Scritto da Marilena Rispoli Farina • nov 2022
La Cassa Depositi e Prestiti rappresenta un elemento unico nel suo genere nel panorama della finanza italiana. Il presente lavoro ne analizza il contributo, anche nell’attuale contesto di crisi, in un confronto con i principali istituti che in Europa svolgono attività simili, al fine di comprendere meglio il ruolo sempre più importante che sta ricoprendo nel nostro Paese. Attraverso di essa, infatti, lo Stato interviene nell’economia, giocando un ruolo che va oltre le misure dirette (come la detenzione di partecipazioni rilevanti) e indirette (come la concessione di finanziamenti agevolati per l’innovazione) di sostegno alla crescita delle imprese.
The Cassa Depositi e Prestiti represents a unique element in Italian finance. This work analyzes its role, even in the current crisis context, in a comparison with the main institutions that carry out similar activities in Europe, in order to better understand the increasingly important role it is playing in our country. Through it, in fact, the State intervenes in the economy, playing a role that goes beyond direct measures (such as the holding of significant shareholdings) and indirect (such as the granting of subsidized loans for innovation) to support the growth of businesses.
1.
Fin dalla sua nascita avvenuta più di 170 anni fa, la Cassa Depositi e Prestiti (in seguito anche “CDP”) ha occupato un ruolo centrale, unico nel suo genere nel panorama della finanza italiana. La Cassa depositi e prestiti, istituita in forma permanente nel 1850 dopo una sperimentazione decennale, ha avuto nei suoi primi centocinquanta anni di storia, essenzialmente, il compito di impiegare le risorse depositate – sotto forma di libretti di risparmio e di buoni fruttiferi postali – presso le casse di risparmio postali sorte nel 1875, per due finalità principali: l’erogazione di mutui e prestiti agevolati agli enti locali, diretti alla realizzazione di infrastrutture e alla copertura dei disavanzi di bilancio, da un lato, e il finanziamento del debito pubblico mediante la liquidità collocata sul conto corrente di tesoreria e l’acquisto di titoli di Stato, dall’altro.
L’intuizione di base è stata, in realtà, molto semplice: utilizzare la rete capillare degli uffici postali e la copiosa raccolta del risparmio che ne deriva per finanziare lo sviluppo dell’economia italiana, cosicché il risparmio privato potesse essere posto al servizio di un pubblico interesse.1
Dopo che è divenuta una società per azioni, il raggio di azione della CDP si è allargato e la forma giuridica più agile ha consentito di dare all’Italia una vera e propria “infrastruttura finanziaria”.2
Cassa Depositi e Prestiti è stata protagonista nell’ultimo periodo di alcune vicende fondamentali in settori considerati strategici come la fibra ottica e le infrastrutture autostradali (operazioni c.d. di sistema: intervento in ASPI dopo il crollo del ponte Morandi, l’acquisto di Borsa italiana e l’operazione di integrazione tra Metroweb Italia s.p.a. e Enel Open Fiber s.p.a.) e gestore di strumenti pubblici di sostegno. Dovrebbe gestire a breve, infatti, le ingenti risorse del patrimonio destinato c.d. Fondo Rilancio per promuovere la crescita del Paese anche nel lungo periodo. Ancora più ampio appare l’orizzonte se si guarda all’attuazione del programma UE Next Generation in cui la Cassa può essere un attore importante.
Si rende utile, quindi, un confronto con i principali istituti che in Europa svolgono attività simili a quelle di CDP, per comprendere meglio il ruolo sempre più importante che sta ricoprendo nel nostro Paese.3 È infatti attraverso Cassa Depositi e Prestiti che lo Stato sta intervenendo nell’economia, giocando un ruolo che va oltre le misure dirette (come la detenzione di partecipazioni rilevanti) e indirette (come la concessione di finanziamenti agevolati per l’innovazione) di sostegno alla crescita delle imprese.
2.
Cassa Depositi e Prestiti, formalmente una s.p.a., è un’istituzione finanziaria controllata all’83% dal Ministero dell’economia e delle finanze. Il restante 16% (escluso un 1% di azioni proprie) è costituito da partecipazioni private detenute da fondazioni bancarie, enti privati sottoposti al controllo del MRF, entrati nell’azionariato della Cassa con un decreto legge del settembre 2003. CDP è a tutti gli effetti uno «strumento per promuovere la crescita del Paese»: tra le sue attività principali vi sono il finanziamento della PA e il supporto allo sviluppo delle p.m.i. e delle imprese italiane, oltre che la promozione di iniziative immobiliari e infrastrutturali di aziende italiane tramite investimenti strategici. Il tutto è finanziato principalmente attraverso libretti e buoni fruttiferi postali.
La nuova società sorta nel 2003 viene classificata come intermediario finanziario iscritto nell’elenco di cui all’art. 106 del T.u.b., sottoposta per questo profilo alla vigilanza informativa della Banca d’Italia, e viene collocata da Eurostat al di fuori del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, che rileva – come noto – ai fini del rispetto dei parametri di finanza pubblica stabiliti a livello europeo.4
A seguito della trasformazione della Cassa in società, è stata anche operata la separazione organizzativa e contabile tra una “gestione separata”, alimentata principalmente dal risparmio postale e coperta dalla garanzia dello Stato, e una “gestione ordinaria”, ossia l’attività che attinge alle risorse reperite sul mercato e prive di garanzia pubblica. Dal 2003, e ancora di più a seguito della crisi finanziaria iniziata nel 2008, ha preso avvio un processo evolutivo, lungo il quale CDP S.p.A. ha dato vita a un articolato gruppo societario e, al di là del tradizionale sostegno agli enti territoriali e al settore pubblico, ha allargato il perimetro d’azione al supporto dei processi di crescita e di internazionalizzazione delle imprese, agli investimenti immobiliari e alla valorizzazione del patrimonio pubblico, all’acquisizione di partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, secondo un approccio orientato allo sviluppo di medio-lungo termine. Nel piano industriale 2019-2021, approvato a dicembre 2018, sono state quindi individuate quattro principali linee di intervento a cui possono essere ricondotte le molteplici iniziative attivate e gestioni assunte da CDP, e alle quali corrispondono altrettante Direzioni: “Infrastrutture, Pubblica Amministrazione e Territorio”, per supportare gli enti territoriali nella realizzazione delle infrastrutture e nel miglioramento dei servizi di pubblica utilità, che rappresenta l’evoluzione dell’originaria mission della Cassa; “Imprese”, per favorire l’innovazione e la crescita domestica e internazionale delle attività produttive; “Grandi partecipazioni strategiche”, per creare sinergie e supportare i percorsi di sviluppo in una prospettiva di lungo termine; “Cooperazione internazionale allo sviluppo”, per sostenere la realizzazione di progetti nei Paesi in via di sviluppo e nei mercati emergenti.
La gestione separata è quindi divenuta l’asse portante della mutazione della Cassa in uno dei principali strumenti di politica industriale a disposizione dello Stato.
In estrema sintesi, si può dire che nel gruppo CDP convivono oggi due modelli di politica industriale: da una parte, la Cassa opera come una banca di sviluppo, che finanzia iniziative di innovazione e di internazionalizzazione, spesso insieme ad altri soggetti nazionali ed europei, rivolte in particolare alle piccole e medie imprese; nel secondo modello, CDP opera come una holding di partecipazioni azionarie dirette o indirette in alcune delle più grandi imprese italiane in settori definiti strategici.
Alla luce di questa evoluzione, non sembra inappropriata la definizione data a CDP di “istituzione di mercato con missione pubblica”, ossia di strumento di sostegno della crescita e degli investimenti in grado di mobilitare a tale scopo – in presenza di forti vincoli di finanza pubblica – risorse private e capitali nazionali e stranieri che incidano solo marginalmente sul debito delle pubbliche amministrazioni. Il ruolo di strumento di politica industriale si esercita con un’operatività di carattere privatistico nell’ambito di un perimetro di interventi definito dal legislatore: si intende così distinguere nettamente tra indirizzo di policy, rimesso al decisore politico, e scelta di investimento, compiuta secondo le regole di mercato in base a una valutazione di redditività dell’intervento.
L’attività della CDP è sottoposta alla vigilanza di una Commissione a composizione mista, politica e tecnica.5
Con la legge di stabilità del 2016, CDP ha assunto il ruolo di Istituto di Promozione Nazionale, definito dalla Commissione europea come una «entità legale che ha il mandato da parte dello Stato di promuovere lo sviluppo a livello locale, regionale o nazionale attraverso attività finanziarie».6 Questo ha reso possibile il recepimento da parte della Cassa dei fondi del Piano Junker per le imprese e ha consolidato la sua posizione sul piano nazionale. Già nel 2018 il totale dell’attivo ammontava a 410 miliardi di euro e l’utile netto di esercizio superava il miliardo.
Nell’ambito del Piano industriale 2019-2021, CDP ha messo in campo diversi tipi di strumenti di intervento a favore delle imprese, in termini di finanziamenti, di equity e di garanzie, a cui si aggiungono le misure straordinarie per la liquidità legate alla crisi economica da Covid-19. In totale, la Cassa si impegna a veicolare nel triennio 83 miliardi di euro, per sostenere circa 60mila imprese e favorire la crescita economica. Finanziamenti ed equity, in particolare, sono veicoli dalle implicazioni profondamente diverse: i primi garantiscono infatti prestiti agevolati legati a precisi tipi di investimenti (in innovazione, ricerca e sviluppo sostenibile) o a esigenze di liquidità; la seconda comporta un ingresso diretto nel capitale delle aziende, con annessi effetti sui diritti di proprietà.
Negli ultimi mesi del 2020, CDP è stata più volte al centro dell’attenzione mediatica nazionale, per varie ragioni. Nell’ambito della vicenda Aspi, era previsto un impegno tra i 3 e i 4 miliardi, ma le recenti evoluzioni della vertenza hanno messo in forse l’intera operazione. In merito all’accordo tra Tim e OpenFiber, poi è stata chiamata in causa in quanto azionista in entrambe, per cui l’intervento del governo avverrebbe tramite la Cassa stessa. E ancora, il progetto per la vendita da parte di Lse di Borsa italiana prevede che CDP debba detenere l’8% della holding Euronext, al pari della Caisse des Dépôts et Consignations francese, segnando un ingresso pubblico anche nella gestione dei mercati finanziari. Solo pochi mesi fa, infine, è stato dato il via libera alla fusione tra Nexi e Sia, e CDP deterrà indirettamente una quota complessiva del nuovo gruppo del 25%.
Lo Stato italiano ha posseduto in passato partecipazioni rilevanti nell’economia, il caso più noto e significativo è l’IRI. Nel secondo dopoguerra il modello di “economia mista” è stato sicuramente un modello vincente ma purtroppo per una serie di eventi, tra cui l’eccessiva ingerenza politica, il modello perse la sua brillantezza e si rilevarono i difetti e la inefficienza che portarono alla stagione delle “privatizzazioni”. Alla luce di questa passata e molto peculiare esperienza di dirigismo statale, risulta quindi saliente verificare se ci si stia muovendo in una simile direzione. La tendenza del momento verso una maggiore partecipazione dello Stato nell’economia, legata anche agli interventi per affrontare la crisi pandemica7 infatti, vede tra i protagonisti anche Cassa Depositi e Prestiti, che sta ricoprendo un importante ruolo di promozione con investimenti che richiederanno un impegno non solo nel breve termine.
3.
La CDP non è un fenomeno isolato nel contesto europeo. Gli Istituti di promozione nazionale di Germania, Francia e Spagna sembrano in parte avere compiti simili. Kreditanstalt fuer Wiederaufbau (KfW), la banca pubblica tedesca, è quella che si avvicina di più a Cassa Depositi e Prestiti per volume di affari. Si finanzia sui mercati finanziari con l’emissione di titoli e bond che godono della completa garanzia dello Stato federale, situazione che rende possibili prestiti e attività potenzialmente molto maggiori di CDP (il cui rating di lungo periodo, assegnato da Fitch e da Standard&Poor’s, rimane intorno al BBB, mentre per KfW è AAA). Nonostante questo, l’attivo non supera di molto quello del nostro istituto.
KfW è stata uno dei principali motori dello sviluppo industriale tedesco nei decenni passati, trasformando i capitali raccolti sui mercati finanziari in crediti per investimenti in settori strategici e produttivi come le infrastrutture, l’edilizia sociale e le energie rinnovabili. Anche l’istituto tedesco, come quello italiano, finanzia progetti a lungo termine e promuove lo sviluppo delle imprese nazionali. A differenza di CDP, però, KfW è una banca di sviluppo pubblica e opera anche attraverso il controllo di una banca (KfW Ipex-Bank) e seguendo le regole – diverse – degli istituti di credito. Non è sottoposta tuttavia alle regole della Unione bancaria.
La francese Casse des Dépôts et Consignation e l’Istituto de Crédito Oficial spagnolo sono entrambi istituti finanziari pubblici, il secondo di tipo bancario. Similmente a CDP, agiscono per conto dello Stato in alcune materie di interesse generale e i loro mandati non differiscono di molto: in Spagna vi è una particolare attenzione alle PMI e allo sviluppo sociale e ambientale, oltre che economico, mentre in Francia l’accento si sposta sulle infrastrutture e il finanziamento edilizio. La CDP opera anche come polo finanziario in regime di concorrenza: il controllo è pienamente in mano statale, con la governance affidata a un’apposita commissione di sorveglianza. L’ICO, oltre ad agire come agenzia finanziaria statale, possiede varie partecipazioni in enti e fonti specializzati nella gestione di fondi di capitali e nell’erogazione di credito alle imprese. Entrambi gli istituti, però, gestiscono somme decisamente inferiori ai loro omologhi tedesco e italiano. Il bilancio dell’intero gruppo francese a fine 2019 registrava 180,6 miliardi di euro di attivo con un utile per lo stato di 1,4 miliardi, mentre l’eccedenza in bilancio per il gruppo spagnolo non superava i 32 miliardi. L’utile netto dell’ICO è persino diminuito di circa 0,2 miliardi dal 2018.
4.
In risposta alla crisi economica causata dal Covid-19 vi è stata una mobilitazione di ingenti risorse da parte di tutti e quattro gli Istituti di promozione nazionale, che saranno rilevanti anche per la risoluzione di problematiche di lungo periodo. Tra le misure messe in atto dalla nostra CDP vi è stata l’emissione del primo “Covid-19 Social ResponseBond”, in due tranche, destinato a sostenere imprese ed enti territoriali in difficoltà.
KfW a giugno 2020 aveva invece garantito crediti per 33,6 miliardi di euro e sul totale delle domande ricevute il 97% proveniva da PMI. Parte degli aiuti per rispondere alla crisi sono diretti alle start-up, mentre vi sono anche misure dedicate agli studenti, a cui vengono offerti prestiti a interessi zero. CDP ha introdotto un piano di investimenti da 26 miliardi per rilanciare l’economia, con ambiti di intervento diversificati tra cui la transizione ecologica ed energetica e l’edilizia. Il gruppo, anche tramite la controllata BpiFrance, ha raccolto finanziamenti sul mercato dei capitali per varie misure di sostegno alla liquidità e di rilancio di specifici settori, tra cui quello turistico. Anche ICO ha attivato una serie di linee di credito rivolte a imprese e professionisti, specificamente disegnate per contrastare la crisi da Covid-19, mentre altri strumenti già presenti come il fondo pubblico di venture capital, sono stati ampliati per far fronte alle esigenze del momento.
5. Le “casse” longa manus pubblica
Il ruolo degli Istituti di promozione nazionale sembra quindi aver acquisito importanza negli ultimi anni, non solo all’interno del nostro Paese. In tempi di crisi, gli Stati si affidano alle loro casseforti per garantire liquidità ed effettuare investimenti strategici altrimenti insostenibili per il bilancio pubblico. Questo sembra essere in particolare il caso di Cassa Depositi e Prestiti, i cui asset sono andati aumentando negli ultimi anni proprio per riflettere un compito sempre più fondamentale, di rilancio delle imprese e promozione della crescita nei settori strategici dell’economia: ci si può pertanto aspettare che, in continuità con il recente passato, attraverso di essa l’intervento pubblico nei prossimi mesi andrà al di là del semplice sostegno alla ripresa.
6.
Il dibattito sul ruolo della CDP si è riacceso a seguito della grave crisi sanitaria che ha colpito il nostro Paese, ponendo il problema di assicurare alle imprese le risorse finanziarie per affrontare una caduta del fatturato senza precedenti. In particolare, si è tornati a discutere della possibilità di un ingresso diretto dello Stato nel capitale delle imprese. Alcuni economisti e anche alcuni giuristi hanno proposto esplicitamente un ritorno allo “Stato imprenditore”:8 un intervento pubblico che garantisca capitali nuovi alle imprese.
È stato quasi naturale quindi il riferimento alla possibilità di utilizzare la Cassa Depositi e Prestiti come canale di finanziamenti e di ingresso nel capitale delle imprese. Ma a frenare le proposte in tal senso si è opposta la visione di altri che hanno, invece, sostenuto che nell’attuale contesto giuridico anche a livello europeo non sia ipotizzabile un ritorno alla IRI degli anni ’30, quale potrebbe apparire un intervento prima temporaneo, poi stabile dello Stato e che invece sia auspicabile un sostegno temporaneo alla ricapitalizzazione delle imprese con un ingresso in minoranza nel capitale delle aziende in situazione di difficoltà.
In tale ottica l’intervento non dovrebbe entrare nella gestione e avvenire in assoluta trasparenza.9
Il dibattito ha fatto da sfondo agli interventi normativi che si sono succeduti a partire dal 2020 (Decreto Cura Italia e Decreto Liquidità) e decreto c.d. Rilancio (D.L. 19 maggio 2020) che hanno interessato direttamente anche la Cassa Depositi e Prestiti. Si tratta di interventi in primo luogo volti a ridare liquidità alle imprese, garantiti dalla SACE, controllata da CDP, a favore di banche e altre istituzioni finanziarie. Le nuove norme delineano un ruolo strategico della SACE e di CDP che va oltre il rilascio delle garanzie10 e per SACE poteri di direzione e controllo del MEF e del Ministero degli esteri che in alcuni casi si sostituiscono all’azionista di controllo (CDP), con il timore che possa aumentare l’influenza politica anche nelle nomine degli organi di amministrazione della SACE.
Tra le disposizioni del Titolo II (“Sostegno alle imprese e all’economia”) del citato D.L. 19 maggio 2020, assume particolare rilievo l’art. 27 (titolato “Patrimonio destinato”), che ha introdotto un nuovo istituto giuridico ad hoc, sul modello dei patrimoni destinati a uno specifico affare (artt. 2447-bis e ss. c.c.), previsti nel codice civile con la riforma del diritto societario del 2003 e, per la verità, non molto utilizzati dagli operatori economici italiani.11
Il nuovo istituto è la risposta alle sentite esigenze di istituire un fondo sovrano italiano pubblico-privato che, una volta individuate le priorità in Parlamento, operasse con logiche privatistiche di investimento, analoghe a quelle delle società di gestione del risparmio private.12 Un fondo gestito da CDP con il coinvolgimento delle Sgr italiane e di altre istituzioni finanziarie, con la finalità di sostenere la patrimonializzazione e la capacità di investimento del Made in Italy.
Il Patrimonio Destinato così come configurato dal Decreto Rilancio, alla conclusione di un intenso dibattito, è strumento giuridico specifico a disposizione della sola Cassa Depositi e Prestiti. Opererà, sostanzialmente, con la logica di un fondo di investimento (talvolta con dinamiche di private equity, più spesso di turn-around) e sarà articolabile “in comparti”, per garantire un rafforzamento patrimoniale e finanziario alle imprese con sede in Italia, non operanti nei settori bancari, finanziari e assicurativo, con fatturato annuo superiore a 50 milioni di euro.
La disciplina del Patrimonio Rilancio è stata oggetto di successivi interventi normativi che si sono solo di recente conclusi e l’istituto è ormai sulla rampa di lancio.
Si tratta sostanzialmente di un fondo “ad apporto”, in quanto a esso sono conferiti beni e rapporti giuridici anche in blocco dal Ministero dell’economia e delle finanze, identificati dall’assemblea di CDP e trasferiti con decreto del Ministero, oltre a 44 miliardi di titoli di Stato appositamente emessi, ma che non concorrono a formare il limite delle emissioni nette e dalle successive modifiche per l’anno 2020 stabilito dalla legge di bilancio. Oltre alla possibilità di conferire immobili quote di società e crediti, è consentita la emissione di titoli obbligazionari o altri strumenti di debito, anche in deroga all’art. 2412 c.c.
Il Patrimonio Rilancio è un patrimonio separato rispetto a quello di CDP e risponde delle obbligazioni assunte nei limiti dei beni e rapporti giuridici conferiti. In caso di incapienza è previsto l’intervento di garanzia dello Stato, così come a favore dei portatori dei titoli emessi dallo Stato per finanziare il patrimonio destinato (nel limite massimo di 20 miliardi di Euro). A fronte degli apporti sono emessi da CDP, a valere sul patrimonio destinato e a favore del Ministro dell’economia e delle finanze, strumenti finanziari di partecipazione la cui remunerazione è condizionata all’andamento economico del patrimonio destinato.
A sancire il risultato raggiunto è la stessa Cassa Depositi e Prestiti, che annunzia sul suo sito web di riferimento: «È operativo Patrimonio Rilancio, lo strumento del Ministero dell’economia e delle finanze, gestito da Cassa Depositi e Prestiti, per sostenere le imprese italiane con fatturato superiore a 50 milioni di euro».
La misura, straordinaria e a carattere temporaneo, è gestita da CDP nell’ambito di un patrimonio del tutto autonomo e separato da quello proprio.13
L’attuazione dell’istituto dovrà rispondere alle numerose questioni che si sono poste prima del suo varo. Non si è mancato di sottolineare,14 infatti, che v’è chiaramente una discrepanza tra le funzioni del Fondo rilancio che può intervenire anche in società caratterizzate da «temporanei squilibri patrimoniali e finanziari» e la disposizione dello statuto della Cassa che limita l’intervento alle società «di rilevante interesse nazionale che risultino in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico». Vero è d’altra parte, si è detto, che il patrimonio separato garantisce da rischi il risparmio postale, che il patrimonio deriva da conferimenti dello Stato, ma, ancora al di là delle questioni tecniche, da un punto di vista sostanziale non può non constatarsi una ulteriore mutazione della funzione della Cassa, progressivamente sempre più orientata alla partecipazione ad operazioni di salvataggio (a partire dalle cordate di garanzia a salvataggio di istituti bancari (nel 2015 con il fondo nazionale di risoluzione e l’intervento su Banca Etruria, nel 2016 con il Fondo Atlante e l’intervento sulle banche venete).
Ma problema ben più rilevante è quello della governance ovvero della gestione del patrimonio che appare condivisa tra Stato e CDP.
Non è tanto un tema di rischio – sostanzialmente sterilizzato attraverso l’istituto del patrimonio separato – si è detto, quanto proprio di know how, di esperienza specifica, e anche di coerenza con la missione che la legge ha attribuito all’ente in base alle sue caratteristiche e alla sua storia. È sembrato inoltre molto difficile individuare criteri oggettivi per selezionare le aziende che potranno beneficiare dell’intervento della Cassa rispetto ad altre che non ne beneficeranno; molto difficile ancora fare una politica industriale attraverso atti puntuali di ristrutturazione invece che attraverso atti generali di incentivo e disincentivo. Non ultimo il dubbio di una facile attrazione della Cassa – sino ad ora, nonostante il ruolo di stretto confine con lo Stato e la politica – abbastanza esente da critiche, nel gioco delle relazioni politiche; e sarà del pari assai facile che le stesse imprese si avvicinino alla politica per poter godere dei benefici dell’appoggio statale. Tutto ciò rischia non solo di distorcere il mercato ma di ricreare, progressivamente, un “capitalismo politico” che l’Italia stava abbandonando.15
Va precisato che la disciplina del Patrimonio destinato contenuta nelle recenti leggi di emergenza ha una valenza differenziata, in quanto accanto all’attività del Fondo Nazionale Supporto Temporaneo, interventi in aziende che hanno subìto impatti derivanti dall’emergenza Covid-19, coerenti con le misure previste dalla Commissione europea nel Quadro Temporaneo per le misure di aiuti di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19, è previsto un Fondo Nazionale Strategico che concerne investimenti di lungo periodo, con il coinvolgimento di altri investitori di mercato, in imprese caratterizzate da solide prospettive di crescita, per supportarne i piani di sviluppo, nonché un Fondo Nazionale Ristrutturazioni Imprese: interventi in aziende caratterizzate da temporanei squilibri patrimoniali e finanziari, ma con adeguate prospettive di redditività futura.
L’attenzione si è molto concentrata sulla prima tipologia di operatività del Patrimonio Rilancio identificate dal Titolo II del Decreto “Rilancio” ma non meno rilievo hanno le tipologie identificate nel Titolo III, “operatività a condizioni di mercato”.
Per questi tipi di interventi si può ipotizzare che il legislatore abbia colto l’occasione della emergenza pandemica per allargare ancora l’ambito di azione della Cassa Depositi e Prestiti.
Alla base delle scelte in atto e di quelle future, va rimarcato che guardando agli oneri per lo Stato, per il quale ai quasi 160 miliardi di indebitamento del 2020, se ne aggiungeranno altri 140 nel 2021, in cui i sostegni pubblici motivati dalla crisi pandemica sono proseguiti. Dal canto suo, il debito pubblico ha già sfondato a luglio il tetto dei 2.700 miliardi e proseguirà la sua corsa verso quota 3.000, che sarà raggiunta nel 2023-2024, ma si farà carico anche dell’entrata in operatività di Patrimonio destinato, il fondo da 44 miliardi gestito da Cassa Depositi e Prestiti finalizzato al rafforzamento patrimoniale delle imprese italiane con fatturato superiore a 50 milioni di euro, di cui si è detto.
Solo al termine di questa “sbornia di liquidità”, sostengono i pessimisti, anche perché cesseranno il supporto della Banca centrale europea e la sospensione del Patto di stabilità e crescita, forse si inizierà a comprendere che qualcosa è veramente “andato storto” nello stanziamento e nella distribuzione delle risorse finanziarie per fronteggiare le conseguenze della pandemia. Sarà troppo tardi, forse, perché le risorse, finite nelle mani sbagliate, non torneranno certo indietro.
7.
Considerato il forte rapporto di “vicinanza” della CDP con il Governo è di tutta evidenza che le scelte di politica economica di questo abbiano influenzato l’operato della Cassa. Rispetto al Governo in carica precedentemente, il Governo Draghi, investito dal febbraio 2021 in pieno della realizzazione del PNRR ha meglio focalizzato degli obiettivi di più lungo periodo per l’intervento dello Stato e per la realizzazione delle riforme richieste dall’Europa.16 In particolare, Mario Draghi ha messo in luce i problemi strutturali presenti da tempo nell’economia italiana, che la crisi pandemica ha acuito e l’opportunità di cogliere l’occasione degli eccezionali finanziamenti europei «per andare oltre la pandemia». «Quando usciremo», ha affermato, «e usciremo, dalla pandemia, che mondo troveremo? Alcuni pensano che la tragedia nella quale abbiamo vissuto per più di 12 mesi sia stata simile ad una lunga interruzione di corrente. Prima o poi la luce ritorna, e tutto ricomincia come prima. La scienza, ma semplicemente il buon senso, suggeriscono che potrebbe non essere così».17 «La risposta della politica economica […] alla pandemia dovrà essere una combinazione di politiche strutturali che facilitino l’innovazione, di politiche finanziarie che facilitino l’accesso delle imprese capaci di crescere al capitale e al credito e di politiche monetarie e fiscali espansive che agevolino gli investimenti e creino domanda per le nuove attività sostenibili che sono state create. Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta».
E toccando la dolente nota degli investimenti pubblici, il Presidente Draghi ha anche soggiunto che «In tema di infrastrutture occorre investire sulla preparazione tecnica, legale ed economica dei funzionari pubblici per permettere alle amministrazioni di poter pianificare, progettare ed accelerare gli investimenti con certezza dei tempi, dei costi e in piena compatibilità con gli indirizzi di sostenibilità e crescita indicati nel Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza. Particolare attenzione va posta agli investimenti in manutenzione delle opere e nella tutela del territorio, incoraggiando l’utilizzo di tecniche predittive basate sui più recenti sviluppi in tema di Intelligenza artificiale e tecnologie digitali».
Degna di particolare attenzione è la notazione che «Il settore privato deve essere invitato a partecipare alla realizzazione degli investimenti pubblici apportando più che finanza, competenza, efficienza e innovazione per accelerare la realizzazione dei progetti nel rispetto dei costi previsti».
Questo passaggio e altri che sono presenti nel programma Draghi indicano una svolta di pensiero nelle politiche pubbliche finanziarie che faccia sì fronte all’emergenza ancora non risolta ma che si caratterizzi per una visione di più lungo periodo, per una migliore utilizzazione delle risorse stesse, e per un maggiore coinvolgimento del capitale privato, più umano che finanziario, e per una maggiore attenzione alla redditività dei progetti.
Nel nuovo contesto va segnalata una svolta nella governance della Cassa Depositi e Prestiti, il cui ruolo, sempre rilevante, appare leggermente ridimensionato rispetto al precedente Governo. Accanto alla partenza, come si è già rilevato del tanto discusso “Patrimonio Rilancio” vi è da segnalare un forte impegno di società partecipate dalla CDP a favore di aziende coinvolte. Di recente è operativo il Fondo Corporate Partners I, di CDP venture Capital Sgr, l da 400mln che intende coinvolgere le principali aziende italiane, per favorire start-up e PMI innovative nei settori più strategici del Paese.18
Da un lato, l’operato della Cassa si adegua ad altri modelli delle Casse europee per la più contenuta misura degli interventi nel capitale delle imprese dall’altro si proietta in un futuro che si spera di vera ripresa. Sorge spontaneo il riferimento all’operato di una grande “Cassa”: la Cassa del Mezzogiorno che ha così ben operato nei primi decenni di vita contribuendo in modo essenziale alla Ricostruzione economica dell’Italia dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale.19
Ma come ha scritto Marx: «Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per così dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa».
1 Dal punto di vista della raccolta, il fatto più rilevante dei primi anni del ’900 fu l’aumento del risparmio postale generato dall’istituzione del buono postale fruttifero nel dicembre del 1924. Tale strumento obbligazionario, a tasso fisso, privo di cedole e con scadenza ventennale garantiva un rendimento particolarmente appetibile in considerazione del fatto che il titolo, anche se non trasferibile, era altamente liquido in quanto sempre convertibile in contanti senza che fossero previste perdite in conto capitale. Fin dalle prime emissioni i buoni postali non rappresentavano un investimento di risparmio a breve termine, ma una forma assicurativa di capitalizzazione integrale a lunga scadenza. Tale caratteristica di longevità era incoraggiata anche dal fatto che i tassi d’interessi erano cumulati integralmente e progressivamente al capitale. Alla Cassa fu affidato l’incarico di gestione e di amministrazione del ricavato, mentre i tassi erano stabiliti con decreto ministeriale.
2 Per la evoluzione storica e le prospettive attuali, si vedano Bricco, Cassa Depositi e Prestiti. Storia di un capitale dinamico e paziente. Da 170 anni, Il Mulino, Bologna, 2021; De Cecco, Toniolo, Storia della Cassa Depositi e prestiti. Un nuovo corso: la società per azioni, Laterza, Roma-Bari, 2014. Pisaneschi, La Cassa Depositi e Prestiti: le recenti mutazioni e le problematiche del coinvolgimento nel tournaround industriale, in Riv. della regolazione e dei mercati, 1, 2021, pp. 92 e ss. Per il saliente ruolo svolto trai due conflitti mondiali, si veda COTULA F., SPAVENTA L., La politica monetaria tra le due guerre: 1919-1935, Roma, Laterza, 1993.
3 Si veda, Solmone, Visentini, Lavoce.info, 8 ottobre 2020.
4 Al fine di rispettare le regole e i vincoli dell’Unione europea in materia di finanza pubblica sia a livello centrale che locale, si adottò la scelta di privatizzare la Cassa Depositi e Prestiti in modo tale che uscisse dal perimetro della Pubblica Amministrazione e di farne così uno strumento in grado di acquisire le partecipazioni del governo, contribuendo al miglioramento dei conti pubblici, senza perdere il controllo su imprese ritenute di rilevanza strategica. Sempre per questo motivo si è reso necessario che la politica industriale raggiunga livelli di efficienza, in termini di rapporto costi-benefici, oltre che di efficacia, pertanto negli ultimi anni la Cassa sta anche ricoprendo un ruolo di soggetto indirizzatore di politica industriale, caratterizzato da utilizzo di competenze, conoscenze e metodologie di lavoro e analisi private per finalità pubbliche. Per la successiva evoluzione normativa e per le perplessità della dottrina si veda MUCCIARELLI, Ma cosa è diventata la Cassa depositi e prestiti, in Mercato Concorrenza e Regole, VI, n.2, Agosto 2004, BASSANINI, “Le Fondazioni di origine bancaria e la CDP”, in Fondazioni, maggio-giungo 2011 Bassanini F., “La Cassa Depositi e Prestiti nell’economia sociale di mercato”, 2012.
CASSESE TREMONTI, Così la cassa depositi e prestiti può acquisire partecipazioni e ridurre il debito statale, in Ilsole24ore, 4 dicembre 2019.
5 Si veda Zito, La commissione di vigilanza sulla Cassa Depositi e prestiti: il parlamento e le nuove forme di intervento pubblico nell’economia, in www.federalismi.it, 19 maggio 2021.
6 La Comunicazione del 2015 della Commissione europea ha individuato il ruolo e le funzioni delle banche nazionali di promozione, sia in relazione alla attuazione del piano di investimenti per l’Europa in coordinamento con la BEI, sia per supplire ai possibili fallimenti del mercato del credito. Il confronto tra le banche pubbliche di sviluppo è stato all’attenzione delle Autorità del G20 riunite a Roma presso CDP in un meeting su “Banche Pubbliche di Sviluppo, rafforzato l'impegno per la ripresa post-pandemia”, ottobre 2021.
7 L’input come è noto è stato con forza ribadito da Mario Draghi in numerosi articoli sulla stampa economica più prestigiosa. Si v. Draghi, Affrontiamo una guerra contro il coronavirus e dobbiamo mobilitarci di conseguenza, in Financial Time, 26 marzo 2020; lo spunto fu subito colto nel contesto italiano dagli osservatori più attenti. Si veda MAZZUCCHELLI, Intervista, Il bazooka serve alle imprese. Almeno 500 miliardi (e presto), a cura di RIGHI, in Il Corriere della sera, 30 marzo 2020.
8 Una sintesi efficace delle posizioni in Trento, Dibattito Emergenza Produttiva. Torna lo Stato imprenditore?, Tocilizumab, Fondazione Ergo, 2020, n. 4.
9 Si veda in particolare Prodi, Il Messaggero, 3 maggio 2020, per il quale «il ruolo dello Stato è quello di sorvegliare la gestione delle aziende prendendo parte alle decisioni strategiche non gestirle come nel caso dell’IRI. È urgente creare una struttura o incaricarne una come potrebbe essere la CDP».
10 Si veda Pisaneschi, La Cassa Depositi e Prestiti, cit., pp. 92 e ss.
11 Si veda tra primi commentatori, Zoppini, Note sparse a margine del patrimonio destinato di Cassa Depositi e Prestiti, in Riv. soc., 2020, 4, pp. 956 e ss.
12 Di particolare rilievo proposte, come la creazione di un Fondo sovrano (FORS), un fondo di 150 miliardi per favorire le aggregazioni e dare solidità alle imprese, con interventi di capitalizzazione/ricapitalizzazione in settori destinati a essere “campioni nazionali” facenti capo a una “Investiment Authority” sul modello dei fondi sovrani. Si v. Mazzucchelli, Capitali non debito per la ricostruzione, in Corriere della Sera, Economia, 27 aprile 2020. Pasca di Magliano (Quale società coesisterà con l’epidemia?) ne condivide la proposta, al fine di creare un fondo sovrano a gestione privatistica, sulla scorta delle esperienze di successo nel mondo e da noi acquisita dalla CDP. Il fondo dovrebbe aver l’obiettivo di effettuare operazioni di acquisizione di capitale di rischio in imprese che perseguono obiettivi conclamati nel Def e nel programma della Commissione europea di sostenibilità ambientale e di equità intergenerazionale.
13 Si veda il sito web della Cassa Depositi e prestiti, 2 luglio 2021. Per una ampia e pregevole disamina della disciplina del Patrimonio Rilancio e per i problemi connessi al varo dell’istituto, si veda Minervini, L’improvvisa accellerazione (post Covid) dell’azionariato di Stato. Il patrimonio destinato di cui all’art. 27 del decreto Rilancio, in Giur. comm., 2021, pp. 230 e ss., ivi amplissima bibliografia.
14 Pisaneschi, op. cit., p. 108.
15 Così Pisaneschi, op. cit., p. 109.
16 Si veda Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi, in www.governo.it, passim.
17 Id., Comunicazioni, cit., p. 5.
18 Si veda nel sito web, Cassa Depositi e Prestiti. Ivi, riferimenti al Piano industriale 2020/2022.
19 Per la nascita della Cassa del Mezzogiorno v. G. PESCATORE, Cassa per il Mezzogiorno, in Enciclopedia Italiana, III, appendice 1961.
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