtuosi dal punto di vista ambientale. (18) Ferma restando l'efficacia risarcitoria che deve essere riconosciuta ai tributi ambientali propriamente detti, che sono ispirati al noto principio “chi inquina paga”, questa tipologia di intervento di produzione di tributi ambientali appare meno in linea con la ratio che è sottesa all'Agenda 2030. Appaiono, invece, più conformi all’Agenda 2030, le misure volte ad incoraggiare, in una logica di premialità, comportamenti virtuosi dal punto di vista ambientale. (19) È, quindi, preferibile il ricorso ad una fiscalità premiale piuttosto che ad una fiscalità punitiva, la cui finalità, nel breve periodo, è rimpinguare le casse erariali, ma che rischia poi di offrire una sorta di lasciapassare agli operatori che inquinano.

Nella stessa Strategia attuativa dell’Agenda 2030, inoltre, l’ordinamento tributario è richiamato espressamente nell'area pace, nell'ambito della quale si afferma “la necessità di promuovere società pacifiche, giuste e inclusive”. La promozione di questa tipologia di società passa attraverso tre scelte strategiche: promuovere una società non violenta e inclusiva, eliminare ogni forma di discriminazione, assicurare legalità e giustizia. Nel trattare quest'ultimo profilo, ovvero assicurare legalità e giustizia, la Strategia nazionale espressamente fa riferimento al fenomeno dell'evasione fiscale, definendolo come “un agente frenante per lo sviluppo”, esattamente al pari delle infiltrazioni della criminalità organizzata in settori rilevanti dell'economia e al pari del lavoro sommerso e irregolare. L'evasione fiscale viene anche inquadrata come “un fattore idoneo a rendere inefficaci le politiche di coesione economica e sociale” e, di conseguenza, costituisce non solo un freno allo sviluppo economico, ma anche un agente sabotatore di quelle politiche volte a rafforzare la coesione economica e sociale che vengono intraprese dagli Stati. Questa definizione di evasione fiscale, che sembra così legata all'ambito sociologico, in realtà può trovare un fondamento condiviso anche in una prospettiva più giuridica, ponendo l'accento sul concetto di solidarietà. In questo contesto, infatti, l'evasione fiscale si traduce in un vulnus al principio di solidarietà, rilevante, in ambito tributario, in base alla formulazione dell’art.53 della Cost. In questi due ambiti, il rimando alla fiscalità all'interno della Strategia nazionale attuativa dell’Agenda 2030 è esplicito; tuttavia, anche nel contrasto alla povertà, che rappresenta uno degli obiettivi principali dell'Agenda 2030, non è possibile prescindere dall'adozione di serie ed efficaci politiche redistributive. A tal riguardo, è necessario attuare strumenti nuovi di redistribuzione, che non abbiano ricadute negative su altri obiettivi, quali la crescita, l’occupazione e lo sviluppo economico, ma anzi possono consentirne il conseguimento. Infine, nell'ambito della suddetta Strategia, anche il richiamo ad un utilizzo delle risorse maggiormente efficiente, alla promozione dei meccanismi di economia circolare e all’abbattimento della produzione di rifiuti, può implicare un coinvolgimento dello strumento tributario.

Considerando che le politiche di mitigazione climatica sono molto differenziate tra i diversi Paesi e che molteplici sono gli strumenti tributari che possono essere adoperati, il carbon pricing(20) costituisce uno dei mezzi più efficienti per ridurre le emissioni, nell’ottica di contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Esso include vari strumenti, tra cui le carbon taxes (21) e l’Emission Trading System. 10

L’Emission Trading System, (22) adottato con la direttiva ETS del 2003, è operativo nell'Unione Europea dal 2005, copre circa il 40% delle emissioni ed è applicato a circa 11.000 impianti ad alta intensità energetica nella produzione di energia elettrica e nell'industria manifatturiera. Si tratta di un meccanismo di cap&trade che limita le emissioni di alcuni gas serra, in particolare di CO2 e viene progressivamente reso più stringente. (23) 11Nel 2020, la riduzione annuale del tetto alle emissioni è stata aumentata dal 1,74 al 2,2% annuale; le società che fanno parte del sistema ricevono un certo numero di quote di emissione che possono vendere o acquistare a seconda delle loro necessità. Dati i limiti del numero dei permessi assegnati, si viene a creare per loro un prezzo di mercato; a chi e in quale quantità assegnare i permessi, viene deciso tramite i piani nazionali di assegnazione. Le attività incluse sono: la generazione di elettricità e di calore, i settori industriali ad alta intensità energetica, quali raffinerie di petrolio, acciaierie, produzione di ferro, alluminio, metalli, cemento, calce, vetro, ceramica cellulosa, carta, cartone, acidi e prodotti chimici organici ad azione commerciale all'interno dello spazio economico europeo. L'assegnazione delle autorizzazioni era inizialmente concessa gratuitamente, ma dal 2013 la vendita all'asta è diventata il principale metodo di assegnazione e avviene prima dell'inizio del periodo di scambio. Ogni quota conferisce al titolare il diritto di emettere una tonnellata di CO2 e le quote possono essere utilizzate una sola volta perché le aziende devono restituirle per ogni tonnellata di CO2 emessa nell'anno precedente. (24) In base alla normativa vigente, per il periodo 2021/2030, gli Stati membri dell'Unione hanno obiettivi annuali vincolanti per le emissioni di gas a effetto serra per quei settori dell'economia che non rientrano nell’ambito dell’ETS; questi settori, compresi i trasporti, l’edilizia e l'agricoltura, l’industria non ETS e i rifiuti rappresentano quasi il 60% delle emissioni totali dell’Unione. In riferimento a tali settori, il Consiglio Europeo del 23 - 24 ottobre 2014 ha deciso di fissare obiettivi nazionali di riduzione, che saranno sicuramente rivisti, per garantire un taglio globale del 30% delle emissioni entro il 2030.

I meccanismi di carbon pricing oggi coprono soltanto il 21,5% delle emissioni globali, ma i Paesi del G20 contribuiscono alle emissioni globali per l'80%. In un recente rapporto del fondo monetario internazionale dell’OCSE, si stima che il prezzo medio globale del carbonio si aggira oggi a 3$ per tonnellata di CO2, ma sarebbe necessario un prezzo minimo globale intorno a 75$ per tonnellata di CO2 per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica entro il 2050. (25) 12

Il settore finanziario può, quindi, svolgere un ruolo determinante per contrastare i cambiamenti climatici e per raggiungere la neutralità carbonica. Cento trilioni di dollari è l'importo minimo di finanziamento necessario per la transizione energetica nei prossimi 30 anni: una cifra impressionante, ma che può ritenersi realizzabile se alle risorse pubbliche si aggiungeranno gli interventi che verranno realizzati dalle istituzioni finanziarie internazionali e dal settore privato. Appare, quindi, necessario far sì che agli investimenti pubblici, indispensabili nei settori ad elevato grado di rischio, si accompagni un flusso crescente di investimenti privati, spostando le risorse dagli investimenti nei settori tradizionali della produzione di combustibili fossili alle nuove tecnologie verdi. Tale spostamento di risorse dovrà avvenire attraverso meccanismi di mercato ed è quindi subordinato al rispetto di un prerequisito fondamentale, ovvero che l’investimento nelle rinnovabili risulti, nel tempo, più economico rispetto alla produzione o alle importazioni di combustibili fossili. L'impatto di un prezzo elevato del carbonio sull’attività economica dipende dalla disponibilità di tecnologie verdi alternative; oggi l’energia solare non solo è costantemente più economica dei nuovi impianti a carbone o a gas nella maggior parte dei Paesi, ma garantisce altresì costi molto bassi dell’elettricità.(26) L’introduzione di un prezzo del carbonio diventa, quindi, più fattibile e potrebbe ulteriormente rafforzare gli incentivi, sia per lo sviluppo di nuove tecnologie, sia per effettuare cospicui investimenti, necessari per l'adozione diffusa delle tecnologie verdi già esistenti. Le entrate in tal modo ottenute consentiranno di spostare l’onere della tassazione dal lavoro e dai redditi d’impresa verso l’uso di combustibili fossili. Le entrate derivanti dall’imposizione di un prezzo sul carbonio, infatti, potranno, da un lato, essere adoperate per promuovere misure dirette a favorire l’occupazione e contrastare i livelli di povertà, abbassando le imposte sul lavoro, dall’altro, per sostenere la produzione di energie rinnovabili e per promuovere gli investimenti destinati alla transizione ecologica.

È necessario, dunque, che il livello del prezzo del carbonio sia fissato nell'ambito di un piano a lungo termine per raggiungere la neutralità carbonica, in parallelo all’istituzione di un prezzo minimo per i combustibili tradizionali, in modo tale da garantire la redditività degli investimenti necessari per sviluppare le energie alternative. 13

Nell'Unione Europea sarà, quindi, necessario prevedere che le riduzioni del prezzo alla fonte dei combustibili fossili possano essere compensate sul mercato interno dalla reazione del carbon pricing domestico, accompagnato da un analogo dazio compensativo riscosso alla frontiera. Una progettazione efficace del prezzo del carbonio, che entri nell’Emission Trading System con un’estensione ai trasporti, dovrebbe essere accompagnato da un diritto compensativo riscosso alla frontiera, in modo tale da contrastare l’effetto c.d. carbon leakage, (27) assicurando che la competitività dell’impresa europea non sia compromessa e venga controllato il rischio di delocalizzazione in Paesi in cui i limiti alle emissioni inquinanti sono meno rigorosi e, pertanto, i prezzi della CO2 sono più bassi. Proprio per evitare tale delocalizzazione, la disciplina europea ha previsto l’assegnazione di quote di emissione a titolo gratuito.

In conclusione, le decisioni che riguardano l'applicazione del carbon pricing dovranno essere assunte a livello dell'Unione, per evitare fenomeni di concorrenza fiscale per gli Stati membri, mentre la redistribuzione delle risorse raccolte con l'imposizione di un prezzo sulle emissioni dovrà essere decisa singolarmente da ciascun Paese ovvero, nel caso in cui una parte delle risorse debba essere destinata al finanziamento del bilancio europeo, con un accordo unanime a 27 e con la ratifica di tutti i Paesi membri. In linea generale, la posizione dell'Unione prevede che gran parte di tali risorse debba essere finalizzata al raggiungimento di obiettivi ambientali o di compensazione per le classi di reddito o le regioni più deboli ma, nella misura in cui la sovranità fiscale all’interno dell'Unione rimane al momento in capo agli Stati, spetterà loro decidere sulla redistribuzione delle suddette risorse. 14

5. Osservazioni conclusive

In conclusione, tenendo conto della gravità dei cambiamenti climatici e della necessità di intervenire per porvi rimedio, il carbon pricing appare oggi lo strumento migliore per far fronte all’emergenza ambientale. Nonostante quanto annunciato nell’Agenda ONU 2030 e nel Green Deal europeo, la strada da percorrere è ancora molto lunga.

Sebbene l’impegno dell’Unione Europea sia lodevole, è necessario che il mondo concordi un prezzo minimo comune per il carbonio e si muova di pari passo per ridurre le emissioni.

La maggior parte dei Paesi, infatti, non dispone né di una tassa sul carbonio né di un sistema di scambio quale l’ETS, oppure ne fa un utilizzo così limitato da impedire che agiscano come deterrenti sulle emissioni. Alla fine del 2020, il Gruppo della Banca mondiale ha dichiarato che erano attive, o in programma, solo 61 iniziative di carbon pricing, costituite da 31 ETS e 30 tasse sul carbonio.

Nel frattempo, i prezzi del carbonio restano sostanzialmente inferiori a quanto necessario affinché possano agire come incentivo per raggiungere gli obiettivi prefissati. Sarebbe stato, infatti, necessario un prezzo globale del carbonio di 40-80$ a tonnellata di CO2 entro il 2020 e di 50-100$ a tonnellata di CO2 entro il 2030, per limitare l'aumento del riscaldamento globale a 2°C. Secondo il FMI, il prezzo medio attuale a livello globale è di circa 3$ a tonnellata di CO2

Come afferma Lucian Peppelenbos, strategist sui cambiamenti climatici: «Il prezzo medio globale, non si avvicina neppure lontanamente ad essere una cosa seria. Ma ora ci sono alcuni segnali che la questione sta iniziando finalmente a essere presa più sul serio. Il prezzo del carbonio in Europa è ora pari a euro 33/t CO2, ed è proprio questo il livello in cui il prezzo inizia a influire sui comportamenti economici. Stiamo già assistendo al passaggio dalla produzione di energia a carbone alla produzione di energia a gas a questi livelli di prezzo, e la cosa sta stimolando l'innovazione di tecnologie a basse emissioni di carbonio nei vari settori».

Un prezzo internazionale del carbonio potrebbe costare fino all’1% del PIL globale, ma tale somma, sarebbe poi compensata dalla riduzione delle perdite economiche dovute al riscaldamento globale: aumento del livello del mare, perdite di produttività del lavoro e dell’agricoltura e danni alla salute umana. Inoltre, un prezzo della CO2 globale aiuterebbe a realizzare una transizione più giusta.

A tal proposito, merita menzione una proposta del FMI, che prevede un prezzo della CO2 globale che nel 2030 arrivi a 75$ per i Paesi avanzati, 50$ per quelli a medio reddito e 25$ per i Paesi a basso reddito e valuta l’impatto al variare del numero dei settori coperti dal carbon price e dalla varietà di gas serra inclusi nel meccanismo. In tutti i casi, peraltro, il carbon leakage, ovvero la delocalizzazione della produzione là dove il prezzo è più basso, sarebbe molto contenuto.

A seguito dello scoppio della guerra tra Russia ed Ucraina, l’Unione Europea è costretta a rimandare i propri progetti di transizione energetica finalizzati alla riduzione delle emissioni, segnando, in tal modo, una battuta di arresto per il processo di decarbonizzazione e di contrasto agli effetti del cambiamento climatico. Per fronteggiare l’eventuale, ma possibile, interruzione dei flussi di gas che dalla Russia arrivano all’Italia tramite il sistema di gasdotti che attraversa l’Ucraina, oltre ad implementare le importazioni da altri Paesi quali l’Algeria, come annunciato dal Primo Ministro Mario Draghi nel corso dell’informativa alla Camera sul conflitto tra Russia e Ucraina, «potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone». Il carbone, come tutti i combustibili fossili, è altamente inquinante, ragion per cui l’Italia, assieme ad altri Paesi si era impegnata, nel corso della COP26, a non farvi più ricorso, nonostante Cina, India, Russia e Australia avessero espresso in quell’occasione parere contrario. L’Italia, in particolare, in base al Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima, aveva deciso di eliminare questo tipo di fonte energetica entro il 2025, ma l’emergenziale situazione attuale impone un ripensamento ed una posticipazione del programma.

In conclusione, ad oggi, l’unica via percorribile, per divenire energeticamente indipendenti ed evitare future crisi energetiche, è rappresentata dall’investimento sulla diversificazione delle fonti, in particolar modo su quelle rinnovabili, tra cui l’energia nucleare. Al riguardo, il Primo Ministro Mario Draghi, annunciando «l'entrata in funzione del primo prototipo di reattore a fusione nel 2025-28», ha sottolineato che «l’impegno tecnico ed economico è concentrato sulla fusione a confinamento magnetico, che attualmente è l’unica via possibile per realizzare reattori commerciali in grado di fornire energia elettrica in modo economico e sostenibile».

11. Secondo un recente studio internazionale pubblicato sul Nature (t.m. lenton - j. rockström - o. gaffney - s. rahmstore - k. richardson - w. steffen - h.j. schellnhuber, Climate tipping points - too risky to bet against, in Nature, n. 575, 28 novembre 2019, pagg. 592-595), il pianeta avrebbe già raggiunto, sebbene non ancora oltrepassato, nove punti di non ritorno (nine tipping points). Se dovessero verificarsi interazioni tra essi o effetti dannosi a cascata, non è possibile escludere un tipping point globale, ovvero una minaccia esistenziale alla civiltà umana. In tal caso, nessuna analisi costi-benefici potrà aiutarci, ad eccezione di un radicale cambiamento di approccio al problema, basato su una strategia di cooperazione globale. Non è possibile, infatti, pensare di risolvere un problema mondiale senza un piano d’azione globale. Sul tema cfr. c. sciancalepore, Cambiamenti climatici e green taxes, Bari, 2016.

22. p. pasolini, Il vuoto del potere in Italia, in Corriere della Sera, 1° febbraio 1975. L’Autore sostiene che «nei primi anni Sessanta, a causa dell'inquinamento dell'aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell'inquinamento dell'acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni, le lucciole non c'erano più. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato…)».

3. g. tremonti, La paura e la speranza, Milano, 2008, secondo cui «se il mondo è unico, le politiche non possono essere diverse. Se il mondo è unico, le regole non possono essere parziali. O sono generali o non sono. Nel tempo presente, se non sono generali, le regole sono solo un nonsenso». Cfr. f. farri, Considerazioni preliminari sulla fruibilità dei dazi doganali come tasse ambientali, in Riv. Dir. Trib., 17 aprile 2020. L’Autore sostiene che «mentre il problema del riscaldamento globale è, appunto, un problema per definizione globale, l’applicazione delle tasse è una questione strettamente legata al potere sovrano di ciascuna comunità e, in particolare, la sovranità dei singoli Stati (..). È quindi fondamentalmente inutile, a livello globale, ridurre le emissioni in Europa se, ad esempio, continuano ad aumentare in Asia».

34. Per contrastare gli effetti del cambiamento climatico, sono, dunque, necessarie politiche energetiche ed ambientali volte a modificare la struttura del sistema economico mondiale, attraverso il graduale, ma costante abbandono dei combustibili fossili. Per ulteriori approfondimenti al riguardo, cfr. n. hilker - j. m. wang - c.-h. jeong - r.m. healy - u. sofowote - j. debosz - y. su - m. noble - a. munoz - g. doerksen - l. white - c. audette - d. herod - j. r. brook - g. j. evans, Traffic-related air pollution near roadways: discerning local impacts from background, in Atmos. Meas. Tech., 12, 5247–5261, 2019, pp 5247.

47. Nel corso della Conferenza è stato affermato per la prima volta il dovere di intraprendere azioni tenendo conto non soltanto degli obiettivi di pace e di sviluppo socio-economici del mondo, per i quali “la protezione ed il miglioramento dell’ambiente è una questione di capitale importanza”, ma anche avendo come “obiettivo imperativo” quello di “difendere e migliorare l’ambiente per le generazioni presenti e future”.

58. i. lenzi - i. pais - a. zucca, Un patto globale per lo sviluppo sostenibile. Processi e attori nell’Agenda 2030, FEEM Press, 2015; l. cavalli, Agenda 2030 da globale a locale, Fondazione Eni Enrico Mattei, 2018, Milano.

9. Cfr., v. ficari - a. vignoli, La fiscalità ambientale e il Green New deal: quali proposte per uno sviluppo sostenibile?, in Il libro bianco per la transizione ecologica a cura di L. Becchetti, G. A. Forte, Catanzaro, 2021, p. 159.

610. a. comelli, Cambiamenti climatici e profili tributari della protezione dell’ambiente, nella prospettiva europea, in Dir. Prat. Trib. n. 5/2021, p. 1969.

711. Sul punto, segnaliamo le parole di Francesco Starace, amministratore delegato di Enel: «sosteniamo con convinzione la proposta della Commissione europea di realizzare l’ambizioso Green Deal dell’UE tramite una serie di strumenti necessari, concreti e completi: il cosiddetto pacchetto ‘Fit for 55′. Siamo decisamente in favore di target più elevati sulle rinnovabili, come il 40% al 2030, di target specifici di efficienza energetica e dell’annunciato potenziamento del già esistente e funzionante ETS. Gli obiettivi sono importanti, ma per raggiungerli è altrettanto essenziale uno snellimento rapido ed efficace delle procedure di autorizzazione a livello di Stati membri, in particolare per quanto riguarda le rinnovabili. Per Enel questa serie di proposte sta anche aprendo la strada a una necessaria accelerazione verso un’ulteriore elettrificazione degli usi finali dell’energia, come i trasporti su strada e il riscaldamento, che rappresenta già l’alternativa più competitiva e pulita ai combustibili fossili».

12. b. santacroce – e. sbandi, Imposte di produzione e di consumo nella delega fiscale e nuovo quadro UE sulla tassazione dei prodotti energetici, in Il Fisco n. 41/2021, p. 1-3941.

813. g. d’andrea, La lotta ai cambiamenti climatici, in La tutela dell’ambiente nel diritto internazionale ed europeo a cura di R. Giuffrida, F. Amabili, Torino, 2018, p. 251.

14. t. gerassimos, Il carbonio, frontiere e sfide globali per l’Europa, www.ilsole 24 ore.com, 27 agosto 2021.

915. La rilevanza degli scopi extrafiscali del prelievo fu ampiamente indagata da m. pugliese, La finanza e i suoi compiti extrafiscali negli stati moderni, Padova, 1932. L'Autore esamina i problemi dei fini extrafiscali del tributo e dei suoi "nuovi aspetti", soffermandosi su principi, mezzi e limiti della politica fiscale extrafiscale, tra cui di particolare importanza è l'analisi delle caratteristiche generali e particolari delle imposte con fini prevalentemente o parzialmente extrafiscali. Si ritiene che tale studio si presenti come un archetipo dell'analisi dell'extrafiscalità, sebbene sia ancora tenuto in conto. Cfr. b. griziotti, I principi delle entrate extra-fiscali, Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., Voli, 1951, p. 122. Sul piano tributario, l'Autore ritiene sia possibile distinguere: 1) imposte puramente fiscali che non hanno altro fine che quello fiscale, 2) imposte o esazioni fiscali che sono suscettibili di particolari effetti politici, economici, etici o sociali, 3) imposte fiscali con destinazione totale o parziale ad un determinato fine, 4) imposte o esazioni fiscali che non hanno specificamente un fine fiscale, ma fini di altra natura rispetto ai quali l'esazione in questione è in una relazione di mezzo a fine. Si veda, ancora, f. fichera, Fiscalità ed extra fiscalità nella Costituzione. Una rivisitazione dei lavori preparatori, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 1997, il quale sostiene che «il sistema tributario nell’epoca contemporanea svolge, allo stesso tempo, una funzione fiscale ed una extrafiscale: oltre a procurare i mezzi finanziari necessari a sostenere lo svolgimento dei compiti dello Stato, serve alla realizzazione di finalità economiche e sociali di vario ordine, siano esse ridistributive, congiunturali, di sviluppo».16. a. amatucci, L'intervento della norma fiscale nell'economia: profili costituzionali, in Seis Estudios de Derecho Constitucional e Internacional Tributario, Madrid, 1980. Il pensiero dell‘Autore può riassumersi nel seguente estratto: «Le interferenze negli equilibri tra forze economiche attraverso la legge tributaria devono considerarsi legittime. Il fatto che tale norma persegua principalmente un fine politico-economico non consente, per sé, di intenderla come un abuso del diritto costituzionale. La potestà tributaria dello Stato è uno strumento legittimo per promuovere lo sviluppo economico nel rispetto delle garanzie costituzionali dei valori. Il fine fiscale non deve costituire l‘unico ed esclusivo obiettivo dell‘imposta, ma può rappresentare un fine secondario. La potestà tributaria dello Stato si converte così in uno strumento legittimo di politica economica, essendo sufficiente che la riscossione di entrate costituisca uno degli altri fini» In particolare, sull’extrafiscalità dei tributi ambientali, p. selicato, La tassazione ambientale: nuovi indici di ricchezza, razionalità del prelievo e principi dell’ordinamento comunitario, in Riv. Dir. Trib. Int., n. 2-3/ 2004 p. 273 e ss.; l. strianese, Fini extrafiscali del tributo e protezione dell’ambiente nel contesto globale e nazionale, in Ordinamenti tributari a confronto Problematiche comuni e aspetti procedimentali Italia, Spagna e Colombia, a cura di f. amatucci – r. alfano, Torino, 2017, p.394 ss.

1020. s. dorigo - p. mastellone, Op. cit., secondo i quali i tributi ambientali hanno il duplice fine di produrre gettito e ridurre l’inquinamento. Gli Autori ritengono che sia possibile distinguere tre principali categorie: 1. energy taxes, che costituiscono i prelievi dovuti in aggiunta al prezzo dei prodotti energetici; 2. transport taxes, ovvero le tariffe finalizzate a ridurre l’inquinamento atmosferico prodotto dai velivoli; 3. pollution/resources taxes. Quest’ultima categoria comprende, a sua volta: -prelievi dovuti da soggetti che svolgono attività produttive inquinanti o da proprietari di immobili in relazione alle attività di smaltimento dei rifiuti solidi urbani; – prelievi che mirano a tassare quelle risorse energetiche che emettono anidride carbonica nell’atmosfera (e.g. le carbon taxes).

21. La carbon tax è una tassa sui prodotti il cui consumo comporta emissioni di CO2, proporzionale all’entità delle emissioni stesse. Si tratta di una classica tassa “pigouviana”, ossia di una tassa che colpisce le esternalità causate da una determinata attività economica. La tassa, da un lato, fornisce incentivi trasversali per lo spostamento verso tecnologie e attività più pulite a causa dell’aumento di prezzo e del relativo calo nel consumo di beni/servizi inquinanti, dall’altro, garantisce agli Stati introiti importanti, utilizzabili per finanziare la transizione ecologica.

Nel 1990, la Finlandia è stato il primo Paese al mondo a introdurre una tassa sulle emissioni. Da allora, 18 Paesi europei l’hanno seguita, implementando tasse che vanno da meno di 1 euro per tonnellata di emissioni inquinanti in Polonia e Ucraina a più di 100 euro in Svezia.

Sulla natura della carbon tax si rinvia a f. gallo, Il tributo quale indispensabile strumento di politiche ridistributive in Rass. Trib., n. 2/ 2021, p. 273, il quale, in riferimento ai tributi ambientali in senso proprio che hanno come presupposto l’emissione di gas inquinanti che deteriorano l’ambiente, a differenza di coloro che negano la loro natura tributaria, qualificando tali prelievi come istituti aventi natura risarcitoria o solamente sanzionatoria, ritiene che: «Non avrei dubbi, invece, che per il nostro ordinamento costituzionale anche questi tipi di prelievo dovrebbero essere apprezzati sotto il profilo degli artt. 53, comma 1, e 3 Cost. come veri e propri prelievi fiscali e non come semplici “barriere giuridiche”, impeditive di (o disincentivanti) determinate attività imprenditoriali. La caratteristica essenziale del tributo si desume, infatti, dall’obiettiva considerazione della sua disciplina; per cui se, come accade nei tributi ecologici di impronta europea, questa disciplina si risolve nella previsione di situazioni di fatto (l’utilizzo di gas nocivi) al cui verificarsi il soggetto passivo è tenuto a una corrispondente misura di concorso alle pubbliche spese, l’istituto non può non essere ricondotto all’area della fiscalità, a prescindere da eventuali finalità di indirizzo delle scelte dei privati e, soprattutto, dal fatto che l’oggetto del prelievo non è un’entità né patrimoniale, né reddituale».

22. s. mazzocchi, Trattamento civilistico e corretta imputazione delle quote di CO2 e dei certificati verdi, in Bilancio e Reddito d'Impresa n. 4/2012, p. 29. Per un’analisi approfondita del sistema di scambio delle quote di emissione vedasi l. schiano di pepe, Cambiamenti climatici e diritto dell'unione Europea. Obblighi internazionali, politiche ambientali e prassi applicative, Torino, 2012, p. 56.

1123. m.c. aprile – b. chiarini, Economia dell’ambiente. Sostenibilità politica ed aspetti strategici, Milano, 2019, pp. 96-100.

24. c. carraro, EU ETS, il mercato europeo delle emissioni ha 10 anni. Ha un futuro?, Greenreport.it partner laRepubblica.it, 21 maggio 2015.

1225. Cfr. a. majocchi, Carbon Pricing. La nuova fiscalità europea e i cambiamenti climatici, Bologna, 2020, il quale si sofferma sulla decisione delle due camere del Parlamento tedesco di introdurre un prezzo del carbonio, inizialmente non elevato, pari a 10€ per tonnellata di CO2, successivamente innalzato fino a 25€ per tonnellata di CO2 a partire dal 2021, per il settore dei trasporti e per gli impianti di riscaldamento negli edifici, che rappresentano il 32% delle emissioni di gas serra in Germania. Con il meccanismo adottato, le imprese che vendono combustibili fossili dovranno acquistare diritti di emissione il cui prezzo passerà progressivamente da 25€ a tonnellata nel 2021 a 55€ entro il 2025, utilizzando il gettito per una riduzione del prelievo sulle energie rinnovabili. Il prezzo sarà poi determinato dal mercato a partire dal 2026, anche se non potrà discostarsi da un corridoio di prezzo fissato fra 55€ e 65€ a tonnellata. Il sistema tedesco delle quote di emissione per il settore dei trasporti e per gli impianti di riscaldamento negli edifici si svilupperà parallelamente all’ETS, attivato a livello europeo, e coprirà la maggior parte delle emissioni di gas serra non incluse nell’ETS. Questa decisione rappresenta un passo verso la fissazione di un prezzo del carbonio che copra tutti i settori. In definitiva, la decisione del Parlamento tedesco rappresenta una spinta decisiva per introdurre a livello europeo un carbon pricing generalizzato.

1326. v. termini, Energia. La grande trasformazione, Bari, 2020.

1427. Come sottolineato dall’europarlamentare Yannick jadot «l’obiettivo del Parlamento europeo è quello di lottare contro il cambiamento climatico senza che ciò metta in pericolo le nostre imprese a causa di una concorrenza internazionale sleale dovuta alla mancanza di azioni sul clima in alcuni Paesi. Dobbiamo proteggere l’UE contro la concorrenza sleale climatica e allo stesso tempo garantire che le nostre imprese compiano tutti gli sforzi necessari per fare la loro parte nella lotta al cambiamento climatico».