Logo IeD

Contributi per opere pubbliche ed equivoco tra obblighi del beneficiario e corrispettività IVA

Scritto da Mauro Vantaggio • dic 2020

Sintesi

L’articolo trae spunto da un interpello dell’agenzia delle entrate, riportato in calce, per analizzare il regime IVA dei contributi comunitari, e pubblici in generale, erogati per la costruzione di opere pubbliche ad operatori economici. L’articolo esclude, contrariamente all’interpello, che il contributo debba essere gravato di IVA, spiegando che la detrazione dell’IVA sulle opere pubbliche realizzate si giustifica con l’imponibilità IVA dei corrispettivi addebitati agli utenti per l’utilizzo e con l’applicazione dell’IVA in sede di cessione dell’opera o di sua devoluzione gratuita agli enti concedenti.

Abstract

The article is inspired by a response from the Revenue Agency to a tax rulling, reported at the bottom, to analyze the VAT system of Eu and public contributions in general, paid to municipalities and by them to economic operators, on the occasion of the construction of public works. The article excludes, contrary to the response, that the contribution must be charged with VAT, explaining that the deduction of VAT on public works carried out is justified by the VAT tasxability of the fees charged to final customers for use, and with the application of VAT when the work is sold, or its free devolution to the granting bodies is realized.

Contenuto

1. Un interpello disorientante sui contributi pubblici

Questo scritto, più che annotare un’interpretazione dell’agenzia delle entrate, cerca di contestualizzarla, come forse dovrebbe farsi per le note alle sentenze, che rappresentano anch’esse spezzoni di vicende più articolate, che spesso non filtrano dai documenti.

Forse l’interpello in esame è uno dei tanti campanelli d’allarme sugli inconvenienti che possono verificarsi per la gestione seriale, meramente documentale, senza interlocuzioni tra richiedenti e uffici finanziari. Solo così può spiegarsi l’equivoco tra le obbligazioni assunte dal beneficiario di un contributo pubblico, in questa sede comunitario, ma avrebbe potuto essere anche di altra fonte, e una fantomatica corrispettività rilevata ai fini IVA. Nella fattispecie si trattava di contributi che l’Unione europea, per il tramite della Regione Sicilia, concedeva per la costruzione di impianti di distribuzione e vendita di metano ancora non coperte dalle relative reti distributive. Alcuni comuni della costa sud della provincia di Messina, possedendo i requisiti per poter godere di siffatti fondi europei, li ottenevano realizzando le opere attraverso un consorzio, peraltro individuato in applicazione dei principi previsti dal bando europeo. Tale soggetto avrebbe dovuto realizzare (come, in effetti, ha fatto) un impianto di distribuzione e vendita di gas, con conseguente concessione ventennale dello sfruttamento economico dell'impianto stesso.

Naturalmente l’erogazione di contributi UE è circondata da vari adempimenti e condizioni, come del resto quella di tutti i contributi pubblici finalizzati a un determinato obiettivo. Essi erano indirizzati alla Regione e da questa veicolati verso i Comuni di zone svantaggiate, affinché venisse sovvenzionata l’impresa che si sarebbe aggiudicata la realizzazione dell’impianto di sua proprietà, garantendo alla stessa impresa – come di prassi – anche la concessione, per una certa durata, dei diritti di distribuzione e vendita. Detta procedura si è realizzata secondo ordinari criteri concessori, tra i quali è stata prevista anche un (eventuale) devoluzione dell’impianto, alla scadenza della concessione, ai Comuni consorziati1, secondo le condizioni previste dal contratto di servizio.

Evidentemente per estrema cautela fiscale, il Consorzio aggiudicatario ritiene opportuno richiedere un interpello alla Direzione Regionale Entrate del Lazio sul trattamento ai fini IVA di questi contributi.

Non è dato sapere per quali equivoci, presumibilmente derivanti dalla sottoposizione del quesito in maniera non troppo lineare, la risposta a tale interpello, pervenuta nel 2014, si pone oggettivamente in contraddizione con la logica dei contributi europei in particolare, e pubblici in generale, delle erogazioni a fondo perduto 2i quali non costituiscono il corrispettivo3 di alcunché. Infatti, la questione esposta nell’interpello in oggetto riguardava un problema giuridico risolto, legato alla non applicazione dell’IVA sui contributi pubblici in conto capitale, in quanto essi sono privi di natura corrispettiva; ciò quale che fosse l’opera finanziata, ma a maggior ragione per la costruzione di opere pubbliche di interesse generale; tuttavia, rispetto a quello che era lecito attendersi, la risposta all’interpello ritiene invece imponibili ai fini IVA i contributi europei transitati dai Comuni e giunti al Consorzio, il quale secondo l’Amministrazione li avrebbe dovuti fatturare – con IVA applicata ed esposta – ai Comuni stessi. La ricostruzione dell’interpello è, in buona sostanza, quella secondo cui il consorzio, ricevendo il contributo, avrebbe reso una prestazione al comune.

Qualunque sia l’equivoco per cui si è prodotta, quella prospettata nella risposta del 2014 è un’interpretazione destabilizzante, non solo per i Comuni interessati nel caso specifico, ma per qualsiasi filiera concessoria di contributi comunitari, con contraddizioni non gestibili ai fini IVA, specificate di seguito.


2. Le simmetrie nel recupero dell'IVA: un probabile motivo dell'equivoco

La risposta fornita dalla DR Lazio, dove evidentemente il consorzio ha domicilio fiscale, prevede l’imponibilità ai fini IVA dei contributi dell’Unione transitati dai Comuni al Consorzio, in quanto aventi ad oggetto un (preteso) “rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive”4, invero non meglio identificabile; l’onerosità è probabilmente estrapolata dall’ovvio vincolo di destinazione cui ogni contributo pubblico è soggetto. Infatti, dalle premesse sopra volte, appare chiaro che il beneficiario dei contributi europei è (soltanto) il soggetto che otterrà la concessione per la distribuzione e la vendita a titolo oneroso del gas, una volta completato l’impianto di distribuzione5. In effetti, è lampante che la Regione ed i suoi Comuni non sono stati qui parte di alcun sinallagma, né col Consorzio, né (ovviamente) con l’Unione europea. Del resto, il passaggio dei fondi comunitari per le casse comunali è servito solo a realizzare un tramite tra i finanziamenti europei ed i territori svantaggiati, che necessitavano di impianti di metanodotto, in adempimento di un bando regionale finanziato dall’UE.

L’istituto dell’erogazione (finanziamento) a titolo di contributo o sussidio, condizionato, o vincolato ad uno scopo, è assolutamente comune e, oltre a riguardare la parte maggioritaria dei contributi pubblici, è strutturale a realizzare gli interventi incentivanti degli organismi sovranazionali, degli stati sovrani e degli enti territoriali.

Mancherebbe qui il presupposto soggettivo, se lo stesso fosse attribuito al Comune. Quest’ultimo non agisce nell’esercizio d’impresa, ma nell’ambito dei suoi fini istituzionali di veicolo e controllore di incentivi finanziari comunitari. Manca, anche, il presupposto oggettivo: non vi è la cessione di un bene, poiché il metanodotto resta in proprietà al soggetto che lo realizza. Non vi è neppure la prestazione di servizi (nella specie, è invocata un’<<obbligazione di fare, non fare e permettere>>), in quanto il Comune non ha prestato un servizio, bensì ha garantito, assieme agli altri enti territoriali, il rispetto delle regole UE e l’arrivo delle somme stanziate e aggiudicate nonché, se mai, la verifica di corretto impiego di queste ultime. Né, invertendo le parti, il Consorzio ha prestato alcun servizio dietro corrispettivo.

Pertanto, l’interpello del Consorzio medesimo – rivelatosi ex post inutile e troppo carico di zelo – sembrava contenere un quesito banale, con una risposta priva di particolari problematicità. Ha, invece, prodotto un’interpretazione officiosa di imponibilità ai fini IVA dei contributi europei in capo ai Comuni, senza che sia stato adeguatamente considerato che l'unico vero beneficiario di tali somme è solo il Consorzio, in qualità gestore del gas tramite l’impianto finanziato dall’UE, il quale ovviamente produrrà corrispettivi d'impresa imponibili ai fini IVA.

In altre parole, il parere reso sull’interpello confonde il beneficiario effettivo dei finanziamenti europei, ipotizzando un’inesistente controprestazione per fondi arrivati dall’Unione europea, in adempimento di un (pubblicisticamente doveroso e guidato dagli enti territoriali nazionali) vincolo di destinazione, che nell’interpello genera inopinatamente un corrispettivo, perciò da sottoporre ad IVA.

Forse, anche senza affermarlo, l’Agenzia delle Entrate ha coltivato l’idea secondo cui l’ente pubblico, erogante il contributo, abbia di fatto acquistato il bene che il beneficiario realizza (e per il quale ottiene il contributo medesimo: nel nostro caso il metanodotto); ma l’esempio potrebbe essere ripetuto per qualsiasi ponte, ospedale o attrezzatura sanitaria finanziata. Basta pensare al gigantesco sforzo messo in campo dall’Unione in tempi di pandemia. È universalmente noto che l’IVA è contemporaneamente un’imposta sul valore aggiunto riguardo ai sui meccanismi giuridici e aritmetici, nonché un’imposta sui consumi se si tengono presenti i suoi aspetti economici6.

Da sempre, in base ai principi IVA consolidati7, i contributi in conto capitale dell'Unione europea non sono mai stati ritenuti corrispettivi, e quindi assoggettati a IVA, indipendentemente dall’oggetto del contributo; simmetricamente, le stesse somme non vengono neanche considerate nell’ambito dell’esercizio d’impresa da parte del destinatario. Si pensi al caso in cui venga finanziata direttamente un’industria considerata strategica, oppure quando il finanziamento sia indirizzato ad enti pubblici non commerciali, o, ancora, quando sia destinato a opere pubbliche realizzate da consorzi di enti locali in concessione, o anche da concessionari con diritto di sfruttare economicamente l'opera per poi retrocederla al concedente a fine concessione.

Orbene, per fare un esempio anche geograficamente contiguo al caso di specie, l'eventuale costruzione del ponte sullo Stretto di Messina, con fondi comunitari a favore del costruttore/concessionario dell’opera, saranno sicuramente fuori campo IVA, mentre saranno regolarmente assoggettati ad imposta i pedaggi d’attraversamento. Tale principio rimane inalterato anche nel caso in cui l'opera, alla fine del periodo di concessione prestabilito, verrà restituita alla Regione o allo Stato, dietro un corrispettivo che rientrerà anch’esso nel campo di applicazione dell’IVA. Probabilmente, l’interpello è stato portato fuori strada dal recupero dell’IVA, da parte del consorzio, sui lavori di costruzione del metanodotto, il che è apparso anomalo rispetto all’ottenimento del contributo da parte dei comuni. Se questi ultimi avessero acquisito il contributo in proprio, e poi dato in appalto la costruzione del metanodotto a un’impresa edilizia, essi non avrebbero invece detratto l’IVA da questa loro addebitata. Si tratta però di un mero differimento della percezione dell’IVA, rinviata all’addebito dei corrispettivi agli utenti dei servizi del consorzio ed all’eventuale estromissione del metanodotto dalla sfera dell’impresa del consorzio medesimo, al momento della devoluzione ai comuni, come sopra spiegato. Tutte le volte che un’impresa è beneficiaria di contributi per opere pubbliche, resta insomma impregiudicato il diritto alla detrazione dell’IVA, giustificato dai corrispettivi futuri dell’attività d’impresa, e dall’IVA applicabile al momento dell’estromissione del bene, realizzato coi contributi, dall’attività dell’impresa stessa.

A ben vedere, questo che sembra un principio ovvio è andato disperso nella dialettica a monte dell’interpello in oggetto, perché nel caso di specie, in cui il concessionario ventennale della distribuzione del gas è evidentemente l’impresa scelta, l’Agenzia arriva ad affermare che “il beneficiario effettivo delle risorse è il complesso dei singoli Comuni (del Bacino) mentre il Consorzio istante rappresenta invece il concessionario di detti Comuni, avendo assunto obblighi derivanti da un contratto di servizio”, cosicché – è la conclusione – “il Consorzio istante non essendo beneficiario, riceve non contributi, bensì un corrispettivo per la realizzazione dell’opera”.

Si tratta, evidentemente, di una forzatura dei principi IVA, specie per quanto riguarda il concetto di “corrispettività”, di “sinallagma” alla base dell’assoggettabilità al tributo. Come anticipato sopra, infatti, se si vuole trovare l’equivoco latente dietro l’interpello suddetto, l’obbligo verso il concedente di utilizzare il contributo a fondo perduto per la finalità cui era destinato (la realizzazione del metanodotto) è stato scambiato per un corrispettivo a favore del concedente, come se nel nostro caso l'Unione europea avesse avuto una controprestazione per la costruzione dell'impianto del gas. In altre parole, dal tenore della risposta all’interpello parrebbe che l’Unione, invece di finanziarlo per le proprie finalità sociali e perequative, avesse acquistato una quota del metanodotto siciliano, per il tramite dei Comuni messinesi.

Peraltro, sviluppi paradossali di questa risposta ad interpello si trovano nel fatto che, nello specifico caso, il Consorzio ha successivamente ed improvvidamente pensato di rimediare mediante l’emissione di note di addebito di sola IVA8 in c.d. “split payment”; il contributo era estraneo al campo di applicazione dell’IVA, che pertanto non andava applicata né con modalità ordinarie, né secondo il meccanismo previsto dall’art. 17-ter del DPR 633/1972); oltretutto, la condotta indicata porta all’assurda conclusione di rendere “accertabile” da parte dell’Agenzia delle Entrate di competenza il Comune, come se esso fosse il “beneficiario effettivo” delle somme di cui si afferma il regime di imponibilità. Di fatto, è stato poi chiesto il pagamento dell’IVA ai Comuni sulle somme che questi hanno solo fatto transitare – sulla linea Unione europea/Regione Sicilia – all’ente gestore del gas, cioè il consorzio.

Si tratta di una conclusione paradossale, quale che sia il transito del contributo, o direttamente erogato al Consorzio oppure – com’è, in effetti, avvenuto – veicolato tramite la Regione ed i Comuni. In ogni caso, si ripete, l’Unione europea non ha comprato alcunché, ma solo finanziato un’opera pubblica realizzata e gestita dal Consorzio, concessionario per distribuzione e vendita del metano. Non vi può essere applicazione dell’IVA secondo i criteri ordinari sui contributi comunitari, ma soltanto la successiva applicabilità dell’imposta sulla cessione onerosa dell’impianto ai Comuni, al termine del periodo di concessione. A tali applicazioni dell’IVA “a valle”, si accompagna, secondo i criteri generali, la detrazione dell’IVA a monte, assolta dal Consorzio per costruire l’impianto.


3. Il contrario e corretto avviso di Direzioni Provinciali dell'Agenzia

Merita sottolineare che le somme in discorso neppure costituiscono ricavi ai fini delle imposte reddituali. Nel caso dell’interpello in esame, le erogazioni ottenute dal Consorzio sono contributi specificamente finalizzati alla realizzazione di un’opera di interesse sociale. Detti contributi sono portati, ai fini delle imposte dirette, immediatamente a decurtazione del valore fiscalmente riconosciuto dell’impianto cui si riferisce il contributo, il quale va ammortizzato, appunto, al netto dell’importo del contributo medesimo9, mentre – si ripete – non hanno alcuna rilevanza ai fini IVA.

Indirettamente gli equivoci evidenziati infra sono stati di fatto già sottolineati in un accertamento fiscale in capo allo stesso Consorzio da parte di una Direzione Provinciale di Roma, che correttamente non ha applicato l’IVA; esso ha ritenuto non immediatamente imponibili ai fini Ires le somme erogate dai Comuni, perché finalizzate ad ottenere un minor costo deducibile per la costruzione dell’impianto, così da realizzare maggiori utili imponibili in seguito. Invece, seguendo l'impostazione del “corrispettivo negoziale” per i fondi erogati dal Comune, sottesa nella risposta ad interpello della Direzione Regionale, tali erogazioni avrebbero dovuto essere immediatamente tassate ai fini delle imposte sui redditi in quanto costituenti il pagamento di un’imprecisata prestazione.

In buona sostanza, smentendo l’interpello della Direzione Regionale Entrate Lazio, la sottostante DP di Roma non ha considerato le somme derivanti dai contributi europei come ricavi immediatamente imponibili ai fini IRES. Al contrario, la stessa Direzione Provinciale ha ritenuto esatta la qualificazione della società delle somme percepite come “risconti passivi”, in attesa di tassazione con la successiva materia imponibile negli anni a venire (nel caso di specie, quando il metanodotto sarà in funzione).

D’altra parte, risulta che la risposta ad interpello oggi in esame sia stata in vario modo disattesa da altre articolazioni territoriali dell’Agenzia competenti per il medesimo bando, le quali non hanno contestato documenti (es. fatture con dicitura “fuori campo IVA”) emessi da imprese o consorzi destinatari dei contributi per la metanizzazione.


4. Altre pronunce dell'Agenzia delle entrate su temi simili

L’esistenza di un equivoco alla base dell’interpello in esame è confermata anche dalle precedenti e successive interpretazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate su casi analoghi, come nella (spesso ricordata) Circolare 34/E del 2013, la quale propende per la non imponibilità ai fini IVA nei seguenti casi: a) quando l’erogazione, da parte dell’amministrazione, dei benefici è effettuata in esecuzione di norme che prevedono tale erogazione “al verificarsi di presupposti definiti”; oppure b) se l’amministrazione agisce ai sensi dell’art. 7, L. 241/1990 (rubricato “Provvedimenti attributivi di vantaggi economici”); o infine c) quando “il procedimento per la erogazione di somme è definito a livello comunitario ed attuato nell’ordinamento domestico attraverso bandi o delibere di organi pubblici (omissis). Anche in questi casi l’erogazione di vantaggi economici in favore dei soggetti individuati dal regolamento comunitario si inserisce nella funzione amministrativa ed esula dallo schema dei contratti a prestazioni corrispettive. Se il soggetto che riceve il denaro non è il beneficiario effettivo ma costituisce un mero tramite per il trasferimento delle somme a detto beneficiario attuatore, le somme da trasferire non si possono configurare quale corrispettivo di servizio per il soggetto-tramite”.

Giova ripeterlo: è chiaro che l’ente territoriale domestico (nel nostro caso, il Comune) risulta interposto – in base al riparto di competenze tra Unione, stati nazionali ed articolazioni geografiche di questi ultimi come le Regioni, le Province e i Comuni – ai fini della scelta del soggetto al quale effettuare la dazione dei contributi pubblici e di effettuare i controlli in itinere e finali. Nella Circolare da ultimo citata, il criterio enunciato è del tutto affine a quello che si sarebbe dovuto applicare nell’interpello oggi in esame, ove il Comune è stato solo il tramite tra l’Unione europea e la società esecutrice.

Sullo specifico tema, la Risoluzione n. 395/E del 27/12/200210, ha affermato che “l'esclusione dal campo d'applicazione dell'IVA si configura ogni qual volta il soggetto che riceve il contributo non diventa obbligato a dare, fare, non fare o permettere alcunché in controprestazione. Così, in generale, i contributi a fondo perduto, ossia quelli versati non in contropartita di una prestazione di servizi o di una cessione di beni, non sono soggetti ad imposta”. L’impegno a realizzare l’opera per cui il contributo è erogato non è, difatti, un’utilità per l’ente pubblico, interno o comunitario, erogante, che così non effettua un consumo né un investimento patrimoniale, ma realizza i propri fini istituzionali di sovvenzionare opere meritevoli realizzate dal beneficiario, senza nulla avere in cambio. Semmai (aggiungeremmo noi) è la generalità dei consociati che riceve un’utilità infrastrutturale, ambientale, ecc..

La Risoluzione da ultimo citata, sovrapponibile al caso oggi in esame, precisa che “gli enti locali possono avvalersi per la realizzazione e la gestione dei programmi di intervento (omissis) di soggetti c.d. "attuatori" costituiti sotto la forma di società”; essa conclude per la carenza dei presupposti IVA, confermando che nella fattispecie in esame “si sia in presenza di un contributo a fondo perduto avente natura di movimentazione finanziaria, che non si inserisce in un rapporto sinallagmatico, con la conseguenza che la corresponsione del medesimo è esclusa dal campo di applicazione dell'IVA per difetto del presupposto oggettivo”. In un altro caso di erogazione di fondi pubblici per il Mezzogiorno tramite società appositamente individuate, l’Agenzia11 aveva sposato posizioni similari, opinando come “i contributi erogati in conto canoni alle società di leasing (omissis) siano da configurarsi come contributi in conto capitale, a fondo perduto, non rientranti nel campo di applicazione dell’IVA”. Si può ora ricordare come la stessa Agenzia delle Entrate, con risposta ad interpello n. 80 del 22 marzo 2019, abbia riconosciuto che i contributi comunitari erogati dalle Regioni per realizzare investimenti (destinati, nello specifico, a ridurre il rischio di incendi nelle foreste: anche qui troviamo un vincolo derivante da un obbiettivo, ma non un sinallagma) possono essere qualificati come “movimentazione di denaro” e sono esclusi dal campo di applicazione dell’IVA in base all’art. 2, comma 3, lett. a) del DPR 633/1972.

Sulla base delle esposte considerazioni, si può ritenere che i contributi pubblici in oggetto, mancando il vincolo sinallagmatico, non siano assoggettabili all’imposta sul valore aggiunto e debbano essere qualificati come “fuori campo IVA” (perché mancano uno o più presupposti) o “esclusi”12. È una vicenda emblematica delle ragioni per cui l’Italia utilizza scarsamente i fondi comunitari, evidentemente per un atteggiamento estremamente formalistico, teso a individuare dubbi dietro a domande, forse un po' ingenue dei contribuenti. Davanti ad esse scatta l’idea che “se c’è la domanda c’è un dubbio” e se c’è un dubbio è bene cautelarsi nel modo più formalistico e autoprotettivo, senza prendersi la responsabilità di un ragionamento.

Agenzia delle Entrate


Direzione Regionale del Lazio

Settore Servizi e Consulenza

Ufficio Consulenza


FIN CONSORZIO VIA SAVOIA 78 00198 ROMA (RM)


Prot.


OGGETTO: CONTRIBUTO CONTO IMPIANTI

Interpello 913-643/2014 - ART. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. FIN CONSORZIO

Codice Fiscale 07990311008 Partita IVA 07990311008 Istanza presentata il 03/12/2014


Con interpello specificato in oggetto, concernente l'interpretazione dell’art. 3 del DPR n. 633 del 1972, è stato esposto il seguente.


QUESITO

"Fin Consorzio'' (di seguito "l'istante") costituito nel 2004, è un consorzio con personalità giuridica che opera nel settore dei lavori pubblici; in data 28 febbraio 2011, ha sottoscritto, a seguito di una gara ad evidenza pubblica, un contratto di servizio per la progettazione, realizzazione e gestione in concessione dell’impianto di distribuzione del gas naturale nel territorio del "Bacino Ionico Peloritano". Il contratto è stato stipulato con il Comune di Fiumedinisi, quale capofila dei comuni aderenti al Bacino, e riguarda 15 comuni.

Il consorzio si è impegnato a realizzare l’opera a proprie spese in cambio della

concessione ventennale del servizio di distribuzione del gas naturale e di un indennizzo al termine del periodo di affidamento, pari ad euro 65.000.000,00 indicizzati al tasso di rivalutazione monetaria.

Inoltre, avendo i Comuni interessati ottenuto un finanziamento comunitario (programma operativo FERS 2007/2013) di circa 50.000.000,00 di euro, parte dell'opera sarà realizzata grazie anche a queste somme. I Comuni interessati, infatti, effettueranno tramite i contributi ottenuti in pagamento al consorzio sulla base dello stato di avanzamento dei lavori.

Per l'esecuzione dei lavori il consorzio si avvarrà dell'opera di alcune consorziate, sulla base di un contratto di affidamento.

Il costo complessivo dell'opera, pertanto, sarà pari all'importo dei lavori eseguiti dalle consorziate che emetteranno fatture con IVA al 10%, nonché all'importo dei costi indiretti e di tutte le altre spese (progettazione, direzione lavori, personale tecnico amministrativo, fideiussioni).

L'istante chiede come debbano essere trattate, sia ai fini IVA che delle imposte dirette, le somme da ricevere e, in particolare, se possano essere ricondotte ai contributi che riceveranno i Comuni.


SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

L'istante ritiene ai fini IVA che – trattandosi di somme (euro 50.000.000) riconducibili a "contributi a fondo perduto" – debba emettere fattura al momento dell'incasso con la dicitura "operazione esclusa dal campo di applicazione dell'IVA per mancanza del presupposto oggettivo ai sensi dell'articolo 3 del DPR 633/1972"; sotto il profilo delle imposte dirette, lo stesso ritiene che le somme erogate dai Comuni non costituiscono ricavi e vanno imputate riduzio dei costi sostenuti per la costruzione degli impianti per cui, nel corso del ventennio della concessione, il valore dell'impianto da ammortizzare sarà depurato dell'importo del contributi ricevuti, Secondo l'istante i costi dovranno essere capitalizzati, costituendo il valore dei beni in concessione da ammortizzare nel ventennio, al netto dei suddetti contributi.

L'istante ha allegato all'istanza copia dei seguenti documenti:

1. Bando indetto dall'Assessorato della Regione Sicilia contenente le modalità per la concessione dei contributi;

2. Decreto di Concessione del contributo al Comune di Fiumedinisi precisando the decreti relativi ad altri comuni hanno contenuto analogo;

3. Contratto di servizio stipulato in data 28 febbraio 2011.


PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE

- Trattamento IVA

La questione posta preliminarmente dal contribuente richiama le problematiche relative all'imposizione ai fini IVA dei contributi erogati dallo Stato, enti pubblici, ecc.. In linea generale un contributo assume rilevanza ai fini IVA (art, 3, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) se erogato a fronte di un’obbligazione di dare, fare e non fare o permettere, ossia quando si e in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive (cfr., tra le altre, ris. 27 dicembre 2002, n. 395).

Il contributo assume, quindi, natura onerosa e configura un'operazione rilevante agli effetti IVA quando tra le parti intercorre un rapporto giuridico sinallagmatico nel quale il contributo ricevuto dal beneficiario costituisce il compenso per il servizio effettuato o per il bene ceduto.

Di contro, l'esclusione dal campo d'applicazione dell'IVA si configura ogni qualvolta il soggetto, the riceve il contributo, non diventi obbligato a dare, fare, non fare o permettere alcunché in controprestazione. Pertanto, in via di principio, i contributi a fondo perduto ossia quelli non versati in contropartita di una prestazione di servizi o di una cessione di beni, non sono soggetti ad imposta, in quanto non attengono ad un rapporto sinallagmatico. Al riguardo, si osserva che con la circolare del 21 novembre 2013, n. 34, sono stati individuati dei criteri per la definizione giuridica e tributaria delle erogazioni, da parte delle Pubbliche Amministrazioni, come contributi o corrispettivi; in essa, peraltro, viene affermato che "la qualificazione di una erogazione quale corrispettivo ovvero quale contributo deve essere individuata innanzi tutto in base a norme di legge, siano esse specifiche a generali, nonché a norme di rango comunitario"... non vi sono i presupposti per l’applicazione dell’IVA" se il procedimento per la erogazione di somme è definito a livello comunitario ed attuato nell'ordinamento domestico attraverso bandi o delibere di organi pubblici (per e. il CIPE). Anche in questi casi l’erogazione di vantaggi economici in favore dei soggetti individuati dal regolamento comunitario si inserisce nella funzione amministrativa ed esula dallo schema dei contratti a prestazioni corrispettive".

Nel caso in trattazione il contributo comunitario a fondo perduto erogato a mezzo intervento Regionale (Bando), viene riconosciuto ai Comuni aderenti al menzionato Bacino per la realizzazione delle opere descritte; il consorzio istante rappresenta invece il concessionario di detti Comuni, avendo assunto obblighi derivanti da un contratto di servizio concluso con questi ultimi (a mezzo del capofila) per la progettazione definitiva, esecutiva, realizzazione e gestione in concessione dell'impianto di distribuzione del gas naturale nel territorio del "Bacino Ionico Peloritano".

In base al Bando Regionale di ammissione ai contributi, predisposto in adempimento della normativa comunitaria, emerge the il beneficiario effettivo delle risorse e il complesso dei singoli Comuni del Bacino, mentre il Consorzio istante rappresenta il soggetto cui viene rimessa la realizzazione, e successiva gestione, dell'opera così come disciplinate dal contratto di servizio. Ciò consente di affermare che il Consorzio istante non essendo beneficiario, riceve non contributi, bensì un corrispettivo per la realizzazione dell'opera. Ne consegue che sulle somme in esame corrisposte al Consorzio, benché derivanti da finanziamenti pubblici, dovrà applicarsi l'IVA, trattandosi di acconti sul prezzo finale, da saldare al momento della. devoluzione dell’opera con l'indennizzo residuo.


Trattamento ai fini IRES

Per le suddette ragioni le somme in esame concorreranno, ai fini IRES, a formare il reddito d'impresa ai sensi dell'art. 85 del TUIR, quali ricavi di esercizio.

La presente risposta è stata resa sulla base degli elementi desumibili dall'istanza e dalla documentazione trasmessa dalla parte.


FIRMA SU DELEGA DEL DIR. REG. CARLA BELFIORE

IL CAPO SETTORE LUIGI ABRITTA (firmato digitalmente)

1 Contratto di servizio sottoscritto il 28 febbraio 2011 fra il sindaco del Comune “capofila” ed il rappresentante legale del Consorzio. L’oggetto di tale contratto era la progettazione definitiva, esecutiva, realizzazione e gestione in concessione (ventennale) dell’impianto di distribuzione del gas naturale.

2 E a maggior ragione per i prestiti a condizioni agevolate, ma da restituire.

3 Fra le molte, si ricorda come la Corte di Giustizia abbia ritenuto che, per qualificare una prestazione di servizi come prestazione a titolo oneroso, è necessaria la sussistenza di un nesso diretto tra la prestazione di servizi ed un corrispettivo percepito dal soggetto passivo (sentenza 26 settembre 2013, causa C-283/12).

4 Sembra scontato, poiché né l’UE, né la Regione, né il Comune acquistano alcunché (il metanodotto resta di proprietà del Consorzio realizzatore fino a fine concessione) che l’Agenzia, nella risposta ad interpello, non possa che aver pensato ad una prestazione di servizi. Com’è noto, le norme comunitarie non forniscono una definizione puntuale della nozione di prestazione di servizi, di fatto individuando tale presupposto, che siamo soliti chiamare oggettivo, in via residuale o differenziale. Per il legislatore comunitario già ai sensi dell’art. 6, par. 1, comma 1 della VI Direttiva comunitaria (poi art. 24, par. 1, della Direttiva 2006/112/CE) si considera prestazione di servizi “ogni operazione che non costituisce una cessione di beni” (anche se l’art. 25, in via esemplificativa, cita “l’obbligo di non fare o di permettere un atto o una situazione”). Definizione similare a quella contenuta nell’art. 3 DPR 633/1972, il cui comma 1 è interpretato nel senso che vi sono comprese “tutte le prestazioni di servizi che non comportano il trasferimento di un bene o comunque una prestazione di dare” (Cfr. Commentario breve alle leggi tributarie, IV, Iva e imposte sui trasferimenti, a cura di Marongiu, Padova, 2011, pp. 18 e segg.). Fra le pronunce della Corte di Giustizia UE, la sent. del 29 marzo 2007 (causa C-111/05), che riprende il caso di una società la quale provvedeva alla fornitura e alla posa in opera di un cavo in un fondale sottomarino senza alterarne la natura o adattarlo alle esigenze del cliente veniva considerato dalla Corte come cessione di beni.

5 Nel contratto di servizio espressamente è scritto che “unico elemento di remunerazione del presente contratto è costituito dal corrispettivo percepito dal Concessionario in forza del gas distribuito sulla rete”. Si tratta di una clausola anche fiscalmente dirimente rispetto alla questione in esame.

6 Sulla tassazione dei consumi è illuminante e storicamente rilevante quanto in F. FORTE, Il consumo e la sua tassazione, Torino, 1973.

7 A. Comelli, Iva nazionale e Iva comunitaria, Padova, 2000, passim. Secondo l’Autore possiamo peraltro suddividere il processo di armonizzazione dell’IVA in tre periodi: il primo va dall’istituzione della Comunità fino al 31 dicembre 1992; il secondo periodo comincia il 1° gennaio 1993 con l’abolizione delle frontiere fiscali e durerà fino a quando sarà applicato il regime transitorio sulla tassazione degli scambi intracomunitari; il terzo periodo, invece, inizierà con l’applicazione del regime definitivo che prevede la tassazione di beni e servizi secondo il principio di tassazione nel Paese di origine.

8 Presumibilmente ritenendo di applicare l’art. 26, comma 1, DPR 633/1972.

9 Sono esclusi dal novero dei proventi costituenti sopravvenienze attive (art. 88, comma 3, del TUIR) non solo i contributi di cui alle lett. g) ed h) dell’art. 85 del TUIR (contributi spettanti in base a contratto e contributi in conto esercizio) ma anche i contributi “per l’acquisto di beni ammortizzabili indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato” (contributi in conto impianti), la cui tassazione avviene per competenza, sulla base dell’atto di assegnazione.

10 In tema di contributi erogati direttamente ai soggetti attuatori (specificamente, contributo erogato per la realizzazione di sistemi di trasporto rapido di massa).

11 Risoluzione n. 309/E del 25/09/2002.

12 Escluse sono propriamente le operazioni per cui la legge espressamente dispone che non si forma il presupposto (es. i conferimenti), o che non concorrono a formare la base imponibile. A volte, tuttavia, le espressioni “fuori campo IVA” ed “escluse” sono utilizzate in modo fungibile.