Scritto da Selene Ballo • dic 2019
La Legge n. 160/2019, all’art. 1, comma 792, ha introdotto l’istituto dell’avviso di accertamento esecutivo quale modalità di riscossione coattiva dei tributi locali. La formulazione letterale della norma lascia dei dubbi sulla sua portata applicativa con particolare riguardo all’obbligatorietà o meno del ricorso a tale forma di accertamento. Le diverse soluzioni interpretative, dipendenti dalle scelte lessicali non accurate, richiedono delle riflessioni sul delicato tema dei rapporti tra la potestà regolamentare degli enti locali minori e la potestà normativa statale. Il presente lavoro si propone di esaminare le principali criticità del nuovo istituto.
The article n. 1, co. 792, of Law 160/2019 introduced the institute of the executive notice of assessment as a method of enforced recovery of local taxes. The literal formulation of the provision arise in the interpreter a lot of serious doubts about its scope of application, with particular focus on the compulsory of this assessment metodology. The different interpretative solutions, due by inaccurate lexical choices, require some reflections on the relevant issue of the relationship between the regulatory power of minor local authorities and State regulatory power. The present work tries to examine the main critical issues of the new institute.
1.
La disciplina della riscossione coattiva dei tributi locali ha subito nel corso di pochi anni continue modifiche che si sono innestate nel più ampio panorama della tanto auspicata riforma del sistema nazionale della riscossione. Tali interventi normativi hanno dato luogo a un sistema della riscossione frammentato e complesso, lasciato all’autonomia regolamentare degli enti locali i quali, disponendo di risorse limitate, non sono riusciti né ad abbattere la percentuale dei crediti non riscuotibili né a ridurre i tempi della riscossione.
Per superare le criticità del sistema il legislatore, con la Legge n. 160 del 27 dicembre 2019 ha esteso alla riscossione dei tributi locali l’istituto dell’avviso di accertamento esecutivo, di cui all’art. 29 del D.L. del 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni dalla L. 10 luglio 2010, n. 122.
Il presente scritto, dopo aver delineato l’evoluzione della disciplina in tema di riscossione dei tributi locali, si propone di fornire alcuni spunti di riflessione sugli effetti che produrrà l’adozione dell’avviso di accertamento esecutivo da parte degli enti locali.
2.
La disciplina della riscossione dei tributi locali è demandata alla potestà regolamentare degli enti locali secondo quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del D.Lgs. n. 446/97 che costituisce la norma fondamentale di attribuzione del potere regolamentare, attraverso il quale si esercita l’autonomia tributaria nel rispetto delle regole costituzionali di cui al Titolo V della Costituzione.1
L’art. 52, comma 1, del D.Lgs. n. 446/97 attribuisce ai comuni ed alle provincie il potere di emanare regolamenti funzionali a disciplinare le proprie entrate e finalizzati, in attuazione dei principi in tema di federalismo fiscale ad esaltare la loro autonomia finanziaria di entrata e spesa nei limiti dei principi costituzionali di cui all’art. 23 (principio della riserva di legge relativa) ed all’art. 119 (principio dell’autonomia tributaria degli enti locali). Tale potere regolamentare può essere utilizzato tanto con riguardo alla parte sostanziale della disciplina impositiva quanto e soprattutto con riguardo alla parte procedimentale (e dunque, in particolare, alla fase della liquidazione, accertamento e riscossione).2
In particolare, l’art. 52, comma 5, del D.Lgs. n. 446/1997, individua i principali modelli di gestione ed organizzazione della fase di attuazione dei tributi locali. Accanto al modello di gestione diretta, di cui all’art. 52, comma 5, lett. a, che può essere attuata anche nelle forme della gestione associata, il legislatore alla lett. b, dello stesso articolo, attribuisce ai comuni e alle province, la possibilità di affidare a terzi soggetti, individuati nello stesso comma, le attività di accertamento e riscossione delle entrate locali nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure di evidenza pubblica dettate per l’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali.3 Viene disposto che, sulla base delle prescrizioni di cui all’art. 52, comma 5, gli enti locali, attraverso lo strumento del regolamento, possono provvedere alla riscossione diretta dei tributi locali o decidere di affidare la riscossione a “società in house”,4 a società miste5 o affidare il servizio a terzi.
La gestione diretta consente sicuramente all’Ente di essere unico protagonista nella delicata attività di riscossione coattiva, pur non essendo priva di criticità.
Gli obiettivi da raggiungere attraverso la riscossione diretta si possono così sintetizzare:
garantire un governo unitario dell’azione di accertamento e riscossione che garantisca uniformità di indirizzi;
assicurare il controllo sostanziale sull’intero processo di gestione delle proprie entrate;
fare in modo che i flussi finanziari si riversino direttamente nei conti correnti dell’Ente;
favorire un nuovo approccio tra l’ente locale ed il contribuente, basato anche sulla possibilità di utilizzo di nuovi e più efficaci strumenti di relazione, focalizzato sulla riscossione, orientato a stabilire un rapporto di collaborazione tra le parti e all’efficacia dei risultati.
La gestione diretta rappresenta, a ragione, lo strumento che meglio degli altri riesce a realizzare i principi di economicità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa.
Quanto alla gestione mediante “società in house”, il comune può decidere di affidare la riscossione delle entrate a società interamente possedute dallo stesso, la cui gestione viene affidata in via diretta, senza gara, con evidenti rischi di distorsioni del sistema della libera concorrenza. Diverse sono state le pronunce della Corte di giustizia con riguardo alla conformità di tale procedura al principio di libera concorrenza, tutte tendenti ad affermare l’eccezionalità della stessa in quanto derogativa di tale principio. Ne consegue l’esigenza di interpretare restrittivamente le norme che disciplinano la gestione del servizio mediante “società in house”. Nella stessa Direttiva n. 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 è previsto che “a decorrere dal 1° gennaio 2014 l’affidamento diretto può avvenire solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house e a condizione che il valore economico del servizio o dei beni oggetto dell’affidamento sia complessivamente pari o inferiore a 200.000 euro”.
Allo scopo di evitare distorsioni al sistema della libera concorrenza il legislatore comunitario e la giurisprudenza nazionale e comunitaria fissano alcune condizioni che l’ente locale deve necessariamente assolvere qualora decida di affidare la riscossione dei tributi propri a “società in house”.6 In particolare la giurisprudenza individua i requisiti che una gestione in house deve presentare per essere legittima e che si sostanziano nell’esercizio da parte dell’ente locale sulla società affidataria di un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi, nello svolgimento da parte della società dell’attività principale a favore dell’ente pubblico che detiene il controllo e nell’àmbito territoriale dello stesso.7
L’art. 52, comma 5, lett. b, n. 4, del D.Lgs. n. 446/1997, consente agli enti locali di affidare la riscossione dei tributi propri a “società miste” a partecipazione pubblica e privata. Essa richiede, diversamente da quanto previsto dalla normativa in materia di riscossione mediante “società in house”, che la selezione dei soci privati avvenga previo espletamento di procedure ad evidenza pubblica e che si preveda un rinnovo della procedura di selezione alla scadenza del periodo di affidamento, al fine di evitare che il socio privato diventi socio stabile.8
Tale tipologia di riscossione prevede la costituzione da parte del comune di una società di riscossione totalmente partecipata dall’ente e l’affidamento tramite gara ad un operatore privato degli aspetti operativi e tecnici.
Un ulteriore modello di gestione dell’attività di riscossione coattiva delle entrate tributarie degli enti locali consiste nell’affidamento delle attività di riscossione ai soggetti terzi iscritti all’albo di cui all’articolo 53, comma 1, del Decreto legislativo n. 446 del 1997. Tale modalità richiede la pubblicazione di un bando per l’appalto del servizio in cui dovranno figurare tutte le attività propedeutiche alla riscossione coattiva.
Tale sistema ha subito una sostanziale modifica a seguito della riforma contenuta nel Decreto Legge del 30 settembre 2005 n. 203, convertito dalla L. n. 248 del 2 dicembre 2005, la quale, valorizzando il carattere spiccatamente pubblicistico della funzione di riscossione, ne ha affidato la gestione sostanzialmente agli stessi soggetti impositori, sebbene attraverso l’utilizzo di forme societarie idonee a garantire maggiore efficienza organizzativa ed operativa. La riforma ha rimesso “in mano pubblica” la funzione esattiva, pur mantenendo la dicotomia (anche dal punto di vista dei vizi da far valere in sede di impugnazione e della legittimazione processuale passiva) tra titolarità del credito, spettante all’ente impositore, e titolarità dell’attività esecutiva, in capo all’agente della riscossione, al fine di consentire una gestione unitaria dell’obbligazione tributaria, attribuendone la responsabilità diretta all’Agenzia delle entrate e all’Inps. L’art. 3, 1° comma, del Decreto Legge n. 203/2005, stabilisce espressamente che “a decorrere dal 1° ottobre 2006 è soppresso il sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione e le funzioni relative alla riscossione nazionale sono attribuite all’Agenzia delle entrate, che le esercita mediante la società di cui al 2° comma” (Equitalia).
Con tale Decreto Legge, la funzione di riscossione nazionale venne riportata in mano pubblica ed attribuita alla società Riscossione S.p.A., poi Equitalia S.p.A.9
Si trattava di un soggetto di diritto pubblico10 abilitato alla riscossione delle entrate patrimoniali e tributarie dei comuni e degli altri enti locali, i quali, nell’esercizio della propria potestà regolamentare ed in attesa di rinegoziare gli affidamenti di cui ai commi 24 e 25 dell’art. 3 del D.L. n. 203 del 2005, potevano scegliere di avvalersi dell’agente nazionale della riscossione, fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica.
Il sistema della riscossione coattiva delle entrate tributarie degli enti locali delineato dal D.L. n. 203 del 2005 è stato innovato per effetto dell’entrata in vigore del D.L. n. 70 del 2011 (nonostante non abbia provveduto ad abrogare formalmente all’art. 52, comma 5, lett. b, che consente agli enti locali, nell’esercizio della potestà regolamentare, di affidare la riscossione a soggetti privati o a società a partecipazione pubblica) il quale all’art 7, comma 2, lett. gg. ter, dispone che a decorrere dal 31 dicembre 2013,11 termine poi prorogato al 30 giugno 2017,12 in deroga alle vigenti disposizioni, la società Equitalia S.p.A., quelle dalla stessa partecipate e la società Riscossione Sicilia S.p.A., cessano di effettuare il servizio di riscossione sia spontanea che coattiva delle entrate degli enti locali.13
A decorrere dalla medesima data i comuni effettuano la riscossione coattiva delle entrate attraverso l’ingiunzione fiscale o il ruolo, sia direttamente che indirettamente, attraverso l’affidamento ai soggetti di cui all’art. 52, comma 5, lettera b), del D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali.14
Alla luce della novella di cui al D.L. n. 70/2011, la riscossione coattiva delle entrate degli enti locali poteva avvenire o in via diretta, mediante ingiunzione, o in via indiretta, mediante iscrizione a ruolo ad opera del soggetto affidatario della riscossione.15
Il D.L. n. 193 del 22 ottobre 2016, recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili”, convertito dalla Legge n. 225/2016, è intervenuto ancora una volta in materia di riscossione dei tributi16 attraverso la soppressione di Equitalia e la contestuale nascita dell’Agenzia delle Entrate - Riscossione, ente pubblico economico che assegna la funzione della riscossione allo stesso soggetto titolare del potere impositivo. Con tale intervento il legislatore, mediante l’unificazione del soggetto incaricato sia dell’accertamento che della riscossione, ha inteso accorciare la filiera dei passaggi che caratterizzano il tributo dalla nascita alla sua naturale estinzione e rendere più efficiente il sistema della riscossione coattiva dei tributi.
Il nuovo soggetto, denominato Agenzia delle Entrate - Riscossione è anche abilitato, ai sensi dell’art. 2 del citato decreto, alla riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali degli enti locali.
L’art. 2, recante “Disposizioni in materia di riscossione locale”, comma 2, del D.L. n. 193/2016, convertito dalla Legge del 1° dicembre 2016, n. 225, così dispone: “a decorrere dal 1° luglio 2017 le amministrazioni locali possono deliberare di affidare la riscossione al soggetto preposto alla riscossione nazionale”, senza il previo espletamento della procedura ad evidenza pubblica, con una semplice delibera consiliare.17
La normativa così come risultante per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 2, comma 2, del D.L. n. 193/2016, ha rimesso alla discrezionalità degli amministratori locali la scelta di affidare la riscossione dei tributi locali al soggetto preposto alla riscossione nazionale, con una semplice delibera di giunta, senza una previa gara ai fini dell’assegnazione del servizio.
A seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 193 del 2016, gli enti locali possono curare direttamente la riscossione delle entrate tributarie, decidere di affidarla ai soggetti di cui all’art. 52, comma 5, lett. b) del D.Lgs. n. 446 del 1997, o ancora deliberare di affidare la riscossione all’Ente preposto alla riscossione nazionale ai sensi dell’art. 2 del D.L. n. 193 del 2016.
Il sistema della riscossione coattiva delle entrate tributarie degli enti locali ha subito una sostanziale modifica per effetto della Legge del 27 dicembre 2019 n. 160, che ha introdotto, con riguardo ai tributi locali, l’istituto dell’avviso di accertamento esecutivo quale strumento funzionale al recupero coattivo del credito insoluto, senza tuttavia apportare modifiche circa i soggetti abilitati alla riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali degli enti locali e senza disporre l’abrogazione delle norme che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo o mediante ingiunzione. L’introduzione di tale istituto nell’àmbito della fiscalità locale lascia spazio a non pochi interrogativi circa le concrete modalità applicative avuto riguardo alla formulazione letterale della norma ed alla particolare tecnica normativa utilizzata. Le criticità del nuovo istituto verranno esaminate nel proseguo della trattazione.
3.
L’art. 1, comma 792, della Legge del 27 dicembre 2019, n. 160, mette in atto la tanto attesa riforma del sistema della riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali degli enti locali consentendo l’utilizzo dell’istituto dell’avviso di accertamento esecutivo introdotto dal D.L. n. 78/2010 convertito in L. n. 122 del 2010 in materia di tributi erariali.
L’avviso di accertamento relativo alle entrate tributarie degli enti locali nonché il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni acquistano efficacia di titolo esecutivo decorsi sessanta giorni dal termine ultimo per il pagamento, che coincide con quello di proposizione del ricorso.18 L’istituto ha tra i vantaggi quello di superare il binomio ruolo-cartella attribuendo alla notifica dell’atto “impo-esattivo” ed al decorrere del tempo «portata costitutiva della natura di titolo esecutivo dell’avviso di accertamento».19 L’applicazione dell’istituto è espressione della volontà del legislatore di rendere più efficiente il sistema della riscossione dei tributi locali attraverso la riduzione della filiera dei passaggi necessari per procedere al recupero coattivo del credito insoluto.20 I crediti già maturati, infatti, se non riscossi in tempi brevi, rischiano di divenire non più esigibili, essendo strettamente connessi alla condizione personale e patrimoniale del soggetto passivo, che, in un contesto di crisi economica generale, essendo trascorso un eccessivo lasso di tempo tra la realizzazione del presupposto, l’accertamento e la riscossione, può non essere più nelle condizioni di assolvere al dedito scaduto mettendo in questo modo a serio rischio i bilanci degli Enti locali e dunque tutto il sistema di erogazione dei servizi pubblici indivisibili. Da qui la necessità, proprio per ridurre lo stock di crediti insoluti, di velocizzare la riscossione degli stessi mettendo a disposizione degli enti locali degli strumenti normativi che consentano di realizzare uno degli obiettivi principali dalla finanza pubblica nazionale ed europea, ovvero, la riduzione del debito fiscale non riscuotibile. Con la notifica dell’atto “impo-esattivo” l’ente locale concentra in un unico atto la formalizzazione della pretesa impositiva ed esattiva suscettibile di dar luogo a pignoramenti e agli altri atti dell’esecuzione forzata21 rendendo più agevole la procedura di recupero del credito insoluto.
3.1. La portata applicativa dell’istituto
Si rivela opportuno interrogarsi sulle concrete modalità di applicazione da parte degli enti locali. Tale indagine richiede un’analisi comparativa rispetto all’istituto così come introdotto, nell’àmbito della riscossione dei tributi erariali, dall’art. 29 del D.L. n. 78 del 2010, conv. in L. n. 122/2010.22
Anzitutto v’è da chiedersi se tale “nuova” modalità di riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali degli enti locali escluda il ricorso alle preesistenti modalità di riscossione o se il nuovo accertamento esecutivo sia destinato a coesistere con esse.
Ai fini della risposta del precedente interrogativo si rende necessario muovere dal dato letterale della norma.
Alcune scelte lessicali inducono a ritenere che il legislatore abbia voluto fornire agli enti locali, nell’àmbito della loro autonomia regolamentare di cui all’art. 52 del D.Lgs. 46/1997, un ulteriore strumento, che si aggiunge alle tradizionali modalità di accertamento e riscossione, al fine di rendere più efficiente il sistema della riscossione coattiva dei tributi locali.
Anzitutto il legislatore all’art. 1, comma 792, dispone che sono “potenziate” le attività di riscossione relative agli avvisi di accertamento nonché agli atti finalizzati alla riscossione delle entrate patrimoniali e delle sanzioni. L’attività di potenziamento implica un rafforzamento degli strumenti già a disposizione dell’Amministrazione per procedere al recupero coattivo del credito insoluto e non invece una loro sostituzione.
Ed ancora sul punto, il legislatore alla lettera a), comma 792, della Legge n. 160 del 2019, così come nell’art. 29, comma 1, lett. a), del D.L. n. 78 del 2010, da una parte utilizza il verbo “devono”, dal che si può desumere l’obbligatorietà del ricorso a tale strumento di accertamento, dall’altra, però, non esclude espressamente il ricorso alle altre modalità di riscossione né prevede una deroga espressa alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo. Il legislatore si limita a disporre alla lettera l), del citato comma 792, che ogni richiamo al ruolo, alle somme iscritte a ruolo, alla cartella di pagamento ed all’ingiunzione, si intendono effettuati agli atti indicati nella lettera a), cioè agli avvisi di accertamento esecutivi.
Inoltre, la norma non prevede espressamente la nullità dell’atto “impo-esattivo” in caso di mancata ottemperanza dei requisiti di cui alla lettera a), del comma 792, già citato.23 Tale circostanza induce a ritenere che l’osservanza delle prescrizioni di cui alla lettera a) è condizione imprescindibile per l’attribuzione all’avviso di accertamento della natura di titolo esecutivo e precetto, tuttavia, la mancata osservanza delle stesse non lo renda nullo ma privo della idoneità ad acquisire valore di titolo esecutivo e precetto. In questo caso l’avviso di accertamento mantiene la sua validità esclusivamente come atto impositivo ma non come atto esattivo e la riscossione avverrebbe non sulla base di un atto “impo-esattivo”, che tale non è, ma secondo le modalità ordinarie, ovvero attraverso il ruolo e la cartella di pagamento o mediante ingiunzione.
Se così è, si può concludere nel senso di ritenere non obbligatoria la “nuova” forma di accertamento ai fini della procedura esecutiva.
Qualora, invece, si dovesse interpretare il disposto normativo nel senso della esclusione delle altre modalità di accertamento, l’atto “impo-esattivo” recante i requisiti24 di cui all’art. 1, lett. a, comma 792, della Legge n. 160 del 2019, sarebbe l’unico strumento da utilizzare per la riscossione delle entrate degli enti locali e quindi sarebbe illegittimo in carenza anche di uno solo di tali requisiti, e non soltanto inidoneo ad acquisire valore di titolo esecutivo e precetto.
Se questa è la soluzione, c’è da chiedersi se l’ente locale, nell’esercizio della potestà regolamentare riconosciuta dall’art. 52 del D.Lgs. 446 del 97 e dall’art. 119 della nostra Costituzione, possa non avvalersi del “nuovo” istituto o avvalersene in maniera non esclusiva.
L’art. 52 del D.Lgs. n. 546 del 1992 riconosce agli enti locali il potere di disciplinare l’attuazione della norma tributaria e cioè il potere di definire con regolamento le modalità di accertamento e riscossione dei tributi propri. Tale potere appare derivare direttamente dal principio autonomistico consacrato dalla Costituzione e non può essere compresso per effetto di altre norme anche se tali norme abbiano valore di norme primarie.25 Alla luce del principio dell’autonomia regolamentare degli enti locali in materia di definizione delle modalità di accertamento e riscossione dei tributi propri e del principio di competenza di cui all’art. 119, i medesimi enti, anche a seguito dell’introduzione del “nuovo” istituto dell’avviso di accertamento esecutivo, restano liberi, di definire con regolamento le modalità di accertamento e riscossione dei tributi propri nel rispetto dei principi generali e della struttura del tributo definita con Legge dello Stato. Dunque, anche nell’ipotesi in cui l’interpretazione letterale della norma dovesse escludere il ricorso alle altre metodologie di accertamento e riscossione, il principio dell’autonomia regolamentare degli enti locali di cui all’art. 52 del D.Lgs. 446 del 1997 ed il principio di competenza di cui all’art. 119 della Costituzione, è di tale forza da far concludere nel senso che l’Ente locale è comunque libero di adottare altri strumenti ai fini dell’accertamento e della riscossione delle entrate proprie, in quanto alla luce dell’art. 119 della nostra Costituzione alla Legge dello stato spetta la definizione dei principi generali di coordinamento, mentre al potere regolamentare compete la definizione delle norme in materia procedimentale nel rispetto dei principi generali e della struttura del tributo definita con Legge dello Stato.26
3.2. I requisiti formali e sostanziali dell’avviso di accertamento esecutivo
Dopo aver affrontato il tema dell’esclusività o meno della nuova metodologia di accertamento si rivela opportuno soffermarsi sui requisiti che l’atto deve contenere per acquisire il nomen e la natura di “avviso di accertamento esecutivo” avente valore di titolo esecutivo e di precetto.27
L’art. 1, comma 792, lett. a), della Legge n. 160 del 27 dicembre 2019, richiede, oltre alla notificazione28 dell’atto ed al decorso del termine di sessanta giorni da tale formalità, che l’avviso stesso nonché il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni, contengano anche l’intimazione ad adempiere,29 entro il termine di presentazione del riscorso, all’obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati, oppure, in caso di tempestiva proposizione del ricorso, l’indicazione dell’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 19 del Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472,30 concernente l’esecuzione delle sanzioni, ovvero di cui all’art. 32 del D.Lgs. n. 150/2011.31
Diversamente, l’art. 29, comma 1, lett. a), del D.L. n. 78 del 2010, oltre a sancire l’obbligo di indicare nell’avviso di accertamento e nel provvedimento di irrogazione delle sanzioni l’intimazione ad adempiere all’obbligo di pagamento degli importi ivi indicati entro il termine di proposizione del ricorso, nonché l’obbligo di notificare l’atto, prescrive l’indicazione, in caso di tempestiva proposizione del ricorso, dell’intimazione ad adempiere all’obbligo di pagamento degli importi stabiliti dall’art. 15 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.32
Per quanto precede, non è difficile rilevare come nel caso di tempestiva proposizione del ricorso, differenze significative a livello di contenuto, ha l’avviso di accertamento da valere per i tributi erariali, disciplinato dal citato art. 29 del D.L. n. 78/2010, e l’avviso di accertamento esecutivo da valere per i tributi locali di cui all’art. 1, comma 792, della Legge n. 160/2019.
Va rilevato che quest’ultima norma prevede che in caso di tempestiva proposizione del ricorso, si applicano le disposizioni di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 472/1997 concernente l’esecuzione delle sanzioni.
Il tenore letterale della norma lascia seri dubbi sulla sua portata applicativa.
Un primo profilo problematico è quello afferente all’applicabilità o meno, con riguardo alla riscossione dei tributi locali, dell’istituto della riscossione provvisoria in pendenza di giudizio.
Infatti da una parte la norma, nel rinviare all’art. 19, pare estendere anche agli avvisi di accertamento esecutivi aventi ad oggetto tributi locali l’istituto di cui all’art. 68 del D.Lgs. n. 546/1992, che disciplina il pagamento del tributo in pendenza di giudizio, dall’altra il riferimento letterale all’applicabilità alle disposizioni del citato art. 19, concernente l’esecuzione delle sanzioni, lascia propendere per l’inapplicabilità ai tributi locali dell’istituto della riscossione provvisoria in pendenza di giudizio e per l’esclusiva osservanza per tali tributi del comma 7 dell’art. 19, che prevede l’inesigibilità delle sanzioni prima che il provvedimento diventi definitivo.
Se fosse corretta la prima lettura della norma si assisterebbe ad una sostanziale innovazione nell’àmbito della riscossione dei tributi locali in pendenza di giudizio. Invero secondo la più recente giurisprudenza di legittimità33 in tema di contenzioso tributario, la disposizione di cui al comma 1 dell’art. 68 del D.Lgs. n. 546 del 1992, facendo riferimento ai soli “casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo”, non si applica in materia di tributi locali, in quanto per questi ultimi il pagamento frazionato, già previsto dall’art. 15 del D.P.R. n. 602 del 1973 per altri tipi d’imposta, non trova applicazione.34
3.3. I limiti temporali previsti dall’art. 1, comma 792, lett. b), della L. n. 160/2019
Altro profilo meritevole di riflessione è quello che attiene alla mobilità del termine a disposizione dell’Ente impositore per l’attivazione delle procedure esecutive, con particolare riguardo ai casi in cui i regolamenti locali prevedano l’istituto dell’accertamento con adesione.
Secondo quanto disposto alla lettera a) dell’art. 1, comma 792, della Legge del 27/12/2019 n. 160, i “nuovi” avvisi di accertamento devono contenere l’indicazione che gli stessi costituiscono titolo idoneo ad attivare le procedure esecutive e cautelari nonché l’indicazione che, decorso il termine di sessanta giorni dalla notifica, si procederà alla riscossione delle somme ivi richieste, anche con i mezzi propri dell’esecuzione forzata.
Il legislatore prosegue alla lettera b) disponendo che gli atti di accertamento delle entrate tributarie degli enti locali acquistano efficacia di titolo esecutivo decorso il termine utile per la proposizione del ricorso; non si richiede la preventiva notifica della cartella di pagamento o dell’ingiunzione fiscale. Decorso il termine di trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, che coincide con quello per la proposizione del ricorso, la riscossione delle somme è affidata ai soggetti legittimati alla riscossione forzata.35
L’esecuzione è sospesa per un periodo di 180 giorni, o di 120 se la riscossione è effettuata dall’ente locale che ha emesso l’atto “impo-esattivo”, dall’affidamento del carico al soggetto legittimato alla riscossione, e, verosimilmente, in caso di mancato pagamento, la procedura esecutiva non potrà essere attivata prima di 270 giorni (circa) dalla notifica dell’avviso di accertamento esecutivo. Durante tale periodo tuttavia l’Ente può porre in essere tutte le misure cautelari a garanzia del credito nonché tutte quelle iniziative volte alla definizione bonaria della controversia.36
Come già precisato, il termine di centottanta giorni per intraprendere le procedure esecutive è ridotto a centoventi giorni nel caso in cui la riscossione delle somme sia affidata allo stesso ente che ha emesso l’atto impositivo. A parere di chi scrive la diversità del tempo a decorrere dal quale è possibile intraprendere l’esecuzione forzata a seguito della notifica dell’atto “impo-esattivo”, produce una disparità trattamento tra i contribuenti destinatari di atti impositivi emessi da enti che provvedono “in house” alla riscossione delle proprie entrate e contribuenti destinatari di atti emessi da enti che scelgono di affidare la riscossione a soggetti terzi. È inaccettabile che la norma rimetta all’ente impositore il potere di incidere, a parità di condizioni, su aspetti, quali quelli temporali, che caratterizzano l’adempimento di un’obbligazione tributaria da parte del soggetto passivo.
Un ulteriore profilo meritevole di esame attiene agli effetti che potrebbe avere sui termini di attivazione della procedura esecutiva la presentazione da parte del contribuente, prima dello scadere del termine previsto per la proposizione del ricorso, dell’istanza di accertamento con adesione.
Se in pendenza del termine per la proposizione del ricorso il contribuente presenta istanza di accertamento con adesione,37 che sospende per novanta giorni sia tale termine che quello per il pagamento delle somme pretese dall’ente impositore, il termine per l’affidamento del carico al soggetto abilitato alla riscossione dovrebbe decorrere dalla scadenza di quello previsto per il pagamento, da fissare tenendo conto di tale periodo di sospensione.
A seguito della presentazione dell’istanza di accertamento con adesione, l’avviso di accertamento dovrebbe acquistare valore di titolo esecutivo solo dopo la scadenza del termine di sospensione di 90 giorni previsto dall’art. 6 del D.Lgs. n. 218/1997.
È ravvisabile una ulteriore disparità di trattamento tra contribuenti a seconda che l’Ente impositore abbia previsto o meno nel proprio regolamento la possibilità per il contribuente di utilizzare l’istituto dell’accertamento con adesione. In caso positivo, ove il contribuente presenti istanza di accertamento con adesione, a prescindere dall’esito di tale procedura, si assisterà ad uno spostamento in avanti del termine per procedere ad esecuzione forzata.
3.4. Sulle modalità di trasmissione, ai fini della riscossione, del carico da accertamento esecutivo
L’art. 1, comma 729, ultimo capoverso così dispone: “Nelle more dell’emanazione del decreto del ministro dell’economia e delle finanze, le modalità di trasmissione del carico da accertamento esecutivo al soggetto legittimato alla riscossione sono individuate dal competente ufficio dell’ente” e, solo nel successivo periodo è previsto che le modalità di trasmissione “del carico da accertamento esecutivo al soggetto legittimato alla riscossione sono demandate a un Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze”. Stando alla lettera della norma il legislatore al penultimo periodo fa riferimento ad un Decreto delegato,38 di cui tuttavia non vi è traccia nei precedenti periodi e solo al periodo successivo identifica l’oggetto del decreto.
La tecnica legislativa utilizzata appare discutibile, ma cosa ben più grave, il legislatore demanda la regolamentazione delle modalità di trasmissione del carico al soggetto legittimato alla riscossione, ad un Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, senza indicare il termine entro il quale tale Decreto deve essere emesso,39 conferendo al “competente Ufficio dell’Ente”, nelle more dell’emissione del Decreto delegato, il potere di individuare tali modalità.40
Anzitutto la norma non pare rispettosa del principio della riserva di legge relativa di cui all’art. 23 della Costituzione.
L’assenza del termine per l’adozione del Decreto delegato determina il rischio che le suddette modalità di trasmissione del carico vengano definite in maniera permanente dall’ente locale, o meglio, dal competente ufficio dell’ente. La norma fa un riferimento generico al competente ufficio dell’ente, senza precisare quale ufficio e con quale strumento normativo, regolamentare o provvedimentale, dovranno essere determinate le modalità di trasmissione del carico. Nel silenzio della norma si può ritenere che il competente ufficio dell’ente sia l’Ufficio tributi e, se così dovesse essere, l’unico strumento possibile per la definizione delle modalità di trasmissione del carico sarebbe un provvedimento amministrativo che ha come destinatario, di volta in volta, un singolo contribuente, e che finirebbe con l’integrare la disciplina legale senza l’intermediazione del regolamento.
A parere di chi scrive, tuttavia, l’assenza del termine di adozione del Decreto delegato e la devoluzione ad un provvedimento amministrativo individuale delle modalità di trasmissione del carico determina una violazione del principio di cui all’art. 23 della Costituzione.
Il competente Ufficio dell’Ente, infatti, non è abilitato all’emissione di atti aventi portata generale, ma è competente ad emettere atti destinati a singoli soggetti nell’esercizio di poteri discrezionali,41 atti che non sono idonei ad integrare la disciplina legislativa senza determinare una ipotesi di violazione dell’art. 23 della Costituzione.42
3.5. Interessi di mora ad oneri di riscossione
Altro profilo problematico è quello che attiene agli interessi di mora e degli oneri di riscossione di cui alla lettera i) dell’art. 1, comma 792, della L. n. 160/2019.
Con la fine della proroga degli affidamenti, l’ente locale può riscuotere i propri tributi direttamente, tramite il personale alle sue dipendenze o decidere di affidare la riscossione ai soggetti di cui al comma 5, lett. b), dell’art. 52, o ancora deliberare di affidare la riscossione delle entrate tributarie al soggetto preposto alla riscossione nazionale. La scelta è rimessa alla discrezionalità dell’ente locale il quale può scegliere la modalità che più ritiene idonea, anche in ossequio ai principi di economicità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa.
Qualora l’ente decida di affidare la riscossione ai soggetti di cui al comma 5 dell’art. 52, lett. b) nn.1), 2), 3), 4), tale affidamento non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente.43 Ne consegue che gli oneri di riscossione non dovrebbero ricadere sul soggetto destinatario dell’atto “impo-esattivo” il cui credito viene riscosso non direttamente dall’Ente ma mediante affidamento a soggetti terzi. Ai sensi dell’art. 52, comma 5, lett. a) il medesimo principio vale nel caso di gestione diretta.44
Diverso trattamento pare essere riservato, ai sensi della lett. i) dell’art. 1 comma 792, ai contribuenti destinatari di atti “impo-esattivi” emessi da Enti locali che decidano di affidare la riscossione del credito insoluto all’Ente preposto alla riscossione nazionale. In questo caso, il legislatore alla lettera i) del comma 729, della Legge n. 160 del 2019, pare riservare un trattamento diverso e deteriore.
In particolare il legislatore dispone che: “Nel caso in cui la riscossione sia affidata ai sensi dell’art. 2 del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193 (…) all’agente della riscossione spettano gli interessi di mora” e prosegue, “all’agente della riscossione spettano gli oneri di riscossione, interamente a carico del debitore, e le quote di cui all’art. 17, comma 2, lett. b), c) e d), del decreto legislativo 13 aprile 199, n. 112”.
Pertanto, nel caso in cui l’Ente locale decida di affidare la riscossione dei tributi all’Agente nazionale della riscossione, allo stesso dovranno essere corrisposti gli oneri di riscossione e gli interessi di mora, mentre qualora l’Ente abbia deciso di riscuotere i tributi locali o direttamente o attraverso l’affidamento ai soggetti di cui 5 dell’art. 52, lett. b) nn. 1), 2), 3), 4), i relativi oneri non potranno gravare sul contribuente.
Non è da escludere che in futuro, il comportamento degli enti locali possa dar luogo a controversie nel corso delle quali possa essere sollevata l’eccezione di illegittimità costituzionale ai sensi dell’art. 3 della nostra Costituzione.
4.
L’istituto dell’avviso di accertamento esecutivo, così come introdotto nell’àmbito della riscossione dei tributi locali per effetto dell’entrata in vigore della L. del 27 dicembre 2019, n. 190, lascia all’interprete non pochi dubbi circa la sua portata applicativa e presenta non pochi profili problematici, sui quali ci si è soffermati nel presente lavoro.
Non resta che esprimere talune ulteriori considerazioni con riguardo al tema centrale della obbligatorietà o meno da parte dell’ente locale dell’utilizzo di tale forma di accertamento. Si tratta di stabilire se tale istituto rappresenti, alla luce della novella normativa, l’unica forma possibile di accertamento e riscossione dei tributi locali o se, invece, l’ente nell’àmbito della potestà regolamentare di cui all’art 52 del D.Lgs. n. 46/1997 ed in forza del principio di cui all’art. 119 della nostra Carta costituzionale possa optare per le preesistenti modalità di accertamento e riscossione dei tributi locali, nel rispetto dei principi generali di coordinamento fissati con legge dello Stato, non potendo il legislatore statale comprimere eccessivamente gli spazi di autonomia degli enti territoriali.45
La risposta a tale interrogativo appare di non poco momento atteso che qualora si dovesse optare per la soluzione di considerare esclusivo il ricorso all’avviso di accertamento, l’atto “impo-esattivo” emesso in assenza dei requisiti di cui all’art. 1, comma 792, sarebbe improduttivo di qualsiasi effetto giuridico.
Qualora, invece, l’avviso di accertamento esecutivo dovesse considerarsi uno strumento volto a potenziare, vale a dire a rendere più efficiente, il sistema della riscossione dei tributi locali, senza tuttavia escludere il ricorso alle altre metodologie di accertamento, le conseguenze, anche processuali, legate all’assenza dei requisiti di cui al citato art. 1, comma 792, sarebbero certamente diverse; l’atto, infatti, potrebbe non assumere la natura di titolo esecutivo e precetto ma potrebbe avere valore di atto di accertamento legittimante la riscossione a mezzo ruolo o a mezzo ingiunzione.
Se si ritiene che l’avviso di accertamento esecutivo non sia l’unica forma possibile di accertamento e riscossione dei tributi locali, sarà l’ente locale nell’àmbito della propria potestà regolamentare a scegliere se avvalersi dello strumento messo a disposizione dal legislatore all’art. 1, comma 792, della Legge del 27 dicembre 2019, n. 160, o scegliere di riscuotere secondo le modalità preesistenti.
A parere di chi scrive nonostante l’utilizzo del verbo “devono”, nella parte della norma in cui si indicano i requisiti contenutistici dell’avviso di accertamento esecutivo, faccia propendere per escludere il ricorso alle altre metodologie di accertamento e riscossione dei tributi locali, molti altri elementi testuali46 lasciano aperta la possibilità che tale nuova tipologia di accertamento non sia esclusiva ma coesista con le altre.
A parere di chi scrive è dirimente, per concludere nel senso della non esclusività del ricorso da parte degli enti locali a tale nuova modalità di accertamento, il richiamo al principio che assegna la competenza in materia finanziaria agli enti territoriali minori di cui all’art. 119 della nostra Carta costituzionale, oltre che al principio dell’autonomia regolamentare degli enti locali in materia di definizione delle modalità di accertamento e riscossione dei tributi locali consacrato dall’art. 52 del D.Lgs. n. 446 del 1997. Tali principi, in quanto contenuti nella nostra Carta costituzionale o di diretta derivazione costituzionale, non possono cedere dinanzi ad una norma di legge ordinaria.
1 Cfr. P. Boria, La potestà regolamentare e l’autonomia tributaria degli enti locali, in Rivista di diritto tributario n. 5/2013, p. 439; cfr. L. Lovecchio, La riscossione dei tributi locali, in La riscossione dei tributi, Milano, Giuffrè Editore, 2011, pp. 87 e ss. Secondo l’autore in forza della previsione di cui all’art. 117, comma 6, gli enti locali hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Pur non potendo propriamente definirsi una riserva di regolamento poiché il dominus resta il soggetto, Stato o Regione, cui compete l’assegnazione delle funzioni, si è in ogni caso in presenza di un chiaro argine ad una legislazione che pretenda di disciplinare minutamente e in forma inderogabile le diverse fasi attuative delle funzioni demandate. È da sostenere che sussista una tutela – seppure non assoluta – di rango costituzionale delle scelte organizzative autonome degli enti locali nella materia della riscossione delle entrate proprie; Cfr. altresì F. Gallo, Prime osservazioni sul nuovo art. 119 della costituzione, in Rassegna tributaria, 2002, p. 589; A. Fedele, Appunti dalle lezioni di diritto tributario, Torino, G. Giappichelli Editore, 2005, pp. 89 e ss.; S. Sammartino, L’autonomia tributaria degli enti locali, in Aa. Vv., Il nuovo modello costituzionale della finanza locale, a cura di A. Piraino, Catanzaro, Rubbettino Editore, 2004, pp. 47 e ss.
2 Cfr. P. Boria, La potestà regolamentare e l’autonomia tributaria degli enti locali, in Rivista di diritto tributario, n. 5/2013, p. 417.
3 Cfr. A. Fedele, La potestà normativa degli enti locali, in Finanza locale, 1998, p. 135. Secondo l’autore la riserva di legge di cui all’art. 23 della Cost. non opera con riguardo alla disciplina dell’accertamento e della riscossione in cui la legge può lasciare ampio spazio al regolamento.
4 Cfr. art 52, comma 5, lett. b), n. 3, D.Lgs. n. 446/1997. La previsione legislativa si riferisce letteralmente all’ipotesi in cui la società sia “in house” di un solo ente, ente che, in quanto partecipante totalitario, eserciti in via esclusiva su di essa un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi interni. Tale controllo presuppone, nella previsione legislativa, che la società svolga la propria attività principale solo nel territorio del Comune controllante e principalmente a favore di quest’ultimo. Va ricordato che la Corte di Cassazione, con sentenza dell’11 gennaio 2018, n. 465, ha sostenuto che l’art. 52, comma 5, lett. b), n. 3, del D.Lgs. n. 446/1997, non osta all’affidamento del servizio di accertamento e riscossione dei tributi locali ad una società in house partecipata da più comuni, purché questi ultimi esercitino congiuntamente sulla stessa un controllo analogo a quello svolto sui propri servizi ed uffici interni e la società pluri-partecipata effettui la parte più significativa della propria attività a favore dei detti enti ed esclusivamente nell’àmbito territoriale degli stessi.
5 Cfr. art. 52, comma 5, lett. b), n. 4, D.Lgs. n. 446/1997.
6 Cfr. Corte di giustizia UE, sent. del 18 novembre 1999, causa C-107/98, relativa al caso Teckal; Corte di giustizia UE, sent. dell’11 gennaio 2005, causa C-26/03, relativa al caso Stadt Halle; Corte di giustizia UE, sent. del 13 ottobre 2005, causa C-458/03, relativa al caso Parking Brixen; Corte di giustizia UE, sent. del 13 novembre 2008, causa C-340/04, relativa al caso Carbotermo; Consiglio di Stato, Sez. V, sent. del 18 luglio 2017, n. 3554.
7 Cfr. G. Puoti - B. Cucchi - F. Simonelli, “La nuova riscossione tributaria”, Padova, Cedam, 2012, p. 13.
8 Il “sistema” della riscossione tramite società miste, fino all’entrata in vigore della Legge n. 193/2016, che sancisce improrogabilmente la fine del sistema delle proroghe degli affidamenti, si fondava su proroghe periodiche, che hanno prodotto come effetto una significativa distorsione della concorrenza, consentendo il venir meno del sistema pubblicistico della procedura d’evidenza pubblica e facendo sì che il socio privato diventi “socio stabile”. L’art. 2, comma 1, del D.L. n. 193/2016 fissa al 30 giugno 2017 il termine ultimo per la proroga degli affidamenti, di cui all’art. 7, comma 4, lett. gg-ter, del D.L. n. 70/2011, che così dispone: “a decorrere dal 31 dicembre 2013, in deroga alle vigenti disposizioni, la società Equitalia S.p.a, nonché le società per azioni dalla stessa partecipate ai sensi dell’art 3, comma 7, del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 e la società Riscossione Sicilia S.p.a, cessano di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società a essi partecipate”.
9 Cfr. A. Parlato, Gestione pubblica e privata nella riscossione dei crediti a mezzo di ruolo, in Rassegna Tributaria, 2007, p. 1355; M.C. Parlato, Brevi note sulla Riscossione S.p.a., in Rassegna Tributaria, 2006, p. 1174; U. Perrucci, Fine annunciata per il concessionario della riscossione, in Bollettino Tributario 2006, p. 107; M. Bruzzone, Per il potenziamento dell’esecuzione forzata nasce la “Riscossione S.p.a”, in Corriere tributario, n. 41/2005, pp. 3229 e ss.
10 In merito alla distinzione tra soggetti di diritto pubblico e soggetti di diritto privato si rinvia senza pretesa alcuna di esaustività a F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, Tomi I, IV ed., Giuffrè Editore, Milano, 2005, p. 695; P. Virga, Diritto amministrativo, I Principi, Milano, Giuffrè Editore, Milano, 1989, p. 14; V. Cerulli Irelli, Ente pubblico, problemi di identificazione e disciplina applicabile, in V. Cerulli Irelli - G. Morbidelli, Ente pubblico ed Enti pubblici, G. Giappichelli Editore, Torino, 1994, p. 89.
11 Il termine originariamente previsto dalla norma era il 1° gennaio 2012.
12 Cfr. art. 10, comma 2-ter, D.L. 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 giugno 2013, n. 64, come sostituito dall’art. 2, comma 1, D.L. 22 ottobre 2016, n. 193.
13 Cfr. G. De Benedetto, Riscossione coattiva con “buco”, in Il Sole 24 Ore, 27 febbraio 2012.
14 L’art. 52, comma 5, lett. b, del D.Lgs. n. 446/1997, così come modificato dal D.L. 30-04-2019, n. 34, così dispone: “qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, a:
1) i soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53, comma 1;
2) gli operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell’Unione europea che esercitano le menzionate attività, i quali devono presentare una certificazione rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore;
3) la società a capitale interamente pubblico, di cui all’art. 113, comma 5, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, mediante convenzione a condizione: che l’ente titolare del capitale sociale eserciti sulle società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente che la controlla; che svolga la propria attività solo nell’àmbito territoriale di pertinenza dell’ente che la controlla;
4) le società di cui all’art. 113, comma 5, lettera b) del citato testo unico di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, iscritte nell’albo di cui all’art. 53, comma 1, del presente decreto i cui soci privati siano scelti, nel rispetto della disciplina e dei principi comunitari, tra i soggetti di cui ai numeri 1) e 2) della presente lettera, a condizione che l’affidamento dei servizi di accertamento e di riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica”.
15 Per una approfondita disamina della disciplina della riscossione dei tributi erariali nel tempo fino al 2011, cfr. M.A. Icolari, La nuova organizzazione della riscossione dei tributi nell’ordinamento giuridico nazionale, in La riscossione dei tributi, Giuffrè
Editore, Milano, 2011, pp. 4 e ss.; A. Comelli - C. Glendi (a cura di), La riscossione dei tributi, Padova, Cedam, 2010; B. Cucchi, Riforma della riscossione: una sfida alla storia, Cedam, Padova, 2008; Rinaldi, voce Riscossione dei tributi, in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. Cassese, Milano, 2006, pp. 5350 e ss.; N. Dolfin - G. Falsitta, voce Tributi (riscossione dei), in Enc. Diritto, IV, Milano, 1999, pp. 1119 e ss.; S. La Rosa, Riscossione delle imposte, in Enc. Giur. Treccani, XXVII, 2000; P. Ruggeri Fazzi - C. Caforio, Riscossione delle imposte e delle sanzioni pecuniarie, in Dig. Disc. Priv., Sez. comm., XII, Torino, 2002, pp. 564 e ss.; M. Basilavecchia, La riscossione delle imposte, in Enc. Dir., XL, 1989, pp. 1179 e ss., B. Puoti - M.C. Icolari, La riforma della riscossione ad opera del D.L. n. 203/2005: profili ricostruttivi, in Giustizia Tributaria, 2009, pp. 7 e ss.; A. Parlato, Gestione pubblica e privata nella riscossione dei tributi a mezzo ruolo, in Rassegna Tributaria, 2007, pp. 1355 e ss.
16 Cfr. art. 2, D.L. n. 193 del 22 ottobre 2016.
17 S. Baldoni, Riscossione delle entrate dei Comuni al bivio tra gestione diretta e affidamento all’esterno, in Il sole 24 Ore, del 9 giugno 2017.
18 L’effetto esecutivo pur essendo strettamente connesso alla notificazione è differito a sessanta giorni dopo la notifica stessa.
19 A. Carinci, Prime considerazioni sull’avviso di accertamento “esecutivo” ex D.L. n.78/2010, in Rivista di Diritto Tributario, 2011, I, p. 162.
20 Sulla auspicata unificazione tra le fasi di accertamento e della riscossione, cfr. M. Basilavecchia, Il ruolo e la cartella di pagamento: profili evolutivi della riscossione dei tributi, in Diritto e Pratica Tributaria, 2007, I, p. 148.
Tale volontà si è ulteriormente manifestata con la soppressione a livello nazionale della Società Equitalia S.p.A. e la creazione del nuovo ente di diritto pubblico, Agenzia delle Entrate - Riscossione. Così l’Agenzia delle Entrate, sia pure attraverso due distinti soggetti di diritto, procede sia all’accertamento delle entrate che alla riscossione delle stesse.
21 Cfr. C. Glendi, Notifica degli atti impoesattivi e tutela cautelare ad essi correlata, in La concentrazione della riscossione nell’accertamento, Padova, Cedam 2011, p. 4.
22 Per una approfondita disamina dell’istituto dell’avviso di accertamento esecutivo di cui all’art. 29 del D.L. n. 78 del 2010 e degli aspetti procedurali connessi; cfr. C. Glendi, “Luci” ed “ombre” sulla manovra 2010, in Corriere tributario, n. 33/2010, pp. 2645 e ss.; C. Glendi, Vizi di notifica degli atti impoesattivi e rimedi giurisdizionali esperibili “prima” e “dopo”, in Corriere tributario, n. 1 del 2019, pp. 18 e ss.; A. Carinci, Prime considerazioni sull’avviso di accertamento “esecutivo” ex D.L. n. 78/2010, in Rivista di diritto tributario, n. 2/2011, I, pp. 159 e ss.; A. Carinci, Comunicazione al contribuente della presa in carico delle somme da riscuotere con atto impoesattivo, in Corriere tributario, n. 13 del 2012, pp. 967 e ss.; A. Giovannini, Riscossione in base al ruolo e agli atti d’accertamento, in Rassegna Tributaria, n. 1/2011, pp. 22 e ss.; A. Carinci, La concentrazione della riscossione nell’accertamento (ovvero un nuovo ircocervo tributario), in La concentrazione della riscossione nell’accertamento, Padova, Cedam, 2011, pp. 45 e ss.; M. Bruzzone, L’avviso di accertamento diventa “titolo esecutivo” per imposte sui redditi ed IVA, in Corriere tributario, n. 28 del 2010, pp. 2230 e ss.; F. Tundo, L’avviso di accertamento come titolo esecutivo e precetto, in Corriere tributario, n. 33 del 2011, pp. 2672 e ss.; M.A. Icolari, La nuova organizzazione della riscossione dei tributi nell’ordinamento giuridico nazionale, in La riscossione dei tributi, Milano, Giuffrè Editore, 2011, pp. 3 e ss.; S. Cannizzaro, “Concentrazione” della riscossione nell’accertamento: le ricadute sul sistema, in La riscossione dei tributi, Giuffrè Editore, Milano, 2011, pp. 69 e ss.; C. Attardi, Accertamento esecutivo e superamento del ruolo: profili sistematici, in Il fisco, 2010, p. 6323.
23 Le espressioni utilizzate nella lettera a) del comma 792 dell’art. 1 della Legge 27 dicembre 2019, n. 160, sono le seguenti: “l'avviso di accertamento relativo ai tributi degli enti e agli atti finalizzati alla riscossione delle entrate patrimoniali emessi dagli enti e dai soggetti affidatari di cui all'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo n. 446 del 1997 e all'articolo 1, comma 691, della legge n. 147 del 2013, nonché il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni devono contenere anche l'intimazione ad adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso, ovvero, nel caso di entrate patrimoniali, entro sessanta giorni dalla notifica dell'atto finalizzato alla riscossione delle entrate patrimoniali, all'obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati, oppure, in caso di tempestiva proposizione del ricorso, l'indicazione dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, concernente l'esecuzione delle sanzioni, ovvero di cui all'articolo 32 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150. Gli atti devono altresì recare espressamente l'indicazione che gli stessi costituiscono titolo esecutivo idoneo ad attivare le procedure esecutive e cautelari nonché' l'indicazione del soggetto che, decorsi sessanta giorni dal termine ultimo per il pagamento, procederà alla riscossione delle somme richieste, anche ai fini dell'esecuzione forzata. Il contenuto degli atti di cui al periodo precedente è riprodotto anche nei successivi atti da notificare al contribuente in tutti i casi in cui siano rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento e ai connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, ai sensi del regolamento, se adottato dall'ente, relativo all'accertamento con adesione, di cui al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, e dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 472 del 1997, nonché' in caso di definitività dell'atto impugnato. Nei casi di cui al periodo precedente, il versamento delle somme dovute deve avvenire entro sessanta giorni dalla data di perfezionamento della notifica; la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, non si applica nei casi di omesso, carente o tardivo versamento delle somme dovute, nei termini di cui ai periodi precedenti, sulla base degli atti ivi indicati”.
24 L’osservanza di tali requisiti è condizione di esistenza dello stesso e non come requisito di idoneità ad acquisire valore di titolo esecutivo e precetto.
25 In relazione all’autonomia tributaria degli Enti locali si rinvia a F. Amatucci, Il nuovo sistema fiscale degli enti locali, Torino, G. Giappichelli Editore, 2010; F. Tundo, Contributo allo studio dell’autonomia tributaria dei Comuni, Padova, Cedam, 2002;
A. Carinci, I limiti alla potestà regolamentare degli enti locali in materia tributaria al vaglio della Corte Costituzionale, in Rivista di diritto tributario, 1998, II, pp. 186 e ss.; M.G. Fregni, La riforma del Titolo V della Cost. e federalismo fiscale, in Rassegna Tributaria, n. 3, 2005, pp. 683 e ss.; cfr. L. Perrone, La sovranità impositiva, tra autonomia e federalismo, in Rivista di diritto tributario 2004, I, pp. 1173 e ss. Secondo l’autore nel rispetto del Titolo V della Costituzione la Regione deve limitarsi, o a determinare gli elementi essenziali del tributo lasciando alla potestà locale il compito di completare la regolamentazione o a dettare integralmente anche nel dettaglio la disciplina del prelievo, consentendo ai Comuni di agire in deroga con le proprie norme regolamentari.
26 Cfr. V. Ficari, Conclusioni: il cammino dei tributi propri verso i decreti legislativi delegati, in Rivista di diritto tributario, 2010, I, p. 89.
27 Cfr. C. Glendi, in “I vizi di notifica degli atti impoesattivi e rimedi giurisdizionali esperibili ‘prima’ e ‘dopo’ il pignoramento”, in Corriere tributario, n. 1/2019, pp. 18 e ss. Secondo l’autore l’avviso di accertamento esecutivo è congegnato come un quid novi e non è frutto di una meccanica sommatoria degli elementi dell’avviso di accertamento, del titolo esecutivo e del precetto nel quale si fondono tutte le funzioni di cui sopra trovando la loro fonte costitutiva unitaria nella notifica dell’atto stesso al suo destinatario da cui decorre un solo termine, ancorché variamente articolato, in ragione di variabili eventi.
28 La notificazione non è una condizione di efficacia di un atto già perfetto, ma componente intrinseca per il perfezionamento dell’atto stesso, il quale, in mancanza di esso, non può dirsi perfezionato, né venuto ad esistenza. In questo senso cfr. E. Allorio, Diritto processuale tributario, Torino, 1979, pp. 110 e ss.; G. Falsitta, Il ruolo di riscossione, Padova, Cedam, 1969, p. 260; C. Glendi, La sanatoria delle nullità di notifica degli atti impugnati nel processo tributario, in Rivista di Diritto finanziario e Scienza delle finanze, 1978, I, pp. 45 e ss. Secondo A. Carinci, in La concentrazione della riscossione nell’accertamento, Padova, Cedam, 2011, pp. 50 e ss., la notificazione dell’atto impoesattivo ha portata costitutiva della natura di titolo esecutivo dell’avviso di accertamento, in assenza di una valida notifica, in sensi dell’art. 479 c.p.c., e ai sensi dell’art. 21-bis L. n. 241/1990, l’atto limitativo della sfera giuridica patrimoniale del soggetto privato non è idoneo ad acquisire natura di titolo esecutivo.
Cfr. C. Glendi, La notifica degli atti “impoesattivi” e tutela cautelare, in La concentrazione della riscossione nell’accertamento, Padova, Cedam, 2011, pp. 12 e ss. Secondo Glendi la costitutività della notifica quale elemento idoneo a riconoscere all’avviso di accertamento natura di titolo esecutivo e precetto è di per sé idonea ad escludere la sanabilità del vizio di notifica per effetto del raggiungimento dello scopo. L’autore a p. 13 del succitato scritto rileva come «La normativa in esame, pur facendo continuo riferimento alla “notificazione” degli atti in esame, non fa esplicito richiamo ad una specifica disciplina». Tuttavia rileva che «Poiché, tuttavia, nello stesso art. 29, al 1˚ comma, sub. a), si parla di “avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto” e di “connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni”, non pare dubbio che la disciplina di riferimento debba essere quella espressa dall’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973”….“Nonostante il nuovo atto “impoesattivo” costituisca titolo esecutivo e contenga il precetto, non potranno essere utilizzate le meno garantistiche forme di notificazione previste nell’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973”».
L’applicazione delle prescrizioni di cui all’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973 determina delle implicazioni di non poco momento con riguardo alle regole da seguire in caso di notifica a persona irreperibile. Se è vero che la notifica dell’atto impoesattivo debba seguire le regole di cui all’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973, e non quelle dell’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973, in caso di notifica a persona temporaneamente irreperibile, il soggetto incaricato della riscossione deve affiggere sulla porta dell’abitazione o dell’Ufficio o dell’Azienda del destinatario l’avviso di deposito della copia dell’atto nella casa comunale e gliene deve dare notizia per raccomandata con avviso di ricevimento, mentre in caso di irreperibilità assoluta, del destinatario nel suo domicilio fiscale, la notifica si avrà per eseguita nell’ottavo giorno di affissione dell’avviso di deposito dell’atto alla casa comunale; Inoltre, la norma, in assenza di qualsivoglia prescrizione normativa e non pare legittimare la notifica postale diretta, ovvero senza l’intermediazione del messo comunale o dei messi speciali autorizzati dall’Ufficio, consentita invece, estendendo le prescrizioni di cui all’art. 29 del D.L. n. 78/2010, per gli “atti impoesattivi secondari” di cui al secondo capoverso della lettera a) dell’art. 1, comma 792, della Legge n. 160 del 2019.
La locuzione atti “impoesattivi secondari” è stata coniata da C. Glendi, I Vizi di notifica degli atti impoesattivi e rimedi giurisdizionali esperibili ‘prima’ e ‘dopo’ il pignoramento, in Corriere tributario, n. 1/2019, pp. 18 e ss.
29 Si tratta degli elementi tipici del precetto.
30 L’art. 19 del D.Lgs. 472/1997 così dispone: “In caso di ricorso alle commissioni tributarie, anche nei casi in cui non è prevista riscossione frazionata, si applicano le disposizioni dettate dall'articolo 68, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante disposizioni sul processo tributario.
La commissione tributaria regionale può sospendere l'esecuzione applicando, in quanto compatibili, le previsioni dell'articolo 52 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
La sospensione deve essere concessa se viene prestata la garanzia di cui all'articolo 69 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
Quando non sussiste la giurisdizione delle commissioni tributarie, la sanzione è riscossa provvisoriamente dopo la decisione dell'organo al quale è proposto ricorso amministrativo, nei limiti della metà dell'ammontare da questo stabilito. L’autorità giudiziaria ordinaria successivamente adita, se dall'esecuzione può derivare un danno grave ed irreparabile, può disporre la sospensione e deve disporla se viene offerta idonea garanzia.
Se l'azione viene iniziata avanti all’autorità giudiziaria ordinaria ovvero se questa viene adita dopo la decisione dell'organo amministrativo, la sanzione pecuniaria è riscossa per intero o per il suo residuo ammontare dopo la sentenza di primo grado, salva l'eventuale sospensione disposta dal giudice d'appello secondo le previsioni dei commi 2, 3 e 4.
Se in esito alla sentenza di primo o di secondo grado la somma corrisposta eccede quella che risulta dovuta, l'ufficio deve provvedere al rimborso ai sensi dell'articolo 68, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
Le sanzioni accessorie sono eseguite quando il provvedimento di irrogazione è divenuto definitivo.
31 L’art 32 del D.Lgs. n. 150/2011 così dispone: “Le controversie in materia di opposizione all'ingiunzione per il pagamento delle entrate patrimoniali degli enti pubblici di cui all'articolo 3 del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, sono regolate dal rito ordinario di cognizione.
È competente il giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento opposto.
L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5”.
32 L’art. 15 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, rubricato: “Iscrizioni nei ruoli in base ad accertamenti non definitivi”, così dispone: “Le imposte, i contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall'ufficio ma non ancora definitivi, nonché i relativi interessi, sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell'atto di accertamento, per un terzo degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati”.
33 Cfr. Cass. civ., Sez. V, ord. n. 5318/2019.
34 Cfr. Cass. civ., Sez. V, sent. n. 15473/2010; Cass. civ., Sez. V, sent. n. 7831/2010; Cass. Civ., Sez. VI, ord. n. 19015/2015; Cass. civ., Sez. V, ordd. nn. 22494-22495/2017.
35 Si tratta dei soggetti di cui all’art. 52, comma 5, lett. b), del D.Lgs. n. 446/1997, del soggetto preposto alla riscossione nazionale ed agli stessi funzionari dell’ente, nel caso in cui si provveda mediante riscossione diretta.
36 Cfr. M. Miccinesi, L’esecutività dell’accertamento: rilevanza sistematica ed impatto sul sistema, in La concentrazione della riscossione nell’accertamento, Padova, Cedam, 2011, p. 67.
37 Cfr. art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 218/1997.
38 Cfr. L. Paladin, Diritto Costituzionale, Padova, Cedam, 1991, p. 187. Secondo l’Autore il Governo non viene delegato ma autorizzato. Si tratta di decreti che devono avere forza di legge, anche se appare anomala la natura della delega legislativa, su cui essi sono fondati, posto che in questi casi il Parlamento in genere non detta principi e criteri direttivi.
39 Cfr. L. Paladin, Diritto costituzionale., Padova, Cedam, 1958. Secondo l’autore l’assenza di termine per emanazione del Decreto delegato mette in dubbio la legittimità costituzionale della previsione de quo con riguardo ai rapporti tra potere legislativo ed esecutivo.
40 Cfr. M.S. Giannini, Autonomia (teoria generale e diritto pubblico), in Enc. Dir., IV, Milano, 1959, p. 364. Secondo l’autore nell’àmbito della fiscalità locale i comuni godono di autonomia organizzativa propria che si esprime attraverso l’esercizio del potere regolamentare sulla fase di liquidazione, accertamento e riscossione, in ossequio a quanto disposto dall’art. 119, co. 2, Cost. e dall’art. 52 del D.Lgs. 442/1997. Per ciò stesso lo strumento deputato alla gestione delle fasi di liquidazione, accertamento e riscossione è il regolamento e non il provvedimento amministrativo individuale.
41 A. Fantozzi, in Il diritto tributario, Torino, Utet, 212, pp. 180 e ss.
Parte della dottrina nega la possibilità che provvedimenti amministrativi singolari integrino la disciplina di legge perché altrimenti si realizzerebbe una disparità di trattamento tra i vari soggetti cui è imposta la prestazione; fr. in questo senso V. Ukmar, Potestà normativa regolamentare in materia tributaria, in Studi in onore di A.D. Giannini, Milano, Giuffrè Editore, 1951, pp. 944 e ss., ed ivi ulteriori indicazioni della dottrina.
42 Secondo A. Fedele, in Commento all’art. 23 Cost., in Commentario alla Costituzione a cura di Branca, Bologna - Roma, 1978, p. 25, cui si rinvia per l’inquadramento storico e i richiami dottrinali, invece, gli unici interventi di integrazione consentiti dall’art. 23 sono quelli del regolamento o dell’atto amministrativo individuale; per un esame più approfondito delle problematiche connesse all’art. 23 si rinvia a: A. Fedele, La riserva di legge, in Trattato di diritto Tributario diretto da A. Amatucci, Padova, Cedam, 1994, I, pp. 157 e ss.; G. Marongiu, I fondamenti costituzionali dell’imposizione tributaria, Torino, G. Giappichelli Editore, 1991, pp. 29 e ss.
43 Cfr. art. 55, comma 5, lett. c, del D.Lgs. n. 446/1997 dispone che: “l’affidamento di cui alla precedente lettera b) non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente”.
44 Cfr. L. Lovecchio, in La riscossione dei Tributi, Giuffrè Editore, Milano, 2011, p. 94.
45 Cfr. Corte costit., sent. n. 30/2005; cfr. A. Giovanardi, Il riparto delle competenze tributarie tra giurisprudenza costituzionale e legge delega in materia di federalismo fiscale, in Rivista di diritto tributario, 2010, n. 1, p. 89.
46 Tra gli elementi testuali che inducono a considerare non esclusivo l’utilizzo dell’accertamento esecutivo vanno ricordati: l’assenza di una deroga espressa alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, la mancanza di una sanzione per la mancata presenza dei requisiti di cui alla lettera a), il riferimento al fatto che l’istituto sia stato introdotto al fine di potenziare le attività di riscossione delle entrate degli enti locali.
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