Scritto da Filippo Castagnari • apr 2020
L’interruzione del giudizio tributario – disciplinata dall’art. 40, Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 – ravvisa la sua ratio nella necessità di assicurare l’effettività del contraddittorio, qualora la parte, il suo legale rappresentante o il suo difensore siano colpiti da eventi tali da compromettere l’attività di partecipazione allo svolgimento della dialettica processuale. In caso di morte del difensore costituito, il presunto automatismo tra accadimento dell’evento interruttivo ed immediata decorrenza del termine semestrale di “arresto” del giudizio produce rilevanti problematiche esegetiche in ordine alla salvaguardia dell’effettivo e proficuo esercizio delle prerogative processuali riconosciute in capo alla parte colpita dall’evento de quo. Un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa in parola, unitamente all’osservanza del principio di efficienza, efficacia ed effettività della funzione giurisdizionale (i.e. giusto processo), conduce a considerare soddisfatta la finalità della disciplina in parola nel momento in cui la parte colpita dall’evento interruttivo è posta nella condizione di fruire compiutamente e scientemente del “beneficio processuale” previsto dalla legge, in conseguenza della previsione del termine interruttivo semestrale del regolare corso del giudizio. Sicché, il termine per la riassunzione o la prosecuzione del processo interrotto per la morte del procuratore costituito di una delle parti in causa decorre non già dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, bensì da quello in cui le parti abbiano avuto conoscenza legale di tale evento e che tale conoscenza può dirsi perfezionata in presenza di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa del fatto che determina l’interruzione del processo.
The aim which governs the so-called “interruption of trial” – ruled by art. 40, Legislative Decree 31st December 1992, Nr. 546 – can be recognised in ensuring the effectiveness of the adversary proceeding principle, when the party itself, its legal representative or even its lawyer are subjected to such an event. In case of death of the party’s lawyer, the presumed automatic consequence related to the occurrence of the event aforementioned and the following simultaneous effect, which consists in a point in time since the trial stops its prompt flow for a semester at most, is able to engender significant issues in order to guarantee the party’s right to the effective and profitable exercise of its procedural faculties established by law. An interpretation “secundum constitutionem” of the regulation thereof – according to the principle of the due process of law – brings to the necessary consequence that if the party is fully and consciously able to enjoy the “procedural benefits” related to the interruption of the trial, then the target intended by law is successfully satisfied. Thus, the term set out for resuming the interrupted trial, cause of the death of the party’s lawyer, starts at the day when all the parties involved in the trial thereof have legal knowledge of the interrupting event due to a statement, notification or certificate which stands for the fact occurred.
1.
La legge processuale tributaria prevede due tipologie di istituti finalizzati ad “arrestare” – seppur momentaneamente – la regolare scansione temporale degli atti e delle procedure che disciplinano il contenzioso fiscale: segnatamente, la sospensione (art. 39, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) e l’interruzione (art. 40, D.Lgs. n. 546 del 1992) del processo.
Per quanto d’interesse della presente trattazione, l’interruzione del processo – in assonanza con l’istituto della sospensione – conduce si opus sit ad un “arresto temporaneo”1 del procedimento giurisdizionale incardinato; alla manifestazione di un evento, riconosciuto dalla legge come dotato di efficacia interruttiva – ex art. 40, comma 1, D.Lgs. n. 546 del 1992 – non possono essere compiuti atti processuali ed il decorso dei termini è, ipso facto, interrotto finché le parti non provvedano alla riassunzione della causa a norma del successivo art. 43, comma 2, del Decreto in commento.
L’interruzione, dunque, determina gli stessi effetti processuali della sospensione sebbene si differenzi da quest’ultima in quanto dipendente da eventi che riguardano le parti e non da situazioni afferenti la c.d. “funzione decisoria del giudice”.2 In altri termini, scongiurare la possibilità che la regola del caso concreto, apprestata dall’organo giudicante alla controversia compulsata, sia viziata da questioni pregiudiziali incidenti la decisione di fatto del giudice ovvero dalla cui risoluzione dipenda la decisione della causa (art. 39, commi 1 e 1-bis, D.Lgs. n. 546 del 1992).
La ratio dell’istituto è – in essenza – ravvisabile nella necessità di assicurare l’effettività del contraddittorio, sicché il giudizio si interrompe quando la parte, il suo legale rappresentante o il suo difensore sono colpiti da eventi tali da compromettere l’attività di partecipazione allo svolgimento della dialettica processuale;3 pertanto, la morte o l’avvenuta incapacità della parte, del suo legale rappresentante o del suo difensore risultano fattispecie idonee, ipso iure, ad integrare gli estremi di una simile condizione processuale.
Attraverso un siffatto istituto si mira, quindi, ad evitare che la cessazione o l’alterazione dell’effettività del contraddittorio, conseguente ad uno dei suddetti eventi, ostacoli la concreta possibilità di una delle parti di agire nel processo a proprio favore e di svolgere attività difensiva.4
Il processo, pertanto, subisce un arresto subordinato all’esigenza di riassestare la situazione di equipollenza “processuale-formale” delle parti. Appare una logica conseguenza di quanto poc’anzi esposto che tali norme siano disposte dal legislatore tributario esclusivamente a tutela della parte colpita da uno degli eventi de quibus; giacché la controparte risulterebbe sprovvista tanto di interesse, quanto di legittimazione a recriminare un’irrituale trattazione del processo.5
La rilevabilità di un evento interruttivo può essere efficacemente esperita anche dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale in forza dell’estensione, disposta dall’articolo 61, D.Lgs. n. 546 del 1992, delle norme dettate per il procedimento di primo grado al giudizio di Appello (se non incompatibili con le disposizioni prescritte, per siffatto mezzo di gravame, dal Decreto in parola). Ciononostante, la giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni precisato che – nei giudizi incardinati dinanzi alla Corte di Cassazione – non risulterebbe ammissibile la vigenza di un siffatto istituto, stante la struttura ad “impulso officioso”6 di tale procedimento.7
Le cause interruttive del processo sono indicate in via tassativa dall’articolo in commento e ricalcano la casistica contenuta negli artt. 299 e ss. c.p.c.; in sintesi:
il venir meno, per morte o altre cause, o la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti (interdizione, inabilitazione) – diversa dall’Ufficio impositore – ovvero del suo legale rappresentante o la cessazione di tale rappresentanza (art. 40, comma 1, lett. a, D.Lgs. n. 546/1992);
La sja la morte, la radiazione o sospensione dall’albo o dall’elenco di uno dei difensori incaricati a sensi dell’art. 12, D.Lgs. n. 546/1992 (art. 40, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 546 del 1992).
La rilevazione del momento a cui ricollegare il sorgere dell’evento interruttivo si atteggia secondo una differente modulazione in base alla seguente circostanza: la costituzione in giudizio della parte – munita o meno – del patrocinio di un difensore abilitato all’esercizio di tale ministero dinanzi agli organi di giurisdizione tributaria, ai sensi dall’art. 12, D.Lgs. n. 546 del 1992.8
Infatti, l’art. 40, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992 riporta testualmente: “l’interruzione si ha al momento dell’evento se la parte sta in giudizio personalmente e nei casi di cui al comma 1, lettera b). In ogni altro caso l’interruzione si ha al momento in cui l’evento è dichiarato o in pubblica udienza o per iscritto con apposita comunicazione del difensore della parte a cui l’evento si riferisce”.
Di talché, le prescrizioni poc’anzi rammentate sostanziano un movimento osmotico – nonché organico – rispetto alle disposizioni di cui all’art. 300, commi 1 e 3, c.p.c.; inoltre, in forza del richiamo testé adoperato, non sembra peregrino sostenere che qualora taluni degli eventi elencati al punto sub 1 si avveri nei riguardi della parte patrocinata in giudizio, il difensore costituito il procuratore costituito “lo dichiara in udienza o lo notifica alle altre parti” (art. 300, comma 1, ultimo periodo, c.p.c.).9
È doveroso rilevare che non si dà luogo ad interruzione del processo laddove tali cause riguardino un difensore della parte – a fronte della procura conferita a più difensori disgiuntamente – così come la mancata previsione di eventi interruttivi riferibili ad articolazioni dell’Amministrazione finanziaria si spiega alla luce del fatto che nei suoi confronti non sono ravvisabili, generalmente, fatti lesivi e/o disruptivi della propria capacità processuale.
Ad ogni modo, la giurisprudenza di legittimità rintraccia nell’eccezionalità di talune manifestazioni empiriche la possibilità di decodificare ipotesi legittime di interruzione del processo in capo all’Ente pubblico resistente; segnatamente, in caso di fusione tra Comuni o di soppressione di un ente locale, di un’articolazione dell’Amministrazione finanziaria dotata di personalità giuridica, di enti di riscossione dei tributi, più in senso lato di un ente pubblico parte del rapporto tributario controverso.10
Per far sì che il verificarsi di un evento interruttivo assuma idoneità a produrre l’effetto giuridico tipizzato dalla norma, lo stesso deve realizzarsi alternativamente:
dopo la proposizione del ricorso (cioè successivamente alla notifica di tale atto, ai sensi dell’art. 16, D.Lgs n. 546/1992);11
alla data di spedizione del ricorso (risultante dal timbro postale apposto sulla raccomandata) e, comunque, prima della conclusione del processo (vale a dire entro l’ultimo giorno previsto dall’art. 32, D.Lgs. n. 546/1992 per il deposito di memorie).12
Ciò detto, i fatti che riguardano la persona del legale rappresentante (nei casi di interdizione, di inabilitazione o di minore età del rappresentato) non rivestono alcuna rilevanza nel caso colpiscano il rappresentante volontario; parimenti, non assume rilievo alcuno la cessazione di quest’ultima rappresentanza.
Assodata la ratio dell’istituto de quo, non si perviene ad interruzione del processo qualora non si paventi la necessità di tutelare la rituale prosecuzione del contraddittorio instaurato tra le parti; all’uopo, l’effetto interruttivo non si verifica nelle ipotesi seguenti:
dopo l’ultimo giorno utile per la produzione di memorie nel caso di decisione in camera di consiglio;
dopo la chiusura della discussione nell’ipotesi di pubblica udienza, salvo che la Commissione, anziché pronunciare la sentenza, faccia proseguire il processo, con la conseguente necessità di ripristinare il contraddittorio.
Allorché gli eventi interruttivi contemplati dall’art. 40, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 546 del 1992 si verifichino antecedentemente alla presentazione del ricorso, purché in vigenza del termine per la presentazione del medesimo, quest’ultimo è prorogato di sei mesi a decorrere dalla data di riscontro degli eventi de quibus (art. 40, comma 4, D.Lgs. n. 546 del 1992).
Meritevole di attenzione risulta la circostanza per cui gli eventi in questione (sopravvenienza della morte ovvero perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti o del suo rappresentante legale o la cessazione di tale rappresentanza) si riscontrano prima dell’impugnazione e più dettagliatamente:
1) durante la decorrenza del termine (c.d. breve) di 60 giorni per la proposizione della impugnazione avverso la sentenza – regolarmente notificata – della Commissione Tributaria Provinciale (ex art. 51, D.Lgs. n. 546 del 1992), lo stesso è interrotto e comincia a decorrere nuovamente dal giorno in cui, ai sensi dell’art. 328 c.p.c., la notifica della sentenza venga rinnovata. Il termine per la presentazione del ricorso viene prorogato di sei mesi, soggetto alla sospensione feriale dei termini di cui alla L. 7 ottobre 1969, n. 742 a decorrere dalla data dell’evento interruttivo.13
2) durante la decorrenza del c.d. termine lungo (ex art. 38, comma 3, D.Lgs. n. 546 del 1992), se dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza si verifica alcuno degli eventi interruttivi del processo sinora discussi, il termine di cui all’art. 327, comma 1, c.p.c, è prorogato per tutte le parti di sei mesi dal giorno dell’evento.14
Nell’economia generale di siffatta trattazione, conquista particolare rilevanza dipanare eventuali tentennamenti applicativi in ordine al seguente quesito: quid iuris nel caso in cui l’evento interruttivo si conclami a cavallo tra un grado e l’altro del giudizio (vale a dire nel periodo intercorrente tra la pubblicazione della sentenza e l’esperimento dello strumento di gravame riconosciuto dalla legge alla parte che reputa ingiusto il pronunciamento de quo)?
È communis opinio nella giurisprudenza di legittimità, ribadita da martellanti pronunciamenti delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ritenere che venga meno la procura ad litem del difensore; si addiviene ad una siffatta conseguenza processuale attraverso un procedimento inferenziale che si basa su un’interpretazione estensiva degli effetti giuridici condensati nell’art. 1722, comma 1, n. 4, c.c., secondo cui il mandato si estingue “per la morte, l’interdizione o l’inabilitazione del mandante o del mandatario”.15
Precisamente, la Suprema Corte statuisce in chiave nomofilattica che “in ordine alla eventuale ultrattività del mandato comprendente il potere di impugnazione, rilasciato dalla parte poi defunta, come in questo caso, nel periodo compreso tra la pubblicazione della sentenza di primo grado e la proposizione del gravame …Omissis… In assenza di specifica regolamentazione del mandato ad litem, deve trovare applicazione, anche con riguardo allo stesso, la normativa codicistica sulla rappresentanza e sul mandato, avente carattere generale rispetto a quella processualistica, e quindi – per quel che qui interessa – il principio dettato dall’art. 1722 n. 4, secondo il quale la morte del mandante estingue il mandato. Con la conseguenza che la regola dettata dall’art. 300, commi 1° e 2°, c.p.c., che attribuisce al procuratore la facoltà di continuare a rappresentare in giudizio la parte che gli abbia conferito il mandato ancorché defunta dopo la costituzione in giudizio – come pure la regola, di cui all’ultimo comma della stessa norma, che cristallizza il giudizio tra le parti originarie in caso di morte di una di queste verificatasi dopo la chiusura della discussione davanti al Collegio – in quanto costituiscono deroga al su riferito principio generale, vanno contenute entro il rigoroso àmbito , ivi previsto, della fase processuale, appunto, in cui l’evento si è verificato, e non possono dunque espandersi nella successiva fase di quiescenza e di riattivazione del rapporto processuale”.16
Il pronunciamento di diritto corrobora e sostiene la tesi ab origine avanzata e ciò, si badi bene, si proietta potentemente nelle vicende afferenti il contenzioso tributario; infatti, poiché tale vexata quaestio non risulta espressamente disciplinata da norme fiscali di diritto positivo – in forza del rinvio contenuto nell’art. 1, comma 2, d.lg. n. 546 del 1992 – appare lecito risolvere il dilemma operando un richiamo all’art. 328 c.p.c.17
Inoltre, qualora la parte privata sia deceduta, successivamente alla pubblicazione della sentenza, si ritiene che la notificazione dell’atto di impugnazione con la quale l’ufficio instaura un altro grado di giudizio, notificato al difensore della parte privata deceduta, determini una causa di interruzione del processo.
Pertanto, gli interessati dovranno procedere alla riassunzione del giudizio mediante istanza di trattazione come previsto dall’art. 43, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992. I fatti che riguardano la persona del legale rappresentate (nei casi di interdetto, di inabilitato o di minore) non rivestono alcuna rilevanza nel caso colpiscano il rappresentante volontario; parimenti, non assume rilievo alcuno la cessazione di tale rappresentanza.
Un ulteriore aspetto meritevole di considerazione da segnalare concerne una differenza sostanziale con la sospensione del giudizio (ex art. 39, D.Lgs. n. 546 del 1992). Tale ultimo istituto, infatti, si verifica esclusivamente a processo iniziato, differentemente dall’interruzione, possibile a partire dalla notifica dell’atto da parte dell’Ufficio; a ciò è anche ricollegato il fatto che la sospensione viene “disposta” dal giudice, mentre l’interruzione viene “dichiarata”.18
2.
L’art. 40, comma 1, lett. b, D.Lgs. n. 546 del 1992 considera adducibile a causa legittima di interruzione del processo tributario la morte, la radiazione ovvero la sospensione dall’albo o dall’elenco di un difensore incaricato della difesa tecnica di parte ai sensi e per gli effetti dell’articolo 12 D.Lgs. n. 546 del 1992.
Vale la pena sottolineare che, ad avviso della Suprema Corte, ai fini dell’interruzione del processo dev’essere riconosciuta alla cancellazione del procuratore dall’albo professionale, anche se volontaria, la stessa idoneità interruttiva attribuita dall’art. 40, D.Lgs. n. 546 del 1992 alla morte, alla sospensione e alla radiazione del difensore medesimo.19
Di interessante rilievo appare il caso in cui una delle parti si costituisca e ricorra in giudizio attraverso il ministero di più difensori ancorché costoro abbiano facoltà di agire disgiuntamente nell’esecuzione della procura ad litem, sicché la morte di uno di essi non comporta l’interruzione del processo, a norma dell’art. 301 c.p.c., ma soltanto il venir meno dell’elezione di domicilio che presso tale procuratore la parte abbia effettuato.20
Si rilevi, altresì, che una volta rilasciata al difensore la procura ad litem la stessa è sempre revocabile dalla parte e il difensore può comunque rinunciarvi, posto che le conseguenze sul piano processuale di tali facoltà,21 riconosciute ai soggetti de quibus, non si estrinsecano nei confronti dell’altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore (artt. 84 e 85 c.p.c.).
Il dies a quo a partire dal quale gli eventi summenzionati esplicano i propri effetti interruttivi è individuato nella proposizione del ricorso (art. 40, comma 1, D.Lgs n. 546 del 1992), disciplinata dall’art. 20, D.Lgs. n. 546 del 1992 e coincidente con il momento di perfezionamento della notificazione del ricorso a norma dell’art. 16 del testo in esame. Il dies ad quem, di converso, è individuato, a norma dell’art. 40, comma 3, D.Lgs. n. 546 del 1992, nell’ultimo giorno utile per il deposito di memorie – in caso di trattazione della controversia in camera di consiglio – ovvero nella chiusura della discussione in pubblica udienza.
In caso contrario, infatti, l’evento de quo non produce effetto a meno che non sia pronunciata sentenza e il processo prosegua dinanzi al giudice adito.22
Qualora, invece, gli eventi interruttivi di cui all’art. 40, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 546 del 1992 si verifichino prima della presentazione del ricorso, ma durante la pendenza dei termini per la presentazione del medesimo, quest’ultimi sono prorogati di sei mesi dalla data di manifestazione dell’evento, ferma restando, se del caso, la sospensione feriale dei termini.
In conformità al disposto dell’art. 40, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992 si determina una biforcazione delle ipotesi, delle situazioni giuridicamente rilevanti ai fini della corretta individuazione del momento a cui riferire il sorgere dell’effetto tipico dell’interruzione del regolare corso del processo.
Più in dettaglio, l’interruzione si verifica, alternativamente:
al momento dell’evento se la parte sta in giudizio personalmente e nei casi contemplati all’art. 40, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 546 del 1992;
in tutti gli altri casi si esterna allorquando la fattispecie giustificatrice dell’interruzione è dichiarata in pubblica udienza ovvero per iscritto con apposita comunicazione del difensore della parte a cui l’evento de quo si riferisce. Nel caso da ultimo compulsato è, pertanto, necessaria la dichiarazione del difensore affinché si abbia interruzione del processo, il quale, in mancanza di essa, continua regolarmente tra le parti costituite.
Risulterebbe, forse, pleonastica l’affermazione dell’assoluta centralità rivestita dalla corretta individuazione del momento in cui l’evento interruttivo esplica la sua efficacia, onde appurare la validità degli atti processuali prodotti. Difatti, durante l’interruzione non possono compiersi atti che importino un’evoluzione del processo; quest’ultimi, se posti in essere, sono affetti da nullità insanabile23 ed inopponibili alla parte colpita dall’evento.
Di conseguenza, qualora siffatti vizi debordassero e confluissero a fondamento dell’iter logico-giuridico seguito dal giudice a giustificazione della regola apprestata al caso concreto controverso, i medesimi si convertono in motivi di gravame da far valere in sede d’impugnazione della sentenza de qua.24
3.
In merito all’individuazione del dies a quo a partire dal quale – in caso di sopravvenuta morte del difensore (nei limiti di cui all’art. 41, comma 3, D.Lgs. n. 546 del 1992 financo discussi) – debba rilevarsi l’avveramento di una condicio iuris necessaria e sufficiente a giustificare l’interruzione del processo incardinato, il dato testuale dell’art. 40, comma 2, del Decreto in parola non sembra prima facie sollevare particolari asperità interpretative.
Ad onor del vero, è possibile ritenere che il principio di diritto desumibile dall’art. 12, disp. prel. c.c., secondo cui “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”, trovi piena esplicazione in tal caso. In altri termini, in claris non fit interpretatio.
Difatti, la disposizione processual-tributaria testé richiamata sancisce apertis verbis che “l’interruzione si ha al momento dell’evento se la parte sta in giudizio personalmente e nei casi di cui al comma 1, lettera b)”; sicché, apparirebbe lecito ritenere che il perfezionamento di una tale ipotesi interruttiva debba atteggiarsi in termini di automatismo tra insorgenza dell’evento che giustifica l’interruzione del giudizio e subitanea produzione dell’effetto interruttivo, senza la necessaria intermediazione di alcuna specifica manifestazione di volontà in tal senso della parte processuale colpita dall’evento de quo.
D’altro canto, la stessa giurisprudenza di legittimità – suffragata da numerosi contributi di contesto25 – pare riconoscere una tale interpretazione come meritevole di condivisione ed applicazione generalizzata, a tal punto che in sede nomofilattica la Suprema Corte considera “fuori discussione che la morte dell’unico procuratore, a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, determina automaticamente l’interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne hanno avuto conoscenza; interruzione che preclude ogni ulteriore attività processuale, la quale, se compiuta, è causa di nullità degli atti successivi e della sentenza”.26
Ebbene, la granitica disciplina poc’anzi annoverata – e largamente maggioritaria – potrebbe risultare foriera di talune discrasie applicative, laddove nelle pieghe del giudizio di primo grado o di appello la parte colpita dall’evento interruttivo sia posta nell’impossibilità di fruire dei benefici dell’interruzione, in conformità alla ratio dell’istituto. Non dov’essere sottaciuto, infatti, che “l’automaticità dell’interruzione è posta proprio a tutela del diritto di difesa della parte, che resta priva dello ius postulandi: resta immediatamente impedito lo svolgimento di qualsiasi attività processuale, alla quale la parte non potrebbe convenientemente provvedere e contro la quale non potrebbe reagire …Omissis…”.
La difesa deve essere garantita in ogni grado del processo; ma non la si protegge in tal estensione quando la disposizione di tutela, utile per un grado, è causa di pregiudizio se applicata nel grado successivo. La difesa deve essere garantita in ogni stato del processo, ma non la si garantisce in relazione alla vicenda interruttiva se l’interruzione è ordinata in maniera produttiva di svantaggi ad alcune dei contendenti. Il modo di tale ordinamento deve essere apprezzato in senso integrale, vale a dire, non solo per ciò che giova a chi è rimasto privo del procuratore, ma altresì perciò che gli nuoce. E perciò non basta che, mediante l’interruzione automatica, la parte sia preservata dal rischio di un’attività processuale compiuta in danno di lei, ma occorre, perché le sia assicurato il diritto di difesa, che sia altresì posta al riparo dal pericolo che, persistendo tale inscientia, maturino preclusioni in suo danno».27
L’istantanea testé riportata con fedeltà di testo si riferisce alle conclusioni raggiunte dalla Corte costituzionale inerentemente alla declaratoria di incostituzionalità dell’art. 305 c.p.c. che, quoad effectum, determina il decorso, dalla data della morte del difensore ex art. 301 c.p.c., del termine perentorio per la riassunzione del processo,28 pena l’estinzione dello stesso e il consolidamento delle situazioni giuridiche in esso controverse.29 Tali considerazioni – in virtù del richiamo generalizzato e corroborante delle disposizioni del codice di rito da parte dell’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992 – risultano certamente estendibili e compatibili con le regole proprie del processo tributario stabilite al riguardo, sicché si impone prepotentemente nella dialettica giuridica “il problema dell’adeguatezza di un termine legale di deliberazione in quanto sia certo che la norma ponga il soggetto in grado di utilizzare nella sua interezza il tempo da essa assegnato; e nella specie invece, per quel che si è detto, deve escludersi questa utilizzabilità”, come rilevato dalla Consulta.
Ordunque, un’interpretazione costituzionalmente orientata (rectius, adeguatrice) delle disposizioni concernenti l’interruzione del processo tributario per morte del difensore costituito – nell’ottica di preservare e tutelare le finalità teleologiche sottese dall’automatismo dell’effetto interruttivo anzidetto – condurrebbe alla seguente considerazione: “il termine per la riassunzione o la prosecuzione del processo interrotto per la morte del procuratore costituito di una delle parti in causa decorre non già dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, bensí da quello in cui le parti abbiano avuto conoscenza legale di tale evento e che tale conoscenza può dirsi perfezionata in presenza di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento che determina l’interruzione del processo”.30
Del resto, la conoscenza legale di un evento determina in re ipsa l’inibizione dell’insorgenza di potenziali situazioni e dinamiche processuali ardue da districare,31 evitando il verificarsi del “fenomeno della c.d. ‘estinzione misteriosa’, determinata dall’inerzia della parte che, in conseguenza dell’automatismo dell’interruzione, non abbia riassunto per non aver avuto consapevolezza – o per non essere stata posta in condizione di avere consapevolezza – dell’interruzione prodottasi ipso iure in dipendenza del verificarsi dell’evento interruttivo”.32
Ciò detto, nonostante i molteplici interventi sul punto veicolati dalla Corte costituzionale, la ondivago Corte di Cassazione denota un orientamento e disomogeneo sulla problematica financo discussa; alla necessità che il complesso degli effetti giuridici riconnessi all’interruzione del giudizio per morte del difensore siano effettivamente goduti dalla parte interessata e non artatamente supposti in maniera virtuale, si contrappone la tendenza della giurisprudenza di legittimità a concentrare parossisticamente l’attenzione sul necessario automatismo effettuale tra interruzione del processo ed avvenimento della morte del difensore.33
Un auspicabile intervento del Legislatore consentirebbe di eliminare ab origine qualsivoglia “elemento di disturbo” nell’insorgenza di potenziali effetti caducanti e comprimenti le prerogative processuali riconosciute in capo alla parte colpita dall’evento interruttivo in parola, a guisa di “anello di congiunzione” tra la multiformità della realtà economico-sociale e la sua corretta trasposizione all’interno di schemi e categorie giuridiche contemplate dall’ordinamento.
D’altronde, non costituirebbe un’anomalia procedimentale l’adozione da parte del Legislatore di una legge di interpretazione autentica34 con la finalità di dipanare ab imis l’intreccio (i.e. impasse) regolatorio ed interpretativo sviluppatosi intorno alla corretta esegesi di taluni modelli applicativi riferiti ad un istituto processuale – qual è l’interruzione – che coinvolge diritti costituzionalmente tutelati del “cittadino-contribuente” (artt. 24 e 111 Cost., avuto riguardo per quest’ultimo alla declinazione del principio del “giusto processo” in termini di “parità delle armi” tra le parti nel giudizio e, con particolare riferimento all’àmbito tributario, l’inesauribilità della tutela giurisdizionale avverso gli atti della P.A. ex art. 113 Cost.).
1 Espressione efficacemente adoperata da autorevole dottrina – F. Tesauro, Manuale del processo tributario, Torino, 2014, pp. 188 e ss. – per indicare l’essenza giuridica dell’istituto de quo. Concordemente, G. Falsitta, Manuale di diritto tributario - Parte Generale, Padova, 2015, p. 631; V. Ficari in A. Fantozzi (a cura di), Diritto tributario, Torino, 2012, p. 1055.
2 Cfr. C. Consolo - C. Glendi, Commentario brevi alle leggi del processo tributario, Padova, 2013, pp. 499 e ss.
3 Sul punto cfr. Min Fin., circ. 23 aprile 1996, n. 98/E, Parte n. 7, art. 40: «l’istituto dell’interruzione del processo ha la funzione di consentire una corretta ed effettiva estrinsecazione del principio del contraddittorio tra le parti. Ne consegue che è stata prevista una interruzione dell’attività processuale allorquando una parte, in particolare il contribuente, non possa più “stare in giudizio”». In uniformità di vedute, Agenzia delle Dogane, circ. 4 aprile 2002, n. 26/D § 10.2.
4 N. Santi di Paola (a cura di), Trattato del nuovo contenzioso tributario, Tomo I, Rimini, 2012, p. 1500; C. Mandrioli - A. Carratta, Corso di diritto processuale civile - Il processo di cognizione, Torino, 2016, pp. 220 e ss.
5 Cfr. Cass., Sez. trib., 23 maggio 2001, n. 7007 in CED online dove la Suprema Corte afferma che “infatti, costituisce costante orientamento di questa Corte (cfr., ex pluribus e da ultime. sentt. nn. 11753 del 1998, 9672 del 1999, 8933 del 2000), integralmente condiviso dal Collegio, quello, secondo cui, poiché l’interruzione del processo è preordinata dalla legge a garanzia dell’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale e/o alla difesa della parte nei cui confronti intervengono determinati eventi idonei a pregiudicarlo, non sono legittimati a dolersi dell’omessa interruzione le altre parti del processo, anche nel caso in cui la parte, della quale sia venuta meno la presenza nel giudizio per effetto della sua mancata interruzione, sia un litisconsorte necessario; siffatto orientamento, formatosi sulla disciplina dell’istituto della interruzione del processo, dettata per il processo civile ordinario, è sicuramente applicabile anche a quella, dettata dal D.Lgs. n. 546 del 1992 agli artt. 40-43, che regola l’istituto medesimo nel nuovo processo tributario sullo stampo del codice di rito civile, apportandovi limitate modificazioni – che non rilevano nella presente fattispecie – imposte dalle peculiarità del suo oggetto”.
Similmente, Cass., Sez. trib., 10 agosto 2010, n. 18541; Cass., Sez. VI civ., ord. 9 ottobre 2015, n. 20358; Cass., Sez. trib., 28 maggio 2001, n. 7216; Cass., Sez. trib., ord. 18 maggio 2011, n. 10880 in CED online.
In dottrina, cfr. U. Perrucci, Il nuovo processo tributario, in Boll trib. inf., n. 3/1993, in http://www.plusplus24fisco.ilsole24ore.com/.
6 Espressione suggellata da C. Consolo - C. Glendi, o.u.c., pp. 504 e ss.
7 Orientamento inaugurato, in funzione nomofilattica, da Cass., Sez. un., 21 giugno 2007, n. 14385, a mente della quale “nel giudizio di cassazione, che è dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto della interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli artt. 299 e segg. cod. proc. civ., onde, una volta instauratosi il giudizio, il decesso di uno dei ricorrenti, comunicato dal suo difensore, non produce l’interruzione del giudizio”. Uniforme interpretazione di diritto oggettivo assodata da copiose pronunce della Suprema Corte; ex multis, Cass., Sez. II civ., 23 febbraio 2007, n. 4233, secondo cui “nel giudizio di cassazione, essendo influente la sopravvenuta morte della parte, coloro che intendano prendervi parte, in proprio nome e nella qualità di eredi, possono farlo con atto di intervento o con ricorso, ma mai con comparsa di costituzione”; Cass., Sez un., 22 aprile 2013, n. 9692; Cass., Sez. trib., 24 gennaio 2016, n. 3611 in CED online.
Ad ogni buon conto, un siffatto indirizzo dei giudici di legittimità è stato tacciato di incostituzionalità attraverso la sentenza n. 109 del 18 marzo 2005 da parte della Corte costituzionale: “Se infatti è vero, a parere del giudice a quo, che resta estranea al giudizio di cassazione, dominato dall’impulso officioso, la ratio delle norme in tema di interruzione collegata al carattere dispositivo del processo ed all’esigenza di affidarne la prosecuzione all’impulso di parte, è pur vero che quelle stesse disposizioni tutelano il diritto di difesa ed il contraddittorio con previsioni che, nel caso di morte, radiazione e sospensione dall’albo dell’unico procuratore costituito, determinano l’interruzione automatica del processo ed importano la nullità di ogni ulteriore attività processuale” , affermano i giudici costituzionali.
Pertanto, “la Corte rimettente ritiene, tuttavia, di dover rimeditare questo consolidato indirizzo che, per il caso di morte dell’unico difensore costituito, condurrebbe a risultati contrastanti con gli artt. 3, 24 e 111 Cost.”.
Alla luce di siffatte osservazioni, i giudici di legittimità hanno mutato il precedente convincimento riconoscendo che “nel giudizio di Cassazione in caso di morte dell’unico difensore, attestata dalla relata di notifica dell’avviso di udienza, la causa deve essere rinviata a nuovo ruolo dandone, comunicazione alla parte personalmente, onde consentirle di provvedere alla nomina di un nuovo difensore. Tuttavia se la parte, una volta ricevuta tale comunicazione, rimane inerte e non provvede alla nomina di un nuovo difensore, vengono meno i presupposti per reiterare gli adempimenti prescritti dall’articolo 377, comma 2, del codice di procedura civile” (Cass., Sez. un., 13 gennaio 2006, n. 477 in CED online).
Successivamente, Cass., Sez. trib., 10 febbraio 2016, n. 2623; Cass., Sez. II civ., 10 dicembre 2015, n. 24975; Cass., Sez. trib., 5 marzo 2012, n. 3444; Cass., Sez. trib., 20 febbraio 2015, n. 3415, in CED online.
8 Ai sensi del rimando indiretto alle norme del codice di rito, contenuto nell’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, è pacifico ritenere che le disposizioni concernenti l’assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie debbano subire un raccordo con le prescrizioni – allorquando e nella misura in cui risultino estendibili – contemplate agli artt. 82 e ss. c.p.c..
9 Chiaramente, l’istituto della notificazione poc’anzi addotto viene sostituito nella disciplina del processo tributario da una semplice comunicazione; ciò al riscontrarsi di un’esplicita discordanza del dato letterale tra la disposizione processualcivilistica e il contenuto dell’art. 40, comma 2, ultimo periodo, D.Lgs. n. 546 del 1992. Nulla quaestio sulla necessaria prevalenza della disposizione processual-tributaria, stante il principio di specialità che sorregge le norme regolatrici del contenzioso fiscale.
10 Cfr. Cass., Sez. III civ., sent. n. 19947 del 6 ottobre 2004; Cass., Sez. I civ., sent. n. 11269 dell’11 giugno 2004; Cass., Sez. I civ., sent. n. 12507 del 28 maggio 2007; Cass., Sez. trib., sent. n. 12161 del 9 giugno 2005.
Ad ogni buon conto, non sono suscettibili d’essere ricompresi nel suddetto coacervo di eventi le ipotesi di riorganizzazione delle attribuzioni degli uffici dell’Amministrazione finanziaria, come risultante da copiosi pronunciamenti della Suprema Corte (cfr. Cass., Sez. trib., sent. n. 3553 del 16 febbraio 2010; Cass., Sez V trib., sent. n. 20085 del 18 settembre 2009, secondo cui “il mutamento, con atto amministrativo di organizzazione, della ripartizione di competenza territoriale degli uffici di un’Agenzia fiscale è un atto interno privo di rilevanza giuridica esterna processuale, in ragione del principio della buona fede oggettiva del contribuente, regolativo del processo tributario”. Senza soluzione di continuità, Cass., Sez. trib., sent. n. 3559 del 13 febbraio 2009; Cass., Sez. trib., sent. n. 2740 del 5 febbraio 2009; Cass., Sez. trib., sent. n. 28268 del 18 dicembre 2013; Cass., Sez. trib., sent. n. 22550 dell’11 dicembre 2012.
11 Condivisibilmente C. Consolo - C. Glendi, cit., pp. 504 e ss., dove si sostiene che il termine iniziale coincide, in base all’art. 20, D.Lgs. n. 546/1992 con la notificazione dell’atto introduttivo del processo; ma v’è di più.
Gli autori testé citati sviscerano più a fondo la questione e riportano che, in merito all’individuazione del termine iniziale a cui far risalire la manifestazione dell’evento interruttivo, lo stesso si rileva “per i ricorsi avverso i ruoli formati dai (soppressi) Centri di servizio col deposito di un esemplare del ricorso presso la segreteria della Commissione. Nel caso di processo preceduto dalla fase di mediazione (art. 17-bis) è da ritenere che il termine decorra dalla chiusura negativa della mediazione (con rigetto dell’ufficio) ovvero scadenza del termine di 90 giorni dalla proposizione del reclamo”.
12 Cfr. Min Fin., circ. 23 aprile 1996, n. 98/E, cit., e Agenzia delle Dogane, circ. 4 giugno 2012, n. 26/D, cit., § 10.2, inserendosi nel solco di un consolidato orientamento dell’Amministrazione finanziaria al riguardo.
13 Ai sensi dell’art. 328, comma 2, c.p.c., “tale rinnovazione può essere fatta agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell’ultimo domicilio del defunto”.
14 Per effetto dell’art. 328, comma 3, c.p.c. esteso (insieme alle altre disposizioni del codice di rito richiamate in tema di interruzione del processo) – in via analogica – alla disciplina del contenzioso tributario ex art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992.
15 Come osservato da attenta dottrina, «qualora uno degli eventi idonei a determinare l’interruzione del processo, ai sensi dell’art. 301 c.p.c., quale la morte della parte, si verifichi nel corso del giudizio di primo grado e tale evento non venga dichiarato né notificato dal difensore della parte alla quale l’evento si riferisce, il giudizio di impugnazione deve essere comunque instaurato da e contro i soggetti effettivamente legittimati e, quindi, da e contro gli eredi. Diversamente è inammissibile, né può essere invocato il principio di ultrattività del mandato che, attribuendo al procuratore la possibilità di continuare a rappresentare in giudizio la parte che gli abbia conferito il mandato e costituendo deroga al principio secondo il quale la morte del mandante estingue il mandato (secondo la normativa sulla rappresentanza e sul mandato di cui all'art. 1722, n. 4, c.c.), va contenuto nei limiti della fase del processo in cui si è verificato l’evento non dichiarato né notificato» (cfr. M. Mocci, Il «filtro» in appello, fra ottimismo della volontà e pessimismo della ragione, in Giur. merito, n. 10/2013). In giurisprudenza, cfr. Cass., Sez. I civ., 19 marzo 2009, n. 6701 e Cass., Sez. III civ., ord. 5 marzo 2009, n. 5387 in CED online.
16 Cfr. Cass., Sez. un., 10 maggio 2006, n. 10706 e, conformemente, Cass., Sez. un., 2 settembre 2014, n. 19887; Cass., Sez. un., 4 luglio 2014, n. 15295; Cass., Sez. trib., 17 dicembre 2014, n. 26495; Cass., Sez. III civ., 5 maggio 2016, n. 8959; Cass., Sez. III civ., 8 febbraio 2012, n. 1760; Cass., Sez. I civ., ord. 2 ottobre 2013, n. 23890 in CED online.
17 Tenuto conto delle corroborazioni ed estensioni degli effetti giuridici riconducibili all’articolo de quo, risultanti dalle risultanze e dai principi espressi dalla Corte cost., 3 marzo 1986, n. 41 il cui pronunciamento massimato così recita: “è costituzionalmente illegittimo l’art. 328 cod. proc. civ. nella parte in cui non prevede tra i motivi di interruzione del termine di cui all’art. 325 cod. proc. civ. la morte, la radiazione e la sospensione dall’albo del procuratore costituito, sopravvenute nel corso del termine stesso. Invero, l’art. 328 cod. proc. civ. considera, quali motivi di interruzione dei termini brevi di impugnazione della sentenza, soltanto eventi che colpiscano la parte o il suo legale rappresentante, e non anche il procuratore costituito; ma, poiché l’esercizio del ministero del difensore costituito, in giudizi nei quali il ministero medesimo è necessario, non contribuisce alla difesa del cliente in misura minore dell’attività della parte stessa cui è inibito difendersi di persona, è da riconoscersi fondato il prospettato dubbio d’incostituzionalità della norma censurata, per violazione del diritto di difesa garantito dall’art. 24, comma secondo, Cost.”.
É stato altresì affermato in dottrina e confermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. I civ., 22 dicembre 1987, n. 9571) che “la notificazione dell’atto di impugnazione, della quale sia risultata impossibile l’effettuazione per la morte del difensore domiciliata rio dell’appellato e della parte personalmente” (cfr. C. Consolo - C. Glendi, cit., p. 505). Ciononostante, è bene tenere conto delle specifiche disposizioni previste per la materia processual-tributaria, giacché le modalità di esecuzione delle notificazioni subiscono un richiamo alle disposizioni del codice di rito – ex art. 16, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992 – ma deve tenersi in eguale considerazione il disposto tanto dell’art. 17, quanto dell’art. 16-bis, comma 4, del decreto in parola (delle cui disposizioni si è già discusso nelle pagine precedenti).
18 Siffatte statuizioni si determinano in accordo a consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità; di talché “la morte della parte costituita in giudizio dichiarata da suo procuratore in udienza, o da questi notificata alle altre parti, comporta la conseguenza automatica, indipendentemente cioè dalla pronuncia del giudice che ha valore esclusivamente dichiarativo, dell’interruzione del processo” (Cass., Sez III civ., 20 maggio 1998, n. 5029, in CED online). Conformemente, Cass., Sez. I civ., 22 giugno 1999, n. 6298; Cass., Sez. trib., 30 ottobre 2009, n. 23042; Cass., Sez III civ., 14 novembre 2006, n. 24208 in CED online.
19 Cfr. Cass., Sez. II civ., 5 ottobre 2001, n. 12294 in CED online e, con statuizione che trova conferma in taluni successivi pronunciamenti della Suprema Corte, v. ex multis, Cass., Sez. I civ., 12 settembre 2014, n. 19319; Cass., Sez. III civ., 13 novembre 2009, n. 24024; Cass., Sez. III civ., 27 maggio 2009, n. 12261 CED online.
20 Cfr. Cass., Sez. III civ., 25 giugno 1990, n. 6400 e ex pluribus Cass., Sez. un., 4 luglio 2014, n. 15295; Cass., Sez. I civ., 14 maggio 1997, n. 4241; Cass., Sez. II civ., 27 ottobre 1995, n. 11197; Cass., Sez. I civ., 3 aprile 1991, n. 3478; Cass., Sez. II civ., 27 marzo 2000, n. 3632 in CED online.
Si rammenta che il combinato disposto degli artt. 12 e 40, D.Lgs. n. 546 del 1992 acclara la vigenza – anche nelle pieghe del processo tributario – di una tale ricostruzione della materia de qua; il richiamo chiarificatore e sistematico alle norme dettate dal codice di rito appare in sintonia con il disposto dell’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992.
21 Ad ogni modo, le fattispecie poc’anzi descritte non sono riconosciute quali eventi ad efficacia interruttiva (art. 301, comma 3, c.p.c.).
22 Cfr. Comm. trib. Reg. Lazio, Sez. IX, 20 gennaio 2016, n. 243; Comm. trib. Prov. di Genova, Sez. XIII, 5 gennaio 2004, n. 295 in www.plusplus24fisco.ilsole24ore.com/#.
23 Diffusamente, nella giurisprudenza di legittimità, Cass., Sez. I civ., 7 marzo 1990, n. 1807, in CED online, “la sentenza emessa malgrado l’interruzione automatica del processo per la morte dell’unico procuratore di una parte è priva di effetti (nei confronti della parte colpita dall’evento interruttivo) e, trattandosi di sentenza di appello tempestivamente impugnata con ricorso per cassazione, deve essere annullata con rinvio allo stesso giudice che l’ha pronunciata, nella fase processuale in cui era pervenuta”.
Conformemente, Cass., Sez. II civ., 13 novembre 1994, n. 11204; Cass., Sez. lav., 1° febbraio 1994, n. 995; Cass., Sez. I civ., 3 settembre 1994, n. 7634; Cass., Sez. un., 18 maggio 2011, n. 10864; Cass., Sez III civ., 14 luglio 2003, n. 11005; Cass., Sez. I civ., 22 agosto 2001, n. 11180; Cass., Sez. un., 9 novembre 2009, n. 23681 in CED online.
24 Cfr. Cass., 5 luglio 1984, n. 3929 in CED online in accordo alla quale “l’irregolare prosecuzione del giudizio, per l’inosservanza delle norme sull’interruzione del processo, essendo tali norme rivolte a tutelare la parte nei cui confronti si sia verificato l’evento interruttivo può essere fatta valere soltanto da questa parte, che da quell’evento può essere pregiudicata, e non dalle altre parti, le quali, non risentendo alcun pregiudizio da quell’omissione, non la possono dedurre come motivo di nullità della sentenza, che, ciononostante, sia stata pronunciata”; sulla stesso punto di diritto, Cass., Sez. III civ., 17 dicembre 2010, n. 25641; Cass., Sez. trib., 3 settembre 2004, n. 17860 in CED online.
Anche la giurisprudenza di merito non è insensibile alle tematiche poc’anzi affrontate e risolve la questione con pronunciamenti in linea con il filone interpretativo inaugurato dalla Suprema Corte; ex multis, Comm. trib. Reg. Lazio, Sez. I., 14 settembre 2006, n. 201; Comm. trib. Reg. Toscana, Sez. XXIX, 12 maggio 2014, n. 942; Comm. trib. Reg. Sicilia, Sez. XXV, 6 maggio 2013, n. 91; Comm. trib. Prov. di Savona, Sez. V, 30 giugno 2015, n. 440 in www.plusplus24fisco.ilsole24ore.com/#.
Pertanto, tale dichiarazione può essere eccepita soltanto dal difensore costituito della parte cui l’evento si riferisce, il quale opererà una proporzionata ponderazione delle conseguenze dell’interruzione sul rapporto processuale in itinere (cfr. N. Santi di Paola [a cura di], Trattato del nuovo contenzioso tributario, cit.).
25 «Se la parte sta in giudizio personalmente o nei casi di morte, radiazione o sospensione dall’albo o dall’elenco di uno dei difensori incaricati l’interruzione si ha al momento dell’evento, opera cioè automaticamente» sostiene S. La Rocca, La sospensione, l’interruzione e l’estinzione del processo tributario alla luce delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 156 del 2015, in Boll. trib. inf., n. 16/2017, https://www.plusplus24fisco.ilsole24ore.com/; sulla medesima falsariga e con riferimento anche alla struttura del processo tributario antecedentemente alla riforma apportata ex D.Lgs. n. 546 del 1992 senza soluzione di continuità con le odierne disposizioni cfr. U. Perrucci, La struttura del nuovo processo tributario, ivi, n. 12/1992, https://www.plusplus24fisco.ilsole24ore.com/ e G. Acampora, L’interruzione nell'attuale rito del processo tributario a seguito di revoca di fallimento, ivi, n. 17/1993, https://www.plusplus24fisco.ilsole24ore.com/, il quale sostiene che «il principio della insensibilità del processo tributario ai mutamenti soggettivi extraprocessuali non è stato assunto in modo definitivo neppure dalla giurisprudenza, la quale, già nelle decisioni Comm. centr. trib. 18-06-1962, n. 60801 (in Boll. Trib. Inf. 1964, 52) e Comm. centr. trib. 14-04-1969, n. 2070 (ivi, 1970, 1287), nel prendere, rispettivamente, in esame il caso della cessazione della rappresentanza legale del contribuente e quello della morte dello stesso, aveva affermato che l’interruzione non si verifica se il procuratore, per mezzo del quale la parte è costituita, non dichiara l’evento in giudizio o non lo notifica all’ufficio fiscale; in seguito, con maggiore puntualità, nella sent. Cass. 07-12-1973, n. 3321 (in Dir. prat. trib. 1975, II, p. 204), aveva optato per l’ammissibilità dell’interruzione del processo nel caso di morte del contribuente (cfr., per implicito, anche Comm. trib. centr. 14-02-1978, n. 3028, in “Comm. trib. centr.” 1978, p. 89): tutto ciò, nonostante la presenza, nell’ordinamento processuale tributario, dell’istituto della proroga dei termini di cui all’art. 31, primo comma, del D.P.R. n. 636/1972».
Cfr. altresì, A. Cissello - P. Saggese, Contenzioso tributario, Milano, 2011, p. 1184; R. Lupi, Manuale giuridico professionale di diritto tributario, Milano, 2001, p. 797; F. Tesauro, Manuale del processo tributario, cit., p. 189; V. Ficari in A. Fantozzi (a cura di), Diritto Tributario, cit., p. 1055.
D’altronde, «nessuno si sentirebbe di negare, ad esempio, che, …Omissis… il giudice debba dichiarare la contumacia del convenuto non costituito. Oppure, che egli debba cancellare la causa dal ruolo con conseguente estinzione del processo, nel caso che non costituito sia l'attore e il convenuto non chieda che si proceda. Oppure, ancora, che possa sollevare la questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 180 c.p.c. Oppure, infine, che debba ordinare la sospensione del processo qualora risulti già in prima udienza la pendenza di una causa pregiudiziale ai sensi dell’art. 295 c.p.c., o la sua interruzione, qualora nella stessa sede venga dichiarato uno degli eventi previsti dagli artt. 299 e 300 c.p.c.» come rilevato da S. Chiarloni, Giudice e parti nella fase introduttiva del processo civile di cognizione, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2/1999, pp. 385 e ss.
26 Cfr. Cass., Sez un., 8 febbraio 2010, n. 2714, con statuizioni condivise da Cass., Sez. II civ., 5 ottobre 2001, n. 12294 e Cass., Sez. II civ., 30 marzo 2005, n. 6731 in CED online. Con ragionamento a contrariis e relativamente al momento in cui decorre il termine semestrale per la riassunzione del processo interrotto a causa della morte della parte, “nell’ipotesi di morte o perdita della capacità della parte costituita, la dichiarazione dell’evento interruttivo può essere validamente effettuata dal difensore della parte colpita da esso al difensore della controparte, ai sensi del combinato disposto degli artt. 170 e 300 c.p.c., ed il termine per la riassunzione decorre da tale data, nella quale si realizza la conoscenza legale dell’evento interruttivo, e non da quella della formale dichiarazione di interruzione del processo” (Cass., Sez. VI civ., ord. 15 settembre 2017, n. 21375 e, più recentemente, Cass., Sez. trib., ord. 28 febbraio 2018, n. 4612 CED online). Da ciò conseguendo di necessità l’automatica interruzione del giudizio in caso di sopravvenuta morte dell’unico difensore della parte costituita.
27 Cfr. Corte cost., 15 dicembre 1967, n. 139, con riferimenti, ricostruzioni e condivisione del medesimo sillogismo decisorio da parte di Corte cost., 2 dicembre 1970, n. 178; Corte cost., 6 luglio 1971, n. 159, e Corte cost., 19 febbraio 1976, n. 36, in www.giurcost.org.
28 Ai sensi dell’art. 43, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, “se entro sei mesi da quando è stata dichiarata l’interruzione del processo la parte colpita dall’evento o i suoi successori o qualsiasi altra parte presentano istanza di trattazione al presidente di sezione della commissione, quest’ultimo provvede a norma del comma precedente”.
29 Rilevandosi un’ipotesi di estinzione del processo per inattività delle parti a mente dell’art. 45, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992, secondo cui “il processo si estingue nei casi in cui le parti alle quali spetta di proseguire, riassumere o integrare il giudizio non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo”.
30 Cfr. Cass., Sez. trib., 19 dicembre 2013, n. 28373 in CED online, laddove si specifica con maggior grado di puntualità che “come (sia pur implicitamente) ritenuto da questa Corte con sentenza 21128/2011 e diversamente da quanto affermato con sentenza 21108/2011, il diverso tenore letterale del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 43 rispetto all’articolo 305 c.p.c. appare semplicemente teso a ribadire che, cosí come affermato dalla Corte costituzionale, il dies a quo non decorre dall’evento interruttivo ma dalla conoscenza di detto evento, e non appare invece di per sé idoneo ad alterare i su esposti consolidati principi enucleati dalla giurisprudenza in relazione al disposto dell’articolo 305 c.p.c.”. In senso conforme, Cass., Sez. II civ., 26 marzo 2012, n. 4851; Cass., Sez. III civ., 11 febbraio 2010, n. 3085; Cass., Sez. VI civ., ord. 1° giugno 2017, n. 13900 in CED online.
31 A ben vedere, gli eventi suscettibili di ingenerare una circostanza interruttiva del «regolare flusso» del processo tributario incardinato subiscono una summa divisio in: fatti la cui manifestazione può rivelarsi in pendenza dei termini processuali di decisione della controversia (il ricorso è depositato presso la segreteria della Commissione Tributaria Provinciale o Regionale di competenza e, quindi, sarà quest’ultima a gestire il rapporto pendente per via dell’evento interruttivo), ovvero fatti la cui manifestazione si appalesa durante il termine impugnatorio della sentenza resa in primo grado e, pertanto, nella consistente ipotesi di mancata avvedutezza dell’evento de quo da parte del soggetto deputato ad avvalersi del gravame processuale.
Con riguardo a tale ultimo aspetto, l’intervenuta conoscenza (o conoscibilità) legale dell’Ente impositore della morte del difensore – ad opera della parte costituita in giudizio ed interessata da siffatto evento interruttivo – consente di arginare la problematica scaturente dalla seguente condizione: quid iuris qualora la morte del difensore insorga in pendenza del termine riconosciuto alla parte soccombente per esperire i mezzi di gravame ammessi dalla legge avverso la sentenza sfavorevole?
In tale ultima circostanza, specialmente con decorrenza dal 1° luglio 2019 – dies a quo dell’istituzionalizzazione a regime del c.d. “Processo tributario telematico – P.t.t.” ex art. 16, comma 5, D.L. 23 ottobre 2018, n. 119 – ben potrebbe verificarsi che l’Ente impositore soccombente in primo grado proceda a notificazione all’indirizzo Pec del difensore defunto dell’atto di appello alla sentenza sfavorevole, in difetto di conoscenza legale della sopravvenuta morte del difensore.
È chiaro che, in tale circostanza, non è possibile rifarsi all’istituto dell’interruzione del processo, giacché l’evento è intervenuto dopo la sentenza di primo grado favorevole al contribuente e, quindi, ancora in difetto di incardinazione definitiva del procedimento di appello.
Sul punto, la giurisprudenza maggioritaria della Corte di Cassazione propende per la nullità della notificazione eseguita dall’appellante, adducendo in sintesi le seguenti motivazioni: “la morte del domiciliatario produce l'inefficacia della dichiarazione di elezione di domicilio e la necessità che la notificazione dell'impugnazione sia eseguita, a norma dell’art. 330, terzo comma, cod. proc. civ., alla parte personalmente” (Cass., Sez. III civ., 6 luglio 2010, n. 15846 in CED online). Tali considerazioni sono riprese da Cass., Sez. III civ., 22 aprile 2010, n. 9543 e Cass., Sez. III civ., 4 marzo 2002, n. 3102 in CED online. In quest’ultima si ribadisce che se il difensore fa parte di uno studio associato ma “dalla dichiarazione di elezione risulti che lo studio è indicato come quello proprio di una individuata persona, professionista o meno, la dichiarazione stessa diviene inefficace a seguito della morte del domiciliatario, in quanto in tal caso l'elezione di domicilio deve ritenersi fatta non con riferimento alla organizzazione in sé, indipendentemente dalla persona del domiciliatario, ma al luogo in cui questi è reperibile, attribuendo quindi rilievo all'elemento personale e non a quello oggettivo; ove, peraltro, l'organizzazione del procuratore continui ad operare dopo la sua morte, la notificazione eseguita presso lo studio deve ritenersi nulla e non inesistente”. Recentemente sia Cass., Sez. VI civ., ord. 20 gennaio 2011, n. 1341, che Cass., Sez. trib., ord. 14 maggio 2013, n. 11486 inn CED online hanno ribadito siffatti concetti.
Il procedimento che si delinea sembra possa essere il seguente: la notifica dell’appello all’indirizzo Pec del difensore defunto determina nullità della notificazione ex art. 160 c.p.c., cosicché il giudizio prosegue con la contumacia della parte appellata.
In caso di accoglimento del gravame, la sentenza passerà in giudicato (in assenza di impugnazione per ignoranza del procedimento) e, di conseguenza, il contribuente riceverà la notificazione di apposita cartella di pagamento preordinata alla riscossione forzata delle somme dovute in base all’accertamento divenuto definitivo (art. 25, comma 1, lett. c, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602).
A questo punto, sarà possibile esperire l’impugnazione della cartella anzidetta dinanzi al giudice tributario (CTP) per nullità della notifica dell’appello e chiedere:
a) in via principale che sia dichiarata nulla la notifica dell’Appello e quindi inammissibile il giudizio di Appello realizzato unitamente al passaggio in giudicato della sentenza di primo grado originaria;
b) in via subordinata e non concorrente, istanza di remissione in termini del contumace appellato ex artt. 153, 291, 294 e 330, comma 3, c.p.c. e, pertanto, declaratoria di inefficacia dell’Atto di appello allora notificato, con imposizione di una nuova notifica dello stesso.
32 Cfr. Cass., Sez. I civ., ord. 30 gennaio 2019, n. 2658 in CED online; similmente, ex multis, Cass., Sez. III civ., 28 dicembre 2016, n. 27165 e Cass., Sez. VI civ., ord. 25 febbraio 2015, n. 3782 in CED online.
33 “È principio di diritto consolidato quello secondo il quale gli eventi indicati dall'articolo 301 cod. proc. civ. (nel cui novero la Corte territoriale ha ricondotto la fattispecie in esame), verificatasi durante il giudizio nei confronti dell’unico procuratore a mezzo del quale la parte è costituita, determinano ‘automaticamente l’interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne hanno avuto conoscenza, e l’interruzione del processo preclude ogni ulteriore attività processuale, che, se compiuta, è causa di nullità degli atti successivi e della sentenza: tale nullità della sentenza, tuttavia, può essere fatta valere, in applicazione della regola di cui all’articolo 161 cod. proc. civ., soltanto nei limiti e secondo le regole proprie dei mezzi di impugnazione consentiti, compreso quello derivante dall’articolo 327 c.p.c., comma 1, per cui l’impugnazione non è più proponibile dopo che sia decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza” (cosi, Cass., 18 aprile 2003, n. 6300; cfr. anche, tra le altre, Cass., 15 gennaio 2003, n. 486; Cass., 17 dicembre 2010, n. 25641). Dovendosi, altresì, soggiungere che la prevista decadenza dalla impugnazione dopo il decorso di un anno dalla pubblicazione della sentenza, indipendentemente dalla notificazione di questa, opera – come ribadito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 297 del 2008 – “un non irragionevole bilanciamento tra l’indispensabile esigenza di tutela della certezza delle situazioni giuridiche e il diritto di difesa”, consentendosi al soccombente “di informarsi tempestivamente della decisione che lo riguarda, facendo uso della diligenza dovuta in rebus suis”; cfr. Cass., Sez. III civ., 11 giugno 2014, n. 13244. Similmente, ex pluribus, Cass., Sez. VI civ., 10 luglio 2015, n. 14520; Cass., Sez. un., 13 febbraio 2017, n. 3702 e Cass., Sez. VI civ., od. 12 novembre 2018, n. 28846 in CED online.
34 Tecnica normativa da ultimo annoverata dall’art. 1, comma 1084, L. 30 dicembre 2018, n. 145, (Legge di Bilancio 2019) con il quale si è stabilito che “l’articolo 1, comma 87, lettera a), della Legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20, comma 1, del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131”. Richiamando interventi più risalenti, la definizione della vexata quaestio relativa alla cumulabilità tra periodo di sospensione amministrativa ex art. 6, D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, ai fini dell’esperimento del tentativo di adesione all’accertamento notificato, e il periodo di sospensione feriale ex artt. 1, comma 1 e 5, L. 7 ottobre 1969, n. 742, è stata raggiunta attraverso l’art. 7-quater, comma 18, D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, a mente del quale “i termini di sospensione relativi alla procedura di accertamento con adesione si intendono cumulabili con il periodo di sospensione feriale dell’attività giurisdizionale”.
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