Scritto da Gennaro Rotondo • gen 2020
Il contratto di deposito bancario sembra essere uno strumento obsoleto nell’ambito delle attuali relazioni negoziali tra banche e clienti. Tuttavia, esso continua ad essere oggetto di una cospicua giurisprudenza, anche arbitrale, che ha consentito di trattare un rilevante numero di questioni applicative. L’obiettivo di questo lavoro è individuare il contributo della giurisprudenza (anche arbitrale) alla definizione degli orientamenti applicativi relativi al contratto di deposito bancario e ai suoi elementi costitutivi, nel contesto degli attuali traffici economici.
The bank deposit agreement seems to be an obsolete instrument in the context of the current contractual relations between banks and customers. However, it continues to be subject to a considerable number of jurisprudential and arbitral decisions which have allowed to deal with a several application issues. The aim of the present Paper is to identify the contribution of jurisprudence and arbitral decision to the definition of the application guidelines relating to the bank deposit contract and its mean elements, in the context of current economic relationship.
1. Premessa. Inquadramento del contratto di deposito bancario
Nonostante la ridotta incidenza quantitativa nel novero degli strumenti negoziali in cui si articola oggi il rapporto tra banche e clienti, il contratto di deposito bancario continua ad essere oggetto di un considerevole numero di decisioni giurisprudenziali a cui si sono aggiunte (dal 2009) quelle dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) le quali, in considerazione delle peculiari caratteristiche del sistema di giudizio, hanno consentito l’emersione – e la conseguente risoluzione – di una serie di questioni applicative che difficilmente avrebbero trovato adeguata composizione nell’ambito dell’ordinario contenzioso giurisdizionale.
Partendo, quindi, dai principali orientamenti giurisprudenziali e dell’ABF, l’obiettivo di questo lavoro è individuarne il contributo alla definizione degli orientamenti applicativi relativi al contratto di deposito bancario e ai suoi elementi costitutivi, nel contesto degli attuali traffici economici. Il deposito di denaro presso una banca è regolato dall’art. 1834 C.C. e si configura quale tipico negozio di durata in cui la permanenza della somma presso l’istituto depositario comporta la soddisfazione degli interessi di entrambe le parti, ovvero quello della banca di acquisire la disponibilità di fondi per impiegare il risparmio raccolto in operazioni finanziarie e del contrapposto interesse del cliente di essere remunerato per l’utilizzo di capitale, tramite la percezione di utilità aggiuntive che gli vengono periodicamente riconosciute e accreditate, con diritto di restituzione del tantundem a semplice richiesta.1
Il relativo contratto si presenta come un negozio complesso, in cui si riscontrano tratti del deposito irregolare e del mutuo, dotato di una propria autonomia. Se è vero infatti che nel deposito bancario, come in quello irregolare, la consegna comporta l’acquisto in capo al depositario della proprietà della somma e il sorgere dell’obbligo di restituzione della stessa, solo il primo è un contratto di impresa caratterizzato da fini speculativi, in cui l’interesse della banca alla raccolta e alla gestione del risparmio concorre con l’interesse del privato alla custodia e, soprattutto, alla remuneratività della somma depositata.
Ancor più evidenti appaiono le differenze col mutuo, che non assicura la conservazione e la permanente disponibilità della somma, e con il deposito regolare, che ha invece ad oggetto principale l’obbligo della custodia.2
L’eventuale previsione dell’obbligazione della banca di corrispondere un dato saggio di interesse a condizione che le somme depositate restino indisponibili per un periodo di tempo minimo, descrive soltanto una variante, peraltro diffusa, del contratto di deposito bancario, ossia quella del conto di deposito vincolato. Né del resto un tale schema contrattuale troverebbe alcuna corrispondenza nelle definizioni che di “strumento finanziario” o di “servizio di investimento” fornisce l’art. 1 del T.U.F. (D.Lgs. n. 58/1998).3
Sotto il profilo causale, dunque, dall’analisi del contenzioso relativo al contratto di deposito bancario sembra emergere una tensione maggiore verso l’interesse alla remunerazione delle somme consegnate alla banca, in chiave di “conservazione” del valore, mentre lo schema negoziale riconducibile ad una funzione di custodia appare oramai recessivo. Sorge, quindi, l’esigenza di ridefinire la struttura negoziale ed ermeneutica del tipo contrattuale in base alla rimodulazione evolutiva dell’impronta causale del contratto de quo operata in sede applicativa.
2.
Il contratto di deposito non può prescindere dalla consegna della cosa mobile al depositario, per cui le relative obbligazioni sorgono al momento in cui i valori depositati confluiscono sul conto del cliente.4 Analogamente, in conformità ai generali principi che presiedono all’esecuzione degli obblighi derivanti dal contratto di deposito bancario, il soggetto tenuto a predisporre gli accorgimenti relativi all’esecuzione del contratto medesimo è il depositario. Difatti, il dovere di verifica della provenienza del documento di pagamento costituisce una prestazione generale che grava su questi in virtù della relativa disciplina negoziale.5
In quest’ottica, il contratto di deposito a risparmio concluso con un soggetto professionalmente dedito all’attività di raccolta del risparmio tra il pubblico, ma privo dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria (ex art. 14 T.U.B.), è da ritenersi nullo per contrasto con norme imperative, ai sensi dell’art. 1418, co. 1, C.C. (c.d. nullità “virtuale”). Esito che deriva dalla rilevanza del requisito soggettivo nella struttura dei contratti bancari, nei quali una delle parti è individuata indefettibilmente in una banca, nonché degli interessi pubblici sottesi alla riserva dell’attività bancaria alle imprese all’uopo autorizzate, la cui tutela non può restare affidata esclusivamente alle sanzioni penali di cui agli artt. 130 e 131 T.U.B.
La nullità per carenza di un requisito della fattispecie legale non osta tuttavia, in linea di principio, alla conversione ex art. 1424 C.C., ove il negozio sia idoneo a produrre gli effetti di altra fattispecie e previo accertamento della volontà delle parti, riservato in via esclusiva al giudice di merito.6
3.
Con l’accensione di un libretto di deposito si crea un rapporto contrattuale tra banca e cliente la cui causa, come si diceva, non è riconducibile alla funzione di mera custodia, ma a quella tipica del mutuo, stante l’acquisto della proprietà della somma di denaro versata da parte della banca che è poi obbligata a restituirla.
Dottrina e giurisprudenza evidenziano, infatti, che il libretto di deposito (artt. 1834 e ss. C.C.) integra la fattispecie del deposito irregolare, caratterizzato dall’effetto traslativo della proprietà dei beni depositati, acquisendo il depositante acquisisce un diritto di credito alla restituzione della somma depositata, alla scadenza del termine eventualmente convenuto ovvero a richiesta. Tale diritto è soggetto alla normale disciplina prevista per i diritti di credito e, quindi, alla prescrizione decennale di cui agli artt. 2934 e 2946 C.C., il cui computo decorre (ma la questione è stata controversa, come si dirà nel prosieguo), a norma dell’art. 2935 C.C., dal momento in cui può essere fatto valere.7
Secondo un consolidato orientamento, il libretto di deposito al portatore (così come quello “nominativo pagabile al portatore”) ha natura di titolo di credito,8 caratterizzato dall’intrinseco riferimento causale al rapporto sottostante e da una circolazione ristretta dipendente proprio dalla natura del rapporto in questione, dato che, sempre secondo le regole generali, sono opponibili al portatore le eccezioni fondate sul rapporto causale9 Ne consegue che il mero possesso del titolo conferisce la legittimazione a riscuotere e individua il latore come il soggetto nei confronti del quale la banca può pagare, con effetto liberatorio, il saldo disponibile sul libretto.
In dottrina, tuttavia, si rinvengono posizioni differenziate, compresa quella – per vero affetta da obsolescenza – che tende a qualificare i libretti al portatore come semplici documenti di legittimazione cartolare il cui possesso sia sufficiente per attribuire la legittimazione all’esercizio del diritto in esso menzionato in base alla presentazione all’istituto emittente.10
3.1. Libretto di deposito a risparmio. Efficacia probatoria delle annotazioni
Pur non potendosi considerare come atto dotato dell’efficacia probatoria privilegiata di cui all’art. 2700 C.C., il libretto di deposito a risparmio è assistito dallo speciale disposto dell’art. 1835, co. 2, C.C., sicché, ove il documento presenti i requisiti formali minimi della sua identità, esso fa piena prova non solo delle annotazioni eseguite e sottoscritte dal funzionario addetto al servizio, ma anche della provenienza del libretto dalla banca alle cui dipendenze appare preposto il medesimo funzionario,11 fermo restando che l’annotazione firmata non è il solo mezzo probatorio con il quale si può fornire riscontro dell’operazione bancaria, esprimendo tale speciale regime un principio di tutela rafforzata del diritto alla prova predisposto dalla legge a favore del depositario.12 Ne deriva che, in assenza di annotazione, la prova che un’operazione sia effettivamente avvenuta deve essere fornita, anche con mezzi diversi, dalla parte del rapporto che ha interesse ad opporla, ossia è la banca a dover provare la circostanza positiva, essendo quella contraria (cioè la mancanza di prelievi) assistita da una presunzione relativa.13 La ratio della previsione risiede, quindi, nell’esigenza di tutelare l’affidamento dei clienti che compiono le operazioni in buona fede, entrando in rapporto con impiegati all’apparenza preposti allo svolgimento del servizio e dotati dei relativi poteri.
D’altronde, la particolare efficacia probatoria prevista dal co. 2 dell’art. 1835 C.C. si riferisce alle annotazioni che figurano effettivamente apposte sul libretto senza, però, che ne derivi una presunzione legale assoluta, per cui debbano considerarsi compiute soltanto le operazioni annotate. E dunque, secondo i principi generali, è sempre ammessa la prova che un’operazione (di versamento o prelevamento) non annotata sul libretto sia stata effettivamente eseguita.14
Corollario di quanto precede è la circostanza che, a fronte dell’allegazione probatoria del libretto di risparmio, dal quale non risulti alcuna movimentazione successiva alla data di un determinato saldo, la produzione di mere evidenze interne di carattere informatico non risulta sufficiente a dimostrare eventuali operazioni dispositive, considerato che le scritture contabili sono ammissibili come mezzo di prova soltanto contro l’imprenditore (ex art. 2709 C.C.).15
Inoltre, l’assenza dell’annotazione degli interessi convenzionali sul libretto, li assoggetta alla prescrizione breve (di cui all’art. 2948, co. 1, n. 4, C.C.) fatto salvo l’ultimo quinquennio antecedente la data dell’accertato atto interruttivo della prescrizione.16
Di nessun rilievo appare, invece, in questo ambito la decorrenza del termine decennale di conservazione della documentazione, trattandosi di una mera facoltà dell’intermediario, inidonea a limitare un diritto del cliente o a modificare la ripartizione degli oneri probatori sancita dall’art. 2697 C.C. (ma sul punto si ritornerà specificamente nel par. 9.1.).
Per altro verso, va ricordato che il libretto riferito ad un rapporto di “conto corrente”, costituisce un “semplice documento informativo” ed è come tale insufficiente ai fini della prova dell’esistenza del credito. Pertanto, a differenza di quanto avviene per i libretti di deposito a risparmio, le annotazioni contenute in un libretto in conto corrente sono idonee ad assumere valenza meramente informativa e di carattere provvisorio, non potendo costituire titolo idoneo a fondare una pretesa del depositante.17
Infine, con riguardo alle spese di gestione sono stati ribaditi due aspetti rilevanti. Il primo è che, in assenza di movimentazione, non è giustificata l’applicazione di spese di gestione del rapporto; il secondo, che le spese addebitate non possono superare l’importo degli interessi riconosciuti, principio che, nel garantire l’intangibilità del capitale, caratterizza la funzione economica del contratto di deposito, evidentemente diversa rispetto a quella del conto corrente.18
4.
A norma dell’art. 1836 C.C., “Se il libretto di deposito è pagabile al portatore, la banca che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore è liberata, anche se questi non è il depositante. La stessa disposizione si applica nel caso in cui il libretto di deposito pagabile al portatore sia intestato al nome di una determinata persona o in altro modo contrassegnato”; analogamente, l’art. 2003 C.C. prevede che “Il possessore del titolo al portatore è legittimato all’esercizio del diritto in esso menzionato in base alla presentazione del titolo”.
I titoli al portatore, in sostanza, sono stati concepiti per facilitare al massimo la circolazione del credito. È quindi naturale che il legislatore ne abbia agevolato la mobilità, rendendo meno onerose e più semplici le formalità di trasferimento e quelle di individuazione soggettiva, per cui il portatore del titolo è legittimato all’incasso dell’importo, senza alcun ulteriore onere aggiuntivo, ed il pagamento effettuato dalla banca al possessore, salvo il dolo o la colpa grave, ha effetto liberatorio.19
Quando al contratto di deposito bancario è collegato un libretto di risparmio, deve considerarsi cliente della banca non solo il possessore del libretto medesimo, legittimato al compimento delle operazioni riguardanti il titolo, ma anche, se diverso da questi, il soggetto titolare del rapporto di deposito che, in quanto controparte contrattuale della banca, può comunque avere interesse ad acquisire la documentazione inerente alle operazioni relative al suo svolgimento (su cui v. infra par. 8.). Egli pertanto – ai sensi dell’art. 119, co. 1 e 4, T.U.B. – ha diritto a ricevere per iscritto, alla scadenza del contratto e almeno una volta all’anno, una comunicazione completa e chiara in merito allo svolgimento del rapporto e ad acquisire copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi 10 anni.20
Ancora, con riguardo al riconoscimento della titolarità di somme confluite in un deposito bancario, l’azione di rivendicazione, ex art. 948 C.C., con cui si domandi nei confronti della banca depositaria il riconoscimento del loro preciso ammontare, deve intendersi rivolta ad ottenere il possesso della “res” depositata e l’esercizio dei relativi diritti, compreso quello di riscuotere l’importo giacente, comprensivo dei frutti nel frattempo maturati. Ne consegue che l’obbligo di restituzione dell’importo depositato, ove avvenga per via esecutiva (ex art. 2930 C.C.) nei confronti della banca depositaria, è suscettibile di esecuzione forzata per l’intera somma rivendicata ed esistente nel deposito al tempo della domanda giudiziale.21
Tanto premesso, possono verificarsi casi in cui la banca incorra in forme di responsabilità in punto di identificazione del soggetto legittimato al prelievo di somme per il tramite di un libretto di deposito a risparmio, laddove occorre verificare se il fatto lesivo sia imputabile all’intermediario in relazione al grado di diligenza impiegato.
Come per il contratto di conto corrente, anche per il deposito a risparmio, la banca svolge un servizio per il cliente che prevede operazioni di versamento e prelevamento alle quali sono applicabili gli artt. 1176, co. 1, 1710 e 1856 C.C., pur tenendo conto della diversa causa dei due contratti e della differente movimentazione di un conto di deposito a risparmio rispetto a quella di un conto corrente bancario. In ogni caso, secondo la giurisprudenza e la dottrina prevalenti, il riferimento alla condotta dell’intermediario attiene più propriamente alla diligenza professionale di cui al comma 2 dell’art. 1176 C.C., rapportata al tipo di attività svolta. Per effettuare tale valutazione, quindi, bisogna tenere conto anche conto della quantità e della frequenza delle transazioni presso gli sportelli in relazione all’abitualità operativa dei clienti e alla specificità del rapporto negoziale.22
Infine, nelle ipotesi in cui vi sia indebita appropriazione di somme del cliente, si ritiene che la responsabilità contrattuale della banca, conseguente alla consegna di denaro all’impiegato addetto, presuppone la sussistenza di un regolare rapporto fra la banca e il cliente, in quanto solo in tal caso egli ha diritto alla tutela avverso l’infedeltà o l’irregolarità compiuta dal soggetto che abbia ricevuto la somma. Al contrario, la mera consegna del denaro, in presenza di modalità assolutamente irregolari rispetto alla prassi e alla normativa, non comporta il sorgere di quel rapporto potendo solo, se vi sono i presupposti, integrare la responsabilità extracontrattuale della banca, e non la sussistenza di un contratto di deposito bancario.23
5.
Nel caso di deposito bancario cointestato, a firma disgiunta, sussiste la facoltà per ciascuno dei soggetti legittimati di compiere autonomamente, sino all’estinzione del rapporto, operazioni attive e passive. Sul punto, si può fare riferimento all’art. 8, co. 1, D.M. 6 giugno 2002, nella parte in cui stabilisce che: “i libretti di risparmio postale nominativi possono essere intestati anche a più soggetti in numero non superiore a quattro. Le operazioni possono essere disposte da ciascun intestatario, anche separatamente, salvo patto contrario (…)”, a meno che lo stesso non sia contenuto nel contratto e ad eccezione dei casi previsti dalle leggi vigenti. In assenza, quindi, di una dimostrata esistenza di un diverso accordo, e fatta salva la verifica delle norme di legge applicabili, si può concludere, ancorché in via presuntiva, per il riconoscimento dell’operatività disgiunta da parte dei titolari del libretto a risparmio.
Ebbene, il rapporto derivante dalla co-intestazione a firma disgiunta deve essere considerato alla stregua di una obbligazione solidale dal lato attivo.24 Ciò implica che, in applicazione dell’art. 1854 C.C., ciascun cointestatario ha diritto di chiedere al debitore l’adempimento per l’intero saldo portato dal libretto, infatti (soltanto) i rapporti interni tra correntisti, anche aventi facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, sono regolati dall’art. 1298, co. 2, C.C., in virtù del quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali solo se non sia disposto diversamente.25
Si ritiene, dunque, che la mera cointestazione del libretto comporti l’accensione di un deposito congiunto semplice, su cui ciascun titolare, anche se non può agire per conto dell’altro – impedendogli la disciplina della comunione di estendere il proprio diritto sulla cosa comune in danno altrui – può disporre della sua quota ed esigerla, stante la divisibilità dell’obbligazione pecuniaria.26 Inoltre, non si configura una liberalità d’uso, né una donazione indiretta in caso di cointestazione di un libretto bancario su cui sono state in precedenza depositate somme di denaro appartenenti ad uno solo dei cointestatari, allorquando difetti la prova che, all’atto della cointestazione, il proprietario del denaro non avesse altro scopo che quello di liberalità.27
In sostanza, nel caso di libretto di deposito nominativo cointestato a firma disgiunta, il rapporto tra l’intermediario e i cointestatari è unitario, derivante cioè da un unico contratto che richiede il consenso di tutti i contitolari per essere modificato o derogato. Ne consegue (come riportato anche nelle “condizioni generali di contratto” definite dall’ABI) che la clausola di firma congiunta o disgiunta non può essere modificata unilateralmente dal singolo cointestatario; che dei saldi sono creditori e debitori solidali i singoli cointestatari, facultati ad agire singolarmente; che le vicende che colpiscono il singolo cointestatario non comportano, di norma, lo scioglimento del rapporto.28
In altri termini, la variazione da disgiunta a congiunta della facoltà di prelievo dei cointestatari necessita di un formale atto di notifica con cui l’intermediario venga edotto del sostanziale mutamento della condizione soggettiva nell’esercizio dei diritti, non essendo valida, allo scopo, una mera comunicazione o diffida, unilaterale, da parte di un solo cointestatario.29
5.1. Segue. Deposito bancario cointestato. Sopravvivenza di uno dei contitolari e successione
Come si è detto, la solidarietà dal lato attivo dell’obbligazione, che si crea con la cointestazione del rapporto di deposito, attribuisce a ciascun cointestatario il diritto a chiedere l’adempimento dell’intero saldo attivo del libretto. È evidente come tale legittimazione non venga meno alla morte di uno dei cointestatari, restando indiscusso il diritto dell’altro a riscuotere disgiuntamente l’intero importo risultante dal saldo del libretto,30 adempimento che libera la banca verso gli eredi dell’altro contitolare.31
Secondo tale linea interpretativa, in queste ipotesi ricorre un fenomeno di successione nel contratto tale per cui, ove sia prevista la facoltà di firme disgiunte, il cointestatario superstite può continuare ad utilizzare il deposito,32 così come gli eredi di quello deceduto acquistano lo stesso diritto (che, tuttavia, va esercitato congiuntamente). Salvo patto contrario, in definitiva, si deve riconoscere piena continuità, pure successivamente alla morte di uno dei cointestatari, dell’efficacia del patto di firma disgiunta e, quindi, della potestà di compiere operazioni in autonomia anche oltre le rispettive quote.33
Per altro verso, va detto che la banca può rifiutare la richiesta di ottenere il saldo del libretto di deposito, in assenza della documentazione comprovante la qualità di erede del richiedente. In siffatte ipotesi, appare decisiva l’incidenza della normativa fiscale,34 nella fattispecie, dell’art. 48 del T.U. in materia di imposta di successioni e donazioni, secondo cui (co. 4) “Le aziende e gli istituti di credito, le società e gli enti che emettono azioni, obbligazioni, cartelle, certificati ed altri titoli di qualsiasi specie, anche provvisori, non possono provvedere ad alcuna annotazione nelle loro scritture né ad alcuna operazione concernente i titoli trasferiti per causa di morte, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all’art. 27, 4° comma, della dichiarazione di successione o integrativa con l’indicazione dei suddetti titoli, o dell’intervenuto accertamento in rettifica o d’ufficio, e non è stato dichiarato per iscritto dall’interessato che non vi era obbligo di presentare la dichiarazione”.
Questa disposizione non incide sul profilo relativo alla legittimazione dei cointestatari, che resta regolata dalle disposizioni del Codice civile. Essa impone piuttosto un adempimento che può qualificarsi alla stregua di un vero e proprio vincolo di indisponibilità della somma. Ne deriva che la presentazione della denuncia di successione da parte degli eredi, ovvero della “dichiarazione negativa” di cui all’art. 28 del citato T.U., costituisce una condizione senza la quale il debitore può legittimamente opporre il mancato pagamento nei confronti del creditore, pur legittimato ad esigere la liquidazione dell’intero saldo del conto.35
Quanto precede consente di affermare che la permanenza della legittimazione in capo al cointestatario è vicenda che attiene esclusivamente al rapporto negoziale inter partes, che non può pregiudicare la posizione dei terzi, quale in questo caso deve essere considerata l’amministrazione finanziaria, tanto più se i diritti del cointestatario superstite siano riconosciuti da una disposizione avente natura imperativa (come la norma in materia tributaria). L’insussistenza di tale vincolo permetterebbe infatti facili pratiche elusive della normativa fiscale poiché consentirebbe agli eredi di evitare il pagamento dell’imposta di successione semplicemente cointestando un rapporto di deposito a risparmio.36
La disposizione de qua (art. 48, co. 4), invece, impone al debitore un vincolo dal quale deriva per l’intermediario un vero e proprio divieto di esecuzione della prestazione (alla stregua di un’impossibilità giuridica sopravvenuta) in funzione di interessi pubblici ritenuti preminenti dal legislatore, almeno sino al momento in cui non sia soddisfatta la condizione della presentazione della denuncia di successione. Non a caso, la normativa speciale prevede l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 53 T.U., nel caso in cui la banca provveda comunque alla liquidazione della quota ereditaria. Proprio per questa ragione, deve ritenersi che il vincolo di indisponibilità che grava sulla quota confluita nell’asse ereditario possa essere fatto valere anche nei confronti degli altri cointestatari, pur legittimati, fin tanto che gli eredi non provvedano alla produzione della documentazione successoria.37
A fronte di una domanda di restituzione pro quota delle somme custodite in un deposito bancario di cui gli attori assumevano di essere contitolari con il convenuto, non sussiste il vizio di ultrapetizione della decisione, laddove si accerti la legittimazione dei richiedenti (nel caso in questione, gli attori erano eredi di uno degli originari contitolari del deposito). Difatti, il potere-dovere del giudice di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del “petitum” e della “causa petendi”, sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di ultra-petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (“petitum” immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (“petitum” mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dalle parti.38
5.2. Segue. Legittimazione del possessore. Procedura di ammortamento
La normativa in tema di ammortamento di titoli rappresentativi di deposito bancario è contenuta nella Legge 30 luglio 1951, n. 948. In merito alla rilevanza del procedimento ivi previsto, la giurisprudenza ha affermato, tra l’altro, che “il possesso del libretto al portatore, che ha natura di titolo di credito, è sufficiente per attribuire la legittimazione all’esercizio del diritto menzionato nel libretto in base alla presentazione all’istituto emittente. Tuttavia, il diritto del portatore che abbia il possesso del documento viene meno se il libretto perde l’efficacia di titolo di credito”. Questa ipotesi ricorre nel caso previsto dall’art. 9 della Legge n. 948/1951, in base al quale al termine della procedura di ammortamento – promossa a seguito di smarrimento, distruzione o sottrazione – il presidente del tribunale o il pretore pronunzia l’inefficacia giuridica del libretto, mentre non ha alcun effetto l’annotazione di fermo che l’istituto emittente apponga nei propri registri (ex art. 6 Legge n. 948/1951).39
La procedura di ammortamento ha l’unica funzione di individuare la persona legittimata a riscuotere e non quella di accertare la titolarità del credito, come attestato dagli artt. 1836 C.C. e, per i libretti al portatore, dagli artt. 7 e ss. della Legge n. 948/1951.
Pertanto, con riguardo a titoli rappresentativi di depositi bancari (quale, ad esempio, un certificato di deposito al portatore), è legittimata a proporre opposizione al decreto di ammortamento anche la banca che abbia provveduto al pagamento del titolo, non solo in virtù dell’espressa previsione di cui all’art. 12, comma 2, della Legge n. 948/1951, ma anche ai sensi dell’art. 9, comma 2, ultima parte della medesima Legge, non potendo negarsi alla banca la qualifica di detentrice, avuto riguardo ad una possibile reviviscenza del titolo, che esporrebbe la stessa – che abbia provveduto in buona fede alla sua estinzione – al rischio di dover pagare una seconda volta il medesimo importo.
Inoltre, il termine di pubblicazione del decreto di ammortamento di cui al citato art. 9, comma 2, non ha carattere perentorio, in difetto di un’espressa previsione di legge, onde la fissazione, da parte del presidente del tribunale, di un termine inferiore può essere fatta valere soltanto dalla parte che ne abbia ricevuto pregiudizio, per essere stata posta nell’impossibilità di proporre opposizione.40
In presenza di una procedura tipizzata come quella prevista per il caso di smarrimento del libretto al portatore che prevede di adire il tribunale e che si conclude con un decreto dell’autorità giudiziaria (art. 9, Legge n. 948/1951), pertanto non residua spazio per un ricorso all’ABF, proprio perché quest’ultimo non può surrogarsi in un ruolo che la legge riservi all’autorità giudiziaria.41
6.
Con riferimento ai contratti bancari in generale, il T.U.B. (art. 118) riconosce agli intermediari il diritto di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali. Tuttavia, l’esercizio di tale diritto è soggetto alla comunicazione delle modifiche alla controparte contrattuale, alla quale viene riconosciuta la conseguente facoltà di recedere dal contratto modificato. In assenza dell’assolvimento di tale onere conoscitivo, le modifiche intervenute devono essere considerate inefficaci.
Laddove il contratto sia stipulato a tempo determinato, la modifica unilaterale non può riguardare le clausole aventi ad oggetto i tassi di interesse ed è comunque condizionata alla sussistenza di un “giustificato motivo”. La fondatezza in tal senso della modifica unilaterale deve essere illustrata al cliente in maniera adeguata, di modo che la sussistenza del requisito possa essere adeguatamente verificata.
Con riferimento al contenuto minimo della nozione di giustificato motivo è stato affermato42 che deve trattarsi di eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario e in particolare: a) deve trattarsi di eventi afferenti alla sfera del cliente (quali la variazione del grado di affidabilità dello stesso); b) deve trattarsi di eventi che «consistono in variazioni di condizioni economiche generali che possono riflettersi in un aumento dei costi operativi degli intermediari (ad esempio, tassi di interesse, inflazione ecc.)».
Il cliente deve essere informato, circa il giustificato motivo, in maniera sufficientemente precisa e tale da consentire una valutazione circa la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne è il fondamento. In sostanza, le modalità espositive adottate dall’intermediario devono essere tali da rendere comprensibile il contenuto della comunicazione.
Oltre a ciò, si deve ritenere che l’imposta di bollo non costituisca una sopravvenienza normativa né un fatto imprevedibile, laddove sia stata introdotta da fonti normative preesistenti alla stipulazione del contratto di deposito. Inoltre, le motivazioni a fondamento della proposta di modifica devono riguardare fatti tali da intaccare l’assetto di interessi che aveva condotto alla pattuizione originaria; deve sussistere congruità tra la variazione e la motivazione, posto che non si rinviene uno stretto collegamento tra l’imposta di bollo e la permanenza dei tassi di interesse in un’area negativa o i mutamenti delle condizioni di mercato. Laddove il requisito della giustificatezza della variazione unilaterale non venga assolto, si applica l’art. 118, co. 3, T.U.B., secondo cui “Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente”.43
Sebbene la richiamata disposizione non specifichi quali siano le modalità attraverso le quali debba essere comunicata la modifica delle condizioni contrattuali, appare indubbio che essa abbia natura recettizia. Con specifico riferimento ai libretti di risparmio, il D.M. 6 ottobre 2004 dispone che le comunicazioni ai titolari dei medesimi, ivi comprese quelle inerenti a eventuali variazioni contrattuali sfavorevoli di tipo generalizzato, vadano effettuate mediante avvisi in G.U. e nel sito web della Cassa Depositi e Prestiti. L’effettiva conoscenza delle variazioni può essere garantita anche mediante appositi avvisi nei locali aperti al pubblico, nonché mediante pubblicazione su quotidiani nazionali, di cui uno economico, con l’indicazione degli estremi della pubblicazione. Le variazioni contrattuali sfavorevoli di tipo generalizzato non possono avere effetto nei confronti del sottoscrittore in data anteriore a quella della pubblicazione nella G.U. Entro 15 giorni dalla pubblicazione, il cliente ha diritto di recedere dal contratto senza penalità e di ottenere, in sede di liquidazione del rapporto, l’applicazione delle condizioni precedentemente praticate.44
Ebbene, laddove l’intermediario non dimostri l’assolvimento dell’onere di comunicazione della modifica unilaterale dei tassi applicabili ai rapporti in corso, né attraverso la pubblicazione in Gazzetta, né attraverso ulteriori forme di natura recettizia, la modifica deve essere considerata inefficace nei confronti del cliente, al quale va riconosciuto il diritto alle condizioni economiche riportate nelle condizioni contrattuali a suo tempo sottoscritte.45
7.
Laddove la banca sia consapevole della circostanza che, già al momento dell’inizio del rapporto contrattuale, il cliente non è in possesso dei requisiti necessari per ottenere condizioni negoziali più favorevoli,46 deve informare preventivamente la controparte, ai sensi dell’art. 1337 C.C., di tale situazione segnalando eventualmente la necessità di effettuare gli adempimenti necessari per ottenere le suddette condizioni di favore. In assenza di tale specifica informativa, non possono rinvenirsi ipotesi di responsabilità da parte del cliente.
Per la medesima ragione è evidente la responsabilità assunta dall’intermediario nel corso delle trattative, ai sensi dell’art. 1337 C.C., la cui applicazione, come noto, non è limitata al solo caso di interruzione delle trattative stesse, ben potendo avvenire, ai fini risarcitori ivi disciplinati, anche in caso di loro conclusione. La giurisprudenza della S.C. è infatti ferma nel ritenere che l’ambito di rilevanza della regola posta dall’art. 1337 C.C. vada ben oltre l’ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative e assuma il valore di clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in maniera precisa, ma certamente implica “il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o anche solo reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o anche solo conoscibile con l’ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto”.47
8.
Ai sensi dell’119, co. 4, T.U.B., colui che succede al cliente a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni ha diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine, e comunque non oltre 90 giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi 10 anni, previo addebito dei soli costi di produzione di tale documentazione.48
In tali casi, occorre verificare la congruità dei costi richiesti dall’intermediario per il rilascio della documentazione, “anche se conformi a quanto stabilito nei fogli informativi, così da evitare che su tale importo possa essere aggiunto in via surrettizia un corrispettivo per il servizio di esibizione”.49 Considerato che la previsione normativa risulta ancorata ai costi (effettivi) di produzione “evidentemente variabili in funzione del tipo e della struttura dei documenti, della loro data di formazione e, più in generale, delle attività necessarie per reperirli e riprodurli”.50 Laddove i criteri adottati per il calcolo non rispondano alle esigenze di tutela della norma, i relativi costi non possono essere addebitati al cliente, quanto meno non integralmente, e ciò a prescindere dalla circostanza che venga fornita una giustificazione del costo di produzione.51
Va riconosciuto, pertanto, il diritto del cliente di “acquisire copia delle movimentazioni inerenti a tutte le operazioni del periodo rispetto al quale il richiedente sia concretamente interessato, nel rispetto del limite temporale decennale”.52
Sul punto, le Linee guida per trattamenti dati relativi al rapporto banca-cliente53 precisano che i soggetti che si trovano nelle condizioni contemplate dall’art. 9, co. 3, D.Lgs. n. 196/2003: “(i) sono legittimati ad esercitare il diritto di accesso anche in relazione ‘ai rapporti bancari e finanziari’ riferibili al defunto; (ii) che l’istituto di credito che ha ricevuto la richiesta è tenuto a comunicare a tali soggetti in modo chiaro e comprensibile, informazioni riguardanti la consistenza patrimoniale del defunto, le movimentazioni bancarie, i saldi riferiti ai depositi al portatore, anche se estinti da terzi successivamente al decesso, nonché la data in cui è stata disposta l’estinzione del conto o il trasferimento del saldo ad altro conto”, a maggior ragione ove si tratti di ricostruire una situazione pregressa ignota al successore.54
9.
In merito alla questione della prescrizione del diritto incorporato nei libretti di deposito, in dottrina e in giurisprudenza si contrappongono orientamenti diversi.55
Secondo un primo filone, la regola generale in materia è quella per cui la prescrizione del credito decorre anche quando il relativo diritto non sia ancora esigibile per la mancata fissazione del tempo dell’adempimento, da stabilirsi per accordo delle parti, potendo il creditore comunque ricorrere al giudice per la fissazione del termine, ai sensi dell’art. 1183, co. 3, C.C., con la conseguenza che in tal caso è impossibile configurare un impedimento giuridico all’esercizio del diritto, il quale soltanto impedisce il decorso della prescrizione.56
Nel deposito bancario regolato in conto corrente, quindi, trattandosi di fattispecie di deposito irregolare (art. 1834 C.C.) e a cui si applicano le norme relative al mutuo (art. 1782 C.C.), il diritto del depositante alla restituzione è un diritto di credito che può essere esercitato in qualsiasi momento, sicché il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui il depositante poteva chiedere la restituzione, ossia dal giorno stesso della costituzione del rapporto oppure dall’ultima operazione compiuta, se il rapporto si sia svolto attraverso accreditamenti e prelevamenti.57 All’opposto, nel caso del deposito a risparmio, il diritto alla restituzione nasce per effetto della conversione del diritto di proprietà in diritto di credito, il cui mancato esercizio integra quello stato d’inerzia che costituisce il presupposto della prescrizione.
Per altro verso, l’obbligo di corrispondere interessi sulle somme depositate, a norma degli art. 1834 e 1835 C.C., non è legato all’esigibilità del credito restitutorio, ma discende dalle regole del deposito irregolare e del mutuo (art. 1782 e 1815 C.C.): trattandosi, quindi, di interessi connaturati al mero fatto che le somme depositate siano poste nella disponibilità della banca depositaria, essi spettano al depositante per tutto il tempo in cui tale situazione perduri. Da tanto deriva che l’intervento di un vincolo esterno alla restituzione (pignoramento o sequestro) non incide sulla causa giuridica da cui deriva il debito per interessi, poiché quel vincolo impedisce al depositante di richiedere nell’immediato alla banca la restituzione di dette somme, ma non le rende medio tempore indisponibili per la banca medesima.58
Più in generale, l’art. 2935 C.C., nello stabilire che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, si riferisce soltanto alla possibilità legale dell’esercizio del diritto, con la conseguenza che l’impossibilità di fatto ad agire non vale a impedire il corso della prescrizione. Il comportamento reticente del debitore (che, ad esempio, neghi l’esistenza stessa del libretto di risparmio), così come l’ignoranza dell’esistenza del diritto, salvo che integri un doloso occultamento del debito rilevante ai sensi dell’art. 2941, n. 8, C.C., costituisce un mero impedimento di fatto che non arresta il corso della prescrizione.59
In senso opposto si muove, invece, la maggioranza della dottrina e una consistente giurisprudenza di merito,60 secondo la quale la funzione del contratto di deposito bancario, sottostante all’emissione del libretto al portatore, non è assimilabile a quella del mutuo, ma alla causa di custodia tipica del deposito, sicché risulta incongruo rispetto all’asserito scopo negoziale, assumere che il depositante possa esigere la restituzione di quanto depositato dal momento della creazione del rapporto o dalla scadenza del vincolo.61
Se ne fa derivare che, essendo il deposito bancario un negozio complesso nel quale l’interesse della banca alla raccolta e alla gestione del risparmio concorre con quello del cliente alla custodia e alla remuneratività delle somme, l’obbligo restitutorio della banca sorge (salvo il caso di previsione di un termine convenzionale di scadenza del contratto) solo a seguito della richiesta del cliente, quale condizione di esigibilità del credito, che concretizza l’interesse alla restituzione. Motivo per cui l’eventuale stato di inerzia non è interpretabile come manifestazione di disinteresse a far valere un diritto, cui possa collegarsi il decorso del termine prescrizionale, ma come mero esercizio di una facoltà, onde la prescrizione del diritto del depositante ad ottenere la restituzione delle somme depositate non inizia a decorrere prima che il cliente abbia richiesto la somma in restituzione.62 Richiesta che attiva l’esigibilità del credito e fa sorgere il corrispondente obbligo restitutorio della banca.63 Anche perché altrimenti, e paradossalmente, la restituzione comporterebbe l’estinzione del rapporto e con ciò la non conformità alla sua funzione di mantenimento della disponibilità di moneta bancaria.64 Si tratta di una conseguenza coerente con la natura del rapporto negoziale in cui la circostanza che il denaro sia lasciato presso la banca costituisce situazione corrispondente all’interesse delle parti e integra da ambo i lati adempimento del contratto di durata.
Peraltro, tale ricostruzione troverebbe forse un assetto ancora preferibile, senza alternarne l’esito, constatando piuttosto come il diritto del cliente alla “custodia” e quello alla restituzione, attuali sin dalla conclusione del contratto, si pongano, per la loro funzione economica – ma anche secondo lo schema causale del contratto di deposito bancario – in termini fra di loro alternativi ed incompatibili. Sicché essi possono considerarsi piuttosto espressione di un unico diritto complesso, ovvero tali per cui l’esercizio dell’uno, essendo alternativo ed incompatibile con l’altro, impedisce (secondo la causa stessa del contratto) che il primo possa essere fatto valere: così si blocca il decorso della relativa prescrizione (ex 2935, C.C.). Il diritto (alla restituzione), in altre parole, non può essere fatto valere, se è contemporaneamente esercitato quello (alla custodia) con esso alternativo.65
Tale seconda ricostruzione (decorso del termine prescrizionale dalla richiesta di restituzione respinta), sarebbe validata dalla disciplina relativa ai c.d. “conti dormienti”,66 posto che il legislatore definendo “dormienti” i conti in relazione ai quali non sia stata effettuata alcuna operazione o movimentazione, ad iniziativa del titolare del rapporto o di terzi da questo delegati, per un periodo di 10 anni decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme, sembra avere implicitamente escluso che per essi si sia verificata l’estinzione del rapporto.67
Quanto agli interessi maturati sulla somma da retrocedere al cliente, il diritto a percepirli risulta limitato all’ultimo quinquennio antecedente la richiesta, atteso che, per espressa previsione legislativa, il diritto alla corresponsione degli interessi sulle somme depositate si prescrive in cinque anni dalla scadenza e/o maturazione degli stessi (art. 2948, co. 1, n. 4, C.C.).68 Non si ritiene fondata, invece, la domanda di rivalutazione monetaria, considerato che il debito restitutorio della banca si configura come obbligazione di valuta e non di valore.69
Con riguardo all’eccezione di prescrizione del diritto alla restituzione del controvalore di un certificato di deposito per il quale non sono stati posti in essere atti interruttivi, è stato evidenziato che sussiste un diverso regime giuridico tra negozi di durata e negozi a termine: in particolare, soltanto per i primi l’obbligazione restitutoria della banca sorge a seguito di richiesta da parte del cliente, mentre, per i contratti a tempo determinato, il termine prescrizionale decorre dalla data di scadenza del rapporto.70
Infine, a prescindere dall’effettiva prescrizione, va evidenziato come il libretto di deposito in conto corrente non sia riconducibile a un deposito a risparmio, in quanto le annotazioni hanno carattere di provvisoria informazione e non costituiscono prova del credito esistente sul conto e che, quindi, esso appare come un “documento” più che come un “titolo”.71
9.1. Segue. Prescrizione del rapporto e obbligo di conservazione decennale delle scritture contabili
Accertato, dunque, che il termine di prescrizione relativo al diritto di percepire somme presenti in un deposito a risparmio cominci a decorrere dalla richiesta di restituzione, un profilo a questo collegato concerne l’obbligo di conservazione delle scritture contabili per una durata decennale dall’ultima registrazione.
L’obbligo di conservazione di cui all’art. 2220 C.C. costituisce uno strumento di tutela per i terzi estranei all’attività imprenditoriale, che risulta volto a garantire l’accesso, la conoscibilità e la trasparenza delle attività di impresa. La norma pone un limite cronologico ad un obbligo ex lege, essendo tuttavia evidente che il termine della durata dell’obbligo di conservazione delle scritture contabili dà luogo solo alla facoltà di non conservarle ulteriormente e che l’esercizio della stessa non possa essere invocato al fine di limitare un diritto altrui.72 Pertanto, la previsione della durata decennale di tale obbligo non può essere interpretata come una limitazione legale dell’onere probatorio posto a carico di chi è tenuto a dare la prova integrale del proprio credito.73
In aggiunta, trattandosi di un titolo di credito al portatore, l’assenza di riscontri contabili nella documentazione disponibile al debitore (emittente il titolo) è irrilevante, posto che tale documentazione lo abiliterebbe a sollevare eccezioni normalmente opponibili come, ad esempio, quella relativa all’intervenuto ammortamento del titolo. Il carattere eccezionale della disposizione di cui all’art. 2724, n. 3, C.C., rende evidente che l’indisponibilità di fatto di documenti idonei a sollevare eccezioni in capo al debitore è situazione idonea a rendere più spedito il pagamento del credito e non già sufficiente a paralizzare le pretese creditorie. In realtà, il senso dell’art. 2220 C.C. sta nella sua correlazione sistematica con la durata della prescrizione ordinaria.74
10.
Con riferimento ai libretti di deposito cc.dd. a piccolo risparmio, per i quali il diritto vantato sia ancora attuale, è stato affermato più volte il principio della irrilevanza di pretese restitutorie di contenuto patrimoniale irrisorio. A fronte dell’orientamento che considera il saldo del rapporto esigibile dalla richiesta del cliente (su cui v. infra par. 9.), si ritiene che la domanda restitutoria, pur ricevibile stante l’attualità del diritto reclamato, non possa comunque trovare accoglimento, in quanto l’applicazione del principio nominalistico (che di per sé supera e assorbe ogni ulteriore pretesa di equità o rivalutazione), induce a non assicurare protezione a istanze di trascurabile contenuto patrimoniale.
In altri termini, l’“assenza di pregiudizio significativo”75 diviene criterio discriminante per l’accesso alla tutela, pena l’abuso del rimedio e il mancato rispetto dei doveri solidaristici gravanti – secondo opinione da tempo consolidata – su ambedue le parti del rapporto. Se ne conclude che di un diritto del genere non “possa in buona fede pretendersi tutela ovvero seriamente accordarla”.76
11.
Il pegno di un libretto di deposito bancario al portatore, costituito a favore della banca depositaria che lo ha emesso, si configura come pegno irregolare soltanto allorché sia conferita espressamente alla banca la facoltà di disporre del relativo diritto. L’attribuzione di tale facoltà, peraltro, non fa venire meno la finalità di garanzia del pegno, almeno nella fase della costituzione, verificandosi la funzione solutoria soltanto in sede di escussione della garanzia, sia pure attraverso un meccanismo semplificato di “autosoddisfazione”, che sottrae il creditore alla necessità di procedere in via esecutiva salvo l’obbligo di restituire l’eccedenza.77
Va ricordato che il pegno non può avere per oggetto il libretto in sé, ma esclusivamente la somma di denaro. Si ritiene, pertanto, che si configuri una forma di pegno regolare di credito ove lo stesso sia costituito in favore di un soggetto diverso dalla banca depositaria.78 Se invece sia in favore di quest’ultima la fattispecie è inquadrabile come pegno irregolare del denaro depositato, sulla scorta di un consolidato orientamento giurisprudenziale, in opposizione al perdurante indirizzo favorevole al riconoscimento della natura di titolo di credito ai documenti in questione. In tal caso, le somme depositate passano automaticamente in proprietà della banca, nei cui confronti sorge, pertanto, l’obbligazione di restituire il tantundem.79
11.1. Segue. Libretto di deposito nominativo. Concessione di garanzia nell’ambito di un contratto di locazione e pegno del documento
Laddove un libretto di deposito a risparmio nominativo venga consegnato a garanzia degli obblighi del locatario, il proprietario dell’immobile concesso in locazione non acquisisce alcun titolo legittimo sul libretto che risulta emesso a nome di soggetto diverso senza alcun vincolo a favore del proprietario medesimo. Al limite, si potrebbe ipotizzare la stipula di un pegno del libretto a scopo di garanzia (a titolo di deposito cauzionale, come consentito dalla legislazione speciale in materia di locazione abitativa). Tuttavia, posto che il libretto di deposito a risparmio nominativo non costituisce un titolo di credito, ma un documento di legittimazione, per la costituzione del pegno trova applicazione l’art. 2800 C.C., che richiede, oltre al consenso delle parti, la notificazione dell’atto costitutivo al debitore del credito oggetto del pegno o, in alternativa, l’accettazione di quest’ultimo.80
11.2. Deposito bancario ed emissione di documenti di legittimazione del possessore: effetti del sequestro e del successivo pignoramento delle somme
L’emissione dei documenti di legittimazione o titoli rappresentativi (ad esempio, un certificato di deposito al portatore o un libretto di risparmio al portatore) non spiega influenza nei rapporti fra banca e depositante, essendo la prima tenuta alla restituzione delle somme di denaro di cui ha acquistato la proprietà e non dei documenti probatori i quali, ai sensi dell’art. 1835 C.C., assolvono la diversa funzione certificativa dell’esistenza del diritto del cliente verso la banca. Ne consegue che, in caso di sequestro di dette somme, poi convertito in pignoramento, il vincolo concerne il credito esistente all’atto della notifica del provvedimento cautelare, con obbligo di pagamento (in favore dei creditori del depositante), secondo gli ordini impartiti con il provvedimento di assegnazione.81
Una conferma di quanto precede, viene dalla circostanza che, essendo il libretto di risparmio “nominativo pagabile al portatore” un titolo di credito, qualora il credito del depositante verso la banca sia oggetto di sequestro conservativo nelle forme del pignoramento presso terzi, il vincolo – che, per essere efficace, va attuato sul titolo di credito, a norma dell’art. 1997 C.C. – riguarda detto credito nella consistenza all’atto della notifica del provvedimento di sequestro, non già nella misura sussistente all’instaurazione del contratto di deposito.82
Inoltre, è stato altresì evidenziato che la particolare efficacia probatoria, prevista dal comma 2 dell’art. 1835 C.C., si riferisce alle annotazioni che effettivamente risultino apposte sul libretto, senza che da ciò derivi una presunzione legale assoluta di compimento delle sole operazioni annotate, con la conseguenza che, secondo i principi generali in tema di prova, è sempre ammessa la dimostrazione che un’operazione di versamento o prelevamento di somme, benché non annotata sul libretto, sia stata effettivamente eseguita (v. amplius par. 3.1.).83
11.3. Segue. Esecuzione forzata. Obblighi del terzo
Il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, in quanto funzionalizzato all’individuazione della cosa assoggettata ad espropriazione forzata all’esito della mancanza o della contestazione della dichiarazione ex art. 548 c.p.c., ha ad esclusivo oggetto il diritto di credito del debitore esecutato nei confronti del terzo pignorato. Ne consegue che, in caso di pignoramento di somme depositate su un libretto bancario vincolato all’ordine del giudice, in quanto ricavate dalla vendita di beni sequestrati ad istanza dell’intestatario, l’oggetto della cognizione non può estendersi alla proprietà dei beni oggetto del sequestro, ma deve limitarsi alla verifica dell’obbligazione debitoria dell’istituto di credito pignorato nei confronti del debitore esecutato.84
In merito a un deposito cointestato, si è affermato che, una volta rifluite le rimesse sul rapporto cointestato, si produce la piena confusione del patrimonio dei cointestatari senza possibilità di distinguere, da parte del terzo (la banca), il patrimonio personale di ciascuno dei cointestatari, neppure per quote ideali. Inoltre, a fronte di un ordine contenuto in un provvedimento dell’autorità giudiziaria, l’intermediario può soltanto dare esecuzione senza poter opporre o far valere alcunché. Infine, l’unica sede per affermare i diritti e gli interessi del cointestatario che assume di aver subito una lesione delle sue prerogative è quella dell’opposizione di terzo ai sensi dell’art. 619 c.p.c., ovvero agendo contro l’assegnatario, quando non avvisato ai sensi dell’art. 180 disp. att. c.p.c., per la ripetizione delle somme riscosse in eccesso.85
L’intermediario, dal canto suo, è obbligato per legge a sottrarre alla disponibilità del debitore esecutato il credito indicato nell’atto di pignoramento e non può evidentemente essere gravato dell’obbligo di verificare la provenienza delle somme e di risolvere i problemi relativi ai limiti di pignorabilità del credito spettante al debitore esecutato, trattandosi di questioni che vanno dedotte e risolte dal giudice dell’esecuzione. Neppure si ritiene gravi su di esso un obbligo di informativa al contitolare del libretto, non essendo ravvisabile un simile obbligo in capo al terzo; trovano applicazione in questo caso le norme di cui agli artt. 599 c.p.c. e 180 disp. att. c.p.c., in forza delle quali è il creditore procedente che deve dare avviso del pignoramento agli altri contitolari del rapporto.86
12.
Il prelievo di somme, depositate su libretto bancario – e per questo divenute di proprietà della banca – è equiparabile alla riscossione di un credito ed è un atto dalla indubbia natura solutoria: tale prelievo è, perciò, revocabile ex art. 67, co. 2, L. fall. Tuttavia, ai fini della revocabilità dell’atto è necessario l’ulteriore presupposto della “conoscenza dello stato di insolvenza” da parte del convenuto depositante, stato che deve essere concreto ed effettivo, al momento e alla data dei singoli prelievi, e che è onere della curatela provare.87
L’azione di risarcimento del danno per indebiti prelievi effettuati dal libretto di deposito bancario fallimentare, esercitata dalla curatela unicamente nei confronti della banca e non anche di tutti i soggetti solidalmente responsabili dell’ammanco, non preclude all’ente creditizio di agire, in via di regresso, nei confronti del curatore surrogato, al fine di far constare la sua condotta illecita, che ha contribuito alla produzione del danno.
In tal modo, la banca fa valere, sia pure al limitato fine dell’accoglimento dell’azione di regresso, non già una propria pretesa verso il curatore nascente dalla scorretta gestione del rapporto di deposito, ma una pretesa di credito della stessa procedura, derivante dal mancato rispetto delle regole cui il curatore medesimo si sarebbe dovuto attenere nell’esercizio delle proprie funzioni.88
1 Così, Cass., Sez. I, sent. 20 gennaio 2012, n. 788, richiamata da Cons. di Stato, Sez. V, 25 febbraio 2014, n. 877 (che conferma T.A.R. Trento, Sez. I, sent. 24 ottobre 2012, n. 316), nell’ambito di una controversia relativa all’affidamento del servizio di tesoreria di un’amministrazione comunale. Ad avviso del Cons. Stato, in definitiva, la natura del contratto di deposito ed i suoi pur sussistenti profili speculativi non sono tuttavia idonei e sufficienti a caratterizzare in modo speciale tale forma di utilizzo delle somme giacenti rispetto al normale servizio di tesoreria. Da ultimo, v. Cass., Sez. III, sent. 19 settembre 2019, n. 23330, in Guida al diritto, 2019, n. 45, p. 57, con nota di M. Piselli. Sul contratto di deposito bancario v. G.F. Campobasso, voce Deposito III, Deposito bancario, in Enc. giur., X, Roma, 1988, p. 12; F. Messineo, Il libretto di risparmio al portatore, titolo di credito, in Banca, borsa, tit. cred., 1957, II, pp. 149 e ss. Sul secondo orientamento v. F. Chiomenti, Il libretto di deposito a risparmio al portatore è titolo di credito?, in Riv. dir. comm., 1976, I, pp. 276 e ss.; C. Di Nanni,
2 Cfr. Cass., sent. n. 788/2012; Collegio ABF di Milano (in seguito i collegi territoriali dell’ABF sono indicati soltanto con “Coll.” e la sede), dec. 28 marzo 2018, n. 6921; Coll. Roma., dec. 6 dicembre 2018, n. 25897; Coll. Bari, dec. 31 gennaio 2019, n. 3049.
3 A conferma di quanto sopra riportato, la Corte di giustizia (sent. 3 dicembre 2015, n. 312) ha affermato che l’eventualità di clausole relative ad un contratto di credito che possano comportare una qualche alea o variazione del suo risultato non ne modificano la natura né possono considerarsi, neppure in parte, un “atto di investimento”. Sul punto, v. Coll. Roma, dec. 29 settembre 2016, n. 8461.
4 Cfr. Cass., Sez. I, sent. 29 gennaio 2015, n. 1733, in Dir. e giust., 2015, 30 gennaio, con nota di G. Tarantino.
5 Cfr. Trib. Lecce, sent. 1° ottobre 2008, in www.ilcaso.it, 2008. Si era già espressa in senso conforme, Cass., senti. 3 maggio 1999, n. 4389, in Banca, borsa, tit. cred., 2000, II, p. 505, con nota di F. Briolini, Osservazioni in tema di libretti di deposito a risparmio sottoposti a sequestro penale e prescrizione del diritto alla restituzione, pp. 516 e ss.
6 Cfr. Cass., Sez. I, sent. 28 febbraio 2018, n. 4760, in Giust. civ. Mass., 2018. Nel caso di specie, la S.C. ha cassato la sentenza di rigetto della domanda di restituzione delle somme depositate, quale automatica conseguenza della nullità del deposito bancario, rinviando alla Corte d’appello per l’esame dell’eventuale conversione in comune contratto di mutuo o deposito irregolare, avendo il depositante dedotto, in alternativa alla tesi della validità del contratto bancario, la sussistenza dei requisiti di sostanza e di forma del contratto comune. In argomento, v. altresì Cass., Sez. I, sent. 7 marzo 2001, n. 3272; Cass., Sez. I, sent. 15 marzo 2001, n. 3753; Cass., SS.UU., sent. 12 dicembre 2014, n. 26242; Cass., SS.UU., sent. 19 dicembre 2007, n. 26724.
7 Così Cass., Sez. I, sent. 3 maggio 1999, n. 4389; in dottrina, G. Molle, I contratti bancari, in Trattato di diritto civile e commerciale, a cura di A. Cicu e F. Messineo, Milano, 1973, passim; A. Fiorentino, Del conto corrente. Dei contratti bancari, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna - Roma, 1969.
8 Sulla qualificazione dei certificati di deposito come titoli di credito v. G. Molle, Il certificato di deposito, in Banca, borsa, tit. cred., 1965, I, pp. 273 e s.; id., Ancora sul certificato di deposito, in Banca, borsa, tit. cred., 1966, I, pp. 232 e ss.; G. Galasso, Buoni fruttiferi e ammortamento, in Banca, borsa, tit. cred., 1967, I, pp. 42 e ss.; in senso contrario, L. Pepe, E. Gianfelici, Il certificato di deposito, in Bancaria, 1965, p. 806; in senso dubitativo, M. Porzio, Il conto corrente bancario, il deposito a risparmio al portatore e la concessione di credito, in Tratt. di dir. priv. diretto da P. Rescigno, XII, Torino, 1985, pp. 917 e ss. In tema di libretti di deposito a risparmio, v. anche Cass., sent. 27 settembre 2002, n. 14014, in Nuova giur. civ. comm., 2003, p. 495, con nota di M. De Poli, Ancora sull’efficacia probatoria del libretto di deposito a risparmio.
9 Cfr. Cass., Sez. I, sent. 1° dicembre 2016, n. 24543, in Diritto e Giustizia, 2 dicembre 2016, con nota di A. Paganini.
10 In generale, sulla natura del deposito bancario v. G.F. Campobasso, voce Deposito, cit., pp. 12 e ss.; F. Messineo, Il libretto, cit., p. 149; F. Chiomenti, Il libretto di deposito, cit., p. 276; C. Di Nanni, Libretti di deposito, cit., p. 282; F. Martorano, I libretti di deposito, cit., p. 400; G. Carriero, I libretti di deposito, cit., p. 230. In giurisprudenza, Cass., sent. 3 febbraio 1998, n. 1048, in Giust. civ., 1998, I, p. 1626; e anche Cass., sent. 16 settembre 1986, n. 5618, in Il Foro Italiano, 1987, I, p. 863; id., 5 luglio 1990, in Nuova giur. civ. comm., 1991, I, p. 436; id., 14 aprile 1992, n. 4542, in Dir. fall., 1993, II, p. 115; id., 12 gennaio 1995, n. 336, in Giust. civ., 1995, I, p. 1220.
11 Su cui Cass., sent. 16 giugno 2014, n. 13643; nonché Coll. Bari, dec. 18 febbraio 2019, n. 5037; Coll. Napoli, dec. 21 maggio 2019, n. 12940; Coll. Milano, dec. 28 maggio 2019, n. 13506.
12 Cfr. Cass., Sez. I, sent. 12 novembre 2013, n. 25370, in Giust. civ. Mass., 2013; in senso conforme, v. anche Cass., Sez. I, sent. 27 settembre 2002, n. 14014; Cass., Sez. I, sent. 16 aprile 1996, n. 3585, si v. anche Coll. Roma, dec. 14 aprile 2014, n. 2272; id., 8 novembre 2013, n. 5658. Sugli effetti e sulla natura delle annotazioni v. Cass., sent. 4 marzo 1978, n. 1082, in Banca, borsa, tit. cred., 1979, II, p. 129; Cass., sent. 26 maggio 1976, n. 1908, ivi, 1976, II, p. 404; Cass., sent. 17 febbraio 1966, n. 493, ivi, p. 1966, II, p. 169 (con nota di G. Molle). In dottrina, v. A. Fiorentino, Dei contratti bancari, in Commentario al Codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1953, pp. 431 e ss.; G. Molle, voce Deposito bancario, in Noviss. Digesto it., V, Torino, 1960, pp. 312 e s.; id., I contratti bancari, Milano, 1981, pp. 129 e ss.; F. Martorano, I libretti di deposito, cit., pp. 395 e s.; M. Porzio, Il conto corrente, cit., p. 904; G.F. Campobasso, voce Deposito, cit., passim; L. Guglielmucci, voce Deposito bancario, in Digesto disc. priv., sez. comm., IV, Torino, 1989, pp. 257 e ss.; C. Carnicelli,
13 Cfr. Coll. Roma, dec. 6 settembre 2010, n. 882; Coll. Napoli, dec. 10 dicembre 2010, n. 1472.
14 Cfr. Coll. Napoli, dec. 30 dicembre 2010, n. 1594; si v. anche Cass., sent. 4 marzo 1993, n. 2641, le cui conclusioni non sono state, comunque, accolte favorevolmente in dottrina ove si è ritenuto – in applicazione dell’art. 2725 C.C. – che il saldo del rapporto sia costituito dalla somma algebrica delle annotazioni, senza possibilità di integrazioni probatorie esterne rispetto al libretto. In senso analogo, v. Coll. Milano, dec. 7 gennaio 2016, n. 36; Coll. Roma, dec. 12 febbraio 2016, n. 1289; id., 2 febbraio 2017, n. 913.
15 Cfr. Coll. Roma, dec. 8 novembre 2013, n. 5658; Coll. Milano, dec. 16 novembre 2015, n. 8484.
16 Che nel caso di specie è rappresentato dal reclamo alla banca, così, Coll. Roma, dec. 8 novembre 2013, n. 5658.
17 Così, Coll. Milano, dec. 28 gennaio 2015, n. 617; Coll. Napoli, dec. 15 settembre 2014, n. 5977; id., 19 gennaio 2017, n. 444.
18 Si v. Ombudsman-Giurì bancario, Relazione per il 2008, pp. 260 e ss. (part. i ricorsi nn. 628/2008, 3280/2008, 405/2009).
19 Cfr. Cass., Sez. I, sent. 21 agosto 2013, n. 19329. V. altresì Coll. Milano, dec. 28 maggio 2019, n. 13506; id., 7 febbraio 2019, n. 3808; Coll. Roma, dec. 16 ottobre 2012, n. 3347.
20 Cfr. Cass., Sez. I, sent. 11 settembre 2018, n. 22118, in Giust. civ. Mass., 2018 e in Diritto & Giustizia, 12 settembre 2018, con nota di K. Mascia, La banca depositaria ha l’obbligo di accertare la legittimazione del soggetto che effettua le operazioni di prelievo; in senso conforme, Cass., sent. n. 11004/2006.
21 Cfr. Cass., Sez. III, sent. 19 settembre 2019, n. 23330, in Giust. civ. Mass., 2019, e in Diritto & Giustizia, 20 settembre 2019, con nota di G. Satta, Truffa telematica su conto corrente: sulla responsabilità della banca depositaria. In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione della Corte d’appello che – interpretando la sentenza di primo grado, passata in giudicato sulla qualificazione dell’azione come rivendica ex art. 948 C.C. – aveva ritenuto che l’azione fosse riferibile solo alla somma residua giacente sul conto e, quindi, aveva riconosciuto al rivendicante il diritto di ricevere dalla banca convenuta soltanto l’importo pari al saldo al tempo della richiesta di restituzione. V. anche Cass., sent. n. 813/1975; Cass., sent. n. 22457/2017.
22 Cfr. Coll. Napoli, dec. 1° giugno 2011, n. 1134, relativa a una serie di prelievi fraudolenti da un deposito bancario a risparmio, caso in cui la domanda del cliente si configura come volta ad ottenere il risarcimento dei danni ex art. 1218 C.C.
23 Cfr. Cass., Sez. I, sent. 13 febbraio 2012, n. 2033, in Giust. civ. Mass., 2012, 2, p. 157. Nella fattispecie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva respinto la prospettazione dell’attore, che assumeva la configurabilità di un contratto di deposito bancario con il conseguente obbligo restitutorio in capo alla banca, per il mero fatto di avere consegnato alla direttrice della filiale, nei locali della stessa, delle somme di denaro, ricevendone uno stampato siglato, senza alcuna prova che la materiale consegna delle somme fosse neppure avvenuta in relazione alla posizione organica ricoperta.
24 Cfr. Cass., sent. n. 15231/2012; Coll. coord., dec. n. 5305/2013.
25 Cfr. Cass., sent. n. 4066/2009.
26 Così, Cass., Sez. III, sent. 18 settembre 2008, n. 23844, in CED Cassazione, 2008, che rigetta, App. Venezia, sent. 11 marzo 2004.
27 Cfr. Cass., Sez. II, sent. 12 novembre 2008, n. 26983, in Il Foro Italiano, 2009, p. 1103; nel caso di specie, è stata confermata la pronuncia di merito in base alla quale la cointestataria non proprietaria del denaro originariamente versato non aveva fornito la dimostrazione di un atto volontario e spontaneo di disposizione patrimoniale in suo favore da parte di chi aveva aperto il libretto, in considerazione dell’assistenza morale e materiale ricevuta.
28 Cfr., ex multis, Coll. Napoli, dec. 30 dicembre 2010, n. 1598. In generale, in materia di cointestazione, v. G. Molle, Il certificato di deposito, cit., p. 273; G. Galasso, Buoni fruttiferi, cit., p. 42; L. Pepe e E. Gianfelici, Il certificato, cit., p. 806; M. Porzio, Il conto corrente, cit., p. 904. In giurisprudenza, v. Cass. pen., sent. 13 novembre 1997, n. 6216; Trib. Napoli, sent. 24 maggio 1996, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, II, p. 729; Cass., sent. 5 luglio 1990, n. 7075, in Banca, borsa, tit. cred., 1992, II, p. 544; Trib. Catania, sent. 8 novembre 2001 (in Banca, borsa, tit. cred., 2003, II, p. 494, con nota di C. Patriarca).
29 Così, Coll. Napoli, dec. 18 gennaio 2012, n. 172.
30 Così, Coll. Roma, dec. 10 gennaio 2014, n. 84; Coll. Milano, dec. 29 maggio 2014, n. 3491; Coll. Napoli, dec. 28 gennaio 2015, n. 645; Coll. Milano, dec. 6 marzo 2015, n. 1637; Coll. Napoli, dec. 27 maggio 2015, n. 4324. V. altresì, tra le altre, Cass., Sez. I, sent. 29 ottobre 2002, n. 15231.
31 Cfr. Cass., Sez. I, sent. 3 giugno 2014, n. 12385, in Guida al diritto, 2014, 36, p. 69; Cass., Sez. I, sent. 29 ottobre 2002, n. 15231; Trib. Roma, Sez. VIII, sent. 1° giugno 2013, n. 11974; v. altresì Coll. Bari, dec. 6 agosto 2018, n. 16884.
32 Argomentando ex art. 1854 C.C.; cfr. Coll. Napoli, dec. n. 645/2015.
33 Cfr. Coll. Napoli, dec. 12 luglio 2018, n. 15127; Coll. Bari., dec. 12 agosto 2019, n. 19359; Coll. Napoli, dec. n. 5741/2013; quest’ultimo ha, inoltre, precisato che la banca deve, per converso, pretendere il concorso di tutti i cointestatari soltanto qualora le sia stata notificata una formale opposizione da parte dell’avente diritto: cfr., Coll. Napoli, dec. nn. 1731/2012, 3759/2012 e 963/3013; Coll. Milano, dec. n. 9/2011.
34 In tal senso, v. Coll. coord., dec. 18 ottobre 2013, n. 5305.
35 Cfr. Coll. coord. ABF, dec. 18 ottobre 2013, n. 5305.
36 In tal senso, v. Coll. coord. ABF, dec. 18 ottobre 2013, n. 5305, cit.
37 Cfr. Coll. Napoli, dec. 12 luglio 2018, n. 15278; Coll. Bologna, dec. 7 dicembre 2018, n. 26043; Coll. Napoli, dec. 18 dicembre 2018, n. 26867; Coll. Napoli., dec. 6 marzo 2019, n. 6728.
38 Così, Cass., Sez. I, sent. 11 aprile 2018, n. 9002, in Giust. civ. Mass. 2018; in senso conforme, Cass., Sez. III, sent. 24 settembre 2015, n. 18868.
39 In applicazione del principio esposto la S.C., ritenuto che il libretto al portatore non era privo di efficacia né al momento del ritrovamento né a quello della restituzione, pronunziando nel merito, ha liquidato il premio per il ritrovamento pari al ventesimo della somma depositata; cfr. Cass., sent. 3 febbraio 1998, n. 1048.
40 Cfr. Cass., Sez. I, sent. 16 maggio 2008, n. 12460, in CED Cassazione, 2008, che cassa con rinvio, App. Roma, sent. 22 gennaio 2004. In tema di ammortamento v. Cass., Sez. I, sent. 7 marzo 2006, n. 4870, in Mass. Giur. it., 2006 e in CED Cassazione, 2006; Cass., sent. 3 febbraio 1998, n. 1048, in Giust. civ., 1998, I, p. 1626; id., 16 settembre 1986, n. 5618, in Il Foro italiano, 1987, I, p. 863; id., 5 luglio 1990, in Nuova giur. civ. comm., 1991, I, p. 436; id., 14 aprile 1992, n. 4542, in Dir. fall., 1993, II, p. 115; id., 12 gennaio 1995, n. 336, in Giust. civ., 1995, I, p. 1220. Per un quadro sulle problematiche relative alla legittimazione nel contratto di deposito bancario v. F. Chiomenti, Il libretto di deposito, cit., p. 276; G.F. Campobasso, voce Deposito, cit., p. 12 (e in Banca, borsa, tit. cred., 1988, I, p. 175); C. Di Nanni, Libretti di deposito, cit., p. 282; F. Martorano, I libretti di deposito, cit., p. 400; G. Fauceglia, Novità e tradizione nella giurisprudenza della Corte di Cassazione in tema di libretti di deposito bancario, in Dir. banc., 1998, I, pp. 161 e ss.
41 Coll. Milano, dec. n. 7140/17; v. anche Coll. Milano, dec. 11 settembre 2018, n. 18724; Coll. Bologna, dec. 16 gennaio 2019, n. 1325; Coll. Torino, dec. 13 marzo 2019, n. 7295.
42 Cfr. Circolare del Ministero dello Sviluppo economico n. 5574/2007.
43 Così, Coll. Torino, dec. 27 novembre 2018, n. 25019.
44 Cfr. l’art. 9 del Decreto del Ministro dell’economia 6 ottobre 2004.
45 Nei casi in questione si trattava della corresponsione degli interessi secondo le condizioni riportate nel foglio informativo pubblicizzato al momento dell’adesione alla promozione. Su cui v. Coll. Napoli, dec. 2 ottobre 2018, n. 20283; id., n. 11201/2016.
46 Nel caso di specie, si trattava di un tasso premiale sulle somme depositate, su cui v. Coll. Roma, dec. 14 gennaio 2016, n. 256.
47 Cfr. Cass., sentt. 19024/2005 e 24795/2008. Nel periodo di riferimento, giungono alle medesime conclusioni, seppure in relazione a presupposti di varia natura dedotti in contratto per godere del tasso più favorevole (ad esempio, l’attivazione di una carta collegata al deposito), anche: Coll. Roma, dec. 11 marzo 2016, n. 2222; Coll. Napoli, dec. 31 marzo 2016, n. 2874; Coll. Roma, dec. 9 maggio 2016, n. 4239; Coll. Milano, dec. 12 maggio 2016, n. 4381; Coll. Napoli, dec. 7 giugno 2016, n. 5253; Coll. Roma, dec. 9 giugno 2016, 5432; Coll. Milano, dec. 7 luglio 2016, n. 6193; Coll. Napoli, dec. 6 settembre 2016, n. 7364; Coll. Milano, dec. 8 settembre 2016, n. 7534; Coll. Roma, dec. 29 settembre 2016, n. 8565; id., 11 novembre 2016, n. 9999; id., 1° dicembre 2016, n. 10612; Coll. Napoli, dec. 20 dicembre 2016, n. 11201; Coll. Roma, dec. 12 gennaio 2017, n. 50; Coll. Milano, dec. 28 febbraio 2017, n. 2048; Coll. Napoli, dec. 8 marzo 2017, n. 2354; Coll. Milano, dec. 16 marzo 2017, n. 2883; Coll. Palermo, dec. 7 aprile 2017, n. 3827; Coll. Milano, dec. 21 settembre 2017, n. 11564; id., 6 ottobre 2017, n. 12395; id., 25 ottobre 2017, n. 13298.
48 Cfr. Coll. Roma, dec. n. 581/2015; id., n. 1793/2016.
49 Così, Coll. Bari, dec. n. 4568/2017; Coll. Napoli, dec. n. 6465/2016.
50 Cfr. Coll. Roma, dec. n. 15/2015.
51 Cfr. Coll. Bari, dec. 18 marzo 2019, n. 7609; id., n. 16275/2017.
52 Su tale consolidato orientamento v., ex multis, Coll. Milano, dec. 3 novembre 2016, n. 9794.
53 Emanate dal Garante per la protezione dei dati personali con delibera n. 53 del 25 ottobre 2007.
54 Cfr. Coll. Milano, dec. 12 aprile 2018, n. 8161; Coll. Roma, dec. 2 agosto 2013, n. 4219; Cass., Sez. I, sent. 22 maggio 1997, n. 4598.
55 In argomento v. anche Coll. Milano, dec. 22 aprile 2010, n. 266; id., 8 luglio 2011, n. 1406.
56 Come ribadito da Cass., Sez. III, sent. 18 giugno 2009, n. 14345.
57 Così Cass., sent. 21 marzo 1963, n. 689, in Giust. civ., 1963, p. 701.
58 Secondo Cass., sent. 25 novembre 2003, n. 17945.
59 Cfr. Cass., sent. 3 maggio 1999, n. 4389, in Il Foro italiano, 2000, I, p. 3306, con nota di Torresi.
60 V., tra le altre, Trib. Torino, sent. 27 giugno 2005; Trib. Catania, sent. 24 giugno 2004; Trib. Reggio Emilia, sent. 1° ottobre 2008.
61 È quanto evidenziato, altresì, da Coll. Milano, dec. 24 febbraio 2014, n. 1075; id., 4 agosto 2014, n. 5078, e 15 settembre 2014, n. 5965; Coll. Napoli, dec. 25 febbraio 2015, n. 1329; id., 1° settembre 2015, n. 6451.
62 Cfr. Coll. Roma, dec. 13 giugno 2014, n. 3730.
63 Cfr. il netto revirement operato da Cass., Sez. I, sent. 20 gennaio 2012, n. 788, in Giust. civ., 2012, 2, I, p. 307; in Giust. civ. Mass. 2012, 1, 53; e in Il Foro Italiano, 2012, I, p. 1484, che conferma App. Milano, sent. 18 giugno 2005. In senso conforme, Coll. Milano, dec. 28 marzo 2018, n. 6921; Coll. Roma., dec. 6 dicembre 2018, n. 25897; Coll. Bari, dec. 31 gennaio 2019, n. 3049; Coll. Roma, dec. 14 aprile 2014, n. 2272; Coll. Milano, dec. 22 marzo 2018, n. 6614. A commento di Cass., sent. n. 788/2012, v. le note di M. Bellante, Deposito bancario e prescrizione del diritto alla restituzione delle somme depositate, in Banca, borsa, tit. cred., 2012, II, pp. 605 e ss.; e P. Cadili, Deposito bancario, “dormienza” e prescrizione, in Banca, borsa, tit. cred., 2012, II, pp. 617 e ss. Sul tema v. anche, Cass., sent. 7 maggio 1996, n. 4235. In dottrina, sul tema della valenza probatoria, v. A. Fiorentino, Dei contratti bancari, cit., p. 431; G. Molle, voce Deposito, cit., p. 312; id., I contratti bancari, Milano, 1981, p. 129; F. Martorano, I libretti di deposito, cit., pp. 395 e s.; M. Porzio, Il conto corrente, cit., p. 904; G.F. Campobasso, voce Deposito, cit.; L. Guglielmucci, voce Deposito, cit., p. 257; T. Torresi, Sulla prescrizione del diritto alla restituzione di somme in deposito bancario a risparmio (nota a Cass., sez. I, 3 maggio 1999 n. 4389), in Il Foro italiano, 2000, I, p. 3308; F. Briolini, Osservazioni, cit., pp. 520 e ss.; G. Ferri, Deposito bancario in conto corrente e prescrizione del diritto alla restituzione (nota a Cass. 21 marzo 1963, n. 689), in Riv. dir. comm., 1963, II, pp. 382 e s.
64 Cfr. Coll. Roma., dec. 6 dicembre 2018, n. 25897; Coll. Milano, dec. 28 maggio 2019, n. 13506; v. altresì nota a Cass., sent. 3 maggio 1999, n. 4389, in Il Foro italiano, 2000, I, c. 3308 e ss.
65 In questo senso, già C. Fadda - P.E. Bensa, Note dei traduttori a B. Windscheid, Diritto delle Pandette, IV, Torino, rist. ster., 1930, p. 126, «L’obbligo di custodire è incompatibile con quello di restituire; nel senso che chi vuole che altri custodisca non può contemporaneamente volere che restituisca. Simultaneamente le due obbligazioni non possono sussistere come presenti ed attuali. Tal che se il deponente vuole che si custodisca, non può dirsi, per nessun verso, che si abbia uno stato di fatto non corrispondente al diritto suo. Il possesso continuato di una cosa a nome altrui importa continua ricognizione dell’obbligo di restituire: onde non può correre la prescrizione». Estratto riportato da Coll. Roma., dec. 6 dicembre 2018, n. 25897.
66 Cfr. art. 1, co. 345, Legge 23 dicembre 2005, n. 266.
67 Così, anche Coll. Milano, dec. 25 luglio 2011, n. 1586; id., 13 gennaio 2012, n. 107. Meno condivisibile appare la posizione secondo cui il termine prescrizionale ricorrerebbe dalla data dell’ultima annotazione apposta nel libretto, in mancanza di altri riscontri; così, Coll. Napoli, dec. 17 febbraio 2012, n. 470 (v., in senso conforme, id., 29 giugno 2011, n. 1334, e 26 novembre 2013, n. 6051), secondo il quale “in difetto di prova di operazioni ulteriori rispetto all’ultima ‘annotazione in conto’, è da quest’ultima che deve ritenersi decorrente, già per la sopravvenuta e però retroattiva legge di interpretazione autentica (art. 2, co. 61, D.L. 29/12/2010, n. 225, conv. in Legge 26 febbraio 2011, n. 10), il termine ordinario di prescrizione” del diritto nascente a favore del cliente, “termine già incontestatamente decorso alla data di presentazione del reclamo”.
68 V. Coll. di Roma, dec. n. 1145/2013.
69 Così, tra le altre, Coll. di Roma, dec. n. 2290/2012.
70 Così, Coll. Napoli, dec. 20 luglio 2015, n. 5737, che richiama Cass., sent. n. 788/2012.
71 Cfr. Coll. Napoli, dec. 17 febbraio 2012, n. 470.
72 In tal senso, v. Coll. Milano, dec. n. 266/2010; id., 13 luglio 2012, n. 2397; Coll. Roma, dec. 18 dicembre 2012, n. 4335; Coll. Napoli, dec. 1° settembre 2015, n. 6451; Coll. Milano, dec. 20 gennaio 2017, n. 514. In argomento, v. anche Cass., sent. 15 gennaio 2000, n. 422, in Giust. civ. Mass., 2000, p. 68; id., 16 dicembre 1991, n. 13547, in Giur. it., 1992, I, 1, p. 1739; id., 4 marzo 1978, n. 1082, in Banca, borsa, tit. cred., 1979, II, p. 129; id., 26 maggio 1976, n. 1908, ivi, 1976, II, p. 404; in dottrina v. C. Carnicelli, Libretti di deposito, cit., p. 2554; G. Molle, voce Deposito, cit., p. 312; M. Porzio, Il conto corrente, cit., pp. 904 e s.; G.F. Campobasso, voce Deposito, cit.; L. Guglielmucci, voce Deposito, cit., p. 257; S. De Vitis, Riflessioni, cit., p. 2021; F. Fiamma, Annotazione non firmata, cit., p. 927.
73 Cfr. Cass., sent. 2 agosto 2013, n. 18541; Cfr. Coll. Roma., dec. 6 dicembre 2018, n. 25897.
74 Cfr. Coll. Milano, dec. 22 aprile 2010, n. 266.
75 Così, Corte giust., Ionesco c. Romania, sent. 1° giugno 2010, n. 36659/04.
76 Cfr. Coll. Napoli, dec. 26 aprile 2012, n. 1325. In senso conforme, Coll. Napoli, dec. 13 giugno 2012, n. 2022; id., 24 novembre 2011, n. 2529; id., 14 marzo 2012, n. 761. Con effetti, sostanzialmente, analoghi, sebbene con riferimento alla disciplina dei c.d. “fondi dormienti” (art. 1, commi 343 e 345 della Legge 23 dicembre 2005, n. 266, e regolamento attuativo del Ministro dell'economia e delle finanze emanato con d.P.R. 22 giugno 2007, n. 116), si veda Coll. Roma, dec. 12 dicembre 2013, n. 6493.
77 Cfr. Cass., Sez. I, sent. 15 febbraio 2008, n. 3794, che cassa con rinvio, App. Bari, sent. 28 gennaio 2002.
78 Così, Cass., sent. 29 settembre 1997, n. 9528, in Giust. civ. mass., 1997, p. 1804.
79 In senso conforme, Cass., sent. 13 aprile 1977, n. 1380, in Giust. civ., 1977, I, p. 1392; Cass., sent. 14 aprile 1992, n. 4542, in Fall., 1992, p. 993; v. anche Trib. Lucca, sent. 4 dicembre 2001, in Giur. merito, 2002, 338. In dottrina, v. F. Guerrera, Realizzo del pegno di libretto di deposito costituito dal terzo e revocatoria fallimentare dei pagamenti (nota a Trib. Palermo, sent. 21 aprile 1995), in Banca, borsa, tit. cred., 1996, II, p. 574.
80 Nel caso di specie non solo non consta alcun riscontro probatorio al riguardo, ma neppure risulta l’annotazione di alcun vincolo sul libretto medesimo, cfr. Coll. Milano, dec. 16 febbraio 2012, n. 451.
81 Cfr. Cass., Sez. III, sent. 7 febbraio 2012, n. 1689, in Giust. civ., 2013, 1, I, p. 151; e Giust. civ. Mass., 2012, 2, p. 129.
82 Cfr. Cass., sent. 12 gennaio 1995, n. 336, in Giust. civ. 1995, I, p. 1220.
83 Così Cass., sent. 27 settembre 2002, n. 14014.
84 Cfr. Cass., Sez. III, sent. 3 aprile 2009, n. 8133, in CED Cassazione, 2009. Nella fattispecie, la Corte ha confermato la pronuncia negativa del giudice di merito che, una volta intervenuta l’inefficacia del sequestro, aveva accertato il difetto di titolarità del diritto di proprietà sui beni oggetto della misura cautelare in capo al custode-debitore esecutato, senza stabilire di chi fosse la proprietà dei beni sequestrati (rigettando così App. Bari, sent. 24 ottobre 2005); v. altresì Cass., Sez. III, sent. 27 gennaio 2009, n. 1949; Cass., Sez. III, sent. 23 aprile 2003, n. 6449.
85 Cfr. Coll. coord., dec. n. 8227/2015.
86 Cfr. Coll. Napoli, dec. 27 settembre 2018, n. 20031; si v. altresì Coll. Milano, dec. n. 8939/2016; Coll. Napoli, dec. n. 3643/2018.
87 Così, Trib. Ariano Irpino, sent. 8 gennaio 2009, in Rass. Foro arianese, 2009, 2, p. 90.
88 Così, Cass., Sez. I, sent. 4 aprile 2013, n. 8233, in Giust. civ. Mass., 2013; in argomento, v. anche Cass., Sez. I, sent. 13 gennaio 2011, n. 710; Cass., Sez. I, sent. 13 luglio 2007, n. 15668.
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