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Il riordino del sistema unico di tassazione sul consumo: brevi cenni sulla Direttiva 2020/262/UE

Scritto da Nicola Dimitri • mar 2022

Sintesi

Il contributo, dopo aver illustrato i caratteri fondanti dell’imposta sulle accise e le fasi essenziali del processo di armonizzazione, si pone l’obiettivo di analizzare le novità introdotte al sistema unico di tassazione sul consumo dalla Direttiva del Consiglio n. 2020/262/UE e le modifiche intervenute in ambito domestico in forza del recepimento di detta novella.

Abstract

After illustrating the main characteristics of the Excise duty, within the EU harmonisation process of the tax, the paper aims to investigate the novelties introduced to the EU general system of taxation on consumption by Directive 2020/262/EU, together with the amendments introduced at a domestic level in the field of excise duties by virtue of relevant transposition act.

Contenuto


1. Introduzione

Il settore delle accise, nonostante sia di estrema importanza per le entrate pubbliche rappresentando una delle principali entrate tributarie per entità (dopo Irpef e Iva), è spesso percepito, per molteplici ragioni, come «un settore enigmatico e quindi di difficile comprensione»1. Comprensione, del resto, non sempre agevolata dagli interventi del legislatore, dalle decisioni delle Corti e, finanche, dai contributi della letteratura tributaristica che, in effetti, indaga l’ambito impositivo delle accise con meno ricorrenza rispetto a quanto invece non faccia per altre categorie del diritto tributario2.

E invero, senza pretesa di offrire, in questa sede, un’esaustiva trattazione della materia e, tantomeno, di ridimensionare la portata delle pregresse – quanto ancora attuali – questioni insolute3 che investono questo ambito, il presente contributo, con l’intento di rischiarare i profili di novità che involgono il mondo delle accise, si pone l’obiettivo di analizzare le modifiche introdotte a seguito del recepimento interno della Direttiva del Consiglio n. 2020/262/UE.

In questi termini, non prima di aver passato brevemente in rassegna i caratteri essenziali dell’imposta, alla luce del processo di armonizzazione nel tempo portato avanti in ambito sovranazionale, l’attenzione ricadrà sul riordino della disciplina determinato dalla nuova Direttiva che, tra le altre cose, reca disposizioni sul regime sospensivo dell’accisa e introduce nuove figure di soggetti obbligati (speditore e destinatario certificati).

Ad avviso di chi scrive, proprio i momenti di crisi, come del resto è quello attuale, ripropongono l’esigenza di sviluppare riflessioni in materia di accise, alla luce del fatto che questi tributi, per loro precipua natura, sono idonei ad assumere funzioni extra-fiscali (si pensi alla tassazione dei prodotti energetici che interagisce con la politica ambientale, o all’accisa sui prodotti petroliferi che, per il cospicuo gettito che genera, si presta ad essere utilizzata anche per finalità di politica economica), e pertanto, in contesti di contrazione economico-finanziaria, ben si prestano a migliorare il gettito in ambito domestico, sostenere la crescita economica e contribuire alla realizzazione delle politiche europee.


2. L'integrazione attraverso il fisco. L'integrazione attraversa il fisco. L'accisa nella prospettiva comunitaria: un percorso in divenire

Le accise rappresentano un gruppo eterogeneo di imposte erariali indirette che colpiscono la produzione o il consumo di beni e prodotti di natura merceologica diversa4, il cui onere economico, collegato al prelievo tributario, è solitamente sopportato mediante il meccanismo della traslazione dal consumatore finale.

Più in particolare, le accise sono imposte indirette “specifiche”, in quanto l’aliquota è determinata in misura fissa, e a “carattere speciale”. Esse, infatti, colpiscono solo alcuni prodotti individuati dalla legge: tra cui quelli energetici, gli oli minerali derivanti dalla distillazione e raffinazione del petrolio (si pensi a benzina, gasolio, gas metano, ecc.), i prodotti alcolici, i tabacchi lavorati5. Il tributo, inoltre, si caratterizza per l’assoluta indipendenza tra valore dei prodotti sottoposti a tassazione ed entità dell’imposta applicata, al punto che l’imposta può rappresentare la parte preponderante del prezzo di vendita finale dei beni ad essa soggetti.

La forza dell’accisa (e dell’intero regime), tra le altre cose, risiede nel fatto che il momento della nascita dell’obbligazione tributaria coincide con quello della produzione o dell’importazione di specifici prodotti, di modo che il soggetto che ha prodotto o importato nel territorio doganale dell’UE determinati beni «risulta debitore della relativa accisa e rimarrà sotto la lente di ingrandimento dell’Amministrazione finanziaria fino a che il debito sarà stato estinto o trasferito su di altri soggetti passivi»6.

Le imposte in parola, caratterizzate da problematiche applicative limitate perlopiù a pochi grandi produttori (che non investono, quindi, la platea dei consumatori), ricoprono, per la loro peculiare natura, un’importanza di primo piano per l’Erario. Queste, infatti, gravando su beni di largo consumo, garantiscono un elevato gettito, al punto che l’istituzione di tali tributi è stata spesso fatta discendere da mere esigenze di cassa7.

Anche per queste ragioni, come noto, le accise non solo consentono al legislatore di governare la produzione e il consumo dei beni incidendo sulle modalità di determinazione del tributo, ma – poiché piccole variazioni delle aliquote garantiscono nuovo e maggiore gettito in tempi ridotti – costituiscono un importante strumento finanziario. Ad esse, infatti, si fa ricorso per improvvise e impreviste esigenze di copertura di spese8: ad esempio, per finanziare le emergenze da calamità naturali o per sostenere interventi strutturali dello Stato.

E invero, tali imposte, nel tempo, sono state sottoposte ad una lenta opera di armonizzazione a livello comunitario9. L’esigenza di favorire il libero scambio di merci tra Stati membri e di dare vita (prima) ad un grande mercato interno senza frontiere e (dopo) ad un comune spazio finanziario, già agli albori del progetto europeo10, ha sollevato l’urgenza di incidere sull’ambito normativo, eliminando (o tuttalpiù riducendo) le barriere domestiche, anche di origine fiscale, idonee a ostacolare la circolazione di merci, servizi e capitali.

Il legislatore comunitario – nella consapevolezza che le distorsioni fiscali si sarebbero manifestate prevalentemente nell’ambito delle imposte indirette11 – si è, quindi, presto occupato di avviare e, poi, accelerare (nel quadro di un più ampio processo che, tra le altre cose, ha portato all’unione doganale), il percorso di armonizzazione dei livelli di imposizione tra i Paesi europei, in particolar modo in campo Iva e accise; ambiti che costituivano le ragioni fiscali del permanere dei controlli alle frontiere12.

L’armonizzazione delle imposte indirette, in buona sostanza, ha consentito di avvicinare progressivamente i diversi sistemi fiscali europei e, conseguentemente, di ridurre le più significative discrasie nei livelli di imposizione, a beneficio del mercato interno e della concorrenza13: prima dell’azione uniformatrice dell’UE, la circostanza che ogni Stato prevedesse prelievi differenti (in forza di aliquote, a loro volta, assai differenziate14) su medesimi consumi o produzioni influiva negativamente sugli scambi intracomunitari a danno dei prodotti importati.

Queste le ragioni alla base dell’istituzione a livello europeo di un sistema uniforme di tassazione sul consumo, attraverso il quale, prima con la Direttiva 92/12/CEE15, poi con la Direttiva 2008/118/CE, cui è stata data attuazione interna con il D.Lgs. n. 48/2010, sono stati elaborati principi comuni relativi alla struttura del tributo, alla misura minima delle aliquote e al criterio di tassazione nello Stato in cui i prodotti soggetti a imposizione sono immessi in consumo.

È perciò a partire dagli anni Novanta, in particolare con la Direttiva generale, c.d. quadro, adottata il 25 febbraio 1992, n. 92/12/CEE [abrogata dalla Direttiva 2008/118/CE], che disciplinava il regime generale, e delle Direttive 92/78/CEE, 92/79/CEE e 92/80/CEE relative ai tabacchi lavorati, delle Direttive 92/81/CEE e 92/82/ CEE relative agli oli minerali, che si è dato concreto abbrivio al processo di armonizzazione europeo delle accise.

Attraverso tali atti legislativi è stato istituito il “regime comunitario delle accise”, che prevede aliquote minime, strutture impositive comuni per gli Stati membri e procedure armonizzate in relazione alla detenzione e alla circolazione dei prodotti soggetti ad accisa nel territorio comunitario.

Proprio con riferimento alle aliquote minime, il diritto comunitario, al fine di minimizzare gli effetti negativi che il ravvicinamento della disciplina avrebbe comportato sul bilancio degli Stati membri, in forza del principio di sussidiarietà, ha lasciato impregiudicata (ex art. 1, par. 2, della Direttiva 2008/118/CE), la facoltà alle singole giurisdizioni di introdurre o mantenere accise diverse o di prevedere specifiche esenzioni e riduzioni di imposta, in funzione di manovre economico-finanziarie e di obiettivi domestici anche di natura extra-fiscale16. A condizione, però, di non dare luogo a effetti distorsivi nel commercio intracomunitario e a formalità connesse all’attraversamento delle frontiere: le accise non armonizzate, infatti, sono consentite se non si sovrappongono agli altri tributi armonizzati17.

Ebbene, questo armonizzato sistema di tassazione, così come delineato dal diritto comunitario, oltre ad aver stabilito il presupposto dell’imposta, individuato i soggetti passivi, fissato le aliquote minime, designato le modalità di circolazione in sospensione d’imposta ed il principio della tassazione nel Paese di destinazione, da un punto di vista dei controlli ai confini ha concorso nell’abolizione delle frontiere fiscali negli scambi intracomunitari.

La Direttiva del 2008, relativa al regime generale delle accise, successivamente modificata dalla Direttiva n. 2010/12/UE del 16 febbraio 2010, rispondeva all’esigenza di rifondere all’interno di un unico atto tutta la normativa comunitaria in materia di accise fino a quel momento prodotta, quanto meno a partire dalla creazione del mercato unico, coincidente con il 1° gennaio 1993. Il legislatore attraverso questa Direttiva, con lo scopo di garantire il corretto funzionamento del mercato interno18 in relazione alla libera circolazione dei prodotti colpiti dall’imposta, ha accresciuto la certezza giuridica per gli operatori e le amministrazioni prevedendo, tra le altre cose, un sempre maggiore ricorso alle procedure informatiche: ad esempio, ha introdotto il sistema informatizzato per i movimenti ed i controlli dei prodotti soggetti ad accisa in regime sospensivo19.

Alla luce di quanto sinora detto, nonostante all’interno dell’Unione europea sussistano divergenti concezioni sul ruolo della fiscalità (ora intesa come possibile fattore di sviluppo, ora come mero ostacolo alla concorrenza e, quindi, alla neutralità degli scambi), si può affermare che le accise ex art. 113 del TFUE – come pure le altre imposte che colpiscono gli scambi, quali le imposte doganali o l’Iva – hanno contribuito in larga parte al processo di costruzione europea.

Le imposte indirette, in particolar modo il settore impositivo delle accise, hanno svolto un ruolo cruciale nella realizzazione del mercato interno, facilitando le transazioni commerciali intracomunitarie e favorendo, limitatamente ai beni colpiti dall’imposta, la creazione di uno spazio comune entro il quale i Paesi membri si muovono in modo uniforme, tanto per quel che concerne l’ambito normativo-applicativo (ad esempio, in relazione al momento d’esigibilità dell’imposta), tanto per quel che riguarda quello economico-politico.


3. Direttiva 2020/262/UE. Profili di novità

Dopo la riorganizzazione del settore delle accise in ambito europeo, avviata negli anni Novanta e continuata con la Direttiva 2008/118/CE (che, a partire dal 1° aprile 2010, ha abrogato la Direttiva 92/12/CEE), un ulteriore intervento di riordino generale del sistema armonizzato si è avuto con la Direttiva 2020/262/UE20.

La nuova Direttiva, il cui principale obiettivo è affinare la precedente legislazione per soddisfare sopravvenute esigenze di uniformità e speditezza dei traffici, non si limita a rifondere in un unico testo le modifiche intervenute nel corso degli anni, ma introduce alcune novità nella tassazione dei prodotti assoggettati a tale imposta, rinforzando, altresì, il contrasto alle numerose frodi che interessano, in Italia come all’estero, il settore.

Ebbene, tra i principali profili di novità della nuova disciplina in commento, entrata in vigore il 21 marzo 2020 (ma le cui disposizioni, in grande parte, si applicheranno a partire dal 2023, per consentire ai Paesi membri di adeguarsi agli interventi riformatori), occorre soffermare l’attenzione sull’art. 6, 1 co., attraverso il quale si reca la nozione di “evento imponibile”, del tutto assente nella precedente Direttiva 2008/118/UE.

A mente del suddetto articolo l’evento imponibile si configura in due distinti e precisi momenti: quando i prodotti sottoposti ad accisa vengono fabbricati (o estratti) nel territorio dell’Unione o quando vengono importati o fatti entrare irregolarmente nell’UE. A tal riguardo lo stesso art. 3 della nuova Direttiva accise specifica che per “ingresso irregolare” si intende ogni introduzione nel territorio dell’Unione di prodotti che non sono vincolati al regime di immissione in libera pratica ai sensi dell’articolo 201 del Codice doganale UE e per i quali è sorta un’obbligazione doganale ai sensi dell’articolo 79, paragrafo 1, di detto codice.

Nell’ottica della lotta alle frodi, la Direttiva, dapprima, all’art. 6, 9 co., estende al caso di distruzione o perdita solo parziale della merce la necessaria dimostrazione della mancata immissione in consumo del prodotto sottoposto ad accisa e, poi, all’art. 7, co. 1, lett. b, rubricato “debitore d’accisa”, prevede una nuova ipotesi di responsabilità solidale d’imposta che intercorre tra colui che detiene il prodotto e il soggetto che ne ha effettuato l’immagazzinamento21. Più nel dettaglio, in ragione del fatto che l’immagazzinamento della merce è potenziale fonte di illeciti (in forza del meccanismo di interposizione tra il vero responsabile dell’operazione – società o speditore – che ha curato l’immagazzinamento, e il soggetto fittizio, detentore della merce), la norma prevede che debitore dell’accisa divenuta esigibile è anche la persona che detiene o immagazzina prodotti sottoposti ad accisa, o qualsiasi altra persona che ha partecipato alla loro detenzione o al loro magazzinaggio (o una combinazione di tali persone).

L’art. 9, invece, introduce un sistema di presunzioni per il caso di irregolarità durante i movimenti di prodotti in regime di sospensione. Premesso che per “irregolarità” si intende ogni situazione di anomalia nella circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione, diversa dall’ipotesi di perdita parziale, perdita irrimediabile o distruzione totale (ex art. 6, commi 5 e 6), il meccanismo della presunzione appare così regolato:

  1. l’immissione in consumo si considera come avvenuta nel territorio dello Stato membro in cui si è verificata l’irregolarità, se durante la circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione si è verificata un’anomalia che ha dato luogo all’ipotesi di svincolo irregolare (in conformità dell’articolo 6, paragrafo 3, lettera a);

  2. l’immissione in consumo si presume avvenuta nel territorio dello Stato membro e nel momento in cui è stata rilevata, se durante la circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione è stata rilevata un’irregolarità che ha dato luogo all’immissione in consumo dei prodotti, derivante da svincolo irregolare, e non è possibile determinare dove si sia verificata l’irregolarità.

In questi casi, la disposizione prevede che le autorità dello Stato membro nel quale i prodotti sono stati o si presume siano stati immessi in consumo informeranno le autorità competenti dello Stato membro di spedizione.

Di rilievo è la disposizione di cui al comma 4 della norma in commento. Si specifica, infatti, che, ove durante la circolazione non sia rilevata alcuna irregolarità che abbia dato luogo all’immissione in consumo dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione, ma questi non siano comunque giunti a destinazione, l’irregolarità si presume avvenuta nello Stato membro di spedizione nel momento in cui è iniziata la circolazione22. In questo passaggio, si apprezza l’intento di allineare la disciplina sulle accise con quella doganale (in particolare con i principi dalla giurisprudenza doganale), secondo cui se non è possibile accertare il luogo in cui è stata commessa un’irregolarità, è competente lo Stato membro in cui è avvenuta la spedizione della merce23.

Infine, occorre osservare che, benché la direttiva si applichi a tutti i settori armonizzati delle accise, essa non regolamenta le condotte che danno luogo a sanzioni; né la Direttiva si sofferma nel dettaglio sugli aspetti sanzionatori in materia di accise. Pur richiamando il principio di proporzionalità della sanzione, affermato costantemente dalla Corte di Giustizia UE24, l’individuazione delle condotte rilevanti e delle sanzioni è perciò ancora relegato all’ambito domestico; dunque, demandato ai legislatori dei singoli Paesi membri.


4. La normativa interna delle accise alla luce del riordino generale sovranazionale: dall'ingresso irregolare allo speditore certificato

Le modifiche al regime armonizzato introdotte dalla novella unionale e recepite dal D.Lgs. n. 180/2021 (entrato in vigore il 14 dicembre 2021), danno nuova fisionomia alla disciplina nazionale, raccolta nel decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (T.U.A., Testo unico accise), e sollevano alcune riflessioni25.

In questo senso, occorre prendere le mosse dalla disciplina prevista dall’art. 2 del T.U.A., rubricato “Fatto generatore ed esigibilità dell’accisa”, così come modificato a seguito del recepimento della Direttiva n. 2020/262/UE.

L’art. 2 T.U.A. individua il momento in cui sorge l’obbligazione tributaria, i soggetti obbligati al pagamento dell’accisa e riporta, altresì, le fattispecie che configurano l’immissione in consumo dei prodotti sottoposti ad accisa.

A seguito del recente intervento del legislatore si è aggiunta un’ulteriore ipotesi relativa al momento in cui sorge l’obbligazione tributaria (al comma 1 dell’articolo modificato): essa sorge non più “solo” al momento della fabbricazione dei prodotti (compresa l’estrazione dal sottosuolo) o al momento dell’importazione, ma anche al momento dell’ingresso irregolare dei prodotti nel territorio dello Stato.

La Direttiva ha allargato le occasioni di nascita dell’obbligazione tributaria anche al caso in cui il prodotto sottoposto ad accisa sia introdotto nello Stato in violazione delle disposizioni imperative in materia doganale. La definizione di “ingresso irregolare”, su cui tanto la Direttiva quanto la normativa di recepimento nazionale pongono l’attenzione, è perciò funzionale all’individuazione del momento in cui si deve considerare sorta l’obbligazione tributaria in materia di accisa: essa sorge in relazione ai prodotti che sono introdotti nel territorio nazionale senza rispettare la normativa doganale26.

Modifiche sono apportate anche al comma 2 dell’art. 2 del T.U.A. che, oltre a definire quando l’accisa è esigibile (al momento dell’immissione in consumo), chiarisce cosa debba intendersi per immissione in consumo. Sul punto, le modifiche intervenute in recepimento della direttiva aggiornano le fattispecie che determinano l’immissione in consumo, aggiungendo, oltre all’ipotesi di fabbricazione irregolare di prodotti sottoposti ad accisa, anche quella di trasformazione o della lavorazione, anche irregolare, degli stessi. Viene infine introdotto il nuovo comma 4-bis nell’art. 2 T.U.A. a mente del quale, in tutti i casi in cui esistano più soggetti tenuti al pagamento dell’accisa, essi sono responsabili in solido del pagamento del tributo: ciò vale a dire che, in caso di irregolarità durante i movimenti di prodotti in regime di sospensione, i soggetti tenuti a versare l’imposta nello Stato membro in cui si verifica l’immissione in consumo sono lo speditore registrato, coloro che hanno prestato garanzia per il pagamento dell’accisa, il depositario autorizzato, nonché i soggetti nei confronti dei quali si verificano i presupposti di esigibilità dell’imposta. Il riferimento al depositario autorizzato risponde alla volontà di contrastare le frodi e responsabilizzare il gestore del deposito, in considerazione del fatto che molti casi di infrazione si realizzano con l’interposizione fittizia di un soggetto detentore della merce, nonostante il vero responsabile dell’operazione sia il depositario che ne cura l’immagazzinamento. Da questo punto di vista, si osserva che viene recepito un indirizzo della Corte di Giustizia UE con riguardo al depositario-garante di accise. Secondo i giudici europei, al depositario autorizzato va riconosciuto un ruolo centrale nell’ambito della circolazione dei prodotti soggetti ad accisa in regime sospensivo e la responsabilità dell’assolvimento del tributo, in caso di irregolarità o infrazione nel corso della movimentazione, è oggettiva27.

A cambiare è anche l’art. 4, comma 4 del T.U.A., relativo alla disciplina degli abbuoni per perdite, distruzioni e cali. Più in particolare, la modifica si riferisce ai casi di perdite parziali inerenti la natura dei prodotti, per prodotti che circolano in regime sospensivo e provengono da altri Stati membri dell’UE28.

È specificato che, in caso di cali parziali occorsi durante il processo di fabbricazione/lavorazione o durante la circolazione intra-UE, l’abbuono è concesso se l’entità della medesima perdita è inferiore alla soglia comune di riferimento (individuata dalla Commissione europea ai sensi dell’art. 6, par. 10, della Direttiva 2020/262/UE) e sulla differenza di prodotto mancante sarà dovuta l’accisa, salvo che l’Amministrazione finanziaria abbia motivi fondati di sospettare frodi o irregolarità.

Inoltre, in caso di perdita irrimediabile, totale o parziale, o di distruzione totale di prodotti che si trovano in regime sospensivo, le Dogane potranno concedere l’abbuono dell’accisa solo se il soggetto dimostra, in un modo ritenuto soddisfacente dall’Amministrazione finanziaria, che la perdita o la distruzione è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. Proprio su quest’ultimo aspetto, si rileva che la riforma delle accise amplia significativamente la possibilità di concedere l’abbuono. La disciplina novellata, infatti, equipara al caso fortuito e alla forza maggiore, oltre ai fatti determinanti la suddetta perdita o distruzione, imputabili al solo soggetto obbligato a titolo di colpa non grave, anche quelli compiuti da terzi e non ascrivibili al soggetto obbligato a titolo di dolo o colpa grave. Più in particolare, la nuova formulazione dell’art. 4, comma 1, secondo periodo, del T.U.A., così prevede: “i fatti che determinano la perdita irrimediabile o la distruzione totale dei prodotti, imputabili esclusivamente al soggetto obbligato a titolo di colpa non grave e quelli, determinanti la suddetta perdita o distruzione, che siano imputabili a terzi e non siano altresì imputabili a titolo di dolo o colpa grave al soggetto obbligato, sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore”.

La norma riprende in verità il principio affermato di recente dall’ordinanza n. 22892 del 21 ottobre 2020, con la quale la Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di distruzione o di perdita totale del prodotto in regime di sospensione dall’imposta, l’accisa non è dovuta, e che l’abbuono è riconosciuto tanto per il caso in cui il fatto discenda da caso fortuito o da forza maggiore, quanto laddove risulti riconducibile a fatto del contribuente a titolo di colpa, purché non di tipo grave: si pensi alla rottura accidentale di un serbatoio, per colpa non grave del soggetto passivo, non essendovi una immissione in consumo del prodotto, scatta il diritto all’abbuono29.

Nell’ambito del riordino del regime generale delle accise fanno la loro comparsa nell’ordinamento italiano due specifiche figure di operatori abilitati alle movimentazioni di prodotti sottoposti ad accisa in ambito intra-UE.

L’art. 1, co. 1, lettera g) del decreto introduce, infatti, un nuovo art. 8-bis nel T.U.A. che prevede la figura del “destinatario certificato” alla quale, in modo complementare, si affianca quella dello “speditore certificato”, dall’art. 9-bis del T.U.A., introdotto dalla successiva lettera i) del decreto.

Queste due figure hanno la finalità di semplificare la circolazione di beni, in particolare dei prodotti alcolici. Questi operatori sono abilitati a movimentare prodotti sottoposti ad accisa immessi in consumo nel territorio di uno Stato membro e successivamente trasportati verso un altro Stato membro per essere consegnati per scopi commerciali.

Rispettivamente, il destinatario certificato è un soggetto che possiede la qualifica di depositario autorizzato o di destinatario registrato ed è abilitato a ricevere in Italia prodotti immessi in consumo in un altro Paese UE e per i quali l’imposta sarà dovuta nel territorio dello Stato. Per qualificarsi quale destinatario certificato30 occorre già essere in possesso del titolo di “depositario autorizzato” o di “destinatario registrato” e, per i tabacchi lavorati, possono operare con tale qualifica i soli destinatari registrati: tali soggetti devono essere preventivamente autorizzati dall’autorità doganale per poter operare come destinatari certificati. Il destinatario certificato è tenuto a prestare una garanzia, a iscriversi in appositi registri, al pagamento dell’accisa entro il giorno successivo a quello di arrivo dei prodotti presso il destinatario certificato.

Nel senso opposto si pone lo speditore certificato. Si tratta di un operatore autorizzato a spedire prodotti sottoposti ad accisa immessi in consumo in Italia e trasportati verso un destinatario certificato di un altro Paese UE. Più nel dettaglio, secondo la definizione europea, egli è la persona fisica o giuridica registrata presso le autorità competenti dello Stato UE di spedizione che, nell’esercizio della sua attività, spedisce prodotti sottoposti ad accisa verso un destinatario certificato di un altro Stato membro in cui sono consegnati per scopi commerciali.

A differenza di quanto previsto per la figura del destinatario certificato, per ottenere la qualifica di “speditore” non sono richiesti particolari requisiti soggettivi, a fronte della minore pericolosità fiscale delle operazioni che quest’ultimo pone in essere (sui prodotti movimentati dallo speditore, infatti, l’accisa risulta già versata allo Stato)31.


5. Conclusioni

I Paesi dell’UE, come è noto, in base al principio di sussidiarietà, hanno scelto di non interferire sulle discipline nazionali in materia di imposte sul reddito. Detto settore impositivo, infatti, è materia di competenza esclusiva degli Stati membri, a patto che tale competenza venga esercitata nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità e si articoli salvaguardando la concorrenza.

Altro discorso, invece, concerne le imposte indirette: quali le imposte doganali, l’Iva e le accise. Queste, infatti, poiché (tanto da un punto di vista giuridico, quanto economico) colpiscono gli scambi – dunque incidono sugli scopi fondanti della Comunità, ora UE, vale a dire la creazione di un’area di libero scambio con l’eliminazione degli ostacoli fiscali alle transazioni commerciali interne e la realizzazione di un mercato comune uniformemente regolato nei rapporti coi Paesi terzi – sono state sottoposte (dalla fondazione della Comunità ad oggi) a una lenta opera di armonizzazione.

In particolare, l’ambito delle accise è da sempre oggetto di una speciale attenzione da parte del legislatore (europeo o nazionale) il quale, frequentemente, interviene sulla disciplina delle accise al fine di elaborare norme in adeguamento all’evoluzione dei traffici, dei consumi di massa e, non da meno, dei deficit di bilancio.

Ebbene, il recepimento della Direttiva 2020/262/UE è occasione di grande rilievo alla luce del fatto che la disciplina, recepita dal D.Lgs. n. 180/2021, non dispone soltanto un generale riordino del sistema armonizzato, ma introduce alcune importanti novità che, ad esempio, si individuano nel fatto che l’obbligazione tributaria sorge anche in caso di introduzione irregolare dei prodotti sottoposti ad accise nel territorio dello Stato; o nella previsione dell’ipotesi di responsabilità solidale dei soggetti obbligati al pagamento dell’imposta.

Come si è accennato in apertura del contributo, rischiarare alcuni di questi profili di novità, recentemente intervenuti per opera delle modifiche al regime armonizzato introdotte dalla novella unionale, significa tenere traccia di un settore impositivo in continua evoluzione. Un settore centrale, soprattutto in momenti di contrazione economica, non solo per lo sviluppo delle politiche europee, ma anche per quelle nazionali.

1 M. Logozzo, Le accise: inquadramento sistematico e questioni aperte, in Riv. dir. trib., 2018, 2, pp. 129-159, spec. 139.

2 Il mondo delle accise risulta, se comparato alla produzione accademica in altri ambiti del diritto tributario, parzialmente inesplorato. Le trattazioni sistematiche e organiche in materia di accise sono, infatti, ancora rare e contributi di settore sono orientati a quasi esclusivamente approfondire profili attinenti casi particolari. In questi termini, M. Logozzo, Le accise: inquadramento sistematico e questioni aperte, in Riv.dir. trib., 2018, cit. Nello stesso senso, nella prefazione al volume di R. Galdi, A. Piri, U. Sirico, Le accise sui prodotti energetici e sull’elettricità, Torino, 2014, p. XV, si esprime Giuseppe Tinelli ad avviso del quale: «lo studio di settori specialistici del diritto tributario raramente presenta profili interessanti dal punto di vista dottrinale, in quanto la prevalenza degli aspetti pratici nella formulazione degli istituti rende di regola complessa la sistemazione teorica ed esegetico l’approccio scientifico. Ciò si avverte a maggior ragione in quegli ambiti disciplinari nei quali alla funzione propriamente tributaria si unisce una finalizzazione extra-fiscale del tributo». Ancora, sul punto, si rimanda a C. Verrigni, Le accise nel sistema dell’imposizione sui consumi, Torino, 2017, p. 6, secondo la quale «Nel sistema della tassazione sui consumi la dottrina giuridica ha quindi privilegiato lo studio dell’imposta sul valore aggiunto in considerazione del fatto che si tratta di un tributo che interessa un elevato numero di operatori, che colpisce la generalità delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi e si caratterizza per un meccanismo applicativo complesso, dal quale generano numerose e significative controversie». Infine, necessario il rimando a V. Uckmar, Progetti e possibili soluzioni dell’armonizzazione fiscale dell’UE, in Dir. prat. trib., 1995, 1, pp. 9-18.

3 Il mondo delle accise, a parere di molti studiosi della materia e di operatori del diritto, si presenta caratterizzato da numerose questioni aperte, che sovente si traducono in: problemi di conformità di talune disposizioni rispetto al principio di legalità; criticità nell’individuazione della base imponibile e degli elementi da cui questa deve essere desunta; carenza di criteri direttivi specifici e vincolanti dell’azione amministrativa; mancanza di regole certe dal punto di vista applicativo e procedurale. Nel settore delle accise “armonizzate”, inoltre, il problema dell’individuazione del presupposto impositivo è oggetto di accesi dibattiti dottrinali. In particolare, discussa è l’interpretazione dell’art. 2 T.U.A. Infine, l’accisa è un’imposta poco indagata anche per la scarsa conflittualità e, quindi, in ragione del numero limitato delle controversie. Si veda M. Maresca, Le imposte di fabbricazione e le sovrimposte di confine rispetto ai diritti doganali: gli equivoci di una ricostruzione sistematica, in Dir. prat. trib., 1984, II, pp. 1104-1105.

4 G. Cipolla, voce Accise, in Dizionario di dir. pub., diretto da S. Cassese, Milano, 2006, p. 72 ss.; R. Schiavolin, voce Accise, in Enc. Dir., Agg., IV, Milano, 2000, p. 22 ss.

5 Si suole far discendere il termine accise dal latino accisus, participio passato di accido-accidere, vale a dire “cadere sopra”. In periodo più recente, si è fatto risalire il sorgere della parola “accisa” al termine accisia con cui, nel medioevo, venivano designate le taglie imposte dagli eserciti invasori sui territori conquistati e con cui, in seguito, furono identificate alcune imposte sui consumi introdotte, ad esempio, in Olanda e in Inghilterra. La disciplina interna è governata dal D.Lgs. 26.10.1995 n. 504, anche T.U.A., il cui art. 1, co. 2, rubricato “Ambito applicativo e definizioni, definisce accisa”: “l’imposizione indiretta sulla produzione o sul consumo dei prodotti energetici, dell’alcole etilico e delle bevande alcoliche, dell’energia elettrica e dei tabacchi lavorati, diversa dalle altre imposizioni indirette previste dal Titolo III del presente testo unico”.

6 R. Galdi, A. Piri, U. Sirico, Le accise sui prodotti energetici e sull’elettricità, cit., p. 3.

7 «Il tributo fu introdotto nel 1868 e rappresentò una misura di politica economica dettata dall’esigenza di risolvere con velocità il grave problema del disavanzo finanziario post-unificazione. Esisteva già un’imposta sui cereali in Toscana e in Sicilia, abolita, nell’isola da Garibaldi nel 1860 proprio per il malcontento correlato, adottando un sistema di contatore meccanico, col quale evitare gli abusi precedenti e prescindere dalle dichiarazioni dei contribuenti e dall’opera degli agenti fiscali», così R. Alfano, Le accise sull’energia: quadro europeo e prospettive nazionali, in Riv. dir. trib. int. 2015, pp. 125-166, spec. p. 132. Sul punto, si rimanda anche a G. Marongiu, Alle radici dell’ordinamento tributario italiano, Padova, 1988, p. 343 ss.

8 G. Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte speciale, Padova, 2003, p. 613 ss..

9 Il primo provvedimento comunitario in materia è stata la Direttiva del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 72/464/CEE (in GUCE n. 303 L del 31 dicembre 1972, p.1), in tema di tabacchi, e, solo dopo venti anni, è stata emanata una disciplina generale delle accise con la Direttiva-quadro del Consiglio del 25 febbraio 1992, n. 92/12/CEE (GUCE n. 76 L del 23 marzo 1992, p. 1) relativa a oli minerali, alcool e bevande alcoliche, tabacchi.

10 Tracce dell’urgenza di disciplinare in ambito sovranazionale il settore delle imposte indirette (in particolare Iva e accise) possono essere individuate già nel Trattato che istituisce la Comunità economica europea (Trattato CEE), il cui art. 99 così prevedeva: “la Commissione esamina in qual modo sia possibile armonizzare, nell’interesse del mercato comune, le legislazioni dei singoli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, alle imposte di consumo e ad altre imposte indirette”.

11Per imposte indirette si intendono tutte le altre imposte (dunque quelle non commisurate al reddito o al patrimonio di un soggetto), ed in particolare le imposte sulla produzione o sul consumo di beni e servizi o su determinati atti giuridici. Si veda, B. Bises, Lezioni di scienza delle finanze, Torino, 2019.

12 Avverte, sul punto, Logozzo, «Non è dunque casuale che l’attenzione comunitaria sia stata focalizzata innanzitutto sul settore dell’imposizione indiretta, con specifico riferimento all’imposta sulla cifra di affari (IVA) ed alle accise, stante l’idoneità di queste forme di imposizione ad incidere sul prezzo di un bene o di un servizio, alterando di conseguenza la trasparenza e l’uniformità del mercato». v. M. Logozzo, Le accise: inquadramento sistematico e questioni aperte, in Riv.dir. trib., 2018, p. 130, cit.

13 Cfr. A. Majocchi, L’armonizzazione europea in campo fiscale, in Il Politico, Vol. 58, No. 3 (166), pp. 395-414.

14 Sul processo di armonizzazione dell’imposta si rimanda a M. Cerrato, Spunti intorno alla struttura e ai soggetti passivi delle accise, in Riv. dir. trib., 1996, I, p. 215 ss.; F. Fichera, L’armonizzazione delle accise, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1997, 2, pp. 216-258.

15 Le direttive comunitarie volte a realizzare l’armonizzazione sono intervenute nel 1992 relativamente alle principali accise, e cioè a tre gruppi di prodotti: oli minerali (tra cui era ricompreso il gas metano e gas naturale), alcool e bevande alcoliche, tabacchi lavorati, ed hanno riguardato, oltre ad un regime generale comune, la struttura e le aliquote delle diverse accise, nella misura minima (e non in quella massima) d’imposizione.

16 Lo stesso progetto di armonizzazione ha avuto, sin dall’origine, l’obiettivo dell’eliminazione delle frontiere fiscali piuttosto che la realizzazione di un sistema unico di tassazione a livello europeo.

17 v. R. Alfano, Le accise sull’energia: quadro europeo e prospettive nazionali, in Riv. dir. trib. int. 2015 cit.

18 Da ultimo, sul tema dei controlli da parte delle Amministrazioni finanziarie degli Stati membri va ricordato anche il Regolamento UE n. 389/2012, che detta la disciplina sulla cooperazione amministrativa in tema di accise.

19 Ma non solo. L’importanza della Direttiva n. 2008/118, si desume anche dal fatto che reca chiarimenti in merito ad una questione fortemente dibattuta in dottrina, concernente l’individuazione del presupposto delle accise. Dalla lettura dei “considerando” e dalle disposizioni successive, si evince, infatti, che il presupposto delle accise non può che individuarsi nell’immissione in consumo dei beni sottoposti ad accisa. Alla medesima conclusione si giunge prendendo in esame, prima, l’art. 2 della Direttiva 2008/118/CE, il quale statuisce che la soggezione dei prodotti ad accisa scatta al momento della fabbricazione (compresa l’estrazione) dei medesimi ovvero alla loro importazione nel territorio della Comunità, dopo, l’art. 7, a mente del quale “l’accisa diviene esigibile al momento e nello Stato membro dell’immissione in consumo”. Specificare che l’esigibilità dell’accisa discende dall’immissione in consumo del bene e distinguere tale momento da quello in cui scatta l’imposizione, altro non significa che escludere l’esigibilità dell’imposta nel caso in cui l’immissione in consumo dei beni non possa avvenire, vuoi perché distrutti, vuoi perché perduti.

20 Unitamente alla Direttiva UE n. 2020/262, nella stessa GUUE, L. 58 del 27 febbraio 2020, sono stati pubblicati anche la decisione UE n. 2020/263 sul funzionamento del sistema d’informatizzazione relativo alla circolazione intraunionale dei prodotti sottoposti ad accisa e il Regolamento UE n. 2020/261 che amplia il contenuto dei registri elettronici.

21 Per approfondimenti si rimanda anche a M. Fabio - A. Marrocco, Nuovo regime generale delle accise, cosa cambia in dogana, Quotidiano Ipsoa, 14 dicembre 2021, consultabile al seguente link: https://www.ipsoa.it/documents/fisco/dogane/quotidiano/2021/12/14/regime-generale-accise-cambia-dogana; B. Biancaniello, Accise, anche l’ingresso irregolare in Italia comporta la nascita dell'obbligazione tributaria, Quotidiano Ipsoa, 30 novembre 2021, consultabile al seguente link: https://www.ipsoa.it/documents/fisco/imposte-indirette/quotidiano/2021/11/30/accise-ingresso-irregolare-italia-comporta-nascita-obbligazione-tributaria.

22 Continua la norma: “a meno che, entro un termine di quattro mesi dalla data in cui ha avuto inizio la circolazione conformemente all’articolo 19, paragrafo 1, sia fornita la prova, ritenuta soddisfacente dalle autorità competenti dello Stato membro di spedizione, della conclusione della circolazione conformemente all’articolo 19, paragrafo 2, o del luogo in cui si è verificata l'irregolarità”.

23 Si rimanda a C. Giust. UE, 3 aprile 2009, C 230/06 e Cass. 27 novembre 2019 n. 30901.

24 L’armonizzazione delle accise concerne la parte sostanziale del tributo. Pertanto, non vi rientra la disciplina sanzionatoria, che rimane nella sovranità legislativa degli Stati membri. Tuttavia, la giurisprudenza europea afferma in modo costante il rispetto del principio di proporzionalità della sanzione. C. Giust. UE, 9 febbraio 2017, Causa C-121/16; C. Giust. UE, 17 luglio 2014, C-273/13. Nella nuova direttiva il principio è richiamato nei considerando iniziali n. 41 e n. 58.

25 Si vedano le osservazioni rese da D. Soria, Il recepimento della direttiva 2020/262 che stabilisce il regime generale delle accise: opportunità o occasione perduta?, Fiscalità dell’Energia, 28 settembre 2021, consultabile al seguente link: https://www.fiscalitadellenergia.it/2021/09/28/il-recepimento-della-direttiva-2020-262-che-stabilisce-il-regime-generale-delle-accise-opportunita-o-occasione-perduta/.

26 In questi termini, appare ancora più chiaro l’allineamento con la nozione di ingresso irregolare nel territorio dell’Unione europea reso in ambito doganale, che si configura per quei prodotti che non sono vincolati al regime di immissione in libera pratica ai sensi dell’articolo 201 del CDU e per i quali è sorta un’obbligazione doganale (ai sensi dell’art. 79, paragrafo 1, di tale regolamento) o sarebbe sorta se i prodotti fossero stati soggetti a dazi doganali.

27 Si veda C. Giust. UE, 2 giugno 2016, C-81/15.

28 Come noto, i prodotti soggetti ad accisa sono in prevalenza allo stato liquido o gassoso. Ciò considerato, per varie ragioni e fattori, può accadere che detti prodotti subiscano dei cali, dei quali la normativa tiene conto in sede di applicazione dell’imposta: ad esempio, i prodotti in forma liquida possono subire un cambiamento di stato trasformandosi in gas. Vi sono ipotesi, inoltre, in cui delle modifiche sopraggiungano per errori di misura (di peso o volume) nell’ambito nei controlli dei prodotti sottoposti ad accisa, o a causa della tolleranza degli stessi strumenti di misura. Occorre però distinguere i cali tecnici e naturali da quelli causati dall’operatore, per colpa o dolo. Il riferimento normativo principale dei cali naturali (quali perdite di peso o di volume delle merci che si verificano nel tempo per effetto di fenomeni chimici, fisici o biologici) o cali tecnici (cioè le perdite di peso o di volume dipendenti da manipolazioni effettuate nei depositi in dipendenza del loro trasporto) rimane per adesso il D.M. Finanze 13 gennaio 2000, n. 55. Per la giurisprudenza si veda Cass., sentenza 11 giugno 2019, n. 15631. Per ulteriori approfondimenti sul punto, si veda B. Biancaniello, Accise: nuova disciplina degli abbuoni per perdita, distruzione e cali, pubblicato, Quotidiano Ipsoa, 2021, cit.

29 Si rinvia a V. Vasta, Dispersione accidentale del prodotto in regime sospensivo: previsto l’abbuono dell’accisa se la colpa del contribuente per il fatto non è “grave”, in Fiscalità dell’energia, 25 febbraio 2021, consultabile al seguente link: https://www.fiscalitadellenergia.it/2021/02/25/dispersione-accidentale-del-prodotto-in-regime-sospensivo-previsto-labbuono-dellaccisa-se-la-colpa-del-contribuente-per-il-fatto-non-e-grave/ . Inoltre, con la nuova disciplina, dunque con l’art. 1, co. 1, lettera c) del decreto di recepimento della Direttiva UE n. 2020/262, cambia volto anche il co. 5 del nuovo art. 4 T.U.A., ove si precisa che “si considera che un prodotto abbia subito una distruzione totale o una perdita irrimediabile quando risulta inutilizzabile come prodotto sottoposto ad accisa”.

30 A determinate condizioni e previa autorizzazione, è prevista la possibilità di operare come “destinatario certificato occasionale” in relazione a un unico movimento e per una quantità prestabilita di prodotti.

31 Passando a esaminare gli obblighi, lo speditore certificato sarà tenuto a iscrivere in appositi registri i prodotti che sono spediti nell’altro Stato UE, con l’indicazione del documento elettronico di accompagnamento e del luogo in cui devono essere consegnati; deve, altresì, fornire al trasportatore il codice di riferimento semplificato che contraddistingue la specifica movimentazione dei prodotti sottoposti ad accisa.