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Il contributo del rapporto fra Pubblica Amministrazione e Terzo Settore per la realizzazione dei programmi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)

Scritto da Sofia Bandini • mar 2022

Sintesi

Nel corso degli ultimi anni, si è progressivamente ampliato il campo d’intervento degli Enti non profit nell’ambito dei rapporti contrattuali con la PA, in particolar modo dopo che detti rapporti sono stati disciplinati dal legislatore con l’emanazione del Codice del Terzo Settore, D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117. In ragione della natura economico-imprenditoriale delle attività svolte dalle organizzazioni non profit e dei loro rapporti con la PA, si ritiene che il loro contributo partecipativo e operativo possa significativamente connotare anche la realizzazione dei progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). L’articolo, dopo aver analizzato l’evoluzione storico-normativa degli Enti non profit, approfondisce il nuovo ruolo che Enti non profit, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 131/2020 e, in applicazione della Legge n. 108/2021 sulla governance del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, possono svolgere, anche nella forma di amministrazione condivisa, in ordine alla messa a terra dei programmi del PNRR.

Abstract

Over the last few years, the field of intervention of non-profit organizations has progressively expanded in the context of contractual relationships with the public administration, especially after these relationships have been governed by the legislator with the issue of the Third Sector Code, Legislative Decree 3 July 2017 no. 117. Due to the economic-entrepreneurial nature of the activities carried out by non-profit organizations and their relationships with the public administration, it is believed that their participatory and operational contribution can also significantly connote the implementation of the National Recovery and Resilience Plan (PNRR) projects. The article, after the analysis of the historical-regulatory evolution of non-profit organizations, examines the new role that non-profit organizations, following the sentence of the Constitutional Court no. 131/2020 and, according to the law no. 108/2021 on the governance of the National Recovery and Resilience Plan, can carry out, also in the form of shared administration, in order to turn the PNRR programs into reality. .

Contenuto


1. Introduzione

Il tema dei nuovi rapporti di collaborazione fra la PA e Terzo Settore per la messa a terra dei progetti del PNNR, non è solo di interesse scientifico, ma anche di forte impatto applicativo. In questa prospettiva, che mira ad individuare e analizzare l'insieme delle norme applicabili ratione temporis ai contratti pubblici, appare ineludibile affrontare, in via preliminare, la questione della nuova e diversa collocazione degli enti del Terzo Settore che entrano a pieno titolo nel mercato delle commesse pubbliche, non più limitato a progetti innovativi e sperimentali in ambito sociale, prefigurati nell'art. 1 della Legge n. 328/2000 e, quindi, nell'art. 7 del DPCM 30/3/2021, ma orientato a nuove forme di collaborazione e/o cooperazione con la PA durature e capaci di apportare qualità all'intervento.

Dunque, gli enti del Terzo Settore, oggi, si possono rapportare con la PA secondo modelli di welfare di comunità innovativi e determinanti per lo sviluppo delle comunità e territori in quanto detengono quelle informazioni, quelle capacità organizzative, e quelle capacità di analisi del contesto sociale che sono oltremodo necessarie nell'attuale gestione dei nuovi bisogni.

Stiamo assistendo ad un cambio di paradigma che è mosso dalla tensione a forme di amministrazione condivisa, in funzione del nuovo ruolo della PA, che ha il dovere di favorire la libera iniziativa civica così come sancito dall'art. 118 della Costituzione.

Riteniamo utile, pertanto, iniziare ad approfondire il tema che proponiamo con una breve riflessione sulla genesi del Terzo Settore, per meglio inquadrare il valore aggiunto che gli enti del Terzo Settore possono apportare, oggi, nel contesto dei rapporti contrattuali con la PA, fulcrati sul piano del rilancio dell'economia secondo le regole del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).



2. Genesi del Terzo Settore

Per definire il Terzo Settore proponiamo il pensiero dell'economista S. Zamagni: «Come si sa, la definizione corrente di Terzo settore lo vede come la sfera cui afferiscono tutti quei soggetti che non hanno titolo per rientrare né nel mercato (primo settore) né nello Stato (secondo settore).

Si noti subito l'asimmetria: mentre la distinzione tra Terzo Settore e lo Stato si appoggia su un fondamento oggettivo, quale è quello basato sulla dicotomia pubblico-privato, la distinzione tra Terzo Settore e mercato – entrambi enti di diritto privato postula per aver senso, che il mercato venga considerato come lo spazio occupato esclusivamente da agenti che sono motivati all'azione dal fine lucrativo. Solo così, infatti, si possono tenere tra loro separati soggetti – pensiamo ad una cooperativa sociale e ad una impresa commerciale che appartengono al medesimo universo giuridico (quello di enti privati) ma che perseguono obiettivi diversi.

È per questa ragione che, negli ambienti anglosassoni, le organizzazioni di cui qui si tratta vengono preferibilmente indicate con l'espressione di “enti non profit” per sottolineare appunto il fatto che la loro specificità sta nel rispetto del vincolo di non distribuzione degli utili.

Ora, se le organizzazioni della società civile appartengono alla sfera del privato, ma non a quella del mercato, ne deriva che la loro distintività non può essere posta su un particolare modo di fare economia, ma va ricercata sul piano del sociale»1.

Dunque, per l'importanza che il Terzo Settore riveste nello sviluppo dei rapporti con la PA e al fine di affrontare compiutamente il tema della specifica attenzione al loro ruolo, svolto nell'ambito della ripresa economica post-pandemia da Covid 19, non si può non partire che dalle motivazioni intrinseche, ancor prima che giuridiche, poste in generale alla base della nascita degli enti non profit, così indicati per sottolineare il portato della loro specificità che, se da un lato, sta nel rispetto del vincolo di non distribuzione degli utili generati dalla loro attività economica, dall'altro, connota queste organizzazioni sotto il seguente profilo: pur potendo essere imprese, sono animate e tenute insieme anche da ideali e da motivazioni non monetarie che interagiscono con profitti, incentivi e mercati.

Ebbene la prima motivazione sottesa alla nascita degli enti suddetti è conseguenza del fallimento della politica del Welfare State. Nel Novecento tutto doveva essere ricondotto o al mercato o allo Stato o tutt'al più ad un mix di queste due istituzioni.

Come conseguenza si evidenzia che gli enti non profit potevano produrre quei beni e servizi pubblici che né lo Stato, né il mercato avevano interesse oppure la capacità di produrre, cui ha fatto seguito lo sviluppo la diffusione delle istituzioni non profit che si sono specializzate nella produzione di beni pubblici politicamente minori o di nicchia.

Di converso è, oggi, diffuso il convincimento, suffragato dalla storica sentenza della Corte costituzionale n. 131/2020, secondo il quale il paradigma bipolare “stato-mercato” abbia ormai terminato il suo corso storico e che ci si stia avviando verso un modello di ordine sociale tripolare: pubblico, privato, civile.

Lo Stato da solo non basta più. E, come osserva S. Zamagni, «il cambiamento oggi necessario è quello di andare oltre allo schema che per esercitare la solidarietà basti lo Stato. È uno schema ormai datato e incapace di fare presa sulla realtà. Si pensi anche al nuovo welfare di cui tanto si va parlando di questi tempi: esso non verrà né dal privato for profit, né dagli apparati politico - amministrativi della sfera pubblica, ma dalla fioritura dell'area del civile, la quale però dovrà conquistarsi quello spazio che ancora non occupa»2.

Gli enti non profit vanno visti come una specifica forma di governance basata sul mutuo aiuto e sulla democrazia, quindi, rientranti in una nuova visione di sussidiarietà che non è più solo quella di tipo orizzontale, basata sul rapporto diretto fra ente pubblico ed enti non profit, ma quella basata sulla sussidiarietà circolare incentrata sul modello tripolare di ordine sociale che accanto al privato e al pubblico pone, con pari dignità, il civile3.

Dunque, la vera sussidiarietà è quella che non esclude la business community nel momento in cui si tratta, anzi è la condivisione degli obiettivi il cuore del modello tripolare di ordine sociale. Sicché i tre soggetti: Stato, mondo delle imprese (cooperative e non) e mondo degli enti non profit devono tra di loro in maniera sistematica ecco il significato della parola sussidiarietà circolare interagire per:

  • definire la priorità degli interventi;

  • trovare i modelli di finanziamento per reperire le risorse necessarie;

  • decidere il modello di gestione più efficace4.

La seconda motivazione intrinseca che connota la nascita e lo sviluppo delle istituzioni non profit attiene al fatto che la categoria dei beni che essi producono comprende beni comuni ossia commons, (come difesa del territorio, ambiente, conoscenza), e beni relazionali (servizi alla persona quelli della care economy nel settore della sanità, istruzione e servizi sociali).

Il rilevante vantaggio dell'elevato contenuto relazionale nella produzione dei servizi alla persona posseduto dagli enti non profit fa sì che la relazione tra chi eroga il servizio e chi lo riceve (in veste di cliente, utente e beneficiario) costituisca una dimensione cruciale nella produzione del servizio stesso. L'elevata intensità relazionale, infatti, rende questi servizi intrinsecamente non standardizzati e non standardizzabili: per esempio, la relazione tra chi fornisce servizi di cura per gli anziani e gli anziani non autosufficienti rappresenta l'elemento fondamentale di questa tipologia di servizio e le sue caratteristiche, anche in presenza di standard qualitativi e protocolli operativi, non sono del tutto definibili ex ante. Dunque, le relazioni interne degli enti non profit tra organizzazione, manager e lavoratori, la governance organizzativa, le motivazioni intrinseche e sociali di questi attori assumono particolare rilevanza nel determinare l'efficienza organizzativa e la qualità dei servizi offerti. Come osserva l'economista L. Bruni, «le motivazioni sottostanti le azioni hanno un valore molto importante nella vita, anche in quella civile, economica e nelle organizzazioni»5.

Se a ciò nelle organizzazioni non profit si aggiunge la specificità dell’imposizione del vincolo di non distribuzione degli utili, dell'indisponibilità del patrimonio e la presenza di un obbiettivo sociale, si riduce il rischio di comportamenti opportunistici di chi eroga il servizio. Tali vincoli favoriscono pertanto il sorgere di una relazione di fiducia tra il produttore e l'utente.


3. La sentenza della Corte costituzionale n. 131/2020

La Corte costituzionale con l'importante sentenza n. 131 del 20/5/2020 riporta questi concetti nell'alveo della Costituzione e mette a punto una riflessione generale e sistematica su come vanno istituzionalmente intesi i rapporti tra pubblica amministrazione ed enti del Terzo Settore.

Soffermandosi, infatti, sugli aspetti che connotano l'art. 55 del Codice del Terzo Settore, la Corte argomenta che «l'art. 118 della Costituzione introducendo il principio di sussidiarietà orizzontale, rileva che il medesimo deriva dal riconoscimento della profonda socialità che connota la persona umana e della sua possibilità di realizzare un'azione positiva e responsabile. Valorizzando, in Costituzione, l'originaria socialità dell'uomo si è, quindi, voluto superare l'idea per cui solo l'azione del sistema pubblico è intrinsecamente idonea allo svolgimento di una attività di interesse generale e si è riconosciuto che tali attività ben possono, invece, essere perseguite anche da un'autonoma iniziativa dei cittadini che, in linea di continuità con quelle espressioni della società solidale, risulta ancora oggi fortemente radicata nel tessuto comunitario del nostro Paese.

Si è identificato così un ambito di organizzazione delle libertà sociali non riconducibile né allo Stato, né al mercato, ma a quelle forme di solidarietà che in quanto espressive di una relazione di reciprocità, devono essere ricomprese tra i valori fondanti dell'ordinamento giuridico, riconosciuti insieme ai diritti inviolabili dell'uomo come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente».

Dunque, se nella suddetta disposizione costituzionale (art. 118) si valorizza l’originaria socialità dell'uomo, è solo con l'art. 55 del Codice del Terzo Settore (in avanti anche solo “CTS”) che si realizza una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale cioè si «realizza per la prima volta in termini generali una vera e propria procedimentalizzazione dell'azione sussidiaria strutturando e ampliando una prospettiva che era già stata prefigurata, ma limitatamente ad interventi innovativi e sperimentali in ambito sociale (nell'art. 1, della Legge. 8/11/2000 n. 328 e, quindi, nell'art. 7 del DPCM 30/3/2001).

In forza dell'art. 55 si instaura fra i soggetti pubblici e gli enti del Terzo Settore (in avanti “ETS”) un canale di amministrazione condivisa alternativo a quello del profitto e del mercato. L'art. 55, infatti, pone in capo ai soggetti pubblici il compito di assicurare il coinvolgimento attivo degli ETS nella programmazione, nella progettazione e nell'organizzazione degli interventi e dei servizi nei settori di attività di interesse generale definiti dall'art. 5 del CTS».

Dunque, prosegue la Corte costituzionale, «la co-programmazione, la co-progettazione ed il partenariato che può condurre anche a forme di accreditamento si configurano come fasi di un procedimento complesso, espressione di un diverso rapporto tra il pubblico ed il privato sociale non fondato semplicemente su un rapporto sinallagmatico.

Il modello configurato dall'art. 55 CTS, infatti, non si basa sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata, ma sulla convergenza di obbiettivi, sull'aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico». Viene, dunque, in rilievo una nuova modalità di collaborazione con la PA, che definirei partenariato di cooperazione, fondato sulla convergenza di obiettivi e sull'operare insieme per raggiungere un fine comune: in questo sta la forza del nuovo rapporto che non è solo collaborazione ma è soprattutto cooperazione.

A tale principio si richiama anche l'economista L. Becchetti allorché sottolinea «A maggior ragione nello scenario post-pandemia l'impresa non deve fare solo profitti, ma guardare al proprio impatto sociale ed ambientale. A questo proposito, è indicativo quello che sta avvenendo in ambito finanziario: nei prossimi tre anni il 77% dei gestori di fondi di investimento, investirà tenendo conto del rischio di sostenibilità sociale e ambientale e dovrà dare conto con indicatori ambientali e sociali come l'indicatore Vis del progresso del proprio portafoglio titoli».

Con ciò si dimostra, a mio avviso, quanto sostenuto anche da S. Zamagni secondo cui «per vivere bene, c'è bisogno di creare valore diverso da quello materiale che resta comunque necessario. È in ciò il cuore della risposta dei bisogni creati dalla pandemia». Giova, infine, prendere in considerazione un passaggio di non poco momento, rilevabile sempre dalla sentenza della Corte costituzionale n. 131, e cioè: da un lato, si afferma che «è riconosciuto agli ETS una specifica attitudine a partecipare insieme a soggetti pubblici alla realizzazione dell'interesse generale, producendo, questo, effetti positivi sia in termini di risparmio delle risorse che di aumento della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate a favore della società del bisogno».

Dall'altro lato, si evidenzia che lo specifico modello di condivisione della funzione pubblica, prefigurato dal richiamato art. 55 del CTS, è il portato di un principio definito dall'art. 4, del CTS secondo cui il modello di amministrazione condivisa è riservato in via esclusiva agli enti che rientrano nel perimetro definito dall'art. 4.

Costituiscono pertanto enti del Terzo Settore quelli che rientrano in specifiche forme tipizzate (ODV, APS, gli enti filantropici e le società di mutuo soccorso, le reti associative, le imprese sociali e le cooperative sociali) e gli altri enti atipici (le associazioni riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di diritto privato diversi dalle società).

La Corte costituzionale identifica nella formula dell'art. 55 del CTS il significato di norma di chiusura, perché ne perimetra tassativamente l'ambito soggettivo di applicazione statuendo che «agli enti che fuoriescono da tale perimetro legale non possono essere riferibili le medesime forme di coinvolgimento previste dall'art. 55 CTS: esiste una stretta connessione tra i requisiti di qualificazione degli ETS e i contenuti della disciplina del loro coinvolgimento nella funzione pubblica».

Ebbene, gli ETS sono definiti dal CTS «come un insieme limitato di soggetti giuridici dotati di caratteri specifici (art. 4), rivolti a perseguire il bene comune (art. 1), a svolgere attività di interesse generale (art. 5) senza perseguire finalità lucrative soggettive (art. 8), sottoposti a un sistema pubblicistico di registrazione (art. 11) e a rigorosi controlli (art. 90 e 97)».

Da ultimo, ma non meno importante, giova rilevare che gli ETS, in quanto rappresentativi della società solidale, costituiscono sul territorio una rete capillare di vicinanza e solidarietà, sensibile in tempo reale alle esigenze che provengono dal tessuto sociale, quindi, sono in grado di mettere a disposizione dell'ente pubblico un'importante capacità organizzativa di intervento come si è ampiamente dimostrato durante la pandemia da Covid 19. Ebbene la ricchissima presenza e distribuzione sui territori di enti del Terzo Settore può significativamente essere messa al servizio dei programmi strategici del PNRR.

Parallelamente il Ministro Orlando nel suo intervento alla “Settimana sociale dei cattolici italiani”, svoltasi a Taranto dal 21 al 24 ottobre 2021, sostiene che «i risultati dei programmi del PNRR, che punta molto su welfare, sanità, territorio, relazioni, saranno tanto più duraturi quanto più partecipati». Ebbene la cittadinanza attiva in forme individuali e organizzate è uno strumento potentissimo con le sue risorse, asset, servizi e competenze e, come tale, è chiamata a sviluppare relazioni di cura ed alimentare la generatività coinvolgendo le fasce di popolazione e le generazioni che ne hanno più bisogno, a partire dai giovani e anziani, che devono essere protagonisti e, al tempo stesso, beneficiari degli interventi.

In questa prospettiva la riforma del Terzo Settore avviata con la Legge delega (n. 106 del 2016) e declinata con la nuova disciplina dell'impresa sociale (D.Lgs. n. 112/2017), del c.d. cinque per mille (D.Lgs. n. 111/2017) e con il Codice del Terzo Settore il (D.Lgs. n. 117/2017) è fulcrata sul principio di condivisione degli obiettivi degli Enti del Terzo Settore con la Pubblica amministrazione e ciò in quanto applicazione generale e struttura non solo del principio di sussidiarietà orizzontale, introdotto dall'art. 118, comma 4, della Costituzione ma aggiungo, per quanto fin qui detto, in applicazione della sussidiarietà circolare, quale modello adulto di sussidiarietà, frutto della determinante azione delle istituzioni non profit.

Infine, ma non meno importante, si osserva che quanto affermato dalla Corte ha avuto un rilievo fondamentale per il legislatore nazionale nella possibilità di calibrare adeguatamente il principio della competenza in presenza di rilevanti interessi pubblici a valenza sociale.

Il riflesso di questo aspetto lo troviamo nel Decreto-Legge Semplificazione n. 76/2020 con il quale, in sede di conversione in Legge n. 120/2020, sono state inserite tre modifiche al Codice dei contratti pubblici che riguardano rispettivamente:

1) l'art. 30 - Principi per l'aggiudicazione e l'esecuzione di appalti e concessioni;

2) l'art. 59 - Scelta delle procedure e oggetto del contratto;

3) l'art. 140 - Norme applicabili ai servizi sociali ed altri servizi specifici dei settori speciali.

Tali modifiche, dal punto di vista del metodo, sono dirette a realizzare un coordinamento legislativo fra il Codice dei contratti pubblici (in avanti anche solo “CCP”) e il CTS; dal punto di vista del contenuto riconoscono pari dignità e legittimità agli appalti e agli strumenti collaborativi come la co-programmazione e la co-progettazione e altre forme previste dal CTS.

Del resto, anche sotto il profilo della compatibilità del diritto europeo con il diritto nazionale con cui si deve sempre confrontare il legislatore nazionale ogni qualvolta la materia trattata è oggetto anche di intervento eurounitario, sia le direttive 2014/24/UE e 2014/23/UE che le sentenze della Corte di Giustizia Europea, tendono a smorzare la dicotomia conflittuale fra i valori della concorrenza e quelli della solidarietà, consentendo agli Stati membri la possibilità di apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà, sempre che le organizzazioni non lucrative contribuiscano, in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente al perseguimento delle finalità sociali. È quindi, affermazione largamente condivisa quella secondo cui la legislazione europea ha assunto sempre più, in questi ultimi anni, un ruolo cruciale per lo sviluppo e la diffusione delle organizzazioni della società civile (OSC) sancendo opportunità di crescita in passato non previste, e non prevedibili.

Parallelamente, la Corte costituzionale osserva che nelle stesse direttive europee del 2014, che hanno portato all'emanazione del Nuovo Codice dei contratti pubblici, «si ritrova il fondamento che porta al superamento della supremazia in assoluto del principio di concorrenza su quello di solidarietà esistendo una competenza degli Stati membri ad adottare un modello organizzativo diverso in riferimento ad azioni a spiccata valenza sociale».

Il passaggio argomentativo della Corte, sopra descritto, è un intervento di portata storica che traccia un «possibile controlimite alla penetrazione del diritto europeo nell'ordinamento italiano, data la rilevanza che assumono gli enti del Terzo Settore nel concorrere a definire il patrimonio costituzionale nazionale e, pertanto, “il diritto di derivazione eurounitaria deve confrontarsi armonicamente con tale dato giuridico costituzionale»6.


4. Brevi considerazioni sul Next Generation EU (NGEU) di derivazione euro-unitaria e sul conseguente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)

Dedico alcuni cenni all'architettura del Next Generation EU e del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che è per l’Italia un’opportunità imperdibile di sviluppo, investimenti e riforme di portata strategia. Infatti, al centro del PNRR sono posti i programmi di sviluppo dei c.d. beni comuni (salute, ambiente, coesione e sviluppo sostenibile, territorio), e dei beni relazionali (relativi ai servizi alla persona come avviene nei settori della sanità, dell'istruzione e servizi sociali) in linea con l’obiettivo di realizzare il Principio dell’inclusione sociale nel contesto dei principi del Pilastro europeo dei diritti sociali perseguiti dal diritto comunitario.

Com’è intuitivo, la tematica in questione incrocia trasversalmente quella degli affidamenti degli appalti pubblici contenuta nel Codice dei contratti pubblici. Ci riferiamo, in particolare, agli appalti pubblici socialmente responsabili la cui definizione è contenuta nella Guida relativa agli appalti pubblici con criteri socialmente responsabili predisposta dalla Commissione europea nel 2011. Per essi si intende «una scelta da parte di pubbliche amministrazioni o stazioni appaltanti, relativa a superare l'approccio basato esclusivamente sui requisiti economici, considerando nel contempo, anche un impatto sociale dei servizi prodotti o richiesti».

Il PNRR presentato dall'Italia alla Commissione europea il 30/04/2021 nel contesto del progetto Next Generation EU (NGEU), contestualizza, nell'ambito di una crescita sostenibile, inclusiva ed intelligente, una riforma che mira alla modernizzazione del sistema nazionale degli appalti per il sostegno delle pratiche di sviluppo attraverso la digitalizzazione ed il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni aggiudicatrici.

Ebbene, se per un verso, il PNRR, come si è detto, è fulcrato sui progetti di sviluppo di beni comuni e relazionali, per altro verso, all'interno della progettualità da sviluppare in suddetti ambiti, contiene come Priorità trasversali previsioni dirette a condizionare l'esecuzione dei progetti all'assunzione dei giovani di età inferiore a trentasei anni, donne e disabili in piena coerenza e continuità con la politica dell'Unione Europea concentrata sugli aspetti sociali negli appalti pubblici.

Dunque, fra gli strumenti predisposti a livello europeo per perseguire le finalità relative alle pari opportunità generazionali e di genere, il PNRR indica gli appalti pubblici come strumento strategico per mettere a terra i progetti finanziati con i fondi del PNRR stesso e del PNC, onde garantire, l’inserimento occupazionale giovanile, la parità di genere e la tutela dei disabili.

Il Next Generation EU (NGEU), in quanto matrice dei Piani Nazionali di Riprese e Resilienza, è un programma europeo di riforme ed investimenti di portata ed ambizioni inedite previsto per accelerare la transizione ecologica e digitale, migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori, conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e funzionale. Si articola in 6 Pilastri (aree di intervento) sui quali i PNRR nazionali si dovranno focalizzare:

  1. transizione verde;

  2. trasformazione digitale;

  3. crescita intelligente, sostenibile e inclusiva;

  4. coesione territoriale e sociale;

  5. salute e resilienza economica, sociale e istituzionale;

  6. politiche per le nuove generazioni, l'infanzia e i giovani


Il Next Generation EU richiede, quindi, agli Stati membri di presentare un pacchetto di riforme ed investimenti denominato: Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

I Piani Nazionali devono contribuire all'attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali in relazione alle sue dimensioni di pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque, accesso all'assistenza sanitaria, protezione e inclusione sociale.

Nondimeno, anche il PNRR italiano poggia sul Pilastro Europeo dei diritti sociali che deve attuare.

Nella cornice giuridica così delineata se è vero, come io ritengo, secondo quanto afferma il giurista. P. Grossi nel suo libro “Il diritto in una società che cambia” che «l'incidenza dei valori e del loro evolversi ha un diretto e conseguente riflesso sul terreno dell'elaborazione dei principi giuridici che, quindi, racchiudono il sostrato valoriale durevole, ma non immobile, in quanto percorso da una continua dinamica che permette la difficile armonizzazione tra valori e la storia di una civiltà giuridica in marcia», è del pari vero che il rispetto dei diritti sociali, che comporta la doverosa attuazione della protezione e dell'inclusione sociale, non riveste solo carattere meramente formale, ma sostanziale in quanto elevato a principio nel contesto del Pilastro Europeo dei diritti sociali.

Coerentemente, il PNRR si sviluppa intorno a tre assi strategici condivisi a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica ed inclusione sociale.

All'interno del terzo asse strategico inclusione sociale le tre priorità principali sono: parità di genere, protezione e valorizzazione dei giovani, tutela dei disabili ed il superamento del divario territoriale.

Tali priorità non sono univocamente affidate a singoli interventi, ma perseguite quali obiettivi trasversali in tutte le componenti del PNRR. Nel contesto dei tre assi principali il PNRR si articola in 16 Componenti raggruppate in 6 Missioni. Le Componenti sono identificate nelle Linee Guida prodotte dalla Commissione europea, come gli ambiti in cui aggregare progetti di investimento e riforme dei Piani stessi.

Le 6 Missioni sono articolate in linea con le aree di intervento (Pilastri) enunciate dal Regolamento UE 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12/02/2021 che istituisce il “Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) c.d. Recovery Fund”, quale principale strumento di realizzazione del Next Generation EU, la cui durata è di sei anni dal 2021 al 2026, unitamente al secondo strumento di realizzazione del Next Generation EU, definito “Pacchetto di assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d'Europa (REACT EU)”, che è stato concepito in un’ottica di sostegno agli Stati membri di più breve periodo dal 2021 al 20227.

Le 6 Missioni del PNRR italiano che, come si è detto, sono focalizzate sui 6 Pilastri (o aree di intervento) del Next Generation EU riguardano:

  1. Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo:

  2. Rivoluzione e transizione ecologica;

  3. Infrastrutture per mobilità sostenibile;

  4. Istruzione e ricerca;

  5. Coesione e inclusione;

  6. Salute.


Inoltre, il PNRR prevede anche Priorità trasversali. Infatti, la ripresa del nostro Paese per essere efficace, strutturale e in linea con i principi del Pilastro europeo dei diritti sociali, deve dare pari opportunità a tutti i cittadini soprattutto quelli che non esprimono oggi pienamente il loro potenziale come le persone con disabilità, i giovani, le donne, il Sud. Per questo motivo le 6 Missioni del PNRR condividono le Priorità trasversali relative alle pari opportunità generazionali, di genere e territoriali e questa attenzione trasversale, articolata in tutte le 6 Missioni del PNRR, corrisponde anche alle Raccomandazioni specifiche della Commissione europea sull'Italia del 2019/2020.

Il Piano prevede infine un insieme integrato di investimenti e riforme orientato a migliorare l'equità, l'efficienza e la competitività del nostro Paese, a favorire l'attrazione degli investimenti e in generale ad accrescere la fiducia dei cittadini e delle imprese.

A questo fine il PNRR comprende tre diverse tipologie di riforme che puntano a ridurre gli oneri burocratici, a rimuovere, in particolare, i vincoli che hanno fino ad oggi rallentato la realizzazione degli investimenti o ne hanno ridotto la produttività.

Esse sono:

Riforme orizzontali o di contesto di interesse trasversale a tutte le 6 Missioni del Piano, consistenti in innovazioni strutturali dell'ordinamento, idonee a migliorare l'equità, l'efficienza e la competitività e con esse il clima economico del Paese. Il Piano ne individua due: la riforma del sistema giudiziario, la riforma della Pubblica Amministrazione.

Riforme abilitanti ovvero gli interventi funzionali a garantire l'attuazione del Piano e in genere a rimuovere gli ostacoli amministrativi.

Tra questi ultimi interventi, si annoverano le misure di semplificazione e razionalizzazione della legislazione e quelle per la promozione della concorrenza.

Riforme settoriali contenute all'interno delle singole Missioni. Sono misure consistenti in innovazioni normative relative a specifici ambiti di interventi o attività economiche destinate a introdurre regimi regolatori e procedurali più efficienti nei rispettivi ambiti settoriali: ad esempio, la Legge quadro sulla disabilità, i servizi sanitari di prossimità, il piano strategico per la lotta al lavoro sommerso.

Infine, sono previste le riforme di accompagnamento, seppure non comprese del perimetro del Piano, che sono volte alla realizzazione del PNRR, tra le quali rientrano la riforma del sistema fiscale e il potenziamento degli ammortizzatori sociali.

Le missioni e le riforme sono valutate sulla base dell'impatto che avranno nel recupero del potenziale dei giovani, delle donne e dei territori e nelle opportunità fornite a tutti, senza alcuna discriminazione.


4.1. Strumenti per perseguire le finalità relative alla messa a terra dei progetti del PNRR

Nel PNRR si argomenta che il programma Next Generation EU per L'Italia non rappresenta solo l'occasione per realizzare una piena transizione ecologica e digitale, ma anche per recuperare i ritardi storici che penalizzano il Paese e che riguardano le persone con disabilità, i giovani, le donne e il Sud.

Se, per un verso, queste specifiche categorie sono fulcrate nella Missione 5 Coesione ed Inclusione, per altro verso, anche le restanti cinque Missioni del PNRR condividono le Priorità trasversali relative alle pari opportunità generazionali, di genere e territoriali, conclusione che si impone, peraltro come si è già detto, in applicazione del Principio del rispetto dei diritti sociali.

Per cogliere le implicazioni pratiche di tale assetto, ci soffermiamo in primis su un aspetto del PNRR di grande momento: fulcrato sull’azione principale messa in campo per perseguire le finalità relative alle pari opportunità generazionali e di genere in ordine alle quali saranno inserite per le imprese che, a diverso titolo, parteciperanno ai progetti finanziati dal PNRR e dai Fondi REACT-EU e FCN, previsioni dirette a condizionare l'esecuzione dei progetti all'assunzione di giovani e donne anche per il tramite di contratti di formazione-specializzazione che possono essere attivati prima dell'avvio dei medesimi progetti.

In particolare, con specifici interventi normativi, sarà previsto l'inserimento nei bandi di gara, tenuto anche conto della tipologia di intervento, di specifiche clausole con cui saranno indicati, come “requisiti necessari e in aggiunta premiali dell’offerta”, criteri orientati verso tali obiettivi.

I criteri saranno definiti tenendo conto tra l'altro dell'oggetto del contratto, della tipologia e della natura del singolo progetto in relazione ai profili occupazionali richiesti, dei principi di proporzionalità, ragionevolezza, non discriminazione, trasparenza, degli indicatori degli obbiettivi attesi in termini di occupazione femminile e giovanile al 2026 anche tenendo conto dei corrispondenti valori medi nonché dei corrispondenti indicatori medi settoriali europei in cui vengono svolti i progetti.


5. Esame del Titolo IV rubricato "Contratti Pubblici" della Legge n. 108/2021

Alla luce delle suddette considerazioni, il legislatore nazionale ha previsto uno specifico intervento normativo con il D.L. 31/05/2021, n. 77, convertito in Legge 29/07/2021, n. 108, denominato “Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure” con cui è stato definito il quadro normativo nazionale finalizzato a semplificare ed agevolare la realizzazione dei traguardi e degli obbiettivi stabiliti dal PNRR. e dal PNC.

La Legge n. 108/2021 va inserita nel contesto della legislazione di emergenza che a seguito della crisi epidemiologica da Covid 19, ha imposto al legislatore l'adozione di interventi normativi in via di urgenza volti ad aumentare l'efficienza e la flessibilità delle procedure ad evidenza pubblica. Il risultato di queste novità normative è la creazione di un nuovo regime che integra, ma non abroga il CCP, che trova applicazione in ordine a tutte le procedure di affidamento di commesse pubbliche, sia quelle a quelle d’importo sopra soglia che a quelle sotto la suddetta soglia le cui determine a contrarre siano adottate entro la data del 30 giugno 2023.

Passiamo ora all'analisi della Legge n. 108/2021 che è composta da 67 articoli, ma mi soffermo, per quanto è qui di interesse, solo su quanto è disposto nel Titolo IV, intitolato ai Contratti pubblici, iniziando con l’esame dell’art 47, rubricato “Pari opportunità ed inclusione lavorativa nei contratti pubblici, nel PNRR e nel PNC”8.

Già dal titolo dell’art. 47 si evince che il disposto normativo attiene alle modalità con cui il legislatore nazionale intende non solo recepire, ma soprattutto declinare il principio dell'inclusione sociale in linea con gli obiettivi del Pilastro europeo dei diritti sociali.

Infatti, l'art. 47, comma 1, statuisce che «per perseguire le finalità relative alle pari opportunità generazionali e di genere e per promuovere l'inclusione lavorativa delle persone disabili in relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici, finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR nonché dal PNC si applicano le disposizioni seguenti…».

Com'è già stato detto, il tema in questione di come realizzare l'inclusione sociale, se da un lato incrocia trasversalmente quello degli appalti pubblici sociali fulcrati sull'inserimento di clausole sociali ed ambientali nel contesto delle gare pubbliche, dall’altro rappresenta, a mio avviso, uno dei profili più importanti, se non il principale, in cui si articola la Legge 108/2021.

Giova, innanzitutto, porre in luce due conseguenze di grande momento di questa visione prospettica della norma: la prima è che si tratta di regole che attengono solo agli appalti pubblici rientranti nei programmi previsti e finanziati in tutto o in parte con le risorse dei due Piani PNRR e PNC. Tale lettura fondata inequivocabilmente sul dato letterale dell'articolo 47, comma 1, appare funzionale anche all'obiettivo del legislatore, emergente da una lettura sistematica della Legge n. 108/2021, di recepire quanto statuito dal PNRR in ordine alle azioni da mettere in campo con le risorse finanziarie dei suddetti due Piani.

La seconda conseguenza è che le nuove norme sulle clausole sociali si affiancano, cioè si aggiungono alle disposizioni sull'inserimento di clausole sociali nelle gare pubbliche quali quelle c.d. di riassorbimento della manodopera poste a tutela dell'occupazione del personale dipendente del precedente operatore economico che passa al nuovo operatore economico vincitore della gara, già previste nel Codice dei contratti pubblici agli articoli 100 e 50 e tuttora vigenti.

Dunque, le clausole sociali poste al centro della Legge n. 108/2021 con cui si realizza la Governance del PNRR, sono un potente strumento tanto per compiere progressi in tema di sviluppo sostenibile quanto per conseguire gli obiettivi sociali che l'Unione europea persegue nell'ambito degli appalti pubblici socialmente responsabili. Con essi si intende, infatti, prendere in considerazione «l'impatto sulla società, dei beni, dei servizi, e dei lavori acquistati dal settore pubblico. Viene riconosciuto il fatto che gli acquirenti pubblici non sono soltanto interessati all'acquisto al prezzo più basso o al miglior rapporto qualità/prezzo, ma anche a garantire che tramite gli appalti si conseguano vantaggi sociali e si evitano o si attenuino impatti sociali avversi durante l'esecuzione del contratto di appalto. Agendo in veste di acquirenti pubblici si possono prendere in considerazione gli obbiettivi sociali durante l'intera procedura di appalto, a condizione che essi non siano discriminatori e siano collegati all'oggetto dell'appalto»9.

Ritornando all'analisi dell'art. 47 della Legge n. 108/2021, con tale disposizione si prevedono nuove clausole sociali da inserire nei contratti pubblici che, nel rispetto del quadro normativo europeo, riescono a svolgere efficacemente la funzione di essere applicative delle regole del PNRR.

Sulla base di questo criterio di lettura è, opportuno, a mio avviso, evidenziare un passaggio dell'art. 47, comma 1, che è importante non solo sotto il profilo formale. Mi riferisco al carattere “corsivo” con cui è scritta la frase «per promuovere l'inclusione lavorativa delle persone disabili».

Come è intuitivo la questione non riveste solo carattere meramente formale, al contrario, considerandone l'aspetto sostanziale, sono dell'avviso che la composizione “in corsivo” del disposto normativo in questione sia espressione della “voluntas legis” di evidenziare, nel contesto del rispetto del principio dell'inclusione sociale, l'importanza da attribuire, in particolare, all'inserimento lavorativo delle persone disabili. Se così è, come io ritengo, appare evidente da quanto sopra esposto che può discendere la seguente implicazione: ossia l'importanza del ruolo che possono svolgere le cooperative sociali e, più in generale, le imprese sociali nel contesto degli appalti finanziati in tutto o in parte con i fondi del PNRR e del PNC, perché esse hanno come missione statutaria la tutela di persone svantaggiate – fra cui i disabili – che sono quindi, inseriti stabilmente nella loro organizzazione imprenditoriale. Preme, dunque evidenziare che l'imprenditoria sociale può assumere un ruolo sempre più rilevante come operatore economico presente sul mercato e controparte della PA, non solo all'interno di un percorso di co-programmazione e co-progettazione condiviso (ai sensi dell'art. 55 del CTS), ma altresì nel contesto delle gare pubbliche previste in particolare per la realizzazione dei programmi del PNRR e del PNC.

Tema, quest'ultimo, che evoca, a mio avviso, un ulteriore utile considerazione.

Ritengo, infatti, che per dispiegare appieno nuove potenzialità occorre da parte dell'imprenditoria sociale disporre di un forte potere contrattuale nei confronti delle pubbliche amministrazioni che predispongono le gare anzidette. Sicché le cooperative sociali e le imprese sociali debbono fare massa critica organizzandosi in forme stabili come sono, per esempio, i Consorzi stabili di cui il COOB di Arezzo è un significativo esempio, in quanto Consorzio di cooperative sociali di tipo B costituito, ad oggi, da 33 Cooperative sociali con oltre 1375 soci e dipendenti con svantaggio, nonché 4372 addetti.

La tematica, comunque, richiede uno sforzo di attenzione particolare che ci auguriamo di sviluppare e suffragare con le motivazioni che seguono. Per quanto è qui d'interesse specifico, si osserva nella fattispecie in esame che l'art. 47, dai commi da 1 a 9, costituisce un microcosmo normativo chiuso e compiuto il cui esame comporta in premessa, la lettura contestualizzata dei commi 2, 3 e 3-bis del medesimo articolo.

Il legislatore per assicurarsi che la tutela dei giovani, donne e disabili prevista nella modalità di cui all'art. 47, comma 4, si realizzi, prevede al comma 2 e ai commi 3 e 3-bis, rispettivamente, che gli operatori economici tenuti alla redazione del rapporto sulla situazione del personale, ai sensi dell'art. 46 del D.Lgs. n. 198/2006, producano, a pena di esclusione, al momento della presentazione della domanda di partecipazione o dell'offerta, copia dell'ultimo rapporto redatto con attestazione della sua conformità a quello trasmesso alle rappresentanze sindacali e al consigliere regionale di parità.

I commi 3 e 3-bis, riguardano l’obbligo a cui sono tenuti gli operatori, economici, diversi da quelli sopra indicati e che occupano un numero pari a superiore a 15 dipendenti, di consegnare alla stazione appaltante entro sei mesi dalla conclusione del contratto una relazione di genere sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni, ed in relazione allo stato di assunzione, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, dei licenziamenti, dei pensionamenti e la retribuzione effettivamente corrisposta.

Tale relazione è trasmessa alle rappresentanze sindacali aziendali e al consigliere regionale di parità.

Infine, in ordine alla tutela dei disabili, è previsto (comma 3-bis) l'obbligo da parte degli operatori di cui sopra di consegnare, altresì, alla stazione appaltante, entro sei mesi dalla conclusione del contratto, la certificazione di cui all'art. 17 Legge n. 68/1999 e una relazione relativa assolvimento degli obblighi di cui alla medesima Legge, con l'indicazione di eventuali sanzioni o provvedimenti disposti a loro carico nel triennio antecedente la data di scadenza delle offerte.

Tale relazione è trasmessa anche ai sindacati aziendali. Si può, quindi, affermare che è forte la volontà manifestata dal legislatore di tutelare il lavoro che oggi sta vivendo una crisi profonda, esprimendo un forte impegno per la tutela delle categorie più fragili (donne, giovani e disabili) che si esplica non solo nel fissare le modalità di assorbimento di tali categorie, ma di controllarne strettamente e contestualmente la corretta realizzazione.

La disposizione di cui all'art. 47, è resa ancor più incisiva dal disposto del comma 4, secondo cui «le stazioni appaltanti nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti prevedono specifiche clausole dirette all'inserimento come requisiti necessari e come ulteriori requisiti premiali dell'offerta, di criteri orientati a promuovere l'imprenditoria giovanile, l'inclusione lavorativa delle persone disabili, la parità di genere e l'assunzione dei giovani con età inferiore a trentasei anni e donne».

Dunque, chiamerei queste clausole, in considerazione del fine loro assegnato, “clausole sociali di inserimento e dedicate”.

L’inserimento obbligatorio di dette clausole sociali nei bandi di gara, nel contesto dell’offerta quale requisito necessario dell’offerta stessa quindi condizionante la stessa validità dell'offerta (salvo la deroga prevista dall'art. 47, comma 7), deve avvenire alle seguenti condizioni:

-che il bando disponga le regole della gara unicamente riferentesi ai progetti messi a terra con i fondi PNRR e PNC;

-che si rispettino le quote minime di assunzione fissate dal legislatore che per i disabili devono essere già assolte al momento della presentazione dell’offerta e devono essere almeno pari al numero di disabili assunti in base alla Legge 12/03/1999 n. 68, mentre per le donne e i giovani di età inferiore a 36 anni è requisito necessario dell'offerta l'assunzione dell'obbligo di assicurare in caso di aggiudicazione del contratto una quota pari almeno al 30% delle assunzioni necessarie per l'esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali.

Come si può intendere si tratta di parole che si commentano da sole, perché l’essere obbligatorio l’inserimento di suddette clausole non significa altro che dover essere osservato senza se e senza ma.

Ebbene se è vero che c'è una indicazione netta e chiara da parte del legislatore in ordine all'inserimento obbligatorio nei bandi di gara delle clausole sociali suddette, è del pari vero, che vanno inserite come requisito necessario, quindi, condizionante la stessa validità dell'offerta.

Preme, però, osservare che il legislatore inserisce una deroga che opera solo al verificarsi delle condizioni di cui al comma 7, secondo le quali: «Le stazioni appaltanti possono escludere l'inserimento nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti dei requisiti di partecipazione di cui al comma 4, o stabilirne una quota inferiore, dandone adeguata e specifica motivazione, qualora l'oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o altri elementi puntualmente indicati, ne rendono l'inserimento impossibile o contrastante con obiettivi di universalità e socialità, di efficienza di economicità e di qualità del servizio nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche».

Quanto al contenuto delle suddette clausole è determinato tenendo conto, tra l'altro, dei principi di concorrenza, proporzionalità e non discriminazione nonché dell'oggetto del contratto, della tipologia, della natura del singolo progetto in relazione ai profili occupazionali richiesti, dei principi dell'Unione europea, degli indicatori degli obiettivi attesi in termini di occupazione femminile e giovanile e del tasso di occupazione delle persone disabili al 2026, anche in considerazione dei corrispondenti valori medi nonché dei, corrispondenti indicatori medi settoriali europei in cui vengono svolti i progetti.

L'aggancio delle clausole sociali dell'inserimento lavorativo non solo agli indicatori attesi in termini di occupazione femminile, giovanile e delle persone disabili agli obiettivi attesi per il 2026, ma ancor più agli indicatori medi settoriali europei su cui vengono svolti i progetti è una norma di grande momento per peso politico e sociale, tanto da non ammettere deroghe se non quelle previste dallo stesso legislatore (art. 47, comma 7). Con tali disposizioni si va verso la realizzazione di un utilizzo strategico dei contratti pubblici socialmente responsabili volto all’affermazione del principio dell'inclusione sociale, garantendo, da un lato, l'inserimento occupazionale, l'imprenditoria giovanile e, dall'altro, la parità di genere.

Riassumendo dalla lettura fondata sul dato letterale della norma si evince, a mio avviso, che le amministrazioni:

a) “prevedono”, a parere di chi scrive, l'inserimento obbligatorio di dette clausole c.d. di inserimento e dedicate in quote minime già stabilite dal legislatore ai sensi dell'art. 47 comma 4, come requisito necessario, quindi tanto da essere considerato condizione di legittimità dell'offerta l'aver assolto al momento della presentazione dell'offerta agli obblighi relativi alla quota di assunzione per i disabili, nonché aver assunto l'obbligo di assicurare in caso di aggiudicazione del contratto la quota richiesta dal legislatore pari almeno al 30% delle assunzioni, necessarie per l'esecuzione del contratto, di giovani e donne;

b) prevedono che l'inserimento di tali quote venga considerato, contestualmente, anche “requisito premiale” cui viene attribuito un punteggio. Tale criterio di lettura si evince, a mio avviso, dal dato letterale della norma che, dopo aver indicato suddette clausole come requisiti necessari, fa seguire la locuzione “e come ulteriori requisiti premiali dell'offerta”. Milita a favore di questo criterio di lettura l'ipotesi contenuta nell'articolo 47, comma 5, che attribuisce alla stazione appaltante, altresì, la facoltà di prevedere come ulteriori misure premiali l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo all'offerente nei casi elencati ai punti a), b), c), d), d- bis) del comma 5.

A titolo di esempio, si cita il caso in cui l'offerente si impegna ad assumere oltre la soglia minima percentuale, prevista come requisito di partecipazione, persone disabili, giovani con età inferiore ai 36 anni e donne per l'esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali. Le previsioni del comma 5, quali ulteriori misure premiali accompagnate da un punteggio aggiuntivo, integrano a mio avviso quelle elencate in precedenza ai punti a) e b).

È proprio in tale prospettiva che è agevole ritenere che si possa validare la scelta del legislatore secondo l'interpretazione dinanzi proposta. Alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, emergenti dalla ricognizione del quadro normativo complessivo, per completezza, si osserva che gli aspetti sociali declinati in clausole sociali di inserimento e dedicate sono un punto di forza nel contesto degli elementi che compongono l'offerta economicamente più vantaggiosa in quanto inseriti nel criterio di aggiudicazione della gara secondo la modalità prezzo/qualità.

Si dà, in tal modo, una importante chance all'operatore economico che partecipa alla gara, assolvendo tale obbligo, di aggiudicarsela.

Sebbene il disposto dell'art. 47 non si distingua per chiarezza, siffatta interpretazione della norma appare funzionale all'obiettivo del legislatore, emergente dall'analisi delle componenti del PNRR, di condividere come priorità trasversali le pari opportunità generazionali tanto che l’attenzione trasversale relativa alle medesime è articolata in tutte le 6 Missioni del PNRR.


5.1. Clausole sociali di riassorbimento della manodopera

Quando si parla di “clausole di inserimento e dedicate” ci si riferisce, dunque, a qualcosa di nuovo in ordine al più generale tema dell'inserimento di clausole sociali nelle gare di appalto, perché se da un lato attengono specificamente ai progetti messi a terra dei programmi del PNRR, finanziati in tutto o in parte con i fondi PNRR e PNC, dall'altro, devono obbligatoriamente essere inserite fra i criteri di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa secondo la modalità prezzo/qualità.

Diversa invece, è la clausola sociale, già prevista dall' art. 50 del Codice dei contratti pubblici c.d. di riassorbimento della manodopera, attualmente vigente, che è volta a garantire la stabilità occupazionale dei lavoratori nell'ambito dei contratti di appalto in caso di successione di imprenditori, stabilità che si ottiene tramite l’assunzione del personale addetto all'appalto da parte del nuovo soggetto aggiudicatario.

Le regole che accompagnano l'utilizzo di questa clausola sono non solo previste dall' art. 50 del Codice, ma a seguito di consolidata interpretazione giurisprudenziale sono fissate nelle Linee Guida n. 13/2019 di ANAC che ora esaminiamo se pur sinteticamente.

L'art. 50 del Codice stabilisce un obbligo di inserimento della clausola di riassorbimento della manodopera delimitandolo ad una determinata tipologia di appalto o concessione: prevede, infatti, «per gli affidamenti di contratti di appalto e di concessione di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli, relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo da parte dell'aggiudicatario l'applicazione dei contratti collettivi di settore di cui all'art. 51 del Dlgs 15/6/2015 n. 81. I servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli, nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50%dell'importo totale del contratto».

Come si può intendere, e come sottolinea ANAC nelle Linee Guida n. 13/2019 la voluntas legis che si trae da una complessiva lettura critica dell'art. 50- come modificato dal d.lgs 56/2017 -persegue i seguenti obiettivi:

1) stante l'espresso riferimento legislativo agli appalti di servizi e lavori, l'art. 50 non trova applicazione nel caso di appalti di fornitura e appalti di natura occasionale, oltre che per i servizi di natura intellettuale;

2) l'obbligo di inserimento della clausola di riassorbimento della manodopera si concreta, in primis, nell'obbligo di applicare, da parte del concorrente aggiudicatario, i contratti collettivi di lavoro di settore (disciplinati dall'art. 51 del D.Lgs. 15/6/2015 n. 81);

3) l'obbligo di inserimento della suddetta clausola attiene con particolare riguardo ai contratti di servizi ad alta intensità di manodopera, da intendersi quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50% dell'importo totale del contratto. Questa tipologia di servizi, non a caso, è stata esclusa dall'aggiudicazione al prezzo più basso, imponendo di contro (art. 95, comma 3, lett. a) l'utilizzo del criterio dell'OEPV, essendo evidente la finalità di tutelare i lavoratori nell'escludere la competizione fra le imprese basata solo sul prezzo;

4) le stazioni appaltanti possono prevedere la clausola sociale, anche in appalti non ad alta intensità di manodopera con esclusione (oltre ai servizi di natura intellettuale):

- degli appalti di fornitura;

- degli appalti di natura occasionale.

Dunque, resta ferma la facoltà per la stazione appaltante di estendere l'applicazione della clausola sociale alle attività non assoggettate all'obbligo di Legge, perché non escluse ai sensi dell'art. 50 del Codice dei contratti pubblici.


5.2. Esame dell’art. 95 del Codice dei Contratti pubblici

Quando si fa un’analisi, in riferimento all'art. 47, 4 comma, delle clausole sociali di inserimento e dedicate, che sono previste nei bandi di gara come requisiti necessari e come ulteriori requisiti premiali dell'offerta, trovano pieno ingresso alcune necessarie considerazioni in ordine all'impianto generale dell'art. 95 del CCP intitolato: “Criteri di applicazione dell'appalto”. La norma prevede il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa che declinato in diverse modalità operative, fra cui la più usata prezzo/qualità, rappresenta la base logico-giuridica per potere introdurre nei bandi di gara le suddette clausole sociali secondo il disposto del D.L. 31/5/2021, n. 77, convertito in Legge n. 108/2021.

Ma per interpretare correttamente la ratio dell'art. 95 dobbiamo risalire alla direttiva in materia di appalti 2004/18/CE in recepimento della quale era intervento il legislatore nazionale, con una prima versione del Codice dei contratti pubblici, D.Lgs. n. 163/2006, in cui si prevedevano due criteri di aggiudicazione - prezzo più basso ed offerta economicamente più vantaggiosa -. In ordine a quest'ultimo criterio la selezione si svolgeva sulla valutazione di aspetti di carattere qualitativo dell'offerta diversi e ulteriori rispetto agli aspetti di carattere quantitativo, fra cui il prezzo. Entrambi i criteri erano posti su un piano di equiordinazione in base al principio di parità tra i due criteri, la cui scelta era affidata alla discrezionalità della PA. Tale impianto normativo, basato sull'alternatività dei due criteri di aggiudicazione, è rimasto intatto fino all’introduzione della direttiva 2014/24/UE che, a seguito della sentenza della Corte di Giustizia europea del 27/10/2009 C-115/08, aveva statuito che l'OEPV è “il criterio che dà una migliore risposta nel senso complessivo del termine alla necessità della PA tenendo conto dei criteri accolti e di una loro ponderazione”. Orbene, tutto ciò considerato, deve quindi rilevarsi che il legislatore comunitario ha ridisegnato con l'art. 67, della direttiva 2014/24 l'intera materia dei criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici identificando nell'OEPV la regola e nel prezzo più basso l'eccezione.

A seguire, il nostro legislatore con l'art. 95, del D.Lgs. n. 50/2016 crea una vera e propria gerarchia (Cons. di Stato, Sez. I, 2/5/2017 n. 2014) fra i due metodi di aggiudicazione ovvero OEPV e prezzo più basso.

La norma impone, infatti, l'OEPV come criterio “principale” e il prezzo più basso come criterio del tutto “residuale” utilizzabile solo in taluni casi tassativamente previsti e comunque previa specifica ed adeguata motivazione.

La direttiva 2014/24/UE e, quindi, il Nuovo Codice dei contratti pubblici, D.Lgs. n. 50/2016, privilegiano nettamente l'OEPV che diventa la regola mentre il prezzo più basso rimane l'eccezione e viene relegato in casi previsti dal legislatore che nella versione originale del CCP erano tre, poi ridotti ad un solo caso a seguito delle modifiche apportate all'art. 95 dai decreti: Sblocca criteri DL 18/4/2019 n. 32 convertito in Legge 14/5/2019 n. 55; Decreto fiscale DL26/10/2019 n. 124 convertito in Legge 19/12/2019 n. 57; Decreto semplificazione DL 16/7/2020 n. 76 convertito in Legge 11/9/2020 n. 120. Ebbene l'unico caso attualmente vigente previsto dall'art. 95, comma 4, lett. b), fa riferimento ai servizi e alle forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato, fatta eccezione per i servizi ad alta densità di manodopera che devono sempre essere aggiudicati all'OEPV, sulla base del miglior rapporto prezzo/qualità ai sensi della deroga imposta dall'art. 95, comma 3, lett. a). Va peraltro rilevato che la nuova architettura dell'art. 95, discendendo direttamente dalla direttiva 2014/24/UE, riguarda solo i contratti di importo pari o superiori alle soglie comunitarie (215.000 euro per forniture e servizi e 5. 382.000 euro per lavori pubblici)10.

Di contro le medesime disposizioni non attengono ai contratti sotto soglia che, ai sensi dell'art. 36, comma 9-bis, continuano ad essere aggiudicati ad eccezione della deroga prevista dall'art. 95, comma 3 lasciando alla PA la facoltà discrezionale di scelta del criterio di aggiudicazione prezzo più basso o OEPV in quanto insita nell'esigenza di rimettere alla stessa PA la definizione delle modalità con cui soddisfare nel modo migliore l'interesse pubblico sotteso al contratto da affidare.


5.2.1. Il miglior rapporto prezzo/qualità

Il concetto di offerta economicamente più vantaggiosa si declina ai sensi dell’art 95, comma 2, secondo diverse modalità alternative: prezzo/qualità, prezzo fisso, prezzo più basso, o costo del ciclo di vita del bene o servizio acquisito, quest’ultimo, seguendo un criterio di comparazione costo efficacia che tenga conto (art. 96) degli oneri per la PA legati all'acquisizione, manutenzione, consumi energetici in fase di utilizzo, esternalità ambientali e ai costi di fine vita.

Tuttavia, per quanto è qui di interesse, prendiamo selettivamente in considerazione:

  1. il miglior rapporto prezzo/qualità (art. 95, comma 6);

  2. il prezzo: quello fisso, in ordine al quale gli operatori economici competeranno solo in base ai criteri qualitativi (art. 95, comma 7); o il prezzo più basso correlato al massimo ribasso d'asta (art. 95, comma 4).

Quanto al primo metodo prezzo/qualità esso è il più usato, perché comprende oltre al prezzo, che deve essere sempre incluso, altri criteri: qualitativi, quantitativi, ambientali e sociali connessi all'oggetto dell'appalto che consentono in fase di esecuzione la verifica di quanto offerto dalle imprese. A titolo di esempio, quindi, non esaustivo, perché sta nella discrezionalità della PA individuare i requisiti da richiedere, vengono indicati dall'art. 95, comma 6, i criteri utilizzabili che si possono raggruppare in quattro macrotipologie attinenti: alla qualità, all'organizzazione del personale, ai servizi post-vendita, agli aspetti sociali ed ambientali.

Tale lettura fondata sul dato letterale dell'art. 95, comma 6, appare anche funzionale all'obbiettivo del legislatore di consentire alla PA di individuare altri criteri seguendo due linee di indirizzo:

-la prima contenuta nell'art. 95, comma 1, da cui si evincono i seguenti limiti generali in ordine alla scelta dei criteri di valutazione economico-qualitativi, componenti l'OEPV nella modalità prezzo/qualità:

  • devono essere pertinenti all'oggetto del contratto, alla natura, alle caratteristiche del contratto;

  • non devono conferire alla PA una libertà di scelta incondizionata e illimitata di scelta:

  • devono permettere alla PA una valutazione comparativa del livello di prestazione di ciascun’offerta rispetto all'oggetto dell'appalto;

  • devono garantire una concorrenza oggettiva e leale sui profili tecnici ed accompagnata da disposizioni che consentono l'efficace verifica delle informazioni fornite agli offerenti.

La seconda linea di indirizzo si evince dall'art. 95, comma 10-bis, con cui si dà particolare rilievo al fatto che «al fine di assicurare l'effettiva individuazione del miglior rapporto qualità prezzo, la PA valorizza gli elementi qualitativi dell'offerta ed individua criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici.

A tal fine la stazione appaltante stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30%».

È agevole evidenziare che tale linea di indirizzo pone al centro della gara la qualità del prodotto o del servizio, perché ne sottolinea oggettivamente l’importanza imponendo all'amministrazione di rafforzare gli elementi qualitativi dell'OEPV con l'attribuzione ai medesimi del più alto punteggio economico, entro un range di 70 punti, su un totale di 100 punti ascrivibili all'offerta nel suo complesso, lasciando in via residuale al prezzo solo un massimo di 30 punti.

Per quanto riguarda questo punto di vista, va rilevato il fatto che la valorizzazione della qualità è il principio cardine, indicato nell'art. 30 del CCP, che deve permeare l'affidamento e l'esecuzione degli appalti di opere, lavori, forniture, servizi di importo superiore e inferiore alla soglia comunitaria insieme agli altri principi sanciti dalla Costituzione e dal diritto eurounitario, quali elementi capaci di unificare, connettere e completare i diversi ambi dell'architettura normativa degli appalti pubblici.

Dunque, se la commessa pubblica è fulcrata sulla qualità, ne trae indubbio vantaggio l'operatore economico che lavora a “regola d'arte” nel rispetto della qualità del prodotto e servizio offerto. Nondimeno la PA ai sensi dell'art. 95, comma 6, lett. a), può indicare fra gli elementi qualitativi: il pregio tecnico, le caratteristiche estetiche e funzionali, l'accessibilità per le persone con disabilità, la progettazione adeguata per tutti gli utenti, le certificazioni e attestazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, quali OSHAS 18001, le caratteristiche ambientali, sociali, il contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell'opera o del prodotto, le caratteristiche innovative, la commercializzazione e le relative condizioni.


5.2.2. Ponderazione dei criteri di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa

Fissati dalla PA i criteri componenti il miglior rapporto qualità/prezzo, in relazione all'oggetto della commessa di appalto e nell'ambito del proprio potere discrezionale di scelta dei medesimi, se pur perimetrato nei limiti descritti, l'art. 95, comma 8, statuisce la necessità di elencare nella documentazione di gara i criteri di valutazione e la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi.

Per ciascun criterio di valutazione prescelto possono essere previsti, ove necessario, sub-criteri e sub-pesi o sub-punteggi al fine di garantire il rispetto del principio di parità di trattamento e la trasparenza necessaria per consentire a qualsiasi offerente di essere ragionevolmente informato dei criteri e delle modalità che saranno applicati in ordine all' aggiudicazione dell'appalto. Se però tale previsione non può essere rispettata, in casi debitamente giustificati, e per ragioni oggettive perché la ponderazione non può essere stabilita preliminarmente, in particolare a causa della complessità dell'appalto, la stazione appaltante deve indicare nel bando di gara i criteri in ordine decrescente di importanza (art. 95, comma 9).


5.2.3. Prezzo fisso

Che fra i “principi” posti dal legislatore per l'aggiudicazione e l'esecuzione di appalti e concessioni, risulti ai sensi dell'art. 30 per un verso, al primo posto la qualità delle prestazioni che è da premiare con il punteggio più alto, si evince, come si è già detto, non solo dalla composizione dell'OEPV che vede la qualità al primo posto della graduatoria dei criteri che la compongono, ma in senso rafforzativo, e dunque non meno importante, si evince anche dall'art. 95, comma 10-bis, che recita: «la stazione appaltante, al fine di assicurare l'oggettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo, valorizza gli elementi qualitativi dell'offerta».

Per altro verso, la qualità continua ad essere al centro dell'interesse del legislatore allorché si prevede, all'art. 95, comma 7, in combinato disposto con il comma 2, che «l’elemento relativo al costo anche nei casi di cui alle disposizioni richiamate al comma 2 può assumere la forma di un prezzo o costo fisso sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo in base ai criteri qualitativi».

Orbene tutto ciò considerato deve rilevarsi che se sulla qualità il legislatore chiede alla PA di fulcrare l'aggiudicazione della gara e, quindi, la scelta dell'operatore economico che è in grado di offrire alla stazione appaltante l'opera, la fornitura o il servizio che meglio rispondono ai criteri qualitativi imposti dall'amministrazione, siamo convinti che questa visione si presti molto bene anche a comprendere il nuovo indirizzo eurounitario che mira a premiare gli imprenditori che privilegiano la qualità nel realizzare la commessa pubblica a cui si riserva la quota di punteggio più elevato nel contesto del criterio dell'OEPV.

I criteri qualitativi vengono infine indicati dal legislatore art. 95, comma 6, lett. a) in modo non tassativo, ma solo esemplificativo, lasciando libera la stazione appaltante di esplicare il potere discrezionale di scelta dei medesimi.


5.2.4. Un caso: il sistema di qualità del consorzio COOB di Arezzo

È in suddetta prospettiva che si possono trarre, a mio avviso, importanti spunti di riflessione anche dall'esame del “Regolamento Sul sistema di qualità consortile del Consorzio COOB di Arezzo” che ci permette di comprendere qual è oggi l'opportunità, offerta alle cooperative del Consorzio COOB, dell'utilizzo degli elementi qualitativi che connotano tale sistema di qualità nel contesto della partecipazione alle gare pubbliche.

Per coglierne le pratiche ricadute applicative in sede di gara pubblica esaminiamo, se pur brevemente, il suddetto Regolamento entrato in vigore il 1 gennaio 2020, a cui sono vincolati tutti i soci attuali e futuri del Consorzio, al fine di garantire un elevato livello di qualità complessiva dell'intero sistema consortile, sia con riferimento al Consorzio COOB che alle sue socie tanto nei loro rapporti interni, quanto nei loro rapporti esterni con i diversi stakeholder, con particolare riferimento alla partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici. Il Sistema di qualità consortile è strumento per un'azione imprenditoriale qualitativamente elevata essendo basato sui seguenti principi:

  1. qualità;

  2. legalità e correttezza;

  3. salute e sicurezza sul lavoro;

  4. inclusione sociale lavorativa;

  5. sostenibilità e responsabilità sociale;

  6. tutela dell'ambiente.

Scorrendo questi principi si osserva come essi rientrano appieno fra i parametri costituenti il concetto di qualità cui fa riferimento il CCP all'art. 95, comma 6. In conseguenza di ciò le cooperative del COOB che si sono sottoposte al procedimento di attribuzione del Rating di qualità consortile (RQC) e che hanno ottenuto un punteggio da un minimo di 60 punti ad un massimo di 100 punti, possono dimostrare alla PA di essere in grado di rispettare elevati standard qualitativi che si traducono, nell'ambito dell'OEPV, nell'assegnazione alle cooperative partecipanti alla gara dei punteggi più alti ai fini dell'aggiudicazione della medesima, valutati sulla base della graduatoria stilata dalla commissione aggiudicatrice.

Ma non meno importante è anche il seguente passaggio: qualora la cooperativa sociale nel pregiarsi del marchio di qualità Sistema di qualità Consortile (SQC COOB) voglia disporre non solo del rating minimo di qualità, ma aspiri ad un rating sempre più elevato, il Regolamento sul Sistema di qualità COOB prevede che il punteggio minimo di 60 punti possa essere incrementato di ulteriori punti sulla base dei requisiti che sono elencati nella tabella 2, fra i quali rileva pure il rating di impresa e il rating di legalità previsti dal CCP, rispettivamente all'art. 83, comma 10, e all'art. 213, comma 7.

Il rating di impresa al pari del rating di legalità, a partire dal 2017, esplica i propri effetti nella fase di aggiudicazione della gara perché ha assunto una funzione premiale nel contesto del criterio di aggiudicazione prezzo/qualità.

Il suo rilascio implica effetti positivi che incidono nella fase di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa (art. 95, comma 13) e sulla disciplina delle garanzie per la partecipazione alle procedure di affidamento come stabilito dall'art. 93, comma 7.

Il rating di impresa rilasciato da ANAC (Atto di segnalazione n. 2 1/2/2017) su richiesta degli operatori economici, quindi su base volontaria, occupa un ruolo chiave nel processo di trasformazione del mercato dei contratti pubblici: esso è infatti finalizzato a valutare, valorizzare e di riflesso promuovere la performance contrattuale degli operatori economici e, al tempo stesso, la qualità nell'esecuzione dei contratti pubblici e l'efficientamento del mercato di riferimento. Si tratta di obbiettivi raggiungibili attraverso la selezione dei più affidabili e corretti performer cui garantire l'accesso alla gara proprio tramite il più idoneo utilizzo del rating di impresa, garantendo, in tal modo, qualità, rispetto dei tempi e dei costi in fase esecutiva.

La qualità della performance contrattuale, nell'intuizione del legislatore si affianca a requisiti di carattere generale e tecnico-economico e organizzativo ai fini dell'aggiudicazione della gara, come elementi da soppesare, in via privilegiata, in quanto indispensabili per una reale garanzia di affidabilità dell'operatore economico. Siamo convinti che questa visione si presti molto bene a comprendere, in particolare, l'inserimento nel rating di impresa, ad opera del Decreto fiscale (dl 26/10/2019 n. 124, convertito in Legge 19/12/2019/ n. 157), dei criteri relativi alla valutazione dell'impatto generato dalle azioni degli amministratori delle società benefit sul governo dell' impresa, sui lavoratori, ambiente, e altri portatori di interessi per il perseguimento delle finalità del “beneficio comune” delle società benefit, di cui all'art. 1, comma 382, lett. b) Legge 28/12/2015 n. 208, anche qualora l'offerente sia un soggetto diverso dalle società benefit.

Tale impostazione si commenta da sola perché la tematica in questione rileva sotto un duplice profilo: da un lato, si mette in risalto la misurazione dell'impatto sociale ed ambientale delle attività di una impresa nel suo complesso, dall'altro, se ne sottolinea il valore sostanziale con l'inserimento della Valutazione dell'impatto sociale (Vis) nell'art. 95, comma 13, fra gli elementi premiali cui attribuire un punteggio nel contesto del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa secondo la modalità prezzo/qualità.

Invero in una visione sistematica complessiva, per così dire, orientata al concetto teleologico di appalti socialmente responsabili anche il tema della valutazione dell'impatto sociale dell'appalto trova pieno ingresso nel suddetto concetto per cui si comprende della Vis tutta l'importanza innovativa e la ricaduta operativa sull'aggiudicazione della gara.

La valutazione dell'impatto sociale delle attività delle imprese sociali è un indice di efficienza estremamente importante non solo per le imprese sociali, in quanto misura la capacità di una organizzazione di trasformare le risorse investite in azioni capaci di generare un ritorno sociale, ma è importante anche per la stessa pubblica amministrazione cui interessa sia la misurazione del ritorno economico, sociale, ambientale delle attività di una organizzazione per la comunità di riferimento, sia l'analisi costi-benefici, elementi, che inseriti all'interno del framework valutativo della Vis, permettono di stimare il valore del risparmio pubblico generato da ogni singola cooperativa, così come dimostra l'indice SROI (Social Return on Investment) predisposto da Arco11 per il COOB.

Fra i metodi di misurazione dell'impatto sociale l'algoritmo basato sul Ritorno sociale dell'investimento (SROI) è il più largamente applicato nel settore privato non profit.

Questa tecnica combina elementi molteplici di analisi e della valutazione contingente per indicare l'impatto sociale, economico e ambientale del lavoro svolto da un'organizzazione attraverso il coinvolgimento delle principali parti interessate (gli stakeholder). Essa si rileva particolarmente adatta a fornire una misura concreta della produzione di valore sociale, tangibile ed intangibile, in quanto la sua portata innovativa consiste nel tentativo di quantificare ciò che di solito difficilmente può essere quantificato: ad esempio, il valore della fiducia generato dall'operato di un ente, gli effetti in termini di benessere psicofisico, le attitudini a comportamenti presenti e futuri. Tale processo di valutazione passa attraverso la realizzazione di alcuni elementi principali di cui cito, a titolo di esempio:

a) il coinvolgimento delle parti interessate alla valutazione;

b) la definizione di alcune variabili (proxy) che esprimono il valore sociale creato e che sono misurabili;

c) l’impegno alla trasparenza e al rigore della valutazione dei dati;

d) la verità dei risultati.

In questo ambito si è mossa la ricerca di Arco sulla Vis del Consorzio COOB.

Tale ricerca ha permesso, inoltre, di condurre un’analisi costi-benefici per la stazione appaltante, che in relazione al rapporto contrattuale con il consorzio COOB, le ha consentito di stimare il suo beneficio netto totale, generato dalle cooperative coinvolte nel suddetto percorso di valutazione, in un valore totale pari a Euro 13.528.928,06 per l'anno 2019. Ebbene credo che dall'analisi sin qui condotta si possa ricavare la seguente considerazione: allo stato attuale della legislazione sui contratti pubblici, finanziati in tutto o in parte con il PNRR e PNC, le stazioni appaltanti inseriscono obbligatoriamente nei bandi di gara, come criteri premiali di valutazione non solo le clausole sociali di inserimento e dedicate volte all'impiego dei giovani, donne e disabili, ma indicano del parimenti nel bando di gara, nell'avviso o nell'invito i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell'offerta in relazione anche alla valutazione dell'impatto sociale ed ambientale per ricercare l'offerta migliore e, quindi, quella vincente.

A questo punto giova, inoltre, riferire l'intervento del Presidente dell'ANAC nell’audizione del 15/6/2021 alla Commissione Affari costituzionali ed ambientali della Camera dei deputati in ordine ad un primo commento della Legge n. 108/2021 secondo cui «vanno apprezzate le disposizioni che vanno verso la concezione di un uso strategico dei contratti pubblici per garantire, da un lato, l'inserimento occupazionale e l'imprenditoria giovanile, e dall'altro, l'inserimento dei soggetti svantaggiati come i disabili e la parità di genere».

Dunque, sempre più gli appalti pubblici devono e dovranno essere strumento di politiche di inclusione sociale ed ambientale di cui i progetti da “mettere a terra” del PNRR e del PNC, nei prossimi cinque anni, ne sono solo l'anticipazione.


5.2.5. I criteri premiali

Dopo aver analizzato la Valutazione dell'impatto sociale, economico, del lavoro svolto da un'organizzazione, portando l'esempio dell'importante studio della VIS del Consorzio COOB condotta mediante l'utilizzo della metrica SROI (Ritorno sociale dell'investimento), che si rileva particolarmente adatta a fornire una misura concreta della produzione di valore sociale, tangibile ed intangibile, allo scopo di divulgare il valore creato, per quanto qui di interesse, concludiamo l'esame dell'art. 95 prendendo in considerazione il comma 13.

Tale comma recita: «Compatibilmente con il diritto dell'Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, e proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nel bando di gara nell'avviso o nell'invito i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell'offerta in relazione al maggior rating di legalità e di impresa, alla valutazione dell'impatto generato di cui all'art. 1 comma 382, lett. b) Legge 28/12/2015 n. 208, anche qualora l'offerente sia un soggetto diverso dalla società benefit, nonché per agevolare la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, dei giovani professionisti e delle imprese di nuova costituzione alle procedure di affidamento. Indicano altresì il maggior punteggio relativo all'offerta concernente beni, lavori o servizi, che presentano un minore impatto sulla salute e sull'ambiente, ivi compresi i beni o i prodotti da filiera corta o a chilometro zero».

Dunque, se per un verso, la normativa in questione, dispone il rispetto della c.d. clausola di salvaguardia ossia di compatibilità del disposto normativo con il diritto dell'Unione Europea e con i suoi principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, per altro verso, introduce l'obbligo per la stazione appaltante di indicare anche i criteri premiali fra gli elementi OEPV con la conseguente attribuzione di punteggi finalizzati a creare una responsabilità etica dei partecipanti alle gare ed indica, altresì, l'attribuzione di un maggior punteggio relativo all'offerta di beni, lavori e servizi che valorizzano gli aspetti ambientali.

Pertanto, tornando all'art. 47, comma 4, della Legge n. 108/2021 si comprende come la collocazione delle clausole di inserimento e dedicate, ivi previste, “come ulteriori requisiti premiali” rientri fra i suddetti criteri premiali.

Come si può intendere la disposizione dell'art. 47, comma 4, non lascia spazio, a mio avviso, a dubbi interpretativi perché è espressione della voluntas legis di evidenziare l'importanza del rispetto del principio dell'inclusione sociale dando in tal modo un importante chance all'operatore economico, profit e non profit che partecipa alla gara, assolvendo tale obbligo, di aggiudicarsela.

Ai sensi dell'art. 48, comma 8, si prevede, per ulteriori chiarimenti l'emanazione di Linee guida del Presidente del Consiglio di Ministri di concerto con altri Ministri da adottarsi entro 60g. dall'entrata in vigore del decreto, contenenti le misure premiali e modelli di clausole da inserire nei bandi.

Data la rilevanza dell'istituto delle clausole sociali nell'ambito dell'ampia definizione di “Appalti pubblici socialmente responsabili”, siamo del parere che, proprio per evitare i problemi interpretativi e applicativi sorti in conseguenza della controversa portata delle clausole di riassorbimento della manodopera previste dall'art. 50 CCP ed il dibattito che ne è scaturito in ordine alla loro obbligatorietà, si sia optato per l'inserimento obbligatorio, senza se e senza ma, delle clausole sociali di inserimento e dedicate, ai giovani, donne e disabili previste dalla 5 Missione del PNRR e declinate dal legislatore, con Legge n. 108/2021, come requisiti necessari dall'offerta e come ulteriori requisiti premiali in relazione alle procedure afferenti agli investimenti finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e PNC.

Siamo convinti che questa impostazione si presti molto bene per comprendere che, per effetto della suddetta previsione normativa, si impone in questi casi alla stazione appaltante un formale e specifico recepimento, nella lex specialis della gara fra i criteri premiali dell'offerta, delle clausole sociali di inserimento e dedicate ai sensi (ai sensi art. 47, 4 comma), ed in parallelo, anche delle clausole di riassorbimento della manodopera, da inserire in fase di esecuzione del contratto ma a condizione per queste ultime che si tratti di contratti ad alta intensità di manodopera, come previsto dall'art. 50 del CCP.

Chi scrive è, infatti, del parere che nei programmi messi a terra con i fondi PNRR e PNC, l'uno e l'altro tipo di clausole si sommano e non si elidono reciprocamente ma nel rispetto dei limiti imposti dal legislatore.

Nondimeno sono del parere che si possa generalizzare la suddetta disposizione, estendendola anche agli appalti pubblici non finanziati con i fondi del PNRR e PNC, proprio nell'ambito del più generale concetto di appalti socialmente responsabili, quali strumenti applicativi dei principi affermati nel contesto del Pilastro europeo della tutela dei diritti sociali.

Ora se si ammette, come penso si debba fare, che in tutto ciò si esplica il principio generatore dell'inclusione sociale, allora ne consegue l'affermazione dell'importanza del ruolo che possono svolgere in particolare le cooperative sociali, le imprese sociali e più in generale le organizzazioni del privato sociale, come operatori presenti sul mercato e controparti della Pubblica amministrazione non solo all'interno di un percorso di co-programmazione e co-progettazione condivisi (ai sensi dell'art. 55 del CTS) ma, ancor più, nel contesto delle procedure concorsuali previste per la realizzazione dei programmi del PNRR e del PNC secondo il dettato della Legge n. 108/2021.


5.3. Art. 47-quater Legge n. 108/2021

Rimanendo sempre nel perimetro, delle norme della Legge n. 108/2021 c'è un passaggio che va letto in combinato disposto dell'art. 47 quater, e dell'art. 95, comma 13, e direi proprio come conseguenza del contenuto della Missione del PNRR 5 Coesione e Inclusione sociale . Ci riferiamo alle «Misure urgenti in materia di tutela della concorrenza nei contratti pubblici finanziati con le risorse del PNRR e del PNC», indicate dall'art. 47 quater, comma 1, secondo cui «ai fini della tutela della libera concorrenza e di garantire il pluralismo degli operatori del mercato, le procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati in tutto o in parte con le risorse del PNRR nonché del PNC, possono prevedere nel bando di gara, nell'avviso nell'invito criteri premiali atti ad agevolare, le piccole e medie imprese nella valutazione dell'offerta”. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano compatibilmente con il diritto dell'Unione europea e con i principi di parità di trattamento non discriminazione, trasparenza e proporzionalità art. 47 quater, comma 2».

A parere di chi scrive, si voluto affiancare all'obbligo di inserimento delle clausole sociali ai sensi dell'art. 47, comma 4, la facoltà della stazione appaltante, nel costruire il criterio dell'offerta prezzo/qualità in funzione del migliore proseguimento dell'interesse pubblico, di prevedere anche criteri premiali atti ad agevolare le piccole e medie imprese nella valutazione dell'offerta.

Tutto ciò per riportare l'azione della PA nell'alveo di un bilanciamento fra il principio dell'utilità sociale in cui trova giustificazione l'inserimento delle clausole sociali, restrittive in parte della concorrenza, e la contrapposta esigenza del rispetto del principio della concorrenza, pilastro del diritto europeo, con la conseguente apertura del mercato delle commesse pubbliche soprattutto alle piccole e medie imprese che è l'elemento caratterizzate della politica degli appalti pubblici secondo il diritto euro-unitario.


5.4. Art. 48 Legge n. 108/2021

La Legge n. 108/2021 nel Titolo IV° rubricato «Contratti pubblici» reca alcune rilevanti novità che hanno, da un lato, effetti sul sistema dei contratti pubblici attraverso disposizioni che consentono l'accelerazione e la semplificazione nello svolgimento delle procedure di gara senza però compromettere l'impianto complessivo della materia, che essendo, com'è noto, di derivazione europea impone una particolare attenzione applicativa.

Dall'altro lato, il legislatore ha evitato con la Legge n. 108/2021 di adottare solo la tecnica delle deroghe al CCP per scongiurare ulteriori possibili violazione del diritto eurounitario già verificatesi con i decreti di emergenza emanati a seguito della pandemia da COVID 19.

Infatti, il dl. 31 maggio 2021, n. 77 ora convertito in Legge n. 108/2021 ha introdotto delle novità nella materia degli appalti pubblici intervenendo in parte sulla normativa derogatoria, temporanea, introdotta dai decreti emanati dal 2019 al 2021 a causa dell'emergenza Covid 19 per confermarla e prorogarla; in parte, incidendo sul regime “ordinario” dei contratti pubblici disciplinato dal CCP, con norme che essendo dedicate alla messa a terra dei programmi finanziati, in tutto o in parte, con fondi del PNRR e del PNC, si affiancano, cioè si aggiungono, alle norme ordinarie del Codice dei contratti pubblici, quindi si applicano in parallelo.

Preme qui anticipare che essendo previsto nel PNRR nazionale la riforma del Codice dei contratti pubblici, D.Lgs. n. 50/2016, è attualmente in Senato il testo del disegno di Legge delega al Governo in materia di appalti pubblici (DDLS. 2330) che doveva essere sottoposto al Parlamento entro il 2021, mentre i decreti legislativi applicativi si dovranno adottare entro i nove mesi successivi all'approvazione della Legge delega.

Nella bozza in discussione si esprime quale criterio guida per la riforma del CCP la previsione di un forte incentivo al ricorso alla semplificazione e alla flessibilità degli istituti giuridici per evitare il fenomeno ricorrente del gold plating il che significa che si deve ridurre al massimo le regole che vanno oltre a quelle richieste dalla normativa europea anche sulla base di una comparazione con la normativa adottata dagli altri Stati membri dell'Unione europea come, ad esempio, la Germania12.

In applicazione del nuovo contesto normativo si pone anche l'art. 48 rubricato “Semplificazione in materia di affidamento dei contratti pubblici PNRR e PNC”.

Per coglierne le implicazioni pratiche, preme focalizzare l'attenzione sui seguenti commi:

Il comma 1 dispone: che «alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi co-finanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea, si applicano le disposizioni del presente Titolo, l'art. 207, comma 1, dl. 19/5/2020 n. 34 convertito, con modificazioni, in Legge n. 17/7/2020 n. 77».

L'art. 207, comma 1, Legge 77/2020, rubricato «Disposizioni urgenti per la liquidità delle imprese appaltatrici» riprendendo l'obbligo che ha la PA verso l'appaltatore di corrispondergli l'anticipazione del prezzo pari al 20% sul valore del contratto entro 15 giorni dell'affettivo inizio delle prestazioni, ai sensi dell'art. 35, comma 18, del CCP, ne stabilisce l'incremento fino al 30%, ma «nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione della stazione appaltante». Dal combinato disposto dell'art. 35, comma 18, del CCP e dell'art. 207, comma 1, della Legge n. 77/2020 si evince che, se da un lato, l'amministrazione deve calcolare sul valore del contratto l'importo dell'anticipazione pari al 20% del prezzo e corrisponderlo all'appaltatore, in via obbligatoria, dall'altro, può incrementarlo fino al 30% ed applicare tale regola anche ai contratti finanziati con fondi in tutto o in parte del PNRR e di altri fondi, ma sull'incremento fino al 30% opera, ai fini del pagamento, il limite delle risorse annuali disponibili stanziate per ogni singolo intervento.

Il comma 2 dispone: che per ogni procedura si nomini un Responsabile unico di procedimento, che con propria determinazione, adeguatamente motivata, valida ed approva ciascuna «fase progettuale» o di «esecuzione del contratto» anche in corso d'opera, fermo però quanto previsto dall'art. 26 comma 6, del Codice.

Il comma 3, recita: «le stazioni appaltanti possono altresì ricorrere alla procedura di cui all'art. 63 del d.lgs 50/2016, per i settori ordinari nella misura strettamente necessaria, quando per ragioni di estrema urgenza derivanti da circostanze imprevedibili, non imputabili alla stazione appaltante, l'applicazione dei termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie può compromettere la realizzazione degli obiettivi o il rispetto dei tempi di attuazione di cui al PNRR nonché al PNC e a programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea».

Mettendo in parallelo l'art. 63 del CCP, che attiene all'uso della procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara e l'art. 48, comma 3, in cui si dispone «le stazioni appaltanti possono altresì ricorrere alla procedura di cui all'art. 63» preme rilevare alcuni profili di analisi:

il primo attiene al fatto che a questa procedura considerata eccezionale, tanto da essere prevista solo in casi tassativamente indicati nel CCP, dando conto, con adeguata motivazione, nel primo atto della procedura della sussistenza dei relativi presupposti, le stazioni appaltanti vi possono altresì ricorrere cioè ricorrere in modo ordinario e non più eccezionale. Infatti, ci troviamo immersi in situazioni che ordinariamente si presentano di estrema urgenza in merito alla necessità di fronteggiare le ricadute negative, sanitarie, sociali, economiche a seguito delle misure di contenimento dell’emergenza sanitaria da Covid 19.

Poiché l'estrema urgenza, richiamata in tal caso, ha carattere oggettivo ed è collegata a circostanze imprevedibili derivanti dalla pandemia che non sono, quindi, imputabili alla stazione appaltante, si può usare, anzi direi, si deve usare questa procedura al posto di altre procedure ordinarie.

Queste ultime, infatti, richiedono tempi lunghi, anche quando sono abbreviati, sicché se non sono rispettati possono compromettere la realizzazione degli obiettivi o il rispetto dei tempi di attuazione dei progetti del PNRR nonché del PNC e dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea.

C'è solo un limite che, a parere di chi scrive, integra l'intenzione del legislatore di rendere utilizzabile in via ordinaria tale procedura da parte della PA, stretta fra le esigenze contrapposte di mettere a terra i progetti del PNRR entro il 2026 ed i tempi, a volte molto lunghi, di utilizzo delle procedure ordinarie, che è quello di usare suddetta procedura nella “misura strettamente necessaria” il che significa fino a quando si protraggono le situazioni di estrema urgenza.

Tutto ciò considerato, deve rilevarsi che la ragione forte per ammettere il passaggio, se pur temporaneo, dall’utilizzo di tale procedura da eccezionale a ordinaria, sta proprio nell'emergenza sanitaria, economica e sociale, da cui derivano le circostanze imprevedibili che ne determinano la necessaria applicazione, ma solo per il tempo della loro durata.

Il secondo profilo attiene alla modalità semplificata di individuare gli operatori economici da consultare ai sensi dell'art. 63, comma 6, del CCP che fa riferimento alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara, dal punto di vista procedurale la semplificazione consiste:

in una prima fase, nel non pubblicare un bando di gara perché gli operatori economici da consultare vengono individuati sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economica e finanziaria e tecniche e professionali desunte dal mercato, dunque, nel rispetto dei principi di concorrenza, trasparenza, rotazione. Attraverso indagini di mercato ovvero consultazioni di elenco di operatori economici precedentemente costituito si ricercano gli operatori in grado di eseguire la commessa e se ne selezionano, almeno cinque, se sussistono in tale numero.

In una seconda fase l'amministrazione aggiudicatrice sceglie l'operatore economico che ha offerto le condizioni più vantaggiose, ai sensi dell'art. 95 CCP previa verifica del possesso dei requisiti di partecipazione previste per l'affidamento di contratti di uguale importo mediante procedura aperta, ristretta o mediante procedura competitiva con negoziazione.

Sulla scorta di quanto fin qui predisposto in sintesi dal legislatore con richiamo all'art. 63, comma 6, del Codice dei contratti pubblici, si ritiene opportuno riportare anche l'interpretazione giurisprudenziale chiarificatrice del procedimento applicativo della norma in questione, che è stata, a sua volta recepita, dall'Autorità di Vigilanza su Contratti Pubblici (AVCP) nella determina n. 2 del 6 aprile 2011.

Si argomenta, pertanto, che la procedura delineata dall'art. 63, comma 613, si articola in diversi passaggi così sequenziati:

1) In primo luogo, la stazione appaltante compie due operazioni connesse fra di loro:

a) definire, desumendole dal mercato, le caratteristiche di qualificazione economico-finanziario e tecnico-operative che gli operatori economici devono possedere per eseguire la prestazione,

b) individuare gli operatori economici in possesso di tali requisiti mediante informazione desunte da indagini o sondaggi di mercato;

    1. in secondo luogo, è richiesto alla stazione appaltante di selezionare, dal gruppo di operatori economici individuati, come sopra descritto, almeno cinque operatori da invitare a presentare un’offerta se sussistono nel mercato un numero di soggetti idonei;

    2. in terzo luogo, si svolge la c.d. gara informale ufficiosa, che comporta l'analisi e la valutazione delle offerte presentate dagli operatori economici invitati, e si dispone la graduatoria conclusiva (così definita dal Consiglio di Stato, Sez. III, 7 giugno 2021 n. 4343) che è propedeutica all’avvio della fase negoziata vera e propria con il concorrente che ha offerto le condizioni più vantaggiose con cui si conclude e si stipula il contratto. La procedura negoziata, infatti si distingue da quella ristretta oltre che per le ragioni che ne legittimano l'utilizzo, anche per le concrete modalità con cui si svolge il procedimento che devono contemplare la fase di negoziazione (TAR Lazio Sez II n. 1873/2016).

La formazione della graduatoria conclusiva, propedeutica alla fase di negoziazione, vera e propria, può avvenire sulla base di un algoritmo indicato nel disciplinare di gara che consente di determinare l'offerta migliore ai fini della medesima graduatoria.

Sulla scorta di quanto fin qui argomentato va rilevato un ultimo ma non meno importante profilo, cioè la distinzione fra indagine di mercato e gara ufficiosa.

Mentre l'indagine di mercato è preordinata esclusivamente a conoscere l'assetto del mercato e, dunque, quali sono i potenziali offerenti ed il tipo di condizioni contrattuali che essi sono disposti a praticare senza alcun vincolo in ordine alla scelta finale, la gara ufficiosa, oltre ad essere uno strumento conoscitivo implica anche una valutazione comparativa delle offerte e, di per sé, comporta il rispetto dei principi insiti nel concetto di gara secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato (Sez. VI 29/3/2001, n. 1881) e il TAR per la Calabria (Sezione distaccata Reggio Calabria 11/6/2018, n. 340).

I suddetti principi sono stati riportati nella determina AVCP n. 2 del 6/4/2011, ed individuati nei principi di par condicio e trasparenza da osservarsi obbligatoriamente dalla stazione appaltante, indipendentemente dalle eventuali regole stabilite in via di autolimitazione.

Da ultimo, ma non meno importante, rileva sempre ai fini del principio di semplificazione, l’art. 50 della Legge n. 108/2021, rubricato «Semplificazione in materia di esecuzione dei contratti pubblici PNRR e PNC».

Si tratta per tutti i suddetti contratti. di lavori, forniture servizi, ai sensi dell'art. 50, comma 3, di divenire efficaci con la stipulazione e, quindi, esecutivi. Pertanto, non trova applicazione l'art. 32, comma 12, del CCP che ne sospende l'efficacia fino all'esito positivo dell'eventuale approvazione e degli altri controlli previsti dalle norme proprie delle stazioni appaltanti.

Tutto ciò consente alla PA di richiedere, subito dopo la stipulazione del contratto, l'esecuzione del medesimo in deroga a quanto statuito dall'art. 32, comma 13, del Codice dei contratti pubblici, in ordine al quale il contratto può avere inizio «solo dopo che lo stesso è divenuto efficace, senza dover passare attraverso la procedura adottabile in caso di urgenza, secondo cui la PA può chiederne l'esecuzione anticipata, ma condizionata nei modi di cui al comma 8, dell'art. 32 del CCP».


5.5. Art. 51 Legge n. 108/2021 modifiche al D.L. 16/7/2020, n. 76

Con l'art. 51 della Legge n. 108/2021, il legislatore ha rimodulato anche la disciplina dell'affidamento dei contratti pubblici sotto la soglia comunitaria prorogando ed in parte modificando il regime parzialmente e temporaneamente derogatorio, rispetto a quello dettato dall'art. 36, comma 2, del CCP come modificato, a sua volta, dall'art. 1 della Legge 11 settembre 2020 n. 120 di conversione del D.L. n. 76 del 16/7/2020, il cui fine, statuito dall’art. 1, è quello di «incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell'emergenza sanitaria globale da COVID 19».

Infatti, con l’art. 1 della Legge n. 120/2020, il legislatore si era tornato ad occupare della disciplina degli appalti di valore inferiore alla soglia comunitaria, da sempre considerati contratti a valenza cruciale ai fini del rilancio del settore dei contratti pubblici, ma non con lo scopo di modificare l'art. 36 come era già avvenuto con il c.d. Decreto Sblocca cantieri (Legge. n. 55/2019), bensì per rimodularlo e prorogarlo fino al 31/12/2021.

A seguire l'art. 51, comma 1, della Legge n. 108/2021 dispone nuovamente lo spostamento in avanti del suddetto regime derogatorio prorogandolo fino al 30/6/2023, ed altresì introduce modifiche all’art. 36, comma 2, del CCP che, di seguito, esaminiamo.

Peraltro, fino a tale data, resta inalterata la tempistica stringente per l'aggiudicazione o l'individuazione definitiva del contraente, che deve avvenire entro il termine di due o quattro mesi (a seconda della modalità di affidamento adottata) dalla data di adozione dell'atto di avvio del procedimento.

Il mancato rispetto dei suddetti termini, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell'esecuzione dello stesso possono essere valutati, ai fini della responsabilità del Responsabile unico del procedimento, per danno erariale e qualora imputabile all'operatore economico costituiscono causa di esclusione dell'operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante e opera di diritto.

Un profilo sui cui interviene l'art. 51 è quello della tipologia delle procedure di affidamento, che già erano passate, per effetto della Legge n. 120/2020, da quattro (affidamento diretto, affidamento diretto previa consultazione del mercato, procedura negoziata senza bando, procedura aperta) a due – affidamento diretto e procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara – più l'eventuale mantenimento della procedura aperta.

L’art 51 dispone la conferma delle suddette due ultime tipologie di affidamento.

Dunque, la semplificazione per i contratti di importo sotto soglia comunitaria, in ordine alle procedure prescelte, prosegue specularmente in applicazione dell'art. 51, ma con alcune modifiche a cominciare dalle rispettive soglie:

- l’affidamento diretto c.d. “puro” ai sensi dell'art. 36, comma 2, lett. a) riguarda i contratti di forniture e servizi di importo inferiore a 139.000 euro e di lavori di importo inferiore a 150.000 euro;

- l’affidamento con procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, art. 36, comma 2, lett. b, attiene ai contratti di forniture e servizi di importo pari o superiori a 139.000 euro e fino alla soglia di valore di 215.000 euro (di cui all'art. 35 del CCP), e ai contratti di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a un milione di euro, ovvero previa consultazione di almeno dieci operatori per lavori di importo pari o superiore a un milione di euro e fino alla soglia di 5.382.000 euro (di cui all'art. 35 del CCP).

Ma prima di analizzare il nuovo temporaneo assetto dell'art. 36, comma 2, previsto dall'art. 51 della Legge n. 108/2021, giova riportare quanto disposto da ANAC nella delibera n. 3/8/2020 riguardante «Esame e commento degli articoli del D.L. 16/7/2020, n. 76. Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale in tema di contratti pubblici, trasparenza e anticorruzione».

Secondo ANAC «Il nuovo temporaneo assetto normativo va verificato al fine di un adeguato bilanciamento tra l'apertura alla concorrenza e l'efficienza dell'azione amministrativa, pur convenendo sul fatto che regole improntate a principi di trasparenza e competitività obbligano le stazioni appaltanti al rispetto di passaggi procedimentali rigidi sia delle tempistiche che degli obblighi di pubblicità, occorre evidenziare che è proprio nella tensione tra legalità, concorrenza ed efficienza che è necessario trovare - anche in una situazione di eccezionale gravità quale quella presente un punto di equilibrio che salvaguardi la trasparenza dell'azione amministrativa e un livello minimo di confronto con il mercato».

Ed è proprio sotto questo profilo che vanno esaminate, a parere di chi scrive, le novità introdotte dall'art. 51 della Legge n. 108/2021 nell'art. 36, comma 2, del CCP il quale risulta attualmente vigente nella seguente versione:

Art. 36, comma 1: viene confermata la vigenza del disposto del comma 1, che fa un preciso richiamo ai principi fissati all'art. 30, comma 1: rispetto della qualità delle prestazioni, rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza e rispetto, altresì, dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, pubblicità e del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti in modo da assicurare l'effettiva possibilità di partecipazione alle gare di appalto delle micro, piccole e medie imprese.

Dunque, il richiamo puntuale al rispetto di tutti i principi che permeano l'intero sistema degli appalti pubblici, ivi incluso il principio di rotazione applicabile sia ai contratti sotto soglia (ex art. 36), sia a quelli sopra soglia (ex art. 63, comma 6), ci consente di osservare quanto segue: se è vero che il rispetto dei principi non conosce limiti di soglie di valore in ordine alla in ordine alla loro applicazione, di contro, il principio di rotazione, previsto per i contratti sotto soglia, e per i contratti sopra soglia in applicazione dell'art. 63, comma 6, costituisce il necessario contrappeso che, per giurisprudenza costante, va obbligatoriamente applicato in considerazione della notevole discrezionalità riconosciuta all'amministrazione nel scegliere gli operatori economici da invitare in caso di procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara (ex multis Cons. di Stato, Sez. V, 12/9/2019, n. 6160; Sez. IV 31/3/2020 n. 218; Sez. V 17/3/2021 n. 2292).

Nell'ultimo capoverso dell'art. 36, comma 1, si dispone inoltre l'obbligo dell'applicazione della clausola sociale, ex art. 50 del CCP, c.d. di riassorbimento della manodopera.

Si osserva, infatti, che il legislatore ha sostituito la frase «le stazioni appaltanti possono applicare le disposizioni di cui all'art. 50», con la frase «le stazioni appaltanti applicano le disposizioni di cui all'art. 50» (così modificata dall'art. 8, comma 5, lett. Oa-bis) della Legge n. 120/2020).

A ciò va aggiunta l’osservazione che la problematica della clausola sociale di riassorbimento della manodopera si intreccia con quella delle clausole di inserimento e dedicate previste dall’art. 47, comma 4, della Legge n. 108/2021 in ordine alle quali il legislatore dispone l'obbligo di applicazione generalizzato nei bandi di gara per lavori, servizi e forniture finanziati, in tutto o in parte, con i fondi del PNRR e PNC, indipendentemente dall'importo del contratto sia esso sopra soglia che sotto soglia di rilievo eurounitario.

Art. 36, comma 2: l’incipit della vigente formulazione dell'art. 36, comma 2, dispone «fermo restando quanto previsto dagli artt. 37 e 38 e salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie le stazioni appaltanti procedono all'affidamento di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all'art. 35 secondo le seguenti modalità».

Le modalità previste sono due:

  • la prima attiene al modo di procedere tramite l'affidamento diretto puro, ossia senza acquisizione di più offerte, come disposto dall'art. 51, comma 1, della Legge n. 108/2021.E dunque, sono state apportate alcune modifiche al D.L. 16/7/2020, n. 76, convertito dalla Legge n. 120/2020, modifiche che si connotano sotto il profilo che riguarda la soglia di valore dell'affidamento, che si espande passando da un limite fissato in origine di 40.000 euro, a quello di importo inferiore a 75.000 euro fino al vigente assetto normativo che prevede una soglia di importo inferiore a 150.000 euro per i lavori, e di importo inferiore a 139.000 euro per le forniture e servizi

  • la seconda modalità attiene alla procedura di affidamento, che consente all'amministrazione aggiudicatrice di negoziare direttamente con i potenziali contraenti preselezionati, cioè di procedere tramite affidamento diretto, senza rituale procedimento di gara, e dunque, anche senza fare ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara che è pur sempre un procedimento di selezione tramite gara (Tar Campania, Sez.II, 13/12/2021 n. 2725).


Infatti, l'art. 51 statuisce che «In tali casi la stazione appaltante procede all'affidamento diretto, anche senza consultazione di più operatori economici, fermi restando il rispetto dei principi di cui all'art. 30 del Codice dei contratti pubblici d.lgs 50/2016 e l'esigenza che siano scelti soggetti in possesso di pregresse e documentate esperienze analoghe a quelle oggetto di affidamento anche individuati tra coloro che risultano iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante, comunque nel rispetto del principio di rotazione».

Appare utile richiamare i pareri del MISM (ex MIT) n. 764/2020 e n. 1088/2021 da cui si evince come l'affidamento diretto, in quanto tale avviene sic et simpliciter, non essendovi confronto competitivo, e dunque non presuppone né una particolare motivazione né tantomeno lo svolgimento di indagini di mercato. Il legislatore, infatti, per gli appalti di modico importo ha previsto modalità di affidamento semplificate e più “snelle” al fine di addivenire ad affidamenti in tempi rapidi.

Dunque, se per un verso, non è neppure prescritto l'obbligo di richiedere preventivi, per altro verso, non è, però, precluso alla stazione appaltante di procedere all'eventuale confronto di preventivi di spesa, che, peraltro, rappresentano una best practice.

Conseguentemente è nella disponibilità della stazione appaltante, determinare le modalità attraverso cui addivenire all'individuazione del proprio contraente diretto. Il limite attiene al problema che, nell’eventuale loro confronto, può essere insita una eccessiva dilatazione dei tempi di affidamento, che invece devono essere rapidi nel rispetto della ratio che informa l'intera Legge n. 108/2021.

La questione dell'affidamento diretto di cui all'art. 36, comma 2, lett. a) è oggetto di ripetuti interventi giurisprudenziali in ordine ai quali giova soffermarsi sulla sentenza del TAR Campania, Sez. II, 13/12/2021 n. 2725 che fa una illuminante distinzione fra l'affidamento diretto puro, ossia senza acquisizione di più offerte, e l'affidamento diretto comparativo.

alla cui base c'è l'acquisizione di più offerte, in virtù del potere insindacabile della stazione appaltante di dare corso ad una procedura di scelta in grado di garantire maggiormente il principio di economicità.

Poiché si è già detto che non è precluso all'amministrazione aggiudicatrice il potere di procedere, sotto soglia, con il ricorso a procedere comparative, né tanto meno alle procedure ordinarie (come confermato dall'art. 36, commi 2 e 9, del CCP, tutt'ora vigente ed applicabile), «mediante tale modus operandi la stazione appaltante fa procedere l'aggiudicazione ( e la conseguente stipula del contratto) dall'acquisizione di più preventivi di offerte, senza che ne consegna l'attivazione di un procedimento di gara» (Cons. di Stato, 23/4/2021 n. 3287).

Da ciò discende la profonda differenza rispetto alla procedura negoziata di cui all'art. 36, comma 2, lett. b), che analizziamo di seguito non senza dapprima aver sottolineato, in breve, quanto aggiunge il giudice nella sentenza, dianzi citata, secondo cui la procedura negoziata con l'obbligo di inviti (ossia quando non ricorrono le condizioni di unicità del fornitore) ex art. 63, comma 2, lett b), del CCP, costituisce, secondo quanto si ricava dal disposto di cui alll'art. 63, comma 6, del CCP, un meccanismo selettivo ad evidenza pubblica.

In altri e più chiari termini, mentre la procedura negoziata rappresenta, a tutti gli effetti, un procedimento selettivo tramite gara salvo che nei casi in cui sussistono le condizioni per derogarvi, (V. art. 63, comma 2, lett. b) del CCP), con tutto ciò che ne consegue in termini di struttura del meccanismo selettivo, nell'affidamento diretto la scelta è operata direttamente a monte dalla stazione appaltante sia pure nel rispetto dei criteri qualitativi e quantitativi di selezione degli operatori economici previsti dalla Legge (art. 36, comma 2, lett. a) post novella del 2020).

Riassumendo: nell'affidamento diretto puro, ossia senza consultazione di più operatori economici, la stazione appaltante contratta con l'unico operatore interpellato; nell'affidamento comparativo la scelta consegue all'interpello di più operatori.

Peraltro, l'affidamento diretto, anche se comparativo, non attiva un meccanismo di gara, né allo stesso possono essere automaticamente estese le disposizioni sulla procedura negoziata recata dall'art. 63 del CCP come, invece, avviene per l’art. 36, comma 2, lett. b) versione post novella del 2020 che rinvia all'art. 63.

Nel contesto di tale tematica, a mio avviso, è ancora appena il caso di aggiungere: ciò che è sicuro, è che così disponendo, il legislatore ha voluto integrare l'art. 36, commi 2, lett. a) e b) con quanto statuito a livello comunitario in ordine alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara per la quale, come si sottolinea nella Comunicazione della Commissione Europea 2020/C-108 1/01, l'amministrazione deve far rispettare un insieme di condizioni se vuole o deve applicare tale procedura.

In essa si afferma, infatti, che «tutte le condizioni devono essere soddisfatte cumulativamente, perché una procedura negoziata senza previa pubblicazione consente alla amministrazione di negoziare direttamente con i potenziali contraenti; l'aggiudicazione diretta a un operatore economico preselezionato rimane l'eccezione ed è applicabile solo se un'impresa è in grado di fornire i risultati richiesti nel rispetto dei vincoli tecnici e temporali imposti dall'estrema urgenza che l'amministrazione dovrà valutare e quindi dovrà giustificare la scelta di detta procedura in una relazione unica».

Altrimenti detto, nella versione attuale dell'art. 36, comma 2, lett. a), post novella 2021, l'estrema semplificazione della procedura non si esaurisce unicamente nell'obbligo di motivare in modo semplificato la scelta dell'affidatario individuato discrezionalmente tramite una determina a contrarre semplificata, che ai sensi dell'art. 32, comma 2, del Codice dei contratti pubblici deve contenere: l'indicazione dell'oggetto dell'affidamento, dell'importo, del fornitore e delle ragioni della sua scelta e del possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali ove richiesti, ma non è, del pari, più prevista la consultazione di più operatori.

Questa estrema semplificazione procedurale va però temperata alla luce del richiamo esplicito, contenuto nella norma, che l'impresa sia in grado di fornire i risultati richiesti nel rispetto di pregresse e documentate esperienze analoghe a quelle oggetto di affidamento, talché gli operatori possono essere scelti anche fra coloro che sono iscritti agli Albi della stazione appaltante, nel rispetto del principio di rotazione di cui ci occupiamo di seguito.

La seconda procedura prevista all'art. 36 comma 2, lett. b), che viene a sua volta snellita dall'art. 51 della Legge n. 108/2021, attiene ancora al metodo della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, di cui all.art. 63 del CCP.

Infatti, la vigente versione dell'art. 36, comma 2, lett. b), dispone che la stazione appaltante procede all'affidamento della commessa, «previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, nel rispetto del criterio di rotazione degli inviti, che tenga conto anche di una diversa dislocazione territoriale delle imprese invitate, individuate in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici per l'affidamento di servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l'attività di progettazione, di importo pari o superiore a 139.000 euro e fino alla soglia di cui all’art. 35 del D.Lgs. n. 50/2016 e di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1.000.000 di euro, ovvero previa consultazione di almeno dieci operatori economici per lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro e fino alle soglie di cui all'art. 35 del d.lgs n. 50/2016»14.

Alla procedura negoziata così delineata dalla vigente normativa come anche all'affidamento diretto, rimangono applicabili le Linee Guida ANAC n. 4 del 1/3/2018 che, in coerenza con i principi richiamati dell'art. 36, comma 1, del CCP, disciplinano compiutamente tutta la sequenza procedimentale, dalla fase di interlocuzione con il mercato per la selezione degli operatori economici da invitare (svolgimento indagini di mercato o consultazione di elenchi) alla stipulazione del contratto.

In ordine, infine, alla questione relativa alla possibilità o meno delle stazioni appaltanti, espressamente riconosciuta dall'art. 36, comma 2, del CCP di ricorrere nell'esercizio della propria discrezionalità alle procedure ordinarie, ivi compresa quella ristretta, anziché quelle semplificate introdotte dl Legge n. 76/2020, e confermate con modifiche dalla Legge n. 108/2021, qualora le esigenze di mercato suggeriscano di assicurare il massimo confronto concorrenziale.

L’ANAC è del parere che il regime in deroga non abbia privato, pur nella situazione eccezionale creatasi a seguito della pandemia, le stazioni appaltanti della possibilità di ricorrere a soluzioni aperte alla più ampia concorrenza, non solo qualora appaiano le più idonee a soddisfare il proprio fabbisogno, ma anche in funzione dell'applicabilità del principio di rotazione che impatta con il tipo di procedura adottata.

Volgiamo ora l'attenzione all'analisi del principio di rotazione per cogliere le implicazioni pratiche di tale istituto.


Il Principio Di Rotazione

L'art. 36, comma 1, del Codice impone espressamente alle stazioni appaltanti nell'affidamento dei contratti d'appalto sotto soglia il rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti.

Il d.l n. 76/2020 ne aveva riconfermato l'obbligo di applicazione per i contratti sotto soglia art. 36, comma 2, lett. b), di importo superiore a 75.0000 per forniture e servizi e di importo superiore a 150.000 per i lavori, da aggiudicarsi con procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara, mentre l'art. 51 della Legge n. 108/2021, generalizza l'obbligo di applicazione di tale principio e quindi lo estende i contratti di cui all'art. 36, comma 2 lett. a), in ordine ai quali però è modificata la soglia di valore contrattuale che passa, per i contratti di forniture e servizi, da importi inferiori a 75.000 euro ad importi inferiori a 139.000 euro, mentre, rimane invariata per importi di lavori inferiori a 150.000 euro.

Orbene la nuova disciplina dettata dalla Legge n. 108/2021 rafforza certamente la percettività del principio di rotazione, ma si continua ad interpretarlo in termini non univoci, secondo un indirizzo giurisprudenziale non ancora consolidato.

Mentre è affermazione largamente condivisa quella secondo cui è ritenuto principio generale, applicabile a tutte le procedure semplificate (come quello in oggetto), la rotazione degli inviti e degli affidamenti, tanto da costituire un riferimento normativo inviolabile del procedimento amministrativo ad evidenza pubblica, in quanto volto a favorire la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei a partecipare la gara.

Infatti, il suddetto principio costituisce necessario contrappeso alla notevole discrezionalità riconosciuta all'amministrazione nel decidere gli operatori economici da invitare in caso di affidamento diretto e di procedura negoziata, con l'evidente obiettivo sia di evitare la formazione di rendite di posizione che di perseguire l'effettiva concorrenza nel rispetto del principio di parità di trattamento.

Si consente, pertanto, la turnazione tra i diversi operatori nella realizzazione del servizio, permettendo alla PA di cambiare fornitore per ottenere il migliore servizio (Cons. di Stato, Sez. V, 4/6/2019 n. 3755).

In quest’ottica non è casuale la scelta del legislatore di imporre il rispetto del principio di rotazione già nella fase di invito degli operatori alla procedura di gara: lo scopo infatti è quello di evitare che il gestore uscente, forte della conoscenza della strutturazione del servizio da espletare acquisita nella precedente gestione, possa agevolmente prevalere sugli altri operatori economici seppur anch’essi chiamati dalla stazione appaltante a presentare offerte, e così, posti in competizione fra loro.

Nell'art. 36 si parla non solo di rotazione degli inviti ma di anche di rotazione degli affidamenti. Questo diverso modo di operare del principio si spiega perché l'art. 36, nel suo complesso, disciplina sia le procedure caratterizzate dal confronto fra più imprese invitate dalla stazione appaltante (comma 2, lett. b), sia quelle con “affidamento diretto” (comma 2, lett. a) cioè non preceduto da alcun confronto concorrenziale nelle quali la rotazione è ovviamente concepibile solo in relazione all'affidamento della commessa, e non in relazione alla fase degli inviti, la quale, semplicemente, non esiste.(Tar Sardegna, Sez. I, 22/5/2018 n. 492).

In sostanza, la disciplina vigente complessiva, dall'art. 36 del CCP, dopo la novella del 2021 è riassumibile nei seguenti termini:

a) se la commessa di forniture e di servizi è di importo inferiore a 139.000 euro, o inferiore a 150.000 euro se di lavori, (art. 36, comma 2, lett. a) il contratto può essere affidato senza alcun confronto concorrenziale, cioè con affidamento diretto puro. In tal caso, il principio di rotazione non potrà che essere applicato in relazione all'aggiudicazione e non in relazione agli inviti, salvo il caso in cui si proceda all'affidamento diretto comparativo alla cui base, essendoci l'acquisizione di più offerte, il principio di rotazione attiene agli inviti;

b) se la commessa di forniture e di servizi (art. 36, comma 2, lett. b) è di importo pari o superiore a 139.000 euro e fino alla soglia di 215.000, o di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1.000.000 di euro, è necessario operare un confronto concorrenziale tra più ditte invitate per cui, in tal caso, si fa una previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti; se si tratta, infine, di lavori di importo pari o superiore a un milione di euro e fino alla soglia di 5. 382.000 euro, la consultazione deve essere almeno di dieci operatori.

In questo caso il principio di rotazione opera esclusivamente con riferimento alla fase degli inviti il che, peraltro, è conforme a evidenti esigenze di corretto esercizio dell'azione amministrativa e di tutela dell'affidamento.

Infine, viene in rilievo un ulteriore profilo che preme ora sottolineare.

Il principio di rotazione comporta, di norma, il divieto di invito nei confronti dell'operatore uscente e dell'operatore invitato e non affidatario nel precedente affidamento.

Se, dunque, l'invito all'affidatario uscente riveste carattere eccezionale, ciò nondimeno il divieto di invito del gestore uscente subisce una deroga in funzione della ratio dell'art. 36 che, contendono una norma pro-competitiva, favorisce l'ingresso delle piccole e medie imprese nei mercati ristretti e tutela, entro i limiti del rispetto dei principi della proporzionalità e della parità di trattamento, anche l’imprenditore uscente.

Sicché, se di regola all'imprenditore uscente si impone di “saltare” quanto meno il primo affidamento successivo (Tar Veneto, Sez. I, n. 320/2018) di modo che alla successiva gara esso si ritrovi in posizione paritaria con le altre concorrenti, (Cons. di Stato, Sez.VI, 31/8/2017 n. 4125) è proprio per effetto della deroga che il legislatore fa sì che il principio rotazione non si trasformi in una non codificata causa di esclusione dalla partecipazione alle gare.

Per tali ragioni è ammesso l'invito anche all'operatore uscente, purché la PA fornisca «adeguata, puntuale e rigorosa motivazione delle ragioni che l'hanno indotta a derogare al principio di rotazione facendo, in particolare, riferimento al numero (eventualmente) circoscritto e non adeguato di operatori presenti sul mercato, al particolare e difficilmente replicabile grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero al peculiare oggetto e alle specifiche caratteristiche del mercato di riferimento» (Cons. di Stato, Sez.V, 3/4/2018 n. 2079 e ANAC Linee guida n. 4, delibera 26/10/2016).

In tal modo non si tratta di una scelta generalista bensì di una scelta mirata ed opportunamente motivata dell'amministrazione.

Questa conclusione è ulteriormente confermata dal fatto che la stazione appaltante nei riguardi dell'operatore uscente ha l'alternativa: di non invitare il gestore uscente anche in presenza di una sua manifestazione di interesse; oppure di motivare adeguatamente le ragioni per le quali si ritiene di non poter prescindere dall'invito quando si è in presenza delle condizioni che ammettono il reinvito al gestore uscente sulla base di una stringente motivazione.

Infine, la costante giurisprudenza afferma che l'applicazione del principio di rotazione trova un limite, di carattere generale, nel solo caso di selezione mediante procedura aperta perché la stessa non prevede una preventiva limitazione dei partecipanti attraverso inviti. Secondo le Linee Guida n. 4 di ANAC «la rotazione non si applica laddove il nuovo affidamento avvenga con procedure ordinarie o comunque aperte al mercato, nelle quali, la stazione appaltante in virtù delle regole prestabilite dal Codice dei contratti pubblici ovvero dalla stessa in caso di indagine di mercato o consultazione di elenchi non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione».

A questo punto per dare un concreto significato al concetto procedure ordinarie o comunque aperte al mercato il giudice afferma quanto segue: “allorquando la stazione appaltante non sceglie i soggetti da invitare, ma apre al mercato anche nella procedura negoziata, dando la possibilità a chiunque di candidarsi a presentare un'offerta senza determinare limitazioni in ordine al numero di operatori economici ammessi alla procedura, ha per ciò stesso rispettato il principio di rotazione che non significa escludere chi ha in precedenza lavorato correttamente ma significa non favorirlo” (TAR Sardegna, Sez.I, 22/5/2018 n. 493).

Mentre in ordine alle indagini di mercato, citate da ANAC, secondo un successivo orientamento del Consiglio di Stato, Sez.V, n. 3831/2019, “risultano irrilevanti o comunque inidonee a compensare la mancata osservanza del principio di rotazione alcuni accorgimenti procedurali, predisposti dalla PA, tra i quali, l'espletamento di una preventiva indagine di mercato, perché il suddetto avviso non costituisce atto di indizione di una procedura di gara concorsuale, ma un'indagine conoscitiva di mercato non vincolante tesa ad individuare operatori economici da invitare alla successiva procedura negoziata. In definitiva lo strumento della manifestazione di interesse pur strumentale a garantire la più ampia partecipazione possibile agli operatori da invitare non rende affatto superflua la rotazione”.

Sulla questione deve comunque concludersi che si sono evidenziate difficoltà di non poco momento in fase interpretativa e applicativa del principio di rotazione.

Infatti, la suddetta problematica, intrecciandosi fittamente sia con il principio di apertura alle gare alla massima concorrenza dei soggetti presenti nel mercato, sia con il principio di par condicio, e dunque, di parità di trattamento anche per l'imprenditore uscente, ha richiesto ripetuti interventi giurisprudenziali: in particolare la ratio del principio di rotazione è stata declinata in tutte le sue implicazioni dal Consiglio di Stato.


Criteri di aggiudicazione per i contratti sotto soglia

Da ultimo, ma non meno importante, giova esaminare dell'art. 36, il comma 9-bis, comma aggiunto dall'art. 1, comma 17, della Legge n. 55/2019 (Sblocca cantieri), la cui disposizione recita: «Fatto salvo quanto previsto dall'art. 95 comma 3, le stazioni appaltanti procedono all'aggiudicazione dei contratti di cui al presente articolo sulla base del minor prezzo ovvero sulla base dell'offerta economicamente più vantaggiosa».

Dunque, è prevista la possibilità della scelta alternativa fra i due criteri anzidetti, operata dall'amministrazione, fermo però restando quanto statuito dall'art. 95, comma 3, del D.Lgs. n. 50/2016; il che significa che detta possibilità opera in riferimento solo ai contratti che non sono elencati ai punti a) b) c) dell'art. 95, comma 3, i quali sono aggiudicati, di converso, unicamente all'OEPV secondo la modalità prezzo-qualità.

Passiamo, pertanto, all'esame dei suddetti contratti il cui criterio di aggiudicazione è obbligatoriamente l'OEPV (ai sensi all'art. 95, comma 3, del CCP).

Al punto a), ci sono contratti relativi ai servizi sociali, e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché i servizi ad alta intensità di manodopera come definiti dall'art. 50, comma 1, fatti salvi gli affidamenti ai sensi dell'art. 36, comma 2, lett. a);

Al punto b) ci sono contratti relativi all'affidamento di servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica ed intellettuale di importo pari o superiore a 40.000 euro;

Al punto c) ci sono contratti di servizi e forniture di importi pari o superiore a 40.000 euro, caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo.

Chiarito ciò, giova far riferimento al combinato disposto dell'art. 36, comma 9- bis, e dell'art. 95, comma 3, da cui si evince, a mio avviso, la seguente impostazione: se da un lato per i contratti di lavori, forniture e servizi di importo inferiore alla soglia comunitaria opera in generale il principio della scelta discrezionale del criterio di aggiudicazione prezzo più basso o OEPV da parte della PA, dall'altro, il suddetto principio dell'alternanza subisce le seguenti deroghe:

la prima è che sono aggiudicabili solo al criterio dell'OEPV tutti i contratti sotto soglia che rientrano nei punti a) b) c) dell'art. 95, comma 3;

la seconda deroga consiste: nel fare salvo il caso che si tratti di contratti di servizi ad alta intensità di manodopera, i quali pur inseriti nell'art. 95, comma 3, lett. a), sfuggono alla regola della obbligatoria aggiudicazione all'OEPV, e quindi, possono essere aggiudicati anche al prezzo più basso, ma solo se gli affidamenti avvengono in applicazione dell'art. 36, comma 2, lett. a) in quanto, la deroga dell'art. 95, comma 3, lett. a) recita «fatti salvi gli affidamenti ai sensi dell'art. 36, comma 2, lett. a)».

Il che significa, altrimenti detto, che nel complesso degli affidamenti di cui all'art. 95, comma 3, solo quelli di servizi ad alta intensità di manodopera (art. 95, comma 3, lett. a), ma di importo inferiore a 139.000 euro (art. 36, comma 2, lett.a), sfuggono all'obbligo dell'aggiudicazione all'OEPV quindi, possono essere aggiudicati anche al prezzo più basso.

Di converso, il suddetto disposto non si può estendere ai servizi ad alta intensità di manodopera il cui importo è pari o superiore a 139.000 euro e fino alla soglia di 215.000 euro di cui all'art. 35 del CCP, i quali restano obbligatoriamente assoggettati al criterio dell'OEPV, probabilmente allo scopo di evitare che l'aggiudicazione al prezzo più basso danneggi i lavoratori.

A parere di chi scrive, sulla questione si può concludere che se da un lato è corretto ritenere che tale impostazione si possa ricavare muovendo dall’interpretazione letterale dell'articolo 95, comma 3 lett. a) in combinato disposto con la disciplina dell’art. 36, comma 2, lett. a), dall’altro, non è sufficientemente chiaro il coordinamento degli articoli in oggetto, in ordine alla duplice forzatura interpretativa intesa come deroga della deroga.

Tutto ciò a causa del non raro difetto sulla tecnica di redazione e di coordinamento tra testi normativi o articoli dello stesso testo, in cui il legislatore sovente incorre.


6. Brevi considerazioni finali

Il fine ultimo al quale mirano queste pagine è quello di portare argomenti a sostegno della tesi dell'importante ruolo che possono svolgere gli enti del Terzo Settore nel ricostruire l'economia del nostro Paese messa in ginocchio dalla Pandemia da Covid 19.

Nel contempo l'arresto della vita sociale ed economica che consegnato sta dimostrando che il Piano Nazione di Ripresa e Resilienza è il volano della ricostruzione perché comprende un ambizioso progetto di riforme, che poggiando sul Pilastro della tutela dei diritti sociali, è “parte di una ampia ed ambiziosa strategia pur l'ammodernamento del Paese”, come sottolinea il Presidente del Consiglio Mario Draghi nella premessa del PNRR.

Nel contesto di tale prospettiva, associo due considerazioni: una di metodo e una di merito.

In ordine a quella di metodo osservo che per mettere a terra i progetti del PNRR, seguendo correttamente le disposizioni di Legge applicabili, occorre riuscire a tenere in equilibrio dinamico i due Codici (CTS e Codice dei contratti pubblici) e la Legge 108/2021, facendo sì che marcino assieme e coerentemente, così che dalla loro contaminazione reciproca discendano complementarità strategiche.

È, in ciò, la vera grande sfida che dobbiamo saper cogliere e saper vincere per utilizzare al meglio i fondi del PNRR e del PNC.

In ordine alla considerazione di merito, la crisi pandemica ha dimostrato ampiamente ed inequivocabilmente quanto sia indispensabile includere il Terzo Settore tanto nella governance quanto nella gestione dei beni comuni e dei beni relazionali su cui sono fulcrati programmi e progetti del PNRR e del PNC.

Nondimeno, al di là della situazione contingente creata dalla pandemia da Covid 19, c’è chi ritiene – chi scrive è fra questi – che con l'adozione del CTS il legislatore nazionale ha riconosciuto, in primis, agli Enti del Terzo Settore il valore che meritano.

Essi costituiscono un patrimonio storico culturale del nostro Paese attraverso cui si viene affiancando al tradizionale modello solidaristico un nuovo modello di cittadinanza attiva che è caratterizzato alla stregua delle previsioni degli art. 1, 2 e 118 della Costituzione dalla spontanea cooperazione dei cittadini con la PA ed in particolare modo con gli Enti del Terzo Settore, che sono espressione qualificata dell'iniziativa autonoma dei cittadini associati per attuare e sostenere un continuo sviluppo e miglioramento della qualità della vita dei medesimi nella comunità locale di riferimento.

Ebbene, va ritenuto fermo come risultato positivo di questa analisi il fatto che, grazie al nuovo disegno riformatore contenuto nell'art. 118 della Costituzione, il Terzo Settore oggi risulta essere a tutti gli effetti un polo rilevante nell'ordinamento complessivo pubblico e privato del nostro Paese. I soggetti del Terzo Settore operano in una realtà quotidiana che esige un costante investimento emozionale, lealtà, fiducia e dedizione in primo piano. Essi sono portatori di valori come: il lavoro, il diritto alla vita, la solidarietà, la persona, che mettono al centro nel fare impresa, valorizzando un percorso umano che è una forma di generazione di ricchezza totalmente originale.

Ma quel che più conta, soprattutto, è che sanno svolgere delle funzioni con cui mettono alla prova detti valori senza solo predicarli.

Ebbene gli Enti del Terzo settore, che sfuggono alla tendenza al livellamento e alla standardizzazione degli strumenti organizzativi propri della cultura della globalizzazione, perché danno importanza agli elementi decisivi di ogni organizzazione che si chiamano: cultura, identità, valori e missione, devono essere pronti ad affrontare i programmi condivisi con la P.A. di grande impegno generativo, che trovano collocazione nel PNRR, per essere i veri protagonisti delle enormi sfide che ci attendono nell'immediato futuro.

Da ultimo, ma non meno importante, giova ricordare la frase di L.A. Seneca che mi sembra quanto mai attuale: «La calamità è l'opportunità della virtù» cioè l’opportunità di praticare “il bene” che in questo momento storico, così difficile per tutti noi, deve tradursi nella pratica del “bene comune”.

1 S. Zamagni, “Slegare il Terzo Settore” in Consiglio dell’Agenzia del Terzo Settore.

2 S. Zamagni, “Slegare il Terzo Settore” in Consiglio dell’Agenzia del Terzo Settore.

3 S. Zamagni, “La sfida etica nella quarta rivoluzione industriale”, 2019.

4 S. Zamagni, “Lo Stato e il mercato non bastano più” da L’Osservatore in Economia Civile, fasc. 1 del 16 maggio 2020.

5 L. Bruni, A. Smerilli, “Benedetta economia Benedetto di Norcia e Francesco d'Assisi nella storia economica europea” “Idee/economia – Città Nuova 2008.

6 L. Gori, “Terzo Settore come protagonista dell'attuazione della Costituzione” in Istant book – dicembre 2020, Terzo Settore e Pubblica Amministrazione. La svolta della Corte costituzionale, in Atti del Convegno organizzato il 20/10/2020 EURICSE.

7 Le risorse RRF ammontano 191,5 miliardi di euro da impiegare nel periodo 2021-2026, di cui 68.9 miliardi sono sovvenzionati a fondo perduto. L'Italia intende inoltre utilizzare appieno la prorpia capacità di finanziamento tramite i prestiti RRF, stimati 122,6 miliardi.

Per un approfondimento si veda M.C. Manca “PNRR, guida all'applicazione del Recovery Plan negli Enti della PA- Maggioli Editore, 2021

8 Piano nazionale degli investimenti complementari

9 Comunicazione della Commissione europea “Acquisti sociali. Una guida alla Commissione degli aspetti sociali negli appalti pubblici”. Seconda edizione 18 giugno 2021/C 237/01.

10 Nuove soglie di valore previste nel Regolamento delegato (UE) 2021/1952 del 10/2021 sono enrate in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2022, con i seguenti valori: 5.382.000 EUR per i lavori, 215.000 EUR per servizi e forniture.

11 Arco è un centro di ricerca nato nel 2008 presso PIN S.C.R. L Servizi didattici e scientifici per l'Università di Firenze e che offre servizi di ricerca, consulenza qualificata e formazione

12 Piano Nazionale di Riprese e Resilienza Next generation italia, p.6

13 Il Codice dei contratti pubblici all'art. 3, comma 1, lett. uuu, presenta una definizione generale delle procedure negoziate descrivendole come “le procedure di affidamento in cui le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell'appalto”. Non si distingue se la procedura negoziata è caratterizzata dalla presenza di un bando o è priva di tale elemento in quanto si pone al centro del modello e, quindi, della definizione la negoziazione delle offerte.

14 Le nuove soglie di riferimento, a partire dal primo gennaio 2022 sono: 215.000 euro per i contratti di fornitura e servizi e 5.382.000 per i contratti di lavori

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