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  • Gli investimenti in tangible and intangible assets tra incentivazione alla riconversione di sistemi produttivi e ricerca di una “base economica attendibile”. Dal “super” e “iper” ammortamento al nuovo “credito d’imposta «industria 4.0»” nella prospettiva del Pnrr

Gli investimenti in tangible and intangible assets tra incentivazione alla riconversione di sistemi produttivi e ricerca di una “base economica attendibile”. Dal “super” e “iper” ammortamento al nuovo “credito d’imposta «industria 4.0»” nella prospettiva del Pnrr

Scritto da Filippo Castagnari • ott 2022

Sintesi

Il processo di ammortamento dei beni strumentali materiali ed immateriali acquista una considerevole centralità applicativa non solo ai fini della determinazione del “risultato economico dell’esercizio”, ma anche – in ossequio al principio di “derivazione rafforzata” – inerentemente alla quantificazione del «reddito fiscale d’impresa» riferibile al periodo d’imposta in rilievo. Lungo questa prospettiva, emerge un terreno condiviso tra scienza aziendalistica e diritto tributario, rappresentato dalla ricerca di una “base economica attendibile” prodromica – da un lato – all’imputazione del costo dell’ammortamento in conformità ai princìpi di prudenza e competenza economica – dall’altro – al collegamento funzionale tra base imponibile riferibile all’entità ed effettiva capacità contributiva manifestata dall’esercizio dell’attività economica in concreto realizzata. Cionondimeno, il Legislatore ricorre – con sempre maggior frequenza soprattutto in tempi più recenti – all’utilizzo della “leva fiscale” come strumento di incentivazione ed intervento diretto a sostegno dei processi di riconversione produttiva. In altri termini, l’imposizione tributaria si carica – oltre che della tradizionale finalità di sopperire alla spesa pubblica (c.d. “funzione fiscale”) – anche della complementare e sussidiaria “funzione extrafiscale” del tributo. In argomento, le recenti misure del “Super” e dell’ “Iper” ammortamento – da ultimo riverberatesi nel c.d. credito d’imposta “Industria 4.0” – costituiscono un ragguardevole exemplum della tendenza poc’anzi descritta, il cui àmbito soggettivo, oggettivo e sostanziale, in uno con le implicazioni sistematiche nel corpus iuris tributario, formeranno oggetto di trattazione ed analisi nel presente contributo.

Abstract

The amortisation process of tangible and intangible assets for the purposes of accounting and tax base determination, in relation to economic operators, is governed by the goal to reach a “reliable economic base”. Indeed, it consents an interrelation between profits which derive from the economic performance effectively achieved and the “ability-to-pay” concretely referred to the economic operator in the relevant tax period. However, tax law institutions serve often not only a proper “tax function”, which coincides with the collection of taxes and levies to cope with government expenditure, but they are also used as a mean to achieve an “extra-tax function”, which can be aligned with the boosting of investments in the modernisation of tangible and intangible assets to catch up on the so-called “Industry 4.0 revolution”. In this vein, the well-known tax incentives “Super” and “Hyper” amortisation and, recently, the “Industry 4.0 tax credit” represent a set of instruments, which analysis about how and to such an extent they impact on the taxpayer’s legal sphere is going to be deepened in this essay. .

Contenuto

1. La funzione di ripartizione dei costi connessi all'acquisizione di «beni a fecondità ripetuta». Inquadramento generale

È nozione assodata negli studi sistematici relativi alle scienze economiche1 che la determinazione del profitto (o perdita) risultante in capo al soggetto economico2 – nei cui confronti si imputa l’esercizio di una data attività imprenditoriale e relativamente al quantum ad essa riferibile – coincida essenzialmente con il differenziale positivo (o negativo) tra i ricavi conseguiti in un dato periodo e i costi funzionali e strumentali3 all’esercizio di siffatta attività, sostenuti nel medesimo intervallo temporale.

In questo contesto, una differenziazione di non poco momento è rappresentata dalla dicotomia funzionale risultante dall’appropriazione piena ed esclusiva – da parte della singola entità – dell’«utilità» ritraibile dall’impiego all’interno del ciclo produttivo imprenditoriale di beni (i.e. input) destinati a contribuire alla realizzazione della mission aziendale.4 Pertanto, occorre appurare se (e in che misura) il bene presenti una concreta attitudine a cedere integralmente – all’atto della sua prima immissione nel ciclo produttivo aziendale – la propria «utilità», o altrimenti verificarne l’asservimento durevole e pluriennale alla struttura imprenditoriale, poiché il bene stesso si caratterizza – tanto per specifiche «fisico-tecniche», quanto per destinazione economica – come «strumentale» all’esercizio dell’attività ed in grado di contribuire piú volte all’implementazione del ciclo produttivo, seppur in un orizzonte temporale limitato.

La valorizzazione dell’àmbito di indagine rappresentato dalla «cessione di utilità» da parte del bene – secondo il duplice aspetto testé tratteggiato – consente di addivenire alla sussunzione di tali input dell’attività d’impresa nelle note categorie5 di «beni a fecondità semplice» e «beni a fecondità ripetuta».

Di conseguenza, l’imputazione dei costi sostenuti dall’entità per l’acquisizione dei «fattori produttivi pluriennali» – i.e. immobilizzazioni materiali o immateriali – da asservire con vincolo di durevolezza e stabilità all’implementazione del ciclo produttivo necessita di una correlazione, sul piano temporale ed in ossequio al principio di competenza economica,6 con il periodo entro cui la direzione aziendale ritiene ragionevolmente che i suddetti «beni a fecondità ripetuta» concorreranno alla realizzazione di ricavi per l’impresa. Il risultato di tale «composizione» si estrinseca periodicamente – e per tabulas – attraverso l’accoglimento all’interno degli schemi che compongono il c.d. «fascicolo di bilancio»7 di appositi componenti positivi e negativi di reddito, nonché di valori patrimoniali e finanziari.

Più in dettaglio, al sostenimento del costo d’acquisto iniziale (o di produzione) dell’immobilizzazione, risulterà spesata a conto economico la quota parte «ideale» del costo ab origine imputato (i.e. quota di «ammortamento» ex art. 2426, comma 1, n. 2, c.c.), attraverso una ripartizione su base razionale e sistematica in ragione del complessivo arco temporale entro cui si stima che il bene possa cedere profittevolmente la propria «utilità futura attesa»,8 in conformità con il postulato della «prospettiva di continuazione»9 nell’esercizio dell’attività d’impresa (c.d. going concern10). Del pari, l’acquisizione di beni strumentali realizza un incremento nel valore complessivo delle immobilizzazioni in essere in capo all’entità (art. 2424-bis, comma 1, c.c.), pari al costo di acquisto o di produzione sostenuto (art. 2426, comma 1, n. 1, c.c.).

Di conseguenza, all’imputazione degli ammortamenti anzidetti al conto economico del periodo di competenza, si giustappone la movimentazione di pari importo del relativo «fondo ammortamento» in diretta rettifica del valore ab initio riconosciuto all’immobilizzazione,11 salvo successive svalutazioni per perdite durevoli di valore dell’asset (i.e. impairment test).12

Il quadro d’insieme financo delineato assurge a «base sistematica» e – in conformità al novellato disposto dell’art. 83, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (in séguito, Tuir) – «rafforzata» su cui si innesta la disciplina fiscale di accoglimento e valorizzazione dei costi sostenuti dall’entità per la fruizione e lo sfruttamento dei suddetti «beni a fecondità ripetuta». Difatti, l’impiego di risorse finanziarie da parte dell’impresa per l’acquisizione di beni strumentali, volti ad accrescerne le potenzialità produttive e a procacciare porzioni ulteriori di mercato in termini di vantaggio competitivo, risulta inscindibilmente connesso con la necessità di incentivare tali tipologie di spese, soprattutto sotto il profilo del trattamento fiscale ad esse riservato.


2. La rilevanza del processo di ammortamento delle immobilizzazioni materiali ed immateriali ai fini della determinazione del «reddito fiscale d’impresa». Connessioni a sistema tra stima dell’«utilità pluriennale futura attesa» e definizione di una «base economica» espressiva della capacità contributiva dei tangible and intangible assets nelle imprese OIC Adopter

La valorizzazione del concetto di «utilità ceduta» dall’immobilizzazione nell’esercizio di entrata in funzione e nei periodi ad esso successivi, in conformità al piano di ammortamento del bene medesimo, rappresenta il leitmotiv che congiunge, sintetizza e «triangolarizza» il complesso rapporto intersecante tecnica contabile, disciplina civilistica e rilevanza fiscale della «funzione di ripartizione» dei costi relativi a «beni a fecondità ripetuta». In aggiunta alla corretta determinazione del «valore da ammortizzare»13 – coincidente con il costo d’acquisto o di produzione del bene, comprensivo dei c.dd. «oneri accessori di diretta imputazione»14 e al netto del suo valore residuo15 – tre grandezze concorrono in via irriducibile alla definizione del complessivo «processo di ammortamento»:16 la stima della «vita utile» dell’asset, «metodo di ammortamento»17 e, conseguentemente, la «quota di ammortamento»18 da imputare al singolo periodo d’esercizio in ossequio al principio di competenza economica. Quanto finora declinato si inserisce nell’altrettanto complesso procedimento che conduce alla determinazione periodica del «risultato dell’esercizio» conseguito dall’entità, caratterizzato da un’asimmetrica rilevazione dei componenti positivi e negativi che ne incidono la quantificazione alla luce del principio di prudenza valutativa (art. 2423 bis, comma 1, n. 1, c.c.).19

Pertanto, il funzionamento a «ciclo combinato» dei princìpi di competenza economica e prudenza valutativa estrinseca la necessità di addivenire alla determinazione di una «base economica attendibile» su cui innestare una «funzione di allocazione» pluritemporale di un costo sostenuto per l’acquisizione di un «bene a fecondità ripetuta». Tale procedimento logico-deduttivo incontra un momento di sintesi nella stima, da parte dei redattori del bilancio, del «processo di ammortamento» in chiave prodromica alla determinazione periodica dell’utile (o perdita) dell’esercizio, al fine di rendere una corretta informazione finanziaria diretta agli stakeholders interni ed esterni all’entità.

Orbene, analizzando la fattispecie dal punto di vista dell’ordinamento tributario, affiora in superficie una «convergenza» tra disciplina «civilistico-contabile» e disciplina fiscale; ciò, non solo alla luce dell’introduzione del c.d. «principio di derivazione rafforzata»20ex art. 83, Tuir – ma anche in relazione all’«univocità» dell’obiettivo funzionale avuto di mira.

Difatti, tanto in àmbito «civilistico-contabile», quanto in materia tributaria la finalità del «processo di ammortamento» subisce una reductio ad unitatem nel novero della «funzione di ripartizione» di un costo, di un onere sostenuto dall’impresa. Cionondimeno, nel primo caso, tale riparto è declinato in termini di stima della vita utile del bene in uno con l’utilità futura attesa da esso ritraibile, mentre – nel secondo – si articola in ragione dell’individuazione della capacità contributiva21 attribuibile fondatamente e ragionevolmente all’entità per mezzo dello sfruttamento economico-tecnico del bene strumentale di volta in volta in rilievo nel singolo periodo d’imposta.22

In effetti, il sistema tributario giustappone alla «competenza economica» il «principio di inerenza» (art. 109, commi 1 e 4, Tuir),23 che governa l’attribuzione dei componenti positivi e negativi concorrenti alla determinazione della base imponibile. Diversamente, alla «prudenza valutativa» si affianca, per poi sostituirsene, la necessità per i redattori del bilancio di addivenire ad una «certezza ed oggettiva determinabilità»24 dei ricavi, delle spese e degli altri componenti che si intende imputare a bilancio, pur scongiurandosi un’applicazione sic et simpliciter del principio anzidetto ai valori patrimoniali oggetto di stima.25

In altri termini, si assiste nella branca del diritto tributario ad una «traslazione» del punto di osservazione e giudizio della correttezza valutativa del procedimento adottato, rispetto alla disciplina «civilistico-contabile». Da un’analisi della correttezza, coerenza e adeguatezza in chiave economico-produttiva degli assunti di base posti dalla direzione aziendale a fondamento del «processo di ammortamento» del bene strumentale, si passa ad una riconsiderazione di tali elementi, sí, in funzione «strumentale» all’esercizio dell’attività d’impresa, ma verificandone l’effettivo asservimento all’integrazione degli elementi costitutivi del presupposto impositivo, in ragione della forza economica concretamente misurabile in capo all’entità.26

Dal punto di vista applicativo, l’ammortamento fiscale delle immobilizzazioni materiali ed immateriali è disciplinato, rispettivamente, dagli artt. 102, 102 bis e 103 del Tuir; diversamente, gli oneri pluriennali27 rintracciano una disciplina de residuo all’interno dell’art 108, commi 1 e 3, Tuir. Per la durata (e i coefficienti) dell’ammortamento, l’art. 102, Tuir rimanda alla fonte secondaria del d.m. 31 dicembre 1988, mentre per le immobilizzazioni immateriali sono previste quote massime di costo capitalizzabili, rigidamente individuate con metodo casistico dall’art. 103, Tuir.

Limitatamente agli oneri pluriennali, la norma fiscale ribadisce che «le spese relative a più esercizi sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio […] le quote di ammortamento dei beni acquisiti in esito agli studi e alle ricerche sono calcolate sul costo degli stessi diminuito dell’importo già dedotto» (art. 108, commi 1 e 3, Tuir). Sicché, sotto questo profilo, la disciplina tributaria produce un richiamo indiretto alla corrispondente regolamentazione civilistica della materia, laddove è sancito che «i costi di impianto e di ampliamento e i costi di sviluppo aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell’attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale» (art. 2426, comma 1, n. 5, c.c.). Dopodiché, i «costi di impianto e ampliamento» devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni, mentre il periodo di ammortamento dei «costi di sviluppo» si riaggancia alla stima della loro «vita utile», salvo il caso in cui quest’ultima non risulti determinabile in via attendibile e, pertanto, si impone ex lege una durata massima pari ad un periodo non superiore a cinque anni.

La necessità di un aggiornamento dei «tempi» di ammortamento, molto sentita soprattutto con riguardo a cespiti ad alto contenuto tecnologico, ha determinato la volontà del Legislatore di rivedere i coefficienti.28 Dapprima è stato previsto, con il d.l. 1° luglio 2009, n. 78 (conv. in l. 3 agosto 2009, n. 102), un aggiornamento degli stessi, entro il 31 dicembre 2009, sebbene a tale delega legislativa non sia stata data attuazione; successivamente, con il d.l. 6 luglio 2011, n. 98 (conv. con modif. in l. 15 luglio 2011, n. 111) il Legislatore, non limitandosi ad intervenire sull’aggiornamento dei coefficienti, ha optato per una piú generale semplificazione della disciplina.

Di conseguenza, l’art. 23, comma 47 del decreto da ultimo citato ha stabilito che, in attesa di una prossima riforma fiscale, «a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2012, con regolamento da emanare ai sensi dell’art. 17, comma 2, l. 23 agosto 1988, n. 400, è rivista la disciplina del regime fiscale degli ammortamenti dei beni materiali e immateriali sulla base di criteri di sostanziale semplificazione che individuino attività ammortizzabili individualmente in base alla vita utile e a quote costanti e attività ammortizzabili cumulativamente con aliquota unica di ammortamento».

La norma appare alquanto essenziale; purtuttavia, è possibile rinvenire qualche ulteriore spunto di riflessione nei dossier degli atti del Senato, ove emerge l’anelito verso una generale diminuzione delle aliquote di ammortamento, con la conseguente realizzazione di un significativo aggravio fiscale per il contribuente, in quanto vi sarebbe una generale diminuzione dei coefficienti di ammortamento.29 Nel dossier della Camera dei Deputati,30 per altro verso, viene specificato che tale disciplina avrebbe avuto validità sia per i beni di nuova acquisizione, sia per quelli già posseduti e parzialmente ammortizzati,31 inserendosi nel quadro sistematico della proposta di direttiva del Consiglio Europeo 16 marzo 2011 (COM[2011]121).32

A ben vedere, la presenza di valutazioni e stime ha condotto il Legislatore ad adottare un sistema di rilevazione del «processo di ammortamento» che contemperasse, se non la «certezza ed obiettiva determinabilità» ex ante del valore delle quote di ammortamento in deduzione dal «reddito fiscale d’impresa», quantomeno un consolidamento a monte dell’arco temporale e dei coefficienti attraverso cui addivenire al quantum anzidetto. D’altro canto, la prassi contabile valuta la residua possibilità di utilizzazione in base a «grado di utilizzo, deterioramento fisico, esperienza relativa alla durata economica dei cespiti di impresa, stime dei produttori, perizie, obsolescenza, correlazione con altri cespiti»,33 sottolineando che il criterio di ammortamento prescelto debba essere soggetto a revisione in relazione ai mutamenti avvenuti nelle condizioni originariamente considerate e decorrendo da quando l’immobilizzazione è disponibile e «pronta» per l’uso.34

Più in dettaglio, l’art. 110, Tuir – rubricato «norme generali sulle valutazioni» – contiene importanti precisazioni anche riguardo l’ammortamento: in particolare, il comma 1 dispone che il costo dei beni sia assunto al lordo delle quote di ammortamento già dedotte e che si comprendano, in esso, anche gli oneri accessori di diretta imputazione, con esclusione degli interessi passivi e delle spese generali.35 Tale norma chiarisce il valore di iscrizione iniziale dell’immobilizzazione sul quale applicare l’ammortamento e, al fine di garantire un’omogenea ripartizione della «quota» (di ammortamento) nel periodo d’imposta, dispone al successivo comma 5 che occorre «ragguagliare» tali componenti «alla durata dell’esercizio se questo è superiore o inferiore a dodici mesi».

Del resto, «in caso di mutamento totale o parziale dei criteri di valutazione adottati nei precedenti esercizi il contribuente deve darne comunicazione all’Agenzia delle Entrate nella dichiarazione dei redditi o in apposito allegato» (art. 110, comma 6, Tuir),36 la quale può rettificare le valutazioni con efficacia anche per gli esercizi successivi.37 Ai beni ceduti o acquisiti nel corso dell’esercizio la deduzione dell’ammortamento spetta, in applicazione del metodo del pro rata temporis,38 in proporzione alla durata del possesso, ovvero dall’inizio dell’esercizio fino alla data di cessione.


3. La funzione «extrafiscale» del prelievo tributario in rapporto di «mezzo a fine» con l'introduzione delle misure agevolative «Super» ed «Iper» ammortamento

Le riflessioni financo sviluppate concorrono ad attribuire alla generale funzione di ripartizione dei costi, in relazione ai beni ad utilità pluriennale, il ruolo di fondamentale strumento per la valutazione del risultato di esercizio,39 incidendo in maniera significativa sulla determinazione della base imponibile e, in ultima analisi, sulla correlazione esistente tra pianificazione aziendale e ragionevole prevedibilità dell’onere fiscale. La conclamata esigenza di individuare una «base economica attendibile» – tale da rapportare il prelievo fiscale tanto ai profili sostanziali dell’operazione, quanto all’effettiva attitudine di questa a contribuire all’esercizio dell’attività d’impresa – induce ad adottare strumenti e sistemi di regolazione che concretizzino il legame tra «reddito fiscale d’impresa» e utile (o perdita) dell’esercizio, producendo de relato una penetrante influenza dei sistemi contabili sulla misura dell’imponibile.

Purtuttavia, tale condizione di derivazione del «reddito fiscale d’impresa» rispetto a regole, princìpi e tecniche proprie della disciplina «civilistico-contabile», risulta apprezzabile sotto il vinculum iuris imposto dal «filtraggio» del «dato contabile» per mezzo delle norme sostanziali di valutazione delle singole poste di bilancio accolte dalla disciplina tributaria di dettaglio. Ed invero, non è fattualità peregrina che alla funzione squisitamente fiscale assolta dalla norma tributaria si affianchi, alla luce del bilanciamento di princìpi imposto dalla concezione in chiave solidaristica del tributo40 (artt. 2, 3 e 53 cost.), una caratterizzazione diversa ed ulteriore – c.d. «extrafiscale»41 – diretta a realizzare mediante il prelievo tributario non tanto il finanziamento della spesa pubblica (sia essa generale o particolare), quanto piuttosto forme di incentivazione o disincentivazione dei comportamenti adottati dalla massa dei contribuenti. È chiaro che, tale precipua attività necessita di un calibrato intervento moderatore, dimodoché non possa ritenersi ingiustamente compresso il diritto alla libertà di iniziativa economica privata, precetto dotato di altrettanta centralità nel dettato costituzionale (art. 41 Cost.).42

Di questo complesso legame si coglie un’organica prospettiva nell’evoluzione della produzione legislativa adottata in materia fiscale a partire dalla legge di stabilità per il 2016 (l. 28 dicembre 2015, n. 208), recante misure dirette a sostenere le attività imprenditoriali. Uno dei principali àmbiti di intervento introdotti, con l’esplicito intento di incentivare lo sviluppo delle imprese attraverso l’investimento in immobilizzazioni strumentali all’attività, è rappresentato dalla possibilità di attuare una maggiorazione del costo fiscalmente riconosciuto a tali beni (c.d. «super-ammortamento»). Ancóra, in sede di approvazione della legge di bilancio 2017 (l. 11 dicembre 2016, n. 232), il Legislatore ha esteso tale regime agevolativo alla realizzazione di investimenti finalizzati a creare una «interconnessione» con il sistema aziendale, allo scopo di favorirne processi di trasformazione ed incremento del potenziale tecnologico (c.d. «iper-ammortamento»).


3.1. «Super» ed «Iper» Ammortamento nel quadro della legislazione tributaria. Analisi degli elementi essenziali emergenti dalla legge di stabilità per il 2016 e dalla legge di bilancio 2017

L’art. 1, comma 91, l. n. 208 del 2015 tratteggia il perimetro soggettivo e oggettivo dell’intervento agevolativo in parola, individuando nei titolari di reddito d’impresa e negli esercenti arti e professioni le categorie suscettibili di fruire del beneficio de quo.43 Tale agevolazione rileva ai soli fini delle imposte sui redditi44 (I.R.Pe.f. o I.Re.S.) e in relazione ad investimenti in beni materiali strumentali nuovi effettuati dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016,45 con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria,46 il costo di acquisizione è maggiorato del 40 per cento con deduzione realizzata in via «extracontabile» all’atto della presentazione della dichiarazione dei redditi di periodo.47

Inoltre, con il preciso intento di asservire lo strumento in parola alla finalità di ammodernamento e rigenerazione del patrimonio impiantistico e tecnologico a disposizione di imprese e lavoratori autonomi,48 si è provveduto ad escludere dal novero degli investimenti agevolabili gli assets per i quali il d.m. 31 dicembre 1988, stabilisce coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5 per cento,49 gli investimenti in fabbricati e costruzioni,50 nonché gli investimenti in beni segnatamente indicati all’All. n. 3 alla l. n. 208 del 2015.

Orbene, tale prima formulazione del dettato normativo consente di identificare tre requisiti fondamentali che di necessità debbono contraddistinguere l’investimento: materialità, strumentalità e novità.51 Del pari, sono altresì maggiorati del 40 per cento i limiti rilevanti per la deduzione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria dei beni di cui all’art. 164, comma 1, lett. b, Tuir.

Al di là dei vincoli di carattere oggettivo financo enucleati e nel rispetto dei limiti temporali summenzionati, il combinato disposto dell’art. 1, commi da 91 a 97, l. n. 208 del 2015 non adduce ulteriori prescrizioni volte a «condizionare» la spettanza del beneficio in argomento in capo ai soggetti individuati dalla norma.52 In particolare, non si prevede la necessaria provenienza nazionale del bene agevolabile (i.e. acquisito da produttori/fornitori residenti in Italia), né tantomeno la destinazione vincolata ad insediamenti produttivi localizzati nel territorio dello Stato.53

In séguito, l’art. 1, comma 8, l. n. 232 del 2016 ha stabilito la proroga fino al 31 dicembre 201754 della maggiorazione del 40% delle quote di ammortamento e dei canoni di leasing relativi agli investimenti in beni strumentali nuovi in relazione al c.d. «super-ammortamento» ed escludendo i veicoli e gli altri mezzi di trasporto di cui all’art. 164, comma 1, lett. b e b-bis, Tuir, ad eccezione di quelli utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività di impresa. Tuttavia, l’elemento caratterizzante la novella de qua si rintraccia nella finalità agevolativa della realizzazione di investimenti prodromici alla riconversione ed evoluzione dei sistemi produttivi in funzione della c.d. «quarta rivoluzione industriale» (i.e. piano nazionale «Industria 4.0»), che non investe solo il processo produttivo in sé, ma anche la sua efficienza e produttività, grazie all’accresciuta capacità di interconnettere e far cooperare tutte le risorse produttive (assets fisici e risorse umane, sia all’interno che all’esterno della fabbrica) in uno con lo sfruttamento di un inedito fattore produttivo: i dati e le informazioni.55

Sotto il profilo soggettivo, si assiste ad una sostanziale riproduzione delle disposizioni addotte nella «precedente» versione del «super-ammortamento», affermandosene tuttavia l’estensione alle seguenti categorie di soggetti passivi:56 imprese minori ex art. 66, Tuir; imprese aderenti ad un contratto di rete (sia in caso di «rete soggetto» o «rete contratto», ex art. 3, commi 4 ter ss., d.l. 10 febbraio 2009, n. 5 conv. con modif. in l. 9 aprile 2009, n. 33); associazioni professionali senza personalità giuridica e società tra professionisti (art. 10, l. 12 novembre 2011, n. 183) costituite tra persone fisiche.

Dal punto di vista oggettivo, nei successivi commi da 9 a 11 dell’art. 1, l. n. 232 del 2016 è stata introdotta una specifica agevolazione per gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale in chiave Industria 4.0 (individuati nell’All. A alla stessa legge), recanti una maggiorazione delle quote di ammortamento e dei canoni di leasing è riconosciuta nella misura del 150 per cento (c.d. «iper-ammortamento») del costo di acquisizione.57 In tal caso, la finestra temporale entro cui effettuare gli investimenti agevolabili si estende sino al 30 settembre 2018, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2017 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione del bene in parola.58

Inoltre, per i beni immateriali strumentali59 (ad es. software) e funzionali alla medesima trasformazione tecnologica in chiave Industria 4.0 (individuati nell’All. B alla legge de qua) è riconosciuta la maggiorazione «ordinaria» del 40 per cento del costo di acquisizione. Cionondimeno, il combinato disposto dei commi 10 e 11 dell’art. 1, l. n. 232 del 2016 introduce un duplice discrimen sia soggettivo, che oggettivo: si riconosce, infatti, alle sole imprese l’accesso all’«iper-ammortamento» ed esclusivamente per quest’ultime, che effettuano investimenti in beni immateriali strumentali nello stesso àmbito temporale, la possibilità di fruire del «super-ammortamento» de quo.60

Più in dettaglio, il pieno godimento del beneficio fiscale connesso all’«iper-ammortamento» richiede una duplice convergenza, rappresentata dalla collocazione all’interno della finestra temporale individuata dalla norma dell’effettuazione dell’investimento, in termini di entrata in funzione del bene ed interconnessione61 dello stesso con il processo produttivo aziendale. Al riguardo, l’impresa è tenuta a produrre una dichiarazione resa dal legale rappresentante ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per i beni aventi ciascuno un costo di acquisizione superiore a 500 mila euro una perizia tecnica giurata,62 attestante che il bene possiede caratteristiche tecniche tali da includerlo negli elenchi di cui all’All. A o All. B alla l. n. 232 del 2016 ed è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.63

La centralità dell’assolvimento tempestivo di tali oneri documentali, in funzione del godimento pieno e legittimo delle agevolazioni in parola, è ben lungi da assurgere a mero gravame compilativo. Difatti, recenti indicazioni da parte della prassi amministrativa ribadiscono che tali documenti devono essere acquisiti dall’impresa entro il periodo di imposta in cui il bene entra in funzione, ovvero, se successivo, entro il periodo di imposta in cui il bene è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. In quest’ultimo caso, l’agevolazione sarà fruita solo a decorrere dal periodo di imposta in cui il requisito dell’interconnessione si realizza effettivamente.64


3.2. La dinamica evolutiva della disciplina del «Super» ed «Iper» Ammortamento nella frammentaria produzione legislativa negli anni 2017-2019. Tra stop-and-go e marginali modifiche applicative

Il rilievo assunto dalle misure anzidette tra la platea degli operatori economici destinatari,65 ha condotto il Legislatore ad introdurre – a mezzo della legge di bilancio 2018 (art. 1, commi da 29 a 36, l. 27 dicembre 2017, n. 205) – un’ulteriore proroga per il 2018 sia del «super-ammortamento», che dell’«iper-ammortamento». Il combinato disposto dei commi 29 e 30 dell’art. 1 de quo estende la possibilità di fruire della maggiorazione del costo di acquisizione rilevante ai fini della deduzione delle quote di ammortamento e dei canoni di leasing connessi ad investimenti in beni materiali strumentali nuovi, effettuati dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2019, salvo che entro il 31 dicembre 2018 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.

Cionondimeno, tale versione prevede un «super-ammortamento» con una maggiorazione del 30 per cento del costo di acquisizione (art. 1, comma 29, l. n. 205 del 2017), espungendo tout court dall’agevolazione i mezzi di trasporto annoverati nel comma 1 dell’art. 164, Tuir. Per quanto concerne l’«iper-ammortamento», i profili oggettivi interessati dall’intervento normativo non paiono incisi significativamente, confermandosi altresì per le imprese che accedono a tale beneficio la maggiorazione del 40 per cento del costo di acquisizione di beni immateriali strumentali effettuati all’interno della finestra temporale sopraindicata. L’àmbito soggettivo di applicazione del beneficio resta anch’esso invariato: la fruizione delle agevolazioni resiste in capo agli esercenti arti e professioni nonché ai titolari di reddito d’impresa, ivi comprendendovi gli enti non commerciali e i soggetti non residenti nel territorio dello Stato, ad esclusione dei contribuenti che fruiscono del c.d. «regime forfetario».

Vale la pena rimarcare che la legge di bilancio 2018 persiste nel solco normativo di evitare un meccanismo di recapture se il bene è ceduto prima della completa fruizione del beneficio, sebbene il combinato disposto dei commi 35 e 36 dell’art. 1, l. n. 205 del 2017 stabilisca la possibilità di continuare a fruire dell’«iper-ammortamento» anche se i beni originariamente agevolati sono sostituiti con altri in possesso di caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle previste all’All. A alla l. n. 232 del 2016 e, del pari, il legale rappresentante dell’impresa attesti l’effettuazione dell’investimento sostitutivo, le caratteristiche del nuovo bene e il requisito dell’interconnessione ex art. 1, comma 11, l. n. 232 del 2016.66

Va da sé che, nel caso in cui il costo di acquisizione dell’investimento sostitutivo sia inferiore al costo di acquisizione del bene sostituito, nell’osservanza delle condizioni poc’anzi declinate, la fruizione del beneficio prosegue per le quote residue fino a concorrenza del costo del nuovo investimento. Solo con il correttivo veicolato dall’art. 7, d.l. 12 luglio 2018, n. 87 (conv. con modif. in l. 9 agosto 2018, n. 186) si è giunti ad una ricalibratura di talune frizioni strutturali intaccanti la disciplina finora compulsata, nella misura in cui si precisa che – in materia di territorialità dell’investimento – l’«iper-ammortamento» spetta a condizione che i beni agevolabili siano destinati a strutture produttive situate nel territorio nazionale.67

Successivamente, con la legge di bilancio 2019 (art. 1, commi da 60 a 65, l. 30 dicembre 2018, n. 145), il Legislatore ha previsto una nuova estensione della finestra temporale entro cui godere delle misure agevolative financo discusse, disponendone contestualmente una contrazione del perimetro oggettivo ed espungendo dal novero delle stesse la possibilità di accedere al «super-ammortamento» per gli investimenti in beni strumentali materiali effettuati entro il 31 dicembre 2019, ovvero entro il 31 dicembre 2020 (a condizione che entro la data del 31 dicembre 2019 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione).

Diversamente, rimane inalterata la facoltà per i soggetti già individuati nelle precedenti edizioni di accedere – nel medesimo arco temporale testé individuato – all’«iper-ammortamento», articolato bensì secondo una modulazione «a scaglioni» del beneficio fiscale correlato. Più in dettaglio, la maggiorazione del costo di acquisizione degli investimenti si applica nella misura del 170 per cento per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro; nella misura del 100 per cento per gli investimenti oltre 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro e nella misura del 50 per cento per gli investimenti oltre 10 milioni di euro e fino a 20 milioni di euro (art. 1, comma 61, l. n. 145 del 2018).68

Tuttavia, la pressione esercitata dagli operatori economici e tesa ad estendere anche la misura del «super-ammortamento» per investimenti in beni strumentali materiali ha condotto il Legislatore a reintrodurre la facoltà di accesso a tale beneficio ex art. 1, d.l. 30 aprile 2019, n. 34 (conv. con modif. in l. 28 giugno 2019, n. 58). Nell’assoluta continuità di presupposti, profili oggettivi, soggetti coinvolti ed adempimenti documentali richiesti69 ai fini del perfezionamento degli elementi costitutivi dell’accesso all’agevolazione, il Legislatore è comunque intervenuto a livellare verso il basso la misura del beneficio fiscale fruibile, dal momento che il costo di acquisizione è maggiorato del 30 per cento, posto un limite massimo dello stesso pari a 2,5 milioni di euro.

Inoltre, in ragione della data di entrata in vigore del decreto de quo, la finestra temporale entro cui far ricadere la realizzazione dell’investimento agevolabile è essa stessa più «compressa» rispetto alle precedenti edizioni, decorrendo dal 1° aprile 2019 al 31 dicembre 2019, ovvero entro il 30 giugno 2020, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2019 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.


4. L'incidenza della leva fiscale sulla riconversione dei sistemi produttivi: dagli «ammortamenti potenziati» al nuovo credito d'imposta per investimenti agevolati «Industria 4.0»

Nell’intento di agganciare con maggior incisività la spettanza di benefici fiscali alla riconversione in chiave «Industria 4.0» dei sistemi produttivi, l’art. 1, commi da 185 a 197, legge di bilancio 2020 (l. 27 dicembre 2019, n. 160) ha sensibilmente modificato i noti istituti del «super-ammortamento» e dell’«iper-ammortamento», intervenendo sul meccanismo di determinazione dell’agevolazione e riconoscendo un credito d’imposta alle condizioni e nelle misure stabilite dai commi 188, 189 e 190 in relazione alle diverse tipologie di beni agevolabili, in luogo della maggiorazione «extracontabile» del costo d’acquisizione del bene.

Non mutano significativamente i profili oggettivi della disciplina rispetto alle precedenti edizioni del beneficio in parola – risultando agevolabili gli investimenti realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 202070 in beni strumentali (materiali o immateriali) nuovi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato – mentre si assiste ad un ampliamento dell’àmbito soggettivo di applicazione, ricomprendendovi anche i contribuenti aderenti al c.d. «regime forfetario».71

Dal punto di vista applicativo, il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’art. 17, d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, in cinque quote annuali di pari importo – con riferimento agli investimenti di cui all’All. A alla l. n. 232 del 2016 e in beni materiali strumentali – ridotte a tre per gli investimenti in beni di cui all’All. B alla legge di bilancio 2017 e non può formare oggetto di cessione o trasferimento neanche all’interno del consolidato fiscale.

La misura del credito d’imposta – in sostituzione dell’«iper-ammortamento» – sortisce una modulazione discendente in ragione del valore dell’investimento realizzato, sicché è riconosciuto nella misura del 40 per cento del costo, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro, e nella misura del 20 per cento del costo, per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro, e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 10 milioni di euro.72 Diversamente, per la quantificazione del credito d’imposta in luogo del «super-ammortamento» per beni strumentali materiali ed immateriali, si definisce, rispettivamente, la misura del 6 per cento del costo determinato ai sensi dell’art. 110, comma 1, lett. b, Tuir, nel limite massimo di costi ammissibili pari a 2 milioni di euro, mentre il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 15 per cento del costo, nel limite massimo di costi ammissibili pari a 700 mila euro, in caso di investimenti in beni compresi all’All. B anzidetto.73

Successivamente, l’assetto poc’anzi descritto e coincidente con l’adozione di un credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi – in luogo della maggiorazione extrafiscale delle quote di ammortamento riferibili alle immobilizzazioni acquisite – è stato riproposto dalla legge di bilancio 2021 (art. 1, commi da 1051 a 1063 e 1065, l. 30 dicembre 2020, n. 178). Tale regime è caratterizzato, tuttavia, da modalità di fruizione accelerate e anticipate dell’agevolazione74 che trovano applicazione, ai sensi dell’art. 1, comma 1051, l. n. 178 del 2020, sia agli investimenti effettuati dal 16 novembre 2020 fino al 31 dicembre 2022, che a quelli realizzati entro il 30 giugno 2023 «a condizione che entro la data del 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione».

Come rilevato dalla stessa prassi amministrativa a commento dell’agevolazione in disamina, emergono numerose analogie – sia in termini di ratio dell’agevolazione sia per quanto concerne i requisiti soggettivi e oggettivi, nonché gli aspetti tecnici e procedurali – tra la disciplina del «Super» e dell’«Iper» ammortamento e la disciplina del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi.75 Difatti, sussiste una sostanziale sovrapposizione dei profili soggettivi,76 oggettivi77 e procedimentali78 tra il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali ex l. n. 160 del 2019 e la «riedizione» del medesimo da parte della l. n. 178 del 2020, salvo le differenti limitazioni in termini quantitativi79 dell’agevolazione ed in relazione agli esercenti arti e professioni, i quali potranno fruire del beneficio in parola limitatamente agli investimenti in beni strumentali materiali diversi da quelli indicati all’All. A alla l. n. 232 del 2016, nel rispetto delle condizioni previsti dal combinato disposto dell’art. 1, commi 1054 e 1055, l. n. 178 del 2020 (art. 1, comma 1061, l. n. 178 del 2020).


5. Recenti sviluppi del credito d'imposta «Industria 4.0». Le novitá applicative della Legge di bilancio 2022 e la congiunzione funzionale agli interventi del PNRR

Il panorama normativo poc’anzi tratteggiato risulta nuovamente inciso dalla recente approvazione della Legge di bilancio 2022 (l. 30 dicembre 2021, n. 234), che interviene nella rideterminazione sia dei profili sostanziali della misura agevolativa in analisi – espungendo dal novero degli investimenti suscettibili di generare il credito d’imposta, gli acquisti di beni materiali strumentali «ordinari» ex art. 1, commi 1054 e 1055, l. n. 178 del 2020 – sia della finestra temporale entro cui realizzare l’investimento.80

Piú in dettaglio, l’art. 1, comma 44, lett. b, l. n. 234 del 2021 introduce il nuovo comma 1057 bis nella legge di bilancio 2021, disciplinando modalità e termini di fruizione dell’agevolazione da parte delle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali materiali nuovi indicati nell’All. A alla l. n. 232 del 2016, funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello «Industria 4.0», nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2023 e fino al 31 dicembre 2025.81 Cionondimeno, la scelta legislativa si attesta su un «depotenziamento» di percentuali e massimali di spesa,82 sicché il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 20 per cento del costo, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro, nella misura del 10 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro, e nella misura del 5 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro.83

Inoltre, la novella normativa in parola (art. 1, comma 44, lett. c e d, l. n. 234 del 2021) ricomprende gli investimenti realizzati dalle imprese in beni strumentali immateriali nuovi di cui all’All. B alla l. n. 232 del 2016, estendendo fino al 2025 la durata dell’agevolazione de qua e, parimenti, riducendone progressivamente l’entità (dal 20 per cento del 2023 al 15 per cento del 2024, per giungere infine al 10 per cento del 2025). All’uopo, l’articolato di legge testé menzionato uniforma – nella cifra di 1 milione di euro – il limite massimo di costi ammissibili su cui applicare il décalage delle percentuali sopraindicate, ai fini del calcolo del credito d’imposta spettante. Di conseguenza, il timeframe di riferimento dell’agevolazione per gli investimenti summenzionati (nel rispetto del limite di costo anzidetto) è così sintetizzabile:84

  1. a decorrere dal 1° gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2023,85 il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 20 per cento del costo;

  2. a decorrere dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2024,86 il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 15 per cento del costo;

  3. a decorrere dal 1° gennaio 2025 e fino al 31 dicembre 2025,87 il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 10 per cento del costo.

Da quanto poc’anzi schematizzato, emerge con evidenza che l’intervento normativo in rassegna non dispone alcuna proroga dell’agevolazione in commento per quegli investimenti che si pongono al di fuori del perimetro risultante dal combinato disposto degli All. A e B alla l. n. 232 del 2016.

Lungo tale prospettiva, merita autonoma menzione la possibilità di cumulo tra l’agevolazione in parola e altri finanziamenti ritratti dalle imprese in fase di implementazione di progetti funzionali alla realizzazione delle macroaree di intervento oggetto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR),88 nell’àmbito del programma Next Generation EU89 di fronteggiamento e superamento della crisi economica post-pandemica COVID-19 negli Stati Membri dell’UE.90

Al riguardo, la prassi amministrativa è recentemente intervenuta nel chiarire che il concetto di «cumulo» si riferisce alla possibilità di stabilire una sinergia tra diverse forme di sostegno pubblico di un intervento, che vengono in tal modo cumulate a copertura di diverse quote parti di un progetto e/o investimento.91

Quanto anzidetto riverbera la propria pregnanza applicativa per la misura PNRR «Transizione 4.0», dal momento che – qualora l’investimento risultasse in parte finanziato da altre risorse pubbliche – è ammesso il cumulo con il credito d’imposta (fino a concorrenza del 100% del costo dell’investimento) esclusivamente per la parte di costo dell’investimento non finanziata con le altre risorse pubbliche.92

Del resto, al fine di contribuire alla realizzazione di un panorama normativo quanto più esaustivo e stabile in funzione dell’implementazione degli investimenti in chiave PNRR da parte degli operatori economici, il Legislatore ha inteso accogliere le suddette indicazioni nel disposto letterale dell’art. 1, comma 1057 bis, l. n. 178 del 2020. Difatti, ai sensi e per gli effetti dell’art. 10, d.l. 27 gennaio 2022, n. 4 (c.d. decreto «Sostegni-ter» conv. con modif. in l. 28 marzo 2022, n. 25), si inserisce a completamento il seguente addendum: «per la quota superiore a 10 milioni di euro degli investimenti inclusi nel PNRR, diretti alla realizzazione di obiettivi di transizione ecologica individuati con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della transizione ecologica e con il Ministro dell’economia e delle finanze, il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 5 per cento del costo fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 50 milioni di euro».


6. Il passaggio nella fruizione dell'agevolazione da «maggiorazione extracontabile» alla forma tecnica del credito d'imposta. La «riconduzione in bilancio» della misura del beneficio fiscale determina un suo concorso nella determinazione del reddito imponibile?

La scelta del Legislatore di prevedere la fruizione del beneficio de quo attraverso lo strumento tecnico del credito d’imposta – da utilizzare esclusivamente in compensazione93 – conduce ad attribuire rilevanza al trattamento contabile riservato a tale posta nel bilancio del beneficiario e a domandarsi se sia lecito inferire che il credito de quo concorra in via indiretta al calcolo del «reddito fiscale d’impresa» di competenza del periodo d’imposta di volta in volta in rilievo.

Difatti, la natura sostanziale del credito d’imposta generato in funzione dell’esecuzione di un investimento in beni strumentali sembra potersi ricondurre al genus del «contributo in conto impianti», con imputazione a conto economico (voce A-5 «altri ricavi e proventi») e ripartito sulla base della durata del processo d’ammortamento del bene, per mezzo della tecnica del risconto passivo.94 A ciò si aggiunga che il necessario utilizzo in compensazione del credito anzidetto solleva delicate problematiche sia in termini di limiti oggettivi alla compensazione introdotti ex art. 3, d.l. 26 ottobre 2019, n. 124 (conv. con modif. in l. 19 dicembre 2019, n. 157), che di individuazione del dies a quo a partire dal quale procedere con l’utilizzo del credito medesimo.

Tuttavia, l’ipotesi testé rappresentata è stata sterilizzata dal Legislatore95 mediante apposita disposizione, a mente della quale il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito nonché della base imponibile I.R.A.P. e non rileva ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109, comma 5, Tuir. Al riguardo, sia l’art. 1, comma 191, l. n. 160 del 2019, che all’art. 1, comma 1059, primo periodo, l. n. 178 del 2020 puntualizzano altresì la non operatività dei limiti legislativi vigenti in termini di compensazione «complessiva» per singolo periodo d’imposta pari a 2 milioni di euro (art. 34, l. n. 388 del 2000),96 né per i crediti a necessaria indicazione nel quadro RU del Modello Unico per somme eccedenti 250 mila euro (art. 1, comma 53, l. n. 244 del 2007), né infine la normativa che vieta la compensazione in presenza di debiti fiscali (art. 31, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. con modif. in l. 30 luglio 2010, n. 122).

Con riferimento, invece, al momento a partire dal quale il credito possa essere oggetto di compensazione, si assiste ad una difformità applicativa tra i due contigui regimi. Difatti, ai sensi dell’art. 1, comma 191, l. n. 160 del 2019 il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione «a decorrere dall’anno successivo a quello di entrata in funzione dei beni per gli investimenti di cui al comma 188, ovvero a decorrere dall’anno successivo a quello dell’avvenuta interconnessione dei beni ai sensi del comma 195 per gli investimenti di cui ai commi 189 e 190».97 Diversamente, l’art. 1, comma 1059, primo periodo, l. n. 178 del 2020 accoglie una diversa declinazione del dies a quo a decorrere dal quale è possibile l’utilizzo in compensazione del credito in parola da parte del contribuente, nella misura in cui ciò è ammesso «dall’anno di entrata in funzione dei beni per gli investimenti di cui ai commi 1054 e 1055 del presente articolo, ovvero a decorrere dall’anno di avvenuta interconnessione dei beni ai sensi del comma 1062 del presente articolo per gli investimenti di cui ai commi 1056, 1057 e 1058 del presente articolo».98

Tuttavia, è doveroso rammentare che il novellato disposto del comma 1 dell’art. 17, d.lgs. n. 241 del 1997 (modificato dall’art. 3, d.l. n. 124 del 2019) impone che i crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali possano essere compensati – per importi superiori a 5 mila euro annui – a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge. Una lettura ancorata al dato letterale della norma, sembrerebbe far propendere per un’interpretazione restrittiva, sicché al superamento della soglia anzidetta, il contribuente sarà tenuto ad attendere indicativamente il termine di dieci giorni successivi al 30 novembre (art. 2, comma 2, d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322) dell’anno successivo a quello in cui sorge il diritto al credito d’imposta in parola, affinché possa legittimamente utilizzare in compensazione il residuo ammontare del suo credito.99

Sennonché, in occasione della risposta a quesiti sottoposti dalla stampa specializzata (i.e. «Telefisco», tenutosi il 30 gennaio 2020), la stessa Amministrazione finanziaria ha in parte qua modificato il proprio precedente orientamento, sicché la descritta «stretta»100 alle compensazioni non includerebbe i crediti da quadro RU della dichiarazione dei redditi e, per questo motivo, il nuovo credito d’imposta per investimenti «Industria 4.0» non rientrerebbe nei limiti appena delineati. Alla luce di ciò, sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore del Legislatore – a ben vedere, espresso all’art. 1, comma 1059, primo periodo, l. n. 178 del 2020, seppur con portata limitata a tale «edizione» del credito d’imposta in parola e nel silenzio delle recenti disposizioni veicolate dalla Legge di bilancio 2022 – anche attraverso norma di interpretazione autentica, onde fugare possibili aporie ed incertezze applicative potenzialmente minanti l’impatto incentivante della misura in questione sugli investimenti realizzabili dagli operatori economici.


7. Osservazioni conclusive. La funzione incentivante del «Fisco» agli investimenti aziendali e riconversioni produttive

Il complesso quadro regolatorio financo esposto sembrerebbe evidenziare il percorso evolutivo intrapreso dalla legislazione tributaria e diretto all’accoglimento e valorizzazione – sotto il profilo determinativo della performance reddituale d’impresa – del «plusvalore latente» derivante dalla realizzazione di investimenti in tangible and intangible assets aventi le caratteristiche tecniche e tecnologiche atte ad incrementare significativamente il grado di resilienza dei sistemi produttivi operanti nel tessuto imprenditoriale nazionale.

Tali obiettivi hanno trovato concreta attuazione – in prima istanza – attraverso le misure agevolative «Super» ed «Iper» ammortamento che, ai soli fini tributari, determinano un «potenziamento» in termini percentuali della quota di ammortamento imputata a bilancio e relativa a immobilizzazioni materiali ed immateriali, allo scopo di addivenire ad un «alleggerimento» del carico fiscale sopportato dall’entità, in relazione all’investimento realizzato.

Successivamente, la riconduzione in bilancio della misura del beneficio fiscale ivi compulsato – realizzata attraverso l’introduzione del c.d. «credito d’imposta per investimenti in beni strumentali» – conduce a stemperare la rilevanza ai soli fini tributari delle maggiorazioni da «super-ammortamento» ed «iper-ammortamento» idonee a denotare, sí, una chiara attitudine incentivante agli investimenti, ma, al tempo stesso, non suscettibili di palesare un’effettiva connessione con il «plusvalore latente» individuato in seno al bene strumentale materiale o immateriale acquisito al sistema produttivo aziendale. Difatti, la traduzione contabile del credito d’imposta in «contributo in conto impianti» consente di trasportare un valore certo, liquido ed esigibile – afferente alla posizione fiscale del contribuente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria – dal piano effettuale circoscritto ai rapporti regolati dal diritto tributario, all’adiacente branca «giuridico-economica» del management and business administration, in termini di creazione e comunicazione all’esterno del valore aziendale.101

Quanto poc’anzi affermato pare acquistare nuovo volume alla luce delle recenti linee d’indirizzo intraprese dal Legislatore nel progetto di riforma e riassetto dell’ordinamento fiscale, laddove sembra tratteggiarsi un superamento del principio di «derivazione rafforzata», affinché si traduca in azione concreta un «processo di avvicinamento tra valori civilistici e fiscali, con particolare riguardo alla disciplina degli ammortamenti e delle variazioni in aumento e in diminuzione apportate al conto economico per determinare il reddito imponibile» (art. 3, d.d.l. delega per la revisione del sistema fiscale approvato dal Consiglio dei Ministri del 5 ottobre 2021, n. 39).102

In attesa di verificare il definitivo accoglimento di tali princípi e criteri direttivi in un documento normativo a vocazione sistematica, il «reddito fiscale d’impresa» sembrerebbe assurgere a grandezza idonea a tradurre in termini monetari l’effettiva ricchezza prodotta dall’entità nel periodo d’imposta, tale da consentire la rilevazione di una «base economica attendibile» permeabile, all’occorrenza, ad accogliere un quid pluris in termini di beneficio fiscale da tradursi in chiave incentivante all’investimento in beni ad elevato contenuto tecnologico.103

In questa prospettiva, soprattutto a partire dalla l. n. 232 del 2016, si assiste ad un progressivo iter normativo teso ad attribuire una centralità dirimente alla componente immateriale, «liquida», intangibile del bene strumentale. Il nucleo centrale della c.d. «Industria 4.0» poggia irriducibilmente sul concetto di «interconnessione» sistemica tra mezzi inanimati della produzione, sino a richiedere un’attitudine del bene stesso ad interfacciarsi con modalità di scambio intelligenti, simultanee e adattabili al variare anche istantaneo dei flussi informativi e delle necessità produttive. In tal senso, il ruolo dell’intangible asset104 campeggia – e con esso il suo esempio dotato di maggior lustro, i.e. il software – imponendosi come value driver incontrovertibile della posizione di vantaggio competitivo raggiungibile e difendibile dall’impresa nel mercato.105

In chiusa, riecheggiano ancóra le parole del Prof. Andreatta, in relazione alle potenzialità sprigionantesi da un sapiente utilizzo della leva fiscale nella correzione di talune «involuzioni» del mercato, dal momento che «l’impiego di strumenti di politica economica diretti ad accelerare il processo di ammortamento non può prescindere dal quadro delle caratteristiche di struttura dell’economia sulla quale si vuole operare».106 Ed ogni ulteriore affermazione pare superflua.

1 In dottrina, v. per tutti M. Lieberman e R. Hall (ed. italiana a cura di P. Tirelli, E. Colombo e E. Di Benedetto), Princípi di economia, 3a ed., Rimini, 2014, p. 199 ss. e C.A. Bollino, Elementi di politica economica per le scienze sociali, 3a ed., Perugia, 2008, p. 52 ss. In effetti, «what makes profit emerge is the fact that the entrepreneur who judges the future prices of the products more correctly than other people do buys some or all the factors of production at prices which, seen from the point of view of the future state of the market are too low. Thus, the total costs of production – including interest on the capital invested – lag behind the prices which the entrepreneur receives for the product. The difference is entrepreneurial profit» osserva L. Von Mises, Profit and Loss, Auburn, 2008, p. 8 ss.

2 Secondo la nozione maggiormente invalsa nella dottrina economico-aziendale italiana, si definisce ‛soggetto economico’ «la persona o il gruppo di persone che di fatto ha ed esercita un supremo potere all’interno dell’azienda, subordinatamente solo ai vincoli d’ordine giuridico e morale ai quali deve o dovrebbe sottoporsi» come rilevato da P. Onida, L’Economia d’Azienda, Milano, 1971, p. 22 (in argomento v. altresí G. Zappa, Le produzioni nell’economia delle imprese, Tomo II, Milano, 1957, p. 86 ss. e, successivamente, G. Ferrero, Istituzioni di economia d’azienda, Milano, 1968, p. 48 ss.; A. Amaduzzi, L’azienda nel suo sistema e nell’ordine delle sue rilevazioni, Torino, 1978, p. 65 ss.; E. Giannessi, Appunti di economia aziendale: con particolare riferimento alle aziende agricole, Pisa, 1979, p. 48 ss.; piú di recente, R. Tizzano, La “teoria istituzionalista” dell’azienda, nella dialettica fra Gino Zappa e Carlo Masini, in R. Delle Donne [a cura di], Studi e ricerche di scienze umane e sociali. Quaderni dell’Università degli studi di Napoli Federico II – Scuola delle Scienze Umane e Sociali, Napoli, 2014, pp. 601-622).

3 Si rammenta in questa sede la differenza che intercorre tra c.dd. «costi espliciti» e «costi impliciti», coincidente nella rilevazione o meno nella struttura organizzativa dell’entità di una fuoriuscita di risorse finanziarie conseguente al godimento dell’utilità procacciata per mezzo della fruizione di un servizio o del godimento di un bene. Il «costo implicito» risulta una nozione adagiata sull’archetipo del «costo opportunità» (opportunity cost) nell’alveo degli studi di microeconomia (v. per tutti N. Gregory Mankiw, Principles of Microeconomics, 5a ed., Mason, 2009, p. 269) dove si osserva che «the distinction between explicit and implicit costs is important from the point of view of the computation of the cost of capital. The explicit cost of any source of capital is the discount rate that equates the present value of the cash inflows that are incremental to the taking of the financing opportunity with the present value of its incremental cash outflows […] Given the ultimate objective of the firm to maximise the wealth of shareholders, the cost of retained earnings would be equivalent to the opportunity cost of earning by investing elsewhere by shareholders themselves or by the company itself. Opportunity costs are technically referred to as implicit costs of capital» (cfr. M.Y. Khan e P.K. Jain, Financial Management. Text, Problems and Cases, 5a ed., New Delhi, 2008, Chapter 11, § 1 e, parimenti, D.F. Stone, Clarifying (Opportunity) Costs, in Am. Economist, 2015, 1, pp. 20-25 e D. Levy, Price Rigidity and Flexibility: Recent Theoretical Developments, in Managerial & Decision Ec., 2007, 6, pp. 523-530).

4 Il concetto di «mission aziendale» campeggia nelle dinamiche conoscitive dei profili esegetici relativi allo studio dei modelli organizzativi dell’attività d’impresa. La scienza economico-aziendale ha elaborato da tempo una nozione di tale aspetto concettuale, valorizzandone la componente di «fine ultimo» di un’organizzazione. Ab imis, coincide con il motivo per il quale l’organizzazione esiste ed è espressa dall’insieme degli obiettivi dichiarati che si intendono raggiungere (i.e. posizionamento strategico sul mercato e vantaggio competitivo acquisito o da acquisire, eventuali alleanze commerciali, distribuzione degli output nei target market prescelti, assetto concorrenziale, etc.).

«Il concetto di pianificazione presuppone il tentativo di uniformare il proprio comportamento attuale alle condizioni che qualificheranno il “sovrasistema ambientale” nella prospettiva futura. […] Evidentemente, la pianificazione è appannaggio del vertice d’impresa, poiché si fonda su valutazioni di ampia portata e riguarda le scelte di base dell’azienda (mission)» come osserva puntualmente F. De Luca, Il sub-sistema organizzativo nei suoi elementi distintivi e nell’architettura del processo decisionale in L. D’Amico e G. Paolone (a cura di), I princípi e i modelli de l’Economia Aziendale, Torino, 2017, p. 97 ss., sviluppando gli assunti espressi da G. Daccò, L’organizzazione aziendale, Padova, 1998, pp. 221 e 222 e ripresi con varie sfumature da G. Corbetta e A. Garzoni, Gestione strategica e controllo strategico, in Riv. dott. comm., 2006, 4, p. 727 ss.

5 Come efficacemente rilevato in dottrina «i beni vengono classificati nelle immobilizzazioni quando presentano precise caratteristiche, cioè quando i beni restano vincolati (immobilizzati) per un periodo medio-lungo, superiore ad un ciclo produttivo, o per l’intera vita dell’impresa. È questa sostanzialmente la differenza che passa tra fattori produttivi a fecondità semplice e fattori produttivi a fecondità ripetuta. I primi esauriscono la loro utilità in un solo ciclo produttivo, i secondi in piú processi produttivi. Le immobilizzazioni appartengono a questa seconda categoria di fattori produttivi, permanendo in azienda per un periodo medio-lungo» (cfr. P. Ricci, Introduzione all’economia aziendale, 3a ed., Milano, 2007, p. 155 con puntuazioni condivise da G. Sannino e P. Tartaglia Polcini [a cura di], Esercitazioni e complementi di economia aziendale, Torino, 2016, p. 156 ss. spec. § 7.4.1 e, con digressione specifica in àmbito fiscale, cfr. N. Fortunato, Considerazioni critiche sulla indeducibilità delle “minusvalenze assimilate”, in Riv. dir. trib., 2002, 2, p. 131 ss. e, in relazione all’adozione dei princípi contabili internazionali IAS/IFRS, v. F. Gallo, Riforma del diritto societario e imposta sul reddito, in Giur. comm., 2004, 2, p. 272 ss. spec. § 2.2). La distinzione conserva una specificazione financo negli arresti piú recenti della giurisprudenza di vertice, sicché «per le spese pluriperiodali […] il trattamento fiscale ai fini della rilevazione del reddito di impresa segue, pertanto, la rilevazione contabile. Ove, quindi, una spesa sia stata iscritta nell’attivo patrimoniale e sia stata capitalizzata quale spesa a fecondità ripetuta, tale da produrre i propri effetti anche negli esercizi successivi (scelta, questa, alternativa rispetto alla collocazione nel conto economico), detta spesa va spalmata, ai fini della rilevazione del reddito di impresa, pro quota nell’anno di sostenimento del costo e nei successivi, negli stessi termini in cui il costo è stato ammortizzato contabilmente» (cfr. Cass., Sez. V, n. 6015 del 04.03.2020 spec. § 6.2 e, inter alia, Cass., Sez. V, ord. n. 7429 del 07.03.2022 p.to n. 6.2; Cass., Sez. V, ord. n. 15216 del 0.1.06.2022; Cass., Sez. V, ord. n. 10902 del 10.05.2019 e ord. n. 9252 del 03.04.2019, con nota di A. Contrino, Interruzione temporanea o definitiva dell’utilizzo di un bene strumentale e deducibilità fiscale degli ammortamenti civilistico-contabili, tra assenza di regole specifiche e applicabilità dei princípi generali del reddito d’impresa, in Rass. trib., 2020, 2, p. 382 ss.; Cass., Sez. V, nn. 21351 e 21350 21.10.2015 e Cass., Sez. V, n. 781 del 14.01.2011).

6 «Si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento» come sancito ex art. 2423 bis, comma 1, n. 3, c.c. A ben vedere, come assodato dalla prassi contabile in materia, «la competenza è il criterio temporale con il quale i componenti positivi e negativi di reddito vengono imputati al conto economico ai fini della determinazione del risultato d’esercizio […] In attuazione di tale previsione, le regole dei singoli princípi contabili definiscono il momento in cui la rilevazione nel conto economico dei fatti aziendali è conforme al principio della competenza» (cfr. OIC n. 11, §§ 29 e 30). Parimenti, «il postulato della competenza richiede che i costi devono essere correlati ai ricavi dell’esercizio» (OIC n. 11, § 32). Mutatis mutandis, anche i princípi di revisione attribuiscono un’attenzione privilegiata alla corretta valorizzazione e verifica ex post della fondatezza, ragionevolezza e consistenza degli elementi posti dalla direzione aziendale a fondamento delle stime contabili oggettivate in bilancio (cfr. ISA Italia n. 540, §§ 17 e 20). Del resto, si riverbera in dottrina il condiviso pensiero tale per cui «un costo è di competenza dell’esercizio quando nell’esercizio stesso si è verificata la correlazione con il corrispondente ricavo, quando cioè il costo si è trasformato in prodotti/servizi che hanno dato origine a ricavi di vendita. Costi e ricavi sono dunque di competenza dell’esercizio quando sono tra loro correlati nella stessa unità temporale» (cfr. G. Frattini, Contabilità e bilancio, Vol. II, Milano, 2011, p. 7 ss. spec. § 1.3 e, in relazione alla corretta declinazione del principio di realizzazione dei ricavi al momento della chiusura del ciclo produttivo, cfr. C. Pesci, La finalità e i princípi generali del bilancio d’esercizio in S. Azzali (a cura di), Financial Reporting and Accounting Standards, Torino, 2015, pp. 34 e 35). In giurisprudenza, si specifica ulteriormente che «i componenti (positivi e negativi) del reddito di imprese sono imputati temporalmente “all’esercizio di competenza”, ossia secondo il principio di competenza economica che ha riguardo al momento in cui si verifica il fatto integrativo del componente reddituale, in contrapposizione al principio di cassa che ha riguardo alla data dei pagamenti e degli incassi (in senso analogo dispone l’art. 2423 bis c.c., comma 1, n. 3 per la redazione del bilancio civilistico)» (cfr. Cass., Sez. V, n. 33903 del 19.12.2019 e, ex pluribus, Cass., Sez. V, ord. n. 11057 del 27.04.2021; Cass., Sez. V, n. 33648 del 18.12.2019 e Cass., Sez. V, n. 7742 del 19.04.2016).

7 A mente dell’art. 2423, comma 1, c.c. gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo stato patrimoniale (artt. 2424 ss. c.c.), dal conto economico (artt. 2425 ss. c.c.), dal rendiconto finanziario (art. 2425 ter c.c.) e dalla nota integrativa (artt. 2427 ss. c.c.). Si accenna in questa sede che – ai sensi del combinato disposto degli art. 2435 bis, comma 2 e 2435 ter, comma 2, c.c. – le c.dd. «imprese di minori dimensioni» e «micro imprese» sono esonerate dalla redazione del rendiconto finanziario e, inoltre, non risultano tenute a corredare il bilancio d’esercizio con una relazione sulla gestione formata in conformità alle indicazioni contenute nell’art. 2428 c.c. Un’esegesi omnicomprensiva sulla dinamica effettuale e sui contenuti veicolati dagli schemi di bilancio anzidetti è ripercorsa da S. Pisano, L. Lepore e C. Di Guida, Princípi contabili nazionali e internazionali: il bilancio d’esercizio delle società non quotate a séguito della direttiva 34/2013: verso una maggiore armonizzazione contabile?, in Riv. dott. comm., 2017, 4, p. 509 ss. spec. § 2 e, sul punto, v. altresí S. Fortunato, Gli obiettivi informativi del “nuovo” bilancio d’esercizio, in Giur. comm., 2017, 4, p. 498 ss.

8 Tra i molteplici ed autorevoli contributi in materia, v. le puntuali considerazioni di G. Racugno, Politiche di bilancio, criteri di ragionevolezza e doveri di trasparenza, in Giur. comm., 2013, 4, p. 732 ss. spec. § 5.1 «fra i costi di produzione (art. 2425, B) sono ricompresi, al n. 10, gli ammortamenti, che presuppongono, al pari di tutte le voci di bilancio, la previa rilevazione in contabilità dei rispettivi ammontari, secondo un’operazione di stima volta a determinare e ripartire nel tempo il costo pluriennale incidente sul valore delle immobilizzazioni in funzione del loro presunto concorso alla produzione d’impresa. Secondo la tecnica aziendalistica è necessario, sulla base dei programmi di utilizzazione dei beni materiali e immateriali, predisporre un piano di ammortamento».

9 V. art. 2423 bis, comma 1, n. 1, c.c. a mente del quale «la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività» e, in documenti di prassi, OIC n. 11, §§ 21-24 e ISA Italia n. 570, §§ 2, 9 e 10. Sicché «la valutazione della sussistenza (o meno) del presupposto della continuità aziendale ha per oggetto la ragionevole capacità della società di proseguire in modo ordinato la propria attività per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio» come ribadito in dottrina da M. Casó, OIC 11: importanti chiarimenti in materia di rappresentazione sostanziale, di continuità aziendale e di rilevanza, in Riv. dott. comm., 2018, 2, p. 197 ss. spec. § 4; sul punto v. altresí A. Villani, B. Amaturo, G. Acunzo e M. Meloni, Continuità aziendale: correnti sviluppi nell’àmbito dei princípi contabili e di revisione, ivi, 2018, 4, p. 671 ss.; M. Maffei, Il principio della continuità aziendale e il controllo della sua corretta applicazione, Torino, 2017, p. 11 ss. Con riferimento alla recente introduzione nell’ordinamento giuridico del c.d. «Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza», di cui al d.lgs. 12 febbraio 2019, n. 14 sono state approntate una serie di novelle alle disposizioni codicistiche disciplinanti l’attività d’impresa, in vigore dal 16 marzo 2019, con il dichiarato scopo di rendere il «sistema azienda» in grado di monitorare, pianificare e adottare efficaci misure organizzative volte a prevenire, ex ante, e fronteggiare, ex post, eventuali situazioni figurative di una «crisi» potenzialmente distruttiva della realtà aziendale medesima (v., in dottrina, i commenti in chiave ermeneutica del novellato disposto dell’art. 2086 c.c. elaborati da S. Fortunato, Codice della crisi e Codice civile: impresa, assetti organizzativi e responsabilità, in Riv. soc., 2019, 5, p. 952 ss. spec. § 2 e funditus F. Manca, Assetti adeguati e indicatori di crisi nel nuovo codice della crisi d’impresa: la visione dell’aziendalista, in Giur. comm., 2020, 3, p. 629 ss. spec. § 3 e G. Racugno, Il ruolo del presidente nel c.d.a. nel monitoraggio del rischio di crisi aziendale, ivi, 2021, 1, p. 53 ss. spec. §§ 6.3 e 6.4).

10 «Going concern value measures the enhancement in value of the inputs of the firm as a result of their being combined into a productive economic organization. This implies that inputs are more productive when combined with other inputs than when production is carried out in isolation or with some other combination. If the assets assembled are not worth more than the value of their individual parts, then there is no economic justification for their unity» come desunto da M.F. Dimbath, The Theory And Practical Determination Of Going Concern Value, in J. Forensics Ec., 1994, 2, p. 172 e, con declinazioni applicative del principio de quo in caso di sopravvenuta insorgenza di una conclamata situazione di crisi aziendale v. N.K. Pahwa, Corporate Insolvency: Its Operations and Emerging Problems, in National L. School India Rev., 2018, 2, p. 111 ss.; M. Feng e C. Li, Are Auditors Professionally Skeptical? Evidence from Auditors’ Going-Concern Opinions and Management Earnings Forecasts, in J. Acc. Res., 2014, 5, p. 1065 ss.

11 Come rilevato in dottrina da M. Nova, Le compensazioni contabili nel bilancio pubblico d’esercizio, in Riv. dott. comm., 1996, 2, p. 293 ss. spec. § 5 «il fondo di ammortamento rappresenta la parte economicamente recuperata del costo delle immobilizzazioni […] Entrambe le categorie di fondi (ndr. fondo ammortamento e fondo svalutazione) hanno natura rettificativa dei valori dell’attivo e presentano significato semantico «non-dare»; devono pertanto essere compensate con le voci dell’attivo cui direttamente si riferiscono. L’impostazione è coerente con la norma di legge che, in aderenza al testo della direttiva comunitaria, non consente l’iscrizione al passivo di poste rettificative dell’attivo». Secondo una chiave di lettura piú sistematica, «il bilancio di esercizio presuppone infine la predisposizione delle scritture “di assestamento” o “di rettifica”, cioè sia la rilevazione di quei fatti di gestione che di per sé non abbiano ancóra dato luogo a manifestazioni numerarie o assimilate (come la determinazione dei ratei e delle fatture da emettere e da ricevere), sia la riclassificazione delle variazioni economiche secondo il principio di competenza (quali il calcolo dei risconti e delle quote di ammortamento). È nel passaggio dalla situazione contabile al bilancio d’esercizio che trova applicazione il fondamentale principio (art. 2423 bis, n. 3, c.c.) che impone la rilevazione di tutti i valori di competenza economica dell’esercizio indipendentemente dalla contabilizzazione» evidenzia G. Racugno, Dal bilancio ai fatti di gestione, in Giur. comm., 2002, 5, p. 601 ss. spec. § 9.

12 «Si definisce perdita durevole di valore la diminuzione di valore che rende il valore recuperabile di un’immobilizzazione, determinato in una prospettiva di lungo termine, inferiore rispetto al suo valore netto contabile. Si definisce valore recuperabile di un’attività o di un’unità generatrice di flussi di cassa il maggiore tra il suo valore d’uso e il suo fair value, al netto dei costi di vendita», rimettendosi alla formulazione adottata e invalsa nella prassi contabile (v. OIC 9, §§ 4 e 5). La procedura stringatamente descritta poc’anzi delinea il c.d. «impairment test» delle immobilizzazioni «[…] finalizzato ad assicurare la contabilizzazione di tali attività ad un importo non superiore rispetto a quello che si può recuperare attraverso l’uso o la vendita. Una situazione di non ricuperabilità del valore di un cespite è in genere manifestata da sintomi o indicatori di impairment, provenienti tanto da fatti e circostanze interne quanto da eventi esterni all’azienda. L’obsolescenza tecnica o danni fisici ad un bene, l’approvazione di piani di ristrutturazione o di cessazione di un’attività, report interni che testimoniano un peggioramento delle condizioni future di utilizzo di un cespite sono prove indicative di potenziali situazioni di impairment derivanti da circostanze interne […] Al verificarsi di un potenziale sintomo di impairment, l’impresa confronta il valore contabile del cespite con il valore recuperabile» (cfr. A. Quagli e F. Meini, La procedura di impairment tra riflessi gestionali e politiche di bilancio, in Riv. dott. comm., 2007, 5, p. 833; piú di recente, M. Nova, Le valutazioni delle aziende per fini di impairment e la variabile fiscale, ivi, 2017, 4, p. 655 ss. e G.M. Garegnani, V. Cortellazzi, G.M. Santoro, M. Palmisano, Il dibattito in corso in tema di rappresentazione del goodwill e di semplificazione dell'impairment test, ivi, 2021, 4, p. 505 ss.).

13 La prassi contabile individua il valore da ammortizzare come «la differenza tra il costo dell’immobilizzazione, determinato secondo i criteri enunciati nel principio, e, se determinabile, il valore residuo» (cfr. OIC 16, § 11 e OIC 24, § 19) su v. per tutti G. Ferranti, Gli ammortamenti delle imprese: rapporti tra regole civilistiche e fiscali, in Corr. trib., 2020, 6, p. 522 ss.

14 Nel tentativo di consentire una decodificazione quanto piú puntuale della nozione in parola, si è osservato in dottrina che «i beni strumentali […] rappresentano costi ad utilità pluriennale, pertanto, anche gli oneri accessori sostenuti affinché il bene possa entrare a far parte della disponibilità dell’impresa o iniziare a svolgere la propria funzione, devono essere considerati ad utilità pluriennale. Al fine di rispettare il principio di competenza economica, si renderà quindi necessario trattare contabilmente gli oneri accessori di diretta imputazione come i beni a cui si riferiscono, facendoli partecipare alla determinazione del costo di iscrizione dei beni strumentali tra le attività dello stato patrimoniale» (cfr. – anche per l’enucleazione casistica indicativa e non esaustiva delle molteplici ipotesi di costi sussumibili nella categoria de quaF. Bava, Revisione legale e collegio sindacale. L’applicazione dei princípi di revisione nelle PMI, 2a ed., Milano, 2011, pp. 207 e 208). Con particolare riguardo al caso della capitalizzazione degli oneri finanziari, la prassi contabile rileva che «può essere effettuata quando ricorrono tutte le seguenti condizioni, nei limiti applicabili alla specifica fattispecie: a) la capitalizzazione degli oneri finanziari è ammessa con riguardo ad oneri effettivamente sostenuti, oggettivamente determinabili, entro il limite del valore recuperabile del bene […] b) sono capitalizzabili solo gli interessi maturati su beni che richiedono un periodo di costruzione significativo» (cfr. OIC 16, §§ 42-44 e OIC 24, § 39).

15 «Il valore residuo di un bene è il presumibile valore realizzabile del bene al termine del periodo di vita utile» (v. OIC 16, § 12 e OIC 24, § 20). Piú in dettaglio, riguardo al tema della corretta attribuzione del book value dell’immobilizzazione materiale o immateriale, «secondo la relazione ministeriale di accompagnamento al d.lgs. n. 127 del 1991, con cui è stata data attuazione alle direttive CEE n. 660 del 1978 e n. 349 del 1983 in materia societaria, la formula “rappresentare in modo veritiero e corretto” costituisce la fedele traduzione dell’espressione “true and fair view” cui fa riferimento la IV Direttiva. Inoltre, secondo la stessa relazione ministeriale: “l’uso dell’aggettivo veritiero, riferito al rappresentare la situazione patrimoniale, economica e finanziaria, non significa pretendere dai redattori del bilancio né promettere ai lettori di esso una verità oggettiva di bilancio, irraggiungibile con riguardo ai valori stimati, ma richiedere che i redattori del bilancio operino correttamente le stime e ne rappresentino il risultato”» (cfr. OIC 11, § 7).

16 «La durata economicamente utile di una immobilizzazione definisce il periodo d’ammortamento; essa corrisponde al periodo temporale entro il quale si stima che il valore di una immobilizzazione debba essere ripartito […] La congettura è complessa in quanto basata sulla costruzione di un piano, a comporre il quale concorrono: la prevista durata economicamente utile del bene, il criterio di ripartizione del valore da ammortizzare. Il piano (d’ammortamento) essendo costituito in via preventiva, non può essere considerato rigido o vincolante […] Il riesame del piano può riguardare: la vita utile della immobilizzazione originariamente stimata; il criterio di ammortamento, ossia il criterio di ripartizione del valore da ammortizzare nell’àmbito della stimata vita utile del bene» rileva in dottrina A. Palma, Le valutazioni in Id. (a cura di), Il bilancio di esercizio. Aspetti istituzionali e profili evolutivi nell’attuale assetto normativo italiano, 4a ed., Milano, 2008, p. 346 ss. spec. § 3.3.2. (cfr. OIC 16, §§ 62 e 63 per i riferimenti di prassi contabile).

17 Oltre al metodo di ammortamento a «quote costanti», la prassi contabile (OIC 16, §§ 65-68) ha riconosciuto ammissibile come alternative equipollenti in ragione del rispetto dei presupposti individuati dal combinato disposto dell’art. 2424, comma 1, nn. 1 e 2, c.c. e in conformità al postulato della rappresentazione sostanziale dei fatti di gestione (art. 2423 bis, comma 1, n. 1 bis e OIC 11, §§ 25-28) altri due metodi a disposizione del redattore del bilancio: metodo a «quote decrescenti», ovvero il metodo per «unità di prodotto» (quando questo metodo di ammortamento fornisce una migliore rappresentazione della ripartizione dell’utilità ritraibile dal bene lungo la sua vita utile).

18 Da un punto di vista economico l’ammortamento rappresenta il legame tra quote di costo e ricavi conseguiti, influendo in maniera determinante sulla formazione del reddito d’esercizio, ma tale processo rileva anche sul piano finanziario e sul piano patrimoniale. Nel primo caso, l’ammortamento rappresenta la ricostituzione delle risorse finanziarie erogate anticipatamente; nel secondo caso, invece, esprime la graduale perdita di valore delle immobilizzazioni. Una disamina particolareggiata dei profili anzidetti è espressa ex multis da G. Roberto e A. Mura, Introduzione al bilancio di esercizio. Normativa civilistica, princípi contabili nazionali e norme fiscali, Torino, 2019, p. 134; R.N. Anthony e L.K. Breitner (ed. italiana a cura di M. Bartolini), Il bilancio. Misurazione e analisi della performance, 10a ed., Torino, 2009, p. 107 ss. spec. § 7.4 e C. Cincotti, L’inventario dell’imprenditore commerciale, in Giur. comm., 2015, 5, p. 886 ss. spec. § 6.

19 La prassi contabile puntualizza, in materia, che «le richiamate norme delineano un effetto asimmetrico nella contabilizzazione dei componenti economici, con prevalenza del principio della prudenza rispetto a quello della competenza. Infatti, gli utili non realizzati non devono essere contabilizzati, mentre tutte le perdite, anche se non definitivamente realizzate, devono essere riflesse in bilancio» (OIC 11, § 19). Del postulato della prudenza si rimarca in dottrina il ruolo «di rappresentare fedelmente le operazioni aziendali, non limitando la rappresentazione dei valori patrimoniali e reddituali ai soli aspetti giuridici delle operazioni stesse, bensí tenendo conto della funzione economica assegnata agli elementi patrimoniali acquisiti» (cfr. A. Tessitore, Il bilancio di esercizio verso un sistema duale, in Riv. dott. comm., 2006, 2, p. 225 ss. spec. § 2.2), sicché si impone «nel sistema codicistico il principio di prudenza, secondo cui l’attivo e i ricavi devono rispondere ad un test di “certezza”» (v. S. Fortunato, Gli obiettivi informativi del “nuovo” bilancio d’esercizio, cit., p. 498 ss. spec. § 5).

20 Ai sensi dell’art. 83, comma 1, Tuir «il reddito complessivo è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione». Successivamente, l’art. 13 bis, d.l. 30 dicembre 2016, n. 244 (conv. con modif. in l. 27 febbraio 2017, n. 9) è intervenuto per modificare gli aspetti anzidetti, potenziando il vinculum iuris generato dal bilancio civilistico ai fini della determinazione del reddito d’impresa ed introducendo per i soggetti che redigono il bilancio in base ai princípi contabili internazionali e per coloro i quali, diversi dalle «micro-imprese» di cui all’art. 2435 ter c.c., osservano i princípi contabili nazionali che, anche in deroga alle disposizioni del Tuir, valgono i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi princípi contabili. Ciò determina l’applicazione, in chiave analogica, delle disposizioni regolamentari dettate per il ricongiungimento a valori fiscali (ai fini I.Re.S. ed I.R.A.P.) delle voci di bilancio accolte dai c.dd. IAS Adopters anche per tutti i soggetti che redigono il bilancio in base ai criteri dettati dal codice civile (c.dd. OIC Adopters) e, segnatamente, attraverso i d.m. 1 aprile 2009, n. 48; d.m. 8 giugno 2011; d.m. 3 agosto 2017 e, da ultimo, d.m. 10 gennaio 2018 (quest’ultimo inerente al recepimento dello IFRS 15 – ricavi provenienti da contratti con i clienti). Precisa l’Amministrazione finanziaria che «proprio perché tale dipendenza è limitata al riconoscimento delle “qualificazioni”, delle “classificazioni” e delle “imputazioni temporali”, la stessa rappresenta una derivazione “rafforzata” (e non già “piena”): infatti, restano generalmente esclusi da tale contesto i fenomeni valutativi, non espressamente citati nella lettera dell’art. 83, nonché talune specifiche fattispecie per le quali il Legislatore fiscale, con deroghe e/o integrazioni al citato principio di derivazione rafforzata, ha voluto prevedere regole differenziate» (Agenzia delle Entrate, circ. 28 febbraio 2011, n. 7/E, § 3.2.1).

«Si tratta di una derivazione rafforzata e non piena in quanto tale principio non riguarda la quantificazione (valutazione) dei componenti positivi e negativi di reddito, che continua ad essere effettuata secondo le regole ordinarie del Tuir. In sostanza, anche per i c.d. OIC adopter d’ora in avanti così come già avveniva per gli IAS adopter ai fini della determinazione del reddito imponibile, gli elementi reddituali e patrimoniali assumono rilevanza in base alle risultanze contabili nel senso che a tali soggetti non si applicano piú le disposizioni normative dettate dall’art. 109 del Tuir comma 1 e 2» riconosce M. Mainardi, Le problematiche fiscali del bilancio d’esercizio in A. Montrone, A. Ricciardi e F.E. Rubino, La lettura economico-aziendale della gestione d’azienda: Il bilancio d’esercizio, Milano, 2018, p. 161.

21 A mente dell’art. 53 cost. «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività». Sul corretto inquadramento teleologico e sistematico della portata applicativa riconducibile al principio in disamina, costituisce patrimonio condiviso degli studi dottrinali l’asserzione tale per cui «i fattori costitutivi essenziali della capacità contributiva sono due. Entrambi sono essenziali nel senso che la loro assenza, la loro mancanza impedisce la nascita stessa della capacità contributiva […] Il primo fattore consiste nella necessità che ogni imposta, ogni “contribuzione” abbia a suo “fatto generatore”, a sua “situazione base” un indice di forza economica costituito o da denaro o da ricchezze non monetarie ma facilmente traducibili, dal dispositore, in denaro attraverso appropriati atti di scambio sul mercato […] Il secondo concetto fondamentale della capacità contributiva è scolpito dall’art. 53 là dove esso precisa che tutti devono concorrere in ragione della “loro” capacità contributiva» come sottolineato da G. Falsitta, Giustizia tributaria e tirannia fiscale, Milano, 2008, pp. 173-175. In breve, «deve esservi corrispondenza tra capacità contributiva che si intende colpire e il presupposto dell’imposta, dovendo sussistere una coerenza logica all’interno dell’imposta stessa» (G. Melis, Manuale di diritto tributario, Torino, 2021, p. 45).

22 Si rammenta, infatti, che ai sensi e per gli effetti dell’art. 7, Tuir «l’imposta è dovuta per anni solari, a ciascuno dei quali corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma». Con maggior dettaglio, ai fini I.Re.S. l’art. 76, comma 2, Tuir precisa che «il periodo di imposta è costituito dall’esercizio o periodo di gestione della società o dell’ente, determinato dalla legge o dall’atto costitutivo. Se la durata dell’esercizio o periodo di gestione non è determinata dalla legge o dall’atto costitutivo, o è determinata in due o piú anni, il periodo di imposta è costituito dall’anno solare». Cionondimeno, in sede di esercizio della potestà di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate entro i termini di decadenza individuati ex art. 43, d.P.R. n. 600 del 1973, la giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che «il criterio dell’autonomia dei periodi d’imposta non rileva in termini assoluti ed incondizionatamente, atteso che, come ha posto ben in evidenza la giurisprudenza in tema di efficacia espansiva del giudicato su annualità diversa da quella oggetto del decisione definitiva, esso non opera in relazione a situazioni geneticamente unitarie e, tuttavia, comunque destinate a ripercuotersi su annualità successive […] se è pur vero che ogni esercizio è autonomo, la rettifica della quota d’ammortamento non è piú possibile qualora non dipenda da erroneità della sua determinazione» (Cass., Sez. V, n. 9993 del 24.04.2018, §§ 2.4 e 2.7 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, recentemente, la Suprema Corte è intervenuta in funzione nomofilattica a correggere le anzidette statuizioni elaborate dalla Sezione tributaria, affermando a contrariis che «nel caso di contestazione di un componente di reddito ad efficacia pluriennale per ragioni diverse dall’errato computo del singolo rateo dedotto e concernenti invece il fatto generatore ed il presupposto costitutivo di esso, la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dalla potestà di accertamento va riguardata in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione nella quale il singolo rateo di suddivisione del componente pluriennale è indicato, non già in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione concernente il periodo di imposta nel quale quel componente sia maturato o iscritto per la prima volta in bilancio» (Cass., SS. UU., n. 8500 del 25.03.2021, § 4.10 e, similmente, Cass., Sez. V, ord. n. 16691 del 14.06.2021, § 3.2).

23 La nozione del principio di «inerenza» ha catalizzato cospicui sforzi definitori da parte della dottrina tributaristica, di talché «appare indubbio che il giudizio di inerenza debba essere incentrato sulla relazione tra il singolo componente negativo reddito e l’attività d’impresa […] Il principio di inerenza costituisce una norma generale di valutazione delle componenti negative del reddito d’impresa. Esso rappresenta un momento di quel “riesame” che le norme fiscali compiono delle risultanze del bilancio, in una logica che non è di dettare una “disciplina organica di tutti i componenti rilevanti” ma di fissare norme “di variazione”» come affermato T. Tassani, Autonomia statutaria delle società di capitali e imposizione sui redditi, Milano, 2007, pp. 177 e 178. Vieppiú, «la nozione di inerenza sfugge, come noto, ad una qualifica univoca, difettando, secondo l’opinione maggioritaria in dottrina, una disposizione che non solo la definisca, ma che, a monte, sancisca la relativa regola […] Pur caratterizzandosi la regola dell’inerenza per una pluralità di letture […] l’indeducibilità delle spese che non costituiscono strumenti per la produzione di reddito, ma ne rappresentano l’erogazione, e, come tali paiono volte a soddisfare interessi estranei rispetto a quelli dell’impresa, si configura come l’elemento minimo e imprescindibile attorno al quale – e a partire dal quale – è possibile ricostruire la nozione di inerenza» S. Gianoncelli, Fiscalità di impresa e utilità sociale, Torino, 2013, p. 30 ss. e sul punto v. altresí S. Mencarelli e G. Tinelli, Lineamenti giuridici dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, 4a ed., Torino, 2018, p. 177 ss.; G. Zizzo, La determinazione del reddito delle società e degli enti commerciali in G. Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte Speciale, 11a ed., Milano, 2016, p. 394 ss.; A. Viotto (a cura di), La tassazione del reddito delle società di capitali, 2a ed., Torino, 2018, p. 7 ss. e M. Beghin, Il reddito d’impresa. Situazioni soggettive, regole generali e speciali, procedimento di determinazione, operazioni straordinarie, Pisa, 2021, p. 35 ss., spec. §§ 3.1.1 e 3.1.2.

24 Da un’analisi ricognitiva della prassi amministrativa, emerge che «il requisito della determinabilità dei predetti costi, così come previsto dal richiamato art. 75 (nda. odierno art. 109) del Tuir, si ritiene che anch’esso è condizionato dalla analitica e puntuale individuazione degli adempimenti […] ai fini della possibile quantificazione dei costi medesimi» (Min. fin., ris. 2 giugno 1998, n. 52 che conferma i precedenti arresti dell’Amministrazione finanziaria in Min. fin., ris. 5 marzo 1998, n. 14; Min. fin., ris. 11 marzo 1981, n. 9/375 e Min. fin., ris. 22 ottobre 1981, n. 9/2940. Recentemente, in funzione ricognitiva del fenomeno e degli orientamenti di prassi in materia, cfr. Agenzia delle Entrate, Risposta alla consulenza giuridica 4 agosto 2020, n. 9/E). Si rileva in dottrina, parallelamente, che «il decreto delegato n. 597/1973 (ed il successivo Tuir) non ha, però, tradotto integralmente la volontà del Legislatore delegante, in quanto ha sottoposto la deducibilità dei componenti negativi di reddito non solo al rispetto del principio della competenza economica, ma anche all’esistenza delle condizioni della certezza ed oggettiva determinabilità […] Alla luce delle disposizioni contenute nel decreto delegato, quindi, si è affermata l’esistenza di un criterio di competenza fiscale, il quale presuppone la competenza economica delle componenti di reddito, ma la subordina alla loro certezza ed oggettiva determinabilità» come espresso da G. Ingrao, Il principio di competenza nella determinazione del reddito d’impresa e i rimedi alla sua violazione tra strumenti attivabili “a legislazione vigente” e nuove soluzioni normative, in Riv. dir. trib., 2009, 4, p. 901 ss. spec. § 2.; sul punto v. funditus M. Leo (a cura di C. Coppola, F. Delli Falconi e P. Lipardi), Le imposte sui redditi nel testo unico, Tomo I, Milano, 2010, p. 1995 ss.

25 «La certezza ed oggettiva determinabilità non si estendono alle norme per la valutazione del patrimonio aziendale, quali gli ammortamenti» (cfr. S. D’Andrea, Contratti d’impresa, Milano, 2014, p. 335 ss. spec. § 5.1.3.3), nella misura in cui «il calcolo di quote di ammortamento in funzione del costo complessivo stimato dell’investimento potrebbe causare qualche problema di compatibilità con la normativa fiscale» (v. F. Poddighe e G. Risaliti, L’ammortamento dei beni gratuitamente devolvibili costruiti in economia o mediante appalto a terzi, in Riv. dott. comm., 2007, 5, p. 805 ss. spec. § 6). Il punto è stato oggetto di un interessante sviluppo da parte della giurisprudenza di vertice, su cui, recentemente, cfr. Cass., Sez. V, n. 1145 del 21.01.2021; in precedenza v. ex pluribus Cass., Sez. V, n. 20450 del 06.10.2011 con nota di S. Donatelli, Cessione pro soluto dei crediti dell’impresa tra elusione fiscale e giudizio di inerenza, in Riv. dir. fin., 2013, 2, p. 28 ss.; Cass., Sez. V, n. 12436 dello 08.06.2011 con nota di M. Allegretti, Gli utili “occultati” in poste passive fittizie iscritte nel bilancio di un precedente periodo di imposta costituiscono “sempre” sopravvenienze attive, in Riv. dir. trib., 2012, 7-8, p. 437 ss. e Cass., Sez. V, n. 12831 del 04.09.2002 con nota di C. Attardi, L’imputazione temporale delle perdite su crediti, ai fini del calcolo del reddito d’impresa, in Riv. dir. fin., 2003, 3, p. 69 ss.).

26 Sul punto, cfr. le analisi sviluppate in dottrina da M. Procopio, Il sistema tributario italiano, Tomo I, Milano, 2018, p. 556 ss.

27 Secondo la prassi contabile, «gli oneri pluriennali possono essere iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale solo se: è dimostrata la loro utilità futura; esiste una correlazione oggettiva con i relativi benefici futuri di cui godrà la società; è stimabile con ragionevole certezza la loro recuperabilità. Essendo la recuperabilità caratterizzata da alta aleatorietà, essa va stimata dando prevalenza al principio della prudenza. L’utilità pluriennale è giustificabile solo in séguito al verificarsi di determinate condizioni gestionali, produttive, di mercato che al momento della rilevazione iniziale dei costi devono risultare da un piano economico della società» (OIC 24, § 40). In dottrina, si riconosce seraficamente «l’art. 108 del Tuir disciplina il trattamento fiscale delle spese relative a piú esercizi, cioè, in pratica, delle immobilizzazioni immateriali rappresentate dagli oneri pluriennali […] Risulta una sostanziale coincidenza tra il trattamento civilistico e quello fiscale […] Secondo il principio contabile nazionale OIC 9 non è possibile ripristinare svalutazione relative ad avviamento e ad oneri pluriennali» (cfr. G. Roberto e A. Mura, Introduzione al bilancio di esercizio, cit., pp. 198-202; relativamente all’integrazione delle informazioni anzidetto con gli ulteriori elementi previsti ex art. 2427, comma 1, n. 2 c.c. cfr. i contributi di L. De Angelis, Quale “modernizzazione” per il diritto contabile italiano?, in Giur. comm., 2010, 4, p. 561 ss. spec. § 7 e R. Moro Visconti, Intangible assets, asimmetrie informative e capacità di indebitamento, in Riv. dott. comm., 1996, 3, p. 393 ss. spec. § 2.2).

28 In generale e dal punto di vista ricostruttivo, sull’evoluzione normativa degli ammortamenti si v. M. Beghin, Il reddito d’impresa, cit., p. 119 ss., spec. §§ 5.19.1 e 5.19.2.

29 Dossier Senato della Repubblica, n. 2814, nota di lettura 108, pp. 179-181 consultabile al seguente indirizzo senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00737047.pdf. Parimenti, emerge dalle relazioni tecniche a corredo del testo normativo licenziato dal Parlamento un’attenzione specifica ai potenziali effetti sulla competitività aziendale dato dall’allungamento del periodo di ammortamento, che potrebbe causare una diminuzione dei rinnovi dei cespiti, e gli effetti di abbattimento della base imponibile dato da un maggior ricorso all’indebitamento esterno (e dei conseguenti oneri finanziari ammessi in deduzione) a causa della diminuzione di liquidità data dai minori ammortamenti (per una lettura di sintesi e sistematica degli effetti della revisione dei coefficienti di ammortamento v. anche i Dossier Senato della Repubblica, n. 2814, nota di lettura n. 48, p. 7 e nota breve n. 8, tabella 3, rispettivamente reperibili ai seguenti indirizzi: senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00737042.pdf e senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00737045.pdf.

30 Cfr. Dossier n. 522 del 14 luglio 2011 della Camera dei Deputati, fruibile al seguente indirizzo: documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/d11098.htm.

31 Cfr. Dossier Camera dei Deputati n. 522/2011, cit., sub art. 23, comma 47 – Regime fiscale ammortamento beni materiali e immateriali.

32 Rif. COM (2011)121, presentata il 16 marzo 2011, prevede la determinazione di regole volte alla creazione di una base imponibile consolidata comune (i.e. Common Consolidated Corporate Tax Base – CCCTB) per imprese che operano fuori dai confini nazionali, garantendo coerenza tra i regimi fiscali nazionali senza intaccare l’aliquota fiscale dei singoli Stati. Si precisa, tuttavia, che negli anni seguenti il testo della proposta di direttiva in parola ha fronteggiato un’intensa attività di drafting sino a trasfondere nella piú organica proposta di direttiva COM(2016) 683 del 25 ottobre 2016, fiancheggiata contestualmente da una seconda proposta di direttiva COM(2016) 685 del 25 ottobre 2016. Come riferito dalle Autorità comunitarie, «the 2016 CCTB provides for the determination of a single set of rules for calculation of the corporate tax base […] These include measures to re-establish the link between taxation and the location of economic activity; ensuring that Member States can correctly value corporate activity in their jurisdiction; creating a more competitive and business-friendly environment; and protecting the single market and securing a strong EU approach to external corporate tax issues» (EU Commission, Common corporate tax base (CCTB). Briefing legislation, in europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2017/595907/EPRS_BRI(2017)595907_EN.pdf; in dottrina cfr. le interessanti prospettive sistematiche offerte ante temporum da P. Selicato, The Common Consolidated Corporate Tax Base (CCCTB) between the exigences of harmonization of the corporate tax and the problems of compatibility with the national systems, in Riv. dir. trib. int., 2009, 2, p. 145 ss. e, precedentemente, F. Roccataglia, International Tax Competition: The Code of Conduct for Business Taxation, a Limit to the Taxing Powers of the States and its Connections to the Community Rules on State Aid, ivi, 2006, 2, p. 13. Per un inquadramento generale del fenomeno cfr. M. Lang, P. Pistone, J. Schuch, C. Staringer e A. Storck (a cura di), Corporate Income Taxation in Europe: The Common Consolidated Corporate Tax Base (CCCTB), Corporate Income Taxation in Europe: The Common Consolidated Corporate Tax Base (CCCTB), Cheltenham, 2013, p. 369, mentre sui profili di viscosità applicativa della disciplina suddetta v. tra i contributi di dottrina nazionale S. Cipollina, I redditi “nomadi” delle società multinazionali nell’economia globalizzata, in Riv. dir. fin., 2014, 1, p. 21 ss. spec. § 11 e G. Maisto, Il significato di “contribuente residente” e “contribuente non residente” nella Proposta di Direttiva del Consiglio relativa a una base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società (CCCTB), in Riv. dir. trib., 2012, 4, p. 315 ss.

33 Cfr. le indicazioni contenute nei princípi contabili OIC 16, § 63 e OIC 24, § 60.

34 Parimenti, la prassi amministrativa è concorde nel ritenere che «il requisito della strumentalità o entrata in funzione costituisce l’unico riferimento utile per riscontrare la destinazione del bene a strutture situate nel territorio dello Stato» (Min. fin., circ. 17 maggio 2000, n. 98/E, § 1.3.8 e, in precedenza, Min. fin., circ. 27 maggio 1994, n. 73/E, § 3.28; recentemente, v. Agenzia delle Entrate, Risposta ad interpello 10 febbraio 2020, n. 47 e Agenzia delle Entrate, Risposta ad interpello 6 febbraio 2019, n.28), così come tale puntualizzazione gode di un tetragono consolidamento nella giurisprudenza di legittimità. Sicché «in base al Tuir, articolo 102, ai fini della deducibilità della quota d’ammortamento di un bene, è necessario che esso sia in funzione e venga utilizzato; per altro verso, che l’attribuzione a conto economico di un costo (la quota di ammortamento) relativo ad un bene che non partecipa al processo produttivo dell’impresa viola il principio d’inerenza, sancito dal Tuir, articolo 109» (Cass., Sez. V, ord. n. 10902 del 18.04.2019, ribadito altresí inter alia in Cass., Sez. V, ord. n. 9252 del 03.04.2019, § 1.1; Cass., Sez. V, n. 16160 del 28.06.2017 e, recentemente, Cass., Sez. V, ord. n. 11337 del 12.06.2020, § 3.2).

35 Al riguardo si segnala che «ai sensi dell’art. 22, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, la documentazione relativa a ciascun affare (ossia “gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevuti e le copie delle lettere e dei telegrammi spediti e delle fatture emesse”, e perciò quella documentazione che abbiamo designato come primo segmento della prova contabile) deve essere conservata ordinatamente fino allo stesso termine del comma 2, ossia “fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo di imposta, anche oltre il termine stabilito dall’art. 2220 c.c.”» (cfr. G. Zizzo, La prova del costo ammortabile, in Rass. trib., 2017, 2, p. 510, in annotazione a Cass., Sez. V, n. 9834 del 13.05.2016 e, sul punto, v. altresí F. Menti, L’ammortamento dei beni strumentali per l’esercizio dell’impresa e l’obbligo di conservare le scritture e la documentazione contabile, in Dir. prat. trib., 2011, 6, p. 1167 ss., in annotazione a Comm. trib. prov. Trento, 13 gennaio 2011, n.7).

36 La variazione da un esercizio all’altro nell’applicazione dei criteri valutativi ammessi dai princípi contabili nazionali gode di una disciplina ad hoc per mezzo dell’OIC 29 (§§ 15-20 e 36-38), in attuazione del combinato disposto dell’art. 2427, comma 1, nn. 1 e 22 quater c.c., dal momento che la nota integrativa deve indicare «la natura e l’effetto patrimoniale, finanziario ed economico dei fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio». In giurisprudenza, parimenti, si afferma l’orientamento tale per cui, in relazione al disposto dell’art. 110, comma 6, Tuir «la norma presuppone l’avvenuta modifica dei criteri di valutazione e prevede, di conseguenza, un obbligo di comunicazione, sicché non può ad essa attribuirsi una valenza sostitutiva della necessaria specifica indicazione, in sede di redazione del bilancio e della nota integrativa, dei criteri di valutazione secondo quanto previsto dall’art. 2426 c.c.» (Cass., Sez. V, n. 21809 del 07.09.2018, in conferma dei precedenti arresti condensati in Cass., Sez. V, n. 23608 dell’11.11.2011; Cass., Sez. V, n. 16429 del 27.07.2011 e Cass., Sez I, n. 9634 del 21.09.1993). Secondo la prassi amministrativa, in caso di rilevazione di un errore contabile, la sua rilevanza fiscale si ottiene in considerazione del mancato rispetto del principio di competenza, assumendo cogenza nel periodo d’imposta cui l’errore si riferisce (attraverso la presentazione di apposita dichiarazione integrativa) e non nell’esercizio contabile di correzione. In sostanza, valgono ancóra le indicazioni fornite in Agenzia delle Entrate, circ. 24 settembre 2013, n. 31/E, sebbene le stesse dovrebbero considerarsi superate per effetto della diversa procedura di «recupero fiscale» dell’errore, nell’ipotesi in cui l’annualità oggetto di correzione non sia piú emendabile ai sensi dell’art. 2, comma 8 bis, d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 (nella formulazione antecedente alle modifiche ex art. 5, comma 1, lett. a, d.l. 30 dicembre 2016, n. 193, conv. con modif. in l. 1 dicembre 2016 n. 225).

37 In conformità al disposto dell’art. 110, comma 8, Tuir e, a mente del comma 7 del medesimo articolo, si afferma l’impossibilità di dedurre spese derivanti da operazioni tra imprese residenti e imprese domiciliate in Paesi extra-UE aventi regimi fiscali privilegiati, salvo provare che l’impresa estera svolga attività commerciale effettiva, oppure che l’operazione posta in essere risponda ad interesse economico effettivo e che l’operazione abbia avuto concreta esecuzione.

38 Cfr. Agenzia delle Entrate, ris. 12 febbraio 2002, 41/E, che, seppur risalente, rappresenta l’unico orientamento dell’Amministrazione finanziaria al riguardo. Diversa intensità manifesta, invece, il caso dell’IVA assolta sugli acquisti di beni strumentali, ab initio detratta dal cessionario e successivamente rettificata a séguito dell’intervenuta cessione dell’immobilizzazione materiale o immateriale, ovvero alla sua differente utilizzazione «per effettuare operazioni che danno diritto alla detrazione in misura diversa da quella inizialmente operata […] nell’anno della loro entrata in funzione ovvero nei quattro anni successivi ed è calcolata con riferimento a tanti quinti dell’imposta quanti sono gli anni mancanti al compimento del quinquennio» (art. 19 bis.2, commi 1 e 2, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633). All’uopo, si assiste ad una frizione interpretativa del trattamento contabile dell’IVA divenuta indetraibile, quale costo deducibile per l’impresa ai fini della determinazione del reddito fiscalmente rilevante nel periodo d’imposta. Difatti, la giurisprudenza di legittimità sembra propendere per l’ammissibilità di una deduzione «per cassa» (cfr. Cass., Sez. V, n. 20435 del 19.07.2021), mentre la prassi amministrativa ha precisato che, ai fini del credito d’imposta sui beni ammortizzabili (v. infra), l’IVA totalmente indetraibile costituisce una componente del costo, suscettibile quindi di capitalizzazione nei limiti del valore recuperabile del bene strumentale (Agenzia delle Entrate, circ. 23 luglio 2021, n. 9/E, § 4.2 e, sulla stampa di settore, v. il commento di F. Roscini Vitali, Le correzioni da pro rata rivedono le stime contabili, in IlSole24Ore, 4 agosto 2021, p. 25).

39 Si ritiene doveroso puntualizzare che la legge delega per la riforma tributaria del 1971-1973 dispose che la determinazione del reddito d’impresa avvenisse «secondo criteri di adeguamento del reddito imponibile a quello calcolato secondo princípi di competenza economica, tenuto conto delle esigenze di efficienza, rafforzamento e razionalizzazione dell’apparato produttivo» (art. 2, comma 1, n. 16, l. 9 ottobre 1971, n. 825). In sede d’attuazione, l’art. 52, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 ha regolato detti rapporti secondo il modello della «derivazione parziale», dove il risultato dell’esercizio costituisce una «base di partenza» per la misurazione del reddito d’impresa e la normativa tributaria interviene attraverso una trama di regole che impongono o permettono di operare, in sede di calcolo del «reddito fiscale d’impresa», rettifiche di segno positivo o negativo al primo. Questa scelta è stata confermata nella trasposizione della disciplina di dettaglio nel Tuir (financo nella disposizione risultante alla riforma ex d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344) e, specificatamente, all’art. 83, per poi trovare una definitiva rivisitazione e superamento per mezzo dell’art. 13 bis, d.l. n. 244 del 2016 in attuazione parziale e parziaria della delega legislativa espressa all’art. 12, comma 1, lett. a, l. 11 marzo 2014, n. 23 a mente della quale «il Governo è delegato ad introdurre […] criteri chiari e coerenti con la disciplina di redazione del bilancio». In dottrina, v. per tutti G. Zizzo, Il principio di derivazione a dieci anni dall’introduzione dell’IRES, in Rass. trib., 2014, 6, p. 1303 ss. e A. Vicini Ronchetti, Legge interpretativa e legge retroattiva: note minime alle modifiche recate al decreto IRAP dalla legge di stabilità per il 2014, in Riv. dir. trib., 2014, 4, p. 465 ss.

40 «La costituzione ripudia il concetto liberale della finanza “neutrale”, e delinea un concetto “funzionale” della finanza pubblica; il tributo dev’essere utilizzato, non solo per procurare entrate, ma anche per gli altri fini che la Costituzione stessa assegna alla Repubblica. Inoltre, lo Stato non deve limitarsi a garantire il libero svolgimento della vita economica e sociale, ma ne deve essere parte attiva, al fine di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”» (cfr. F. Tesauro [agg.to da M.C. Fregni, N. Sartori e A. Turchi], Istituzioni di diritto tributario. Parte generale, 14a ed., Milano, 2020, p. 64 e, sulla medesima falsariga, cfr. G. Falsitta, Natura e funzione dell’imposta, con speciale riguardo al fondamento della sua “indisponibilità” in S. La Rosa [a cura di], Profili autoritativi e consensuali del diritto tributario, Milano, 2008, p. 45 ss.) e, recentemente, R. Lupi, La funzione amministrativa d’imposizione tributaria, Roma, 2022, pp. 43-47. Si osserva altresí in dottrina che «l’imposizione tributaria nasce come tratto essenziale della sovranità; con l’affermarsi dello Stato di diritto la sovranità fiscale si attenua mediante il riconoscimento della doverosa razionalità ed equità dei criteri di riparto delle spese pubbliche fra i consociati, della concezione solidaristica della capacità contributiva» (L. Del Federico, La rilevanza della legge generale sull’azione amministrativa in materia tributaria e l’invalidità degli atti impositivi, in Riv. dir. trib., 2010, 6, p. 729 ss. spec. § 2 e, similmente, R. Lupi, Manuale giuridico professionale di diritto tributario, 3a ed., Milano, 2001, p. 3).

41 Come emerso già in seno alle discussioni prodromiche all’adozione della Carta costituzionale, la c.d. «finanza extrafiscale» corrisponde a quella «forma di azione pubblica, la quale attraverso l’obbligo al pagamento di talune somme nelle casse pubbliche tende ad influire sulle determinazioni dei singoli nella vita economica o nella vita sociale» (cfr. Min. per la Costituente, Rapporto della Commissione economica presentato all’Assemblea costituente, Vol. V, Finanza, I, Relazione, Roma, 1946, p. 11 e, in dottrina, i riflessi ragionamenti elaborati da L. Strianese, Fini extrafiscali del tributo e protezione dell’ambiente nel contesto globale e nazionale in F. Amatucci e R. Alfano [a cura di], Ordinamenti tributari a confronto: problematiche comuni e aspetti procedimentali, Torino, 2017, p. 402 ss. e, in precedenza, I. Manzoni e G. Vanz, Il diritto tributario, 2a ed., Torino, 2008, pp. 53-58). Del resto, «sempre piú spesso, nella legislazione piú recente, si assiste alla manipolazione normativa dei criteri di tassabilità e di deducibilità o dell’imponibile risultante dalla rigorosa applicazione di quei criteri e ciò a scopi di incentivo o disincentivo. Infatti: […] talvolta, per favorire e agevolare nuovi investimenti, è stata accordata la detassazione di una parte dell’imponibile dichiarato» riconosce con chiarezza e lucidità sistematica G. Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte generale, 10a ed., Milano, 2017, pp. 244 e 245.

42 Si segnala, purtuttavia, che la giurisprudenza costituzionale «è ferma nel ritenere che la definizione della misura massima del prelievo fiscale sia rimessa alla più ampia discrezionalità del legislatore tributario, a meno che questa non sconfini nell’assoluta arbitrarietà od irragionevolezza. Inoltre, specifiche protezioni costituzionali contro il possibile eccesso di tassazione non sono state rinvenute negli artt. 41 e 42 Cost., il cui ambito di applicazione andrebbe nettamente distinto da quello dell’art. 53 Cost., né nell'art. 47 Cost., che esprimerebbe un principio meramente programmatico. Alla luce di questa giurisprudenza consolidata, nel nostro ordinamento risulta attualmente assai improbabile l’effettivo svolgimento di un sindacato di costituzionalità sull’eccesso di pressione fiscale individuale; persino quando il prelievo complessivo superi il reddito prodotto dal cespite assoggettato ad imposta, o nelle ipotesi in cui si chiamino a contribuire alle spese pubbliche anche soggetti che non hanno prodotto reddito alcuno» (cfr. G. Bergonzini, I limiti massimi o confiscatori della imposizione reddituale e patrimoniale nella sentenza n. 2012/662 del 29 dicembre 2012 del Conseil constitutionnel e nelle pronunzie di altre Corti costituzionali, in Riv. dir. trib., 2013, 1, p. 3 ss. spec. § 3 e crestomazia di giurisprudenza contenuta in nota n. 58). Cionondimeno, non deve sottacersi il fatto che l’esistenza di un limite massimo all’imposizione rintracci il fondamento giuridico-assiologico del suo insieme nell’impedimento di una sostanziale «confisca» della ricchezza prodotta dal contribuente nel periodo d’imposta e disvelata dal presupposto, come di recente sembra scorgersi un riconoscimento – seppur tacito e riferito ratione materiae al caso della deducibilità dell’IMU dal calcolo della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi – in Corte cost., 4 dicembre 2020, n. 262, spec. § 3. Del resto, «l’art. 53 racchiude un vincolo che limita la potestà legislativa tributaria. Con questo rilievo si approda alla individuazione di uno dei caratteri dell’imposta nello Stato moderno. L’imposta, correlata e ragguagliata ad un indice effettivo di ricchezza, è per sua natura deputata al prelevamento della “porzione” di una totalità, della “quota” o frazione di un tutto» come argutamente osserva G. Falsitta, L’imposta confiscatoria, in Riv. dir. trib., 2008, 2, p. 89 ss. spec. § 4 e, parimenti, Id., Il principio della capacità contributiva nel suo svolgimento storico fino all’Assemblea Costituente, ivi, 2013, 9, p. 761 ss.; F. Moschetti, I principi di giustizia fiscale della Costituzione italiana, per “l’ordinamento giuridico in cammino” dell’Unione europea, ivi, 2010, 4, p. 427 ss.; M. Poggioli, L’imposizione confiscatoria, tra valutazione astratta e misurazione concreta: alcune riflessioni in prospettiva dialogica, ivi, 2014, 2, p. 192 ss. spec. § 4 e P. Liberati, Sulla progressività limitata della tassazione dei redditi in Italia, in Riv. dir. fin., 2018, 1, p. 30 ss. spec. § 3.

43 Si segnala, purtuttavia, che «la possibilità di usufruire della maggiorazione del 40 per cento deve essere esclusa per i contribuenti forfetari (ndr. art. 1, commi da 54 a 89, l. 23 dicembre 2014, n. 190)», mentre ne viene riconosciuta la fruizione in capo ai c.dd. contribuenti nel «regime dei minimi» ex art. 1, commi da 96 a 117, l. 24 dicembre 2007, n. 244 (cfr. Agenzia delle Entrate, circ. 8 aprile 2016, n. 12/E, §§ 10. 5 e 10.7).

44 Come rilevato anche dalla prassi amministrativa «dal tenore letterale della norma si evince che l’applicazione della norma riguarda soltanto le imposte sui redditi e non produce effetti ai fini dell’I.R.A.P.» (Agenzia delle Entrate, circ. 8 aprile 2016, n. 12/E, § 10.1, con risultanze confermate successivamente nella circ. 26 maggio 2016, n. 23/E, p. 6 emanata dallo stesso Ente).

45 Si rileva in sede amministrativa che «ai fini della determinazione della spettanza della predetta maggiorazione, si è dell’avviso che l’imputazione degli investimenti al periodo di vigenza dell’agevolazione segua le regole generali della competenza previste dall'art. 109, commi 1 e 2, del Tuir. Si ritiene, inoltre, che la maggiorazione in questione, traducendosi in sostanza in un incremento del costo fiscalmente ammortizzabile, possa essere dedotta […] solo “a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene”» (Agenzia delle Entrate, circ. 8 aprile 2016, n. 12/E, § 10.4).

46 Cfr. le indicazioni operative riportate in Agenzia delle Entrate, circ. 26 maggio 2016, n. 23/E, § 4.2 e, limitatamente all’acquisizione del bene strumentale in leasing – al fine di isolare la «quota capitale» (su cui applicare la maggiorazione in parola) dalla «quota interessi» del canone periodico – si suggerisce la procedura c.d. «forfetaria» di cui all’abrogato d.m. 24 aprile 1998 (cfr. Agenzia delle Entrate, circ. 30 marzo 2017, n. 4/E, § 5.4.2 e, in precedenza, circ. 13 marzo 2009, n. 8/E, § 4.4 e circ. 21 aprile 2009, n. 19/E, § 2.2.3).

47 Cfr. le indicazioni di prassi contenute in Agenzia delle Entrate, circ. 8 aprile 2016, n. 12/E, § 10.8. Si precisa che nel costo di acquisto sono ricompresi anche i c.dd. «oneri accessori di diretta imputazione» (art. 110, comma 1, lett. b, Tuir) purché «costituenti elementi strettamente indispensabili per la funzione che una determinata macchina è destinata a svolgere nell’àmbito dello specifico processo produttivo» (Agenzia delle Entrate, ris. 15 dicembre 2007, n. 152/E e, recentemente, Agenzia delle Entrate, principio di diritto 1° febbraio 2019, n. 2). Inoltre, si precisa nei sopracitati documenti di prassi che l’agevolazione in parola risulta fruibile anche da parte di coloro i quali, ceteris paribus, implementano l’investimento mediante realizzazione del bene strumentale in economia, risultando in via indicativa e non esaustiva capitalizzabili i costi enucleati in Agenzia delle Entrate, circ. 26 maggio 2016, n. 23/E, § 3 (su tali aspetti, v. per tutti G. Ferranti, Super e iper-ammortamenti dei beni strumentali nuovi tra chiarimenti dell’Agenzia e modifiche normative, in Corr. trib., 2017, 11, p. 807 ss.).

48 Cfr. Governo Repubblica Italiana, Relazione illustrativa al disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2106), Roma, 2016, p. 8.

49 Si precisa in documenti di prassi amministrativa che «per stabilire se un bene sia escluso o meno dall’àmbito applicativo dell’agevolazione, si debba far riferimento ai coefficienti di ammortamento previsti dal d.m. 31 dicembre 1988 e non a quelli determinati in applicazione dell’art. 102 bis, Tuir» (Agenzia delle Entrate, ris. 14 settembre 2016, n. 74/E).

50 In difetto di definizioni ad hoc accolte in sede legislativa, la prassi amministrativa concorre a ricomprendere i fabbricati nella piú ampia categoria delle «costruzioni», intendendosi all’uopo «qualsiasi opera edile avente i caratteri della solidità, della stabilità, della consistenza volumetrica, nonché della immobilizzazione al suolo, realizzata mediante qualunque mezzo di unione, e ciò indipendentemente dal materiale con cui tali opere sono realizzate» (Agenzia delle Entrate, circ. 1 febbraio 2016, n. 2/E, § 2.1; recentemente, con riferimento all’incentivo c.d. «superbonus 110%» ex artt. 119 e 121, d.l. 19 maggio 2020, n. 34 conv. con modif. in l. 19 maggio 2020, n. 128, l’Amministrazione finanziaria ha corroborato tale nozione con quella di «unità strutturale» per cui si rimanda alle precisazioni offerte in Agenzia delle Entrate, risp. interpello 16 settembre 2021, n. 598 e, di riflesso, in M.I.T., circ. 21 gennaio 2019, n. 7).

51 Cfr. le puntualizzazioni di dettaglio in merito ai requisiti de quibus elaborate nei seguenti documenti di prassi amministrativa: Agenzia delle Entrate, circ. 26 maggio 2016, n. 23/E, pp. 8 e 9 e, sul punto, Agenzia delle Entrate, circ. 30 marzo 2017, n. 4/E, § 5.2; Agenzia delle Entrate, circ. 19 febbraio 2015, n. 5/E, p. 8; Agenzia delle Entrate, circ. 27 ottobre 2009, n. 44/E, § 2.4 e Agenzia delle Entrate, circ. 18 gennaio 2002, n. 4/E, § 3).

52 A ben vedere, con riferimento ai beni strumentali nuovi di costo unitario non superiore ad € 516,46 la maggiorazione del 40% va ripartita in funzione della percentuale di ammortamento fiscale prevista dal decreto ministeriale (indipendentemente dal coefficiente di ammortamento civilistico adottato), giacché ai sensi e per gli effetti dell’art. 102, comma 5, Tuir per tale tipologia di beni è consentita – non imposta – la deduzione integrale delle spese di acquisizione nell’esercizio in cui sono state sostenute (v. Agenzia delle Entrate, ris. 24 novembre 2017, n. 145/E).

53 Cfr. a completamento le indicazioni di prassi amministrativa contenute in Agenzia delle Entrate, circ. 26 maggio 2016, n. 23/E, § 2 e Agenzia delle Entrate, ris. 15 settembre 2017, n. 118/E.

54 Il beneficio è esteso fino al 30 giugno 2018 a condizione che entro il 31 dicembre 2017 l’ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura pari ad almeno il 20% del costo di acquisizione. Al riguardo, v. le puntuali analisi di G. Ferranti, L’Agenzia chiarisce la proroga del super-ammortamento dei beni strumentali nuovi, in Corr. trib., 2017, 17, p. 1311 ss.

55 V. Agenzia delle Entrate, circ. 30 marzo 2017, n. 4/E, § 1 e, in dottrina, G. Ferranti, Le agevolazioni per i beni strumentali nuovi acquisiti in proprietà e in leasing a partire dal 2017, in Corr. trib., 2017, 3, p. 171 e Id., Proroga con limitazioni per i super-ammortamenti a partire dal 2018, ivi, 2017, 44, p. 3415 ss.

56 Cfr. Agenzia delle Entrate, circ. 30 marzo 2017, n. 4/E, § 5.1.

57 Si precisa che anche per l’«iper-ammortamento» valgono le istruzioni fornite in merito alla prima versione del «super-ammortamento». Limitatamente all’ipotesi in cui «[…] il bene venga ceduto prima della completa fruizione dell’agevolazione […] le quote di maggiorazione dedotte non saranno oggetto di “restituzione” da parte del soggetto cedente poiché la normativa in esame non prevede alcun meccanismo di recapture» (cfr. Agenzia delle Entrate, circ. 30 marzo 2017, n. 4/E, § 5.4).

58 Il termine è stato di tal guisa prorogato ai sensi dell’art. 14, d.l. 20 giugno 2017, n. 91 (conv. in l. 3 agosto 2017, n. 123), sul quale cfr. le precisazioni di prassi amministrativa inerentemente ai beni acquisiti tramite locazione finanziaria contenute in Agenzia delle Entrate, ris. 24 ottobre 2017, n. 132/E.

59 La prassi amministrativa precisa che la norma «mette in relazione il bene immateriale con il “soggetto” che fruisce dell’iper-ammortamento e non con uno specifico bene materiale (“oggetto” agevolato). Tale relazione è confermata anche dal contenuto della relazione di accompagnamento alla legge di bilancio» (v. Agenzia delle Entrate, circ. 30 marzo 2017, n. 4/E, § 6.2.1).

60 Cfr. le modifiche normative operate dall’art. 7 novies, d.l. 29 dicembre 2016, n. 243 (conv. con modif. in l. 27 febbraio 2017, n. 18). Al riguardo, la prassi amministrativa precisa che «l’elenco dei beni dell’All. B, agevolabili con la maggiorazione del 40 per cento, riguarda softwarestand alone”, ossia non necessari al funzionamento del bene materiale. Qualora, invece, il software sia integrato (“embedded”) in un bene materiale dell’All. A e venga acquistato unitamente ad esso, non si deve operare una distinzione tra la componente materiale e quella immateriale dell’acquisto e il bene immateriale deve considerarsi agevolabile con l’iper-ammortamento del 150 per cento» (cfr. Agenzia delle Entrate, circ. 30 marzo 2017, n. 4/E, § 6.2.2 e, per l’estensione di tali modalità operative anche al caso di acquisizione di beni immateriali in leasing v. Agenzia delle Entrate, ris. 25 febbraio 2005, n. 27/E).

61 Il requisito dell’«interconnessione del bene» si verifica allorché quest’ultimo «scambi informazioni con sistemi interni per mezzo di un collegamento basato su specifiche documentate, disponibili pubblicamente e internazionalmente riconosciute […] al fine di riconoscere l’origine delle informazioni, mediante l’utilizzo di standard di indirizzamento internazionalmente riconosciuti» (Agenzia delle Entrate, circ. 30 marzo 2017, n. 4/E, § 6.3 e v. funditus Mi.S.E., circ. 23 maggio 2018, n. 177355 e circ. 1 agosto 2018, n. 295485).

62 La relazione giurata richiesta dalla norma dev’essere rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali ovvero un attestato di conformità rilasciato da un ente di certificazione accreditato.

63 Si rileva, pertanto, che il momento di effettuazione dell’investimento influisce ai fini della spettanza, della maggiorazione e della quantificazione del beneficio fiscale in parola; per fruire dell’«iper-ammortamento» occorre, purtuttavia, che risulti perfezionato tanto il requisito dell’entrata in funzione del bene, quanto dell’interconnessione dello stesso come supra descritto. Pertanto, nel caso in cui il bene entri comunque in funzione, pur senza essere interconnesso, l’impresa può godere della maggiorazione relativa al «super-ammortamento» fino all’esercizio precedente a quello in cui si realizza l’interconnessione (cfr. Agenzia delle Entrate, circ. 30 marzo 2017, n. 4/E, §§ 6.3 e 6.4.1).

64 Cfr. Agenzia delle Entrate, risp. interpello 3 febbraio 2022, n. 62. Inoltre, si specifica altresí che – in defetto di un apposito meccanismo di recapture dell’agevolazione (su cui v. amplius il paragrafo successivo) – in caso di eliminazione del bene dal processo produttivo non si può fruire di eventuali quote non dedotte della maggiorazione, dal momento che per una precisa strategia imprenditoriale vengono avviati alla distruzione e non possono più cedere le loro utilità al processo produttivo dell’impresa, analogamente a quanto succede nell’ipotesi di cessione del bene (cfr. Agenzia delle Entrate, risp. interpello 31 maggio 2022, n. 317).

65 Cfr. le enucleazioni tabellari riportate nella Relazione tecnica alla legge di bilancio 2018 e consultabili al seguente indirizzo senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/333285.pdf e, in dottrina, cfr. le valutazioni comparative e di rapporto tra le varie edizioni delle misure fiscali in parola susseguitesi a decorrere dal 1° gennaio 2018 realizzate da G. Ferranti, Agevolazioni per gli investimenti tra proroga della Legge di bilancio 2018 e chiarimenti dell’Agenzia, in Corr. trib., 2018, 3, p. 160; Id., Gli effetti della proroga di super e iper-ammortamenti, ivi, 2018, 7 p. 487 ss. e Id., Super ed Iper-ammortamenti tra dichiarazione e ultimi chiarimenti, ivi, 2018, 17, p. 1287 ss.

66 Con riferimento al requisito dell’interconnessione, l’autocertificazione del legale rappresentante dell’impresa, ovvero la perizia giurata formata dal professionista all’uopo individuato dalla norma, richiede, su indicazione del Mi.S.E., «rinvio all’analisi tecnica redatta in maniera confidenziale dal professionista o dall’ente a corredo della perizia o dell’attestato e custodita presso la sede dell’impresa beneficiaria dell’agevolazione» (circ. 15 dicembre 2017, n. 547750, con puntualizzazioni riprese altresí da Agenzia delle Entrate, ris. 9 aprile 2018, n. 27/E).

67 Inoltre, l’art. 7, comma 2, d.l. n. 87 del 2018 introduce un meccanismo di recapture del beneficio fruito, allorquando i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all’estero, anche se appartenenti alla stessa impresa. A livello applicativo, evitando un’applicazione retrospettiva della norma, il recupero avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d’imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o la delocalizzazione dei beni agevolati per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi d’imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi (cfr Nota di lettura A.S. 741 del Senato della Repubblica, p. 31 ivi disponibile senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01071886.pdf e Agenzia delle Entrate, risp. interpello 24 gennaio 2020, n. 14).

68 Del pari, è fatto salvo per coloro i quali fruiscono dell’«iper-ammortamento» nella finestra temporale anzidetta, l’accesso al «super-ammortamento» – pari ad una maggiorazione del 40 per cento del costo di acquisizione – per gli investimenti in beni immateriali strumentali compresi all’All. B alla l. n. 232 del 2016 (art. 1, comma 62, l. n. 145 del 2018)

69 Cfr. Nota di lettura n. 77/1 del Senato della Repubblica, ivi disponibile senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01114556.pdf).

70 Diversamente, entro il 30 giugno 2021 a condizione che entro la data del 31 dicembre 2020 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione (art. 1, comma 185, l. n. 160 del 2019).

71 Vengono esplicitamente escluse dall’agevolazione le imprese di séguito indicate: imprese in stato di liquidazione volontaria; imprese in fallimento; imprese in liquidazione coatta amministrativa; imprese in concordato preventivo senza continuità aziendale; imprese in qualsiasi altra procedura concorsuale prevista dal r.d. 16 marzo 1942, n. 267, dal codice di cui al d.lgs. n. 14 del 2019, o da altre leggi speciali o che abbiano in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni; imprese destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi dell’art. 9, comma 2, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 (art. 1, comma 186, l. n. 160 del 2019).

72 Così come per le precedenti versioni del beneficio in parola, «per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni» (art. 1, comma 189, l. n. 160 del 2019). Al riguardo, v. le puntualizzazioni di prassi amministrativa racchiuse in Agenzia delle Entrate, risp. interpello 17 marzo 2021, n. 189 e risp. interpello 23 aprile 2021, n. 286.

73 Si sottolinea, altresí, la conferma di un meccanismo di recapture dell’agevolazione qualora, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di effettuazione dell’investimento, i beni agevolati siano ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive ubicate all’estero, anche se appartenenti allo stesso soggetto (art. 1, comma 193, l. n. 160 del 2019).

74 tre quote annuali di pari importo a decorrere dall’anno di entrata in funzione o interconnessione del bene, ovvero godimento in un’unica quota annuale per i soggetti (imprese ed esercenti arti e professioni) con un volume di ricavi o compensi inferiori a 5 milioni di euro limitatamente al caso in cui gli investimenti si sostanzino nell’acquisizione di beni strumentali materiali e immateriali ordinari, inclusi gli strumenti e i dispositivi tecnologici destinati alla realizzazione di forme di lavoro agile (ex art. 18, l. 22 maggio 2017, n. 81), effettuati dal 16 novembre 2020 al 31 dicembre 2021 (art. 1, commi 1059 e 1059 bis, l. n. 178 del 2020).

75 Cfr. Agenzia delle Entrate, circ. 23 luglio 2021, n. 23/E, § 1; Agenza delle Entrate, circ. 9 luglio 2021, n. 9/E, §§ 1-4 e Dossier Camera dei Deputati, A.C. 2790-BIS, Vol. IV, Roma, 2020, p. 1409 ss.

76 L’art. 1, commi 1051, 1052 e 1061, l. n. 178 del 2020 (su cui v. Agenzia delle Entrate, circ. 23 luglio 2021, n. 23/E, § 1.2 e Dossier Camera dei Deputati, A.C. 2790-BIS, Vol. IV, cit., p. 1410) ricalca il contenuto dell’art. 1, commi 185, 186 e 194, l. n. 160 del 2019. In ogni caso, sono esclusi ope legis dall’accesso al credito in analisi le imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale o sottoposte ad altra procedura concorsuale prevista dal R.d. n. 267 del 1942, dal d.lgs. n. 14 del 2019 (la cui entrata in vigore è stata differita al 16 maggio 2022 e, limitatamente alle c.d. «procedure di allerta», al 31 dicembre 2023, ex art. 1, d.l. 24 agosto 2021, n. 118), nonché le imprese destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi dell’art. 9, comma 2, d.lgs. n. 231 del 2001.

77 Il disposto dell’art. 1, comma 1053, l. n. 178 del 2020 riproduce – con identità di statuizioni – i limiti oggettivi espressi all’art. 1, comma 187, l. n. 160 del 2019 (su cui v. gli approfondimenti in Agenzia delle Entrate, o.u.c., § 2.2 e Dossier Camera dei Deputati, A.C. 2790-BIS, Vol. IV, cit., pp. 1411-1414).

78 Come rilevato supra con riferimento al credito d’imposta disciplinato dalla l. n. 160 del 2019, anche in questa circostanza è previsto un meccanismo di recapture del beneficio ex art. 1, comma 1060, l. n. 178 del 2020 (Agenzia delle Entrate, o.u.c., § 7 e Dossier Camera dei Deputati, A.C. 2790-BIS, Vol. IV, cit., pp. 1416 e 1417). In parallelo, i soggetti che si avvalgono del credito d’imposta sono tenuti a conservare, pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili, con espressa indicazione dei riferimenti normativi dell’agevolazione in commento nelle fatture e altri documenti attestanti le spese all’uopo effettuate (art. 1, comma 1062, l. n. 178 del 2020).

79 Segnatamente, per investimenti in beni materiali e immateriali «ordinari» (art. 1, comma 1054, l. n. 178 del 2020) – i.e. diversi da quelli ricompresi negli All. A e B alla l. n. 232 del 2016 – realizzati dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021, nel limite massimo di costi ammissibili pari, rispettivamente, a 2 milioni di euro (beni non rientranti nell’All. A alla l. n. 232 del 2016) e a 1 milione di euro (beni non elencati all’All. B alla l. n. 232 del 2016), il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 10 per cento del costo determinato ai sensi dell’art. 110, comma 1, lett. b, Tuir (elevata al 15 per cento per gli investimenti in strumenti e dispositivi tecnologici destinati dall’impresa alla realizzazione di modalità di lavoro agile ai sensi dell’art. 18, l. n. 81 del 2017). D’altro canto, alle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi indicati all’All. A alla l. n. 232 del 2016 – a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021 – il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 50 per cento del costo, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro, nella misura del 30 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 2,5 milioni e fino a 10 milioni di euro, e nella misura del 10 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro (art. 1, comma 1056, l. n. 178 del 2020).

80 Cfr. la rappresentazione tabellare offerta in MEF, Relazione Illustrativa al Disegno di Legge di Bilancio 2022-2024, Roma, 2021 ivi disponibile: rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/attivita_istituzionali/formazione_e_gestione_del_bilancio/bilancio_di_previsione/bilancio_finanziario/2022-2024/DLB/DLB_2022_DLB-01-Deliberativo_Relazione_e_Articolato.pdf.

81 Ovvero entro il 30 giugno 2026, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2025 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.

82 Cfr. Dossier Camera dei Deputati, A.C. 3424, Vol. I, Roma, 2021 ivi disponibile documenti.camera.it/Leg18/Dossier/Pdf/ID0016cvol1.Pdf.

83 A contrariis, l’art. 1, comma 1057, l. n. 178 del 2020 prevede una modulazione del suddetto credito d’imposta – con riferimento agli investimenti realizzati tra il 1° gennaio 2022 e il 31 dicembre 2022 – di tal guisa: «il credito d’imposta é riconosciuto nella misura del 40 per cento del costo, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro, nella misura del 20 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro, e nella misura del 10 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro».

84 Si specifica, tuttavia, che al fine di favorire e sostenere con maggior incisività applicativa le imprese nell’effettuazione degli investimenti prodromici al raggiungimento degli obiettivi del «Piano Nazionale Industria 4.0», componente essenziale della missione «Transizione 4.0» oggetto di autonoma definizione ai fini dell’implementazione del PNRR (su cui v. infra nel presente paragrafo), l’art. 21, comma 1, d.l. 17 maggio 2022, n. 50 (c.d. «decreto aiuti», conv. con modif. in l. 15 luglio 2022, n. 91) ha previsto per gli investimenti aventi ad oggetto beni compresi nell’All. B annesso alla l. n. 232/2016, effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2022, ovvero entro il 30 giugno 2023, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, che la misura del credito d’imposta prevista dall’articolo 1, comma 1058, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, fosse elevata al 50 per cento.

A tal riguardo, dalla Relazione Illustrativa al decreto in parola (ivi consultabile i2.res.24o.it/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANI_VERTICALI/Online/_Oggetti_Embedded/Documenti/2022/05/19/DL_aiuti_Relazione_illustrativa.pdf) si apprende che «la misura agevolativa è inclusa nella Missione M1C2 del PNRR denominata “digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo”; […] la proposta di maggiorazione del credito d’imposta risponde pertanto all’esigenza di assicurare un’accelerazione nella dinamica degli investimenti in beni strumentali immateriali di cui all’All. B annesso alla l. n. 232/2016, anche in considerazione dei dati provvisori elaborati sulle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta 2020».

85 Ovvero entro il 30 giugno 2024, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2023 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione (art. 1, comma 44, lett. c, l. n. 234 del 2021 che sostituisce il comma 1058 dell’art. 1, l. n. 178 del 2020 a decorrere dal 1° gennaio 2022 ex art. 22, l. n. 234 del 2021).

86 Ovvero entro il 30 giugno 2025, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2024 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione (art. 1, comma 44, lett. d, l. n. 234 del 2021 che introduce i commi 1058 bis e 1058 ter nell’art. 1, l. n. 178 del 2020 a decorrere dal 1° gennaio 2022 ex art. 22, l. n. 234 del 2021).

87 Ovvero entro il 30 giugno 2026, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2025 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.

88 Ivi consultabile governo.it/sites/governo.it/files/PNRR.pdf.

89 Cfr. Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza OJ L L 57/17, ove si premette che «nell’àmbito della crisi COVID-19, è necessario rafforzare il quadro vigente in materia di sostegno agli Stati membri […] Le riforme e gli investimenti per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, che comprenda coesione economica, occupazione, produttività, competitività, ricerca, sviluppo e innovazione, e per un mercato interno ben funzionante con PMI forti, dovrebbero mirare a rafforzare il potenziale di crescita e consentire una ripresa sostenibile dell’economia dell’Unione» (v. considerando nn. 6, 8, 13, 15 e 16 Reg. UE n. 241 del 2021).

90 Emerge, del resto, dai primigeni elaborati dottrinali a commento delle finalità ed obiettivi strategici identificati dal NextGeneration EU che «le misure messe in campo vanno ben oltre la reazione alla contingenza dovuta alla pandemia e delineano le linee per lo sviluppo economico europeo in coerenza con quanto affermato TUE all’art. 3, ossia la piena realizzazione di un'economia sociale di mercato ove gli interessi sociali giocano un ruolo fondamentale. Occorre rilevare, infatti, che il TUE declina il concetto di crescita economica mirante alla piena occupazione e al progresso sociale, anche attraverso lo sviluppo sostenibile» (cfr. R. Dipace, Politiche e strumenti amministrativi per lo sviluppo economico, in Dir. amm., 2020, 4, p. 903 ss. spec. § 2).

In siffatto scenario, il ruolo assolto storicamente dall’imposizione fiscale subisce esso stesso una rimeditazione e trasformazione funzionale nel contesto economico-sociale post pandemico. «Ciò – si badi bene – non significa tornare ad una ingombrante nozione di sovranità che riposi esclusivamente sulla superiorità del potere statale rispetto alle altre forme di potere e, perciò, pensare ad un hard power pubblico che si nutre esclusivamente di modalità prescrittive e gerarchiche. Significa che tale potere, lungi dal determinare sovranismi, deve attingere anche a nuove regole, sia unionali che internazionali, e a procedure soft che segnino una discontinuità rispetto al passato e lo rapportino meglio con la società. Con riferimento specifico alla crisi da pandemia che ha coinvolto tutto il mondo e, quindi, anche i Paesi dell’Unione europea, l’attuazione da parte delle autorità nazionali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dovrebbe essere — anzi è — uno degli strumenti, il più importante, di questa politica» come rileva sagacemente F. Gallo, Il ruolo di un fisco riformato, in Giur. comm., 2022, 1, p. 11 ss.

91 Cfr. MEF, circ. Prot. 310398 del 31 dicembre 2021, n. 33, che – nel confermare il precedente arresto della stessa Amministrazione condensato in MEF, circ. Prot. 266985 del 14 ottobre 2021, n. 21 – fonda il proprio convincimento nel combinato disposto tra i considerando nn. 30 e 38 del Reg. UE n. 1303 del 2013 OJ L 347/13 dove si «contempla la possibilità di combinare nella stessa operazione finanziamenti provenienti da diversi strumenti dell’Unione, sempre a condizione che sia evitato il doppio finanziamento», in uno con il considerando n. 62 del Reg. UE n. 241 del 2021.

92 V. spec. missione n. M1C2-1 del PNRR.

93 Cfr. Agenzia delle Entrate, ris. 13 gennaio 2021, n. 3/E attraverso cui sono stati istituiti sei codici tributo per l’utilizzo in compensazione con F24 dei crediti d’imposta per investimenti in beni strumentali, rispettivamente, ex art. 1, commi 185 ss., l. n. 160 del 2019 ed ex art. 1, commi 1051 ss., l. n. 178 del 2020. Recentemente, al fine di interrelare la fruizione del beneficio in parola con gli àmbiti di intervento del programma PNRR, v. la sistematizzazione dei codici tributo operata attraverso Agenzia delle Entrate, ris. 30 novembre 2021, n. 68/E.

94 Sulla nozione di contributo conto impianti, la prassi contabile sottolinea che la voce A-5 del conto economico comprende anche «la quota, di competenza dell’esercizio in corso, dei contributi pubblici commisurati al costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, che vengono differiti attraverso l’iscrizione di un risconto passivo. Ove il contributo stesso venga invece portato in detrazione del costo dell’immobilizzazione, il beneficio di competenza derivante dal contributo affluisce al conto economico attraverso il minor onere di ammortamento» (OIC 12, § 57). La soluzione prospettata nel testo e protesa verso una contabilizzazione mediante la tecnica del risconto passivo si inserisce lungo il solco interpretativo avallato dalla stessa Amministrazione finanziaria, la quale in passato e con indicazioni che si ritengono estendibili al caso di specie, aveva fornito alcuni chiarimenti in merito all’applicazione del credito d’imposta per gli investimenti nelle aree depresse ex art. 8, l. 23 dicembre 2000, n. 388 (cfr. Agenzia delle Entrate, ris. 19 luglio 2002, n. 241/E).

95 Cfr. art. 1, comma 192, l. n. 160 del 2019 e, con disposizione di identico tenore, v. art. 1, comma 1059, secondo periodo, l. n. 178 del 2020, nella sua versione da ultimo modificata ex art. 1, comma 44, lett. e, l. n. 234 del 2021).

96 Limite così innalzato rispetto alla precedente soglia di 700 mila euro in ragione d’anno, a decorrere dal 1° gennaio 2022, ex art. 1, comma 72, l. n. 234 del 2021.

97 Interpretazione suffragata dalla stratificazione della prassi amministrativa sul punto, seppur risalente, a mente della quale «l’utilizzazione del credito tramite il modello F24 può avvenire anche prima dell’effettiva presentazione del modello di dichiarazione, in quanto il diritto alla restituzione del credito sorge già dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento dell’eccedenza» (Min. fin., ris. 8 giugno 1999, n. 92/E e, parimenti, Agenzia delle Entrate, circ. 19 aprile 2011, n. 16/E, § 1.2). Nel caso, poi, in cui il credito risultante dalla dichiarazione sia inferiore a quello previsionale già impiegato in compensazione ex mod. F24, il contribuente potrà regolarizzare la propria posizione versando all’Erario la somma corrispondente all’ammontare del credito non spettante, avvalendosi altresí dell’istituto premiale del ravvedimento operoso ex art. 13, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 (cfr. Min. fin., ris. 13 luglio 1998, n. 70/E).

98 Cfr. al riguardo le precisazioni offerte dalla prassi amministrativa in Agenzia delle Entrate, circ. 23 luglio 2021, n. 23/E, §§ 5.3 e 5.4 e, in precedenza, Agenzia delle Entrate, risp. interpello, 8 giugno 2021, n. 394. Si precisa, al riguardo, che attraverso recenti documenti di prassi diffusi si è puntualizzato il fatto che «la “ritardata” interconnessione del bene al sistema aziendale non comporta il venir meno dell’agevolazione, ma determina lo slittamento in avanti del dies a quo per la fruizione del maggior beneficio, con conseguente slittamento anche del termine finale di fruizione» (Agenzia delle Entrate, risp. interpello 3 febbraio 2022, n. 71). Inoltre, «le fatture e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati devono contenere il chiaro riferimento alle disposizioni di cui all’art. 1, commi da 1054 a 1058 ter, della l. n. 178 del 2020. Va da sé che la medesima funzione è assolta dei documenti che certificano la consegna del bene quali il “documento di trasporto”, per i quali resta fermo il predetto obbligo» (cfr. Agenzia delle Entrate, risp. interpello 18 maggio 2022, n. 270).

99 La prassi amministrativa sul punto indica che «l’obbligo sussiste solo nel caso in cui il credito utilizzato in compensazione relativo a un certo periodo d’imposta (anno di riferimento), anche tenendo conto di quanto fruito nei modelli F24 già acquisiti, risulti di importo complessivamente superiore a 5 mila euro annui» (Agenzia delle Entrate, ris. 31 dicembre 2019, n. 101/E, § 1). In dottrina, un approfondimento con carattere di sistematicità delle problematiche ivi enucleate è stato realizzato da D. Mazzagreco, L’accollo del debito d'imposta e il “nuovo” divieto di compensazione, in Rass. trib., 2020, 4, pp. 961-984.

100 Termine recuperato dalle risultanze della discussione parlamentare relativa all’introduzione della normativa in disamina, che dichiaratamente «introduce una specifica disciplina sanzionatoria» (v. il Dossier su «disposizioni urgenti in materia fiscale, d.l. n. 124 del 2019 – A.S. 1638» del 9 dicembre 2019 consultabile al seguente indirizzo senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01133391.pdf).

101 Come rilevato da attenta dottrina, «la concezione del bilancio di esercizio, riposante sulla economia aziendale, ritiene necessario provare la validità dei valori di un bilancio consuntivo, esaminandone quali conseguenze potranno derivarne sulla gestione successiva, il che non significa, peraltro, non riconoscere che il bilancio di esercizio debba essere, alla fine di ogni periodo di gestione, indicatore essenziale di risultati attribuibili al periodo stesso» (M. Sica, Beni immateriali e costi capitalizzati nell’economia e nei bilanci delle aziende, Roma, 1983, p. 96 e, con vari spunti tonali sul tema, recentemente F. Montanari, La prevalenza della sostanza sulla forma nel diritto tributario, Milano, 2019, p. 41 ss. sottolinea l’importanza del corretto disvelamento della «sostanza economica» riconducibile agli assets aziendali al fine della corretta determinazione della capacità contributiva concretamente allocabile in capo all’entità).

A ben vedere, pare rispondere a tale obiettivo anche la recente misura di contrasto agli effetti di depressione economica conseguenti alla pandemia COVID-19 adottata in sede di conversione del c.d. «decreto agosto» che introduce in capo ai soggetti OIC Adopter la possibilità, a decorrere dal bilancio d’esercizio 2020, di derogare all’art. 2426, comma 1, n. 2, c.c., non effettuando l’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali e mantenendo il loro valore di iscrizione, così come risultante dall’ultimo bilancio annuale regolarmente approvato (art. 60, comma 7 bis, d.l. 14 agosto 2020, n. 104 – conv. con modif. in l. 13 ottobre 2020, n. 126 e, recentemente estesa anche al bilancio d’esercizio 2021 ex art. 3, comma 5 quinquiesdecies, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228 conv. con modif. in l. 25 febbraio 2022, n. 15). Parimenti, i soggetti che si avvalgono della facoltà anzidetta, destinano a una riserva indisponibile utili di ammontare corrispondente alla quota di ammortamento non effettuata (art. 60, comma 7 ter, d.l. n. 104 del 2020) e la nota integrativa dà conto delle ragioni della deroga, nonché dell’iscrizione e dell’importo della corrispondente riserva indisponibile, indicandone l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio (art. 60, comma 7 quater, d.l. n. 104 del 2020). Cionondimeno, ai fini delle imposte sui redditi e dell’I.R.A.P. la deduzione della quota di ammortamento è comunque ammessa «a prescindere dall’imputazione al conto economico» (art. 60, comma 7 quinquies, d.l. n. 104 del 2020).

102 Cfr. a commento il Dossier n. 472 della Camera dei Deputati A.C. 3343, sub art. 3 ivi disponibile documenti.camera.it/leg18/dossier/pdf/FI0160.pdf e, in dottrina, cfr. le interessanti riflessioni prospettiche elaborate da C. Todini, M. Procopio, F. Racioppi e M. Pellecchia, Il progressivo allineamento tra legislazione civile e tributaria in tema di determinazione del risultato di esercizio del reddito d’impresa e i recenti sviluppi in merito al principio di derivazione rafforzata in L. Salvini (a cura di), Diritto tributario delle attività economiche, Torino, 2019, pp. 99-101.

103 Del resto, è nozione pacifica nella scienza aziendalistica che «la tecnologia è riguardabile quale barriera all’entrata di un settore […] Venendo piú direttamente ad esaminare il rapporto intercorrente tra cambiamento tecnologico e vantaggio competitivo, va rilevato come il conseguimento di quest’ultimo da parte delle imprese passi necessariamente attraverso l’abbassamento o lo spostamento a favore dell’impresa stessa dei fattori di costo o di differenziazione oltre ad una proteggibilità nei confronti di componenti imitative» (C. Chiacchierini, Valore dei beni immateriali e vantaggio competitivo, Padova, 1995, p. 86).

104 Il concetto di intangible asset riecheggia – in àmbito giuridico – le rilevanti discussioni sulla qualificazione o meno delle c.dd. res incorporales come «cose» che possano formare oggetto di diritti (art. 810, c.c.), sicché l’attribuzione di una valore autonomamente identificabile in capo alla res che difetti del requisito della tangibilità è stato affrontato «piú che riguardo al problema (di sintesi) della determinazione della nozione generale di bene o di oggetto del rapporto giuridico, l’importanza dello studio dell’elemento materiale o sostanziale si pone riguardo al problema (di analisi) della classificazione dei beni» come rilevato da F. Voltaggio Lucchesi, I beni immateriali, Milano, 1962, pp. 21-23 e, magistralmente, F. Carnelutti, Teoria generale del diritto, Roma, 1951, pp. 128 e 129. Dal punto di vista della scienza aziendalistica, il concetto di bene immateriale abbraccia «un’attività non monetaria caratterizzata da specifiche proprietà economiche. Inoltre, tali beni sono privi di consistenza fisica ma assicurano benefici economici futuri. Secondo tale principio i beni immateriali si dividono in beni identificabili e non identificabili. Le attività immateriali sono identificabili se: sono separabili, cioè tale attività può essere separata o scorporata dall’entità venduta, trasferita, data in licenza, locata o scambiata sia individualmente o collegata ad altro contratto; derivano da contratti o altri diritti legali, non si considera il fatto che tali diritti siano trasferibili o separabili dall’entità o da altri diritti e obbligazioni» (cfr. G. Liberatore, S. Fontana e A. Silvestri, Princípi di valutazione aziendale. I princípi internazionali di valutazione (IVS), in Riv. dott. comm., 2014, 3, p. 523 ss. spec. § 7.2).

105 In ciò, insiste la necessità di un intervento regolatore che trascenda i limiti oggettivi gravanti sulla derivazione del valore dei beni strumentali d’impresa esclusivamente dai sistemi contabili; difatti, «i risultati di bilancio sono pesantemente condizionati da regole giuridico-formali […] il piú rilevante di questi è la regola, talvolta ossessiva, del “prudente apprezzamento”, che conduce fondamentalmente all’applicazione del criterio del costo storico nella stime di varie categorie di cespiti» (cfr. L. Guatri, Valore e intangibles nella misura della performance aziendale, Milano, 1997, p. 146 e, in tempi risalenti, già T. Veblen, On the Nature of Capital: Investment, Intangible Assets, and the Pecuniary Magnate, in The Quarterly Journal of Economics, 1908, 1, pp. 113-114 identificava la centralità della corretta determinazione di processi valutativi idonei all’attribuzione di un valore adeguato e razionale allo sfruttamento di intangible assets da parte dell’entità). Del resto, «in the information age, intangible assets are more important than the tangible assets that traditional accounting systems were designed to measure. […] However, it is necessary to differentiate intangible assets from drivers that lead to the formation of their values. This means intangible assets must not be considered as drivers themselves. Drivers must be attributes that would be responsible by the definition of the intangible assets’ value» (cfr. G.T.R. Lin and J.Y.H. Tang, Appraising Intangible Assets from the Viewpoint of Value Drivers, in Journal of Business Ethics, 2009, 4, pp. 680-681 e, similmente, A.L. Eisfeldt and D. Papanikolaou, The Value and Ownership of Intangible Capital, in The American Economic Review, 2014, 5, p. 189).

106 Cfr. N. Andreatta, L’ammortamento in relazione ad alcuni problemi di dinamica economica, in Riv. int. scienze soc., 1956, 1, p. 23.

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