Scritto da Angelo Francini • dic 2020
Partendo dall’assunto che le tecnologie digitali sono all’origine di una vera e propria rivoluzione che sta producendo cambiamenti enormi in tutti gli ambiti della vita quotidiana, lo studio si concentra sugli effetti di tale rivoluzione sul settore pubblico. Nello specifico, lo studio si propone di evidenziare quanto la trasformazione digitale incida sulle modalità organizzative delle Pubbliche Amministrazioni, sulla gestione interna di singoli procedimenti ma, soprattutto, sulle relazioni con cittadini ed imprese, oltre che con altre Pubbliche Amministrazioni. Dopo un breve excursus degli indirizzi assunti a livello internazionale, l’elaborato focalizza l’attenzione sulle disposizioni europee ed italiane con l’obiettivo di evidenziare come tutte condividano la medesima premessa, ovvero riconoscano che il settore pubblico può e deve svolgere un ruolo importante nel promuovere la trasformazione digitale, sia per i vantaggi in termini di efficacia ed efficienza dei processi, i cui effetti positivi si riverberano sull’intero sistema economico, sia per il necessario bilanciamento delle innovazioni con i valori di solidarietà ed inclusione che caratterizzano la società europea ed italiana, anche investendo in formazione.
Starting from the premise that digital technology started an actual revolution that is deeply changing all areas of daily life, this essay focuses on the impact of this revolution on the public sector. More specifically, our goal is to highlight the influence of the digital transformation in how Public Administrations are organized, how individual proceedings are internally managed and, above all, how much the relationship with citizens, businesses and other Public Administrations is affected. After a brief overview on the approaches adopted internationally, the essay focuses on the European and Italian provisions in order to underline how they share the same premise: the public sector can and should play a key role in promoting the digital transformation, and that is both for the advantages in terms of process effectiveness and efficiency, whose positive impact involves the whole economic system, and for the need to balance innovation with the values of solidarity and inclusion - hallmarks of the European and Italian societies - also by investing in training.
1.
Lo sviluppo sempre più accelerato delle tecnologie digitali ha determinato, e continua a determinare, cambiamenti profondi in ogni settore di attività, con conseguenze su tutte le dimensioni della vita, lavorativa e sociale.
La portata delle trasformazioni tuttora in atto può essere paragonata a quella della rivoluzione industriale1 per le modifiche radicali imposte ai processi produttivi, all’organizzazione del lavoro in generale ma anche alle relazioni interpersonali ed ai rapporti tra gli individui e il potere pubblico2.
Le Information and Communications Technologies, cui si fa riferimento con la sigla ICT – Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, infatti, non costituiscono un ambito a sé stante bensì il fondamento trasversale di tutti i sistemi economici moderni3.
Inoltre, l’utilizzo delle ICT non è limitato alle sole attività economiche ma permea l’intera società contemporanea.
La quotidianità si fonda ormai sull’informazione e sulla produzione e gestione di dati attraverso Internet per le attività più diverse: dall’acquisizione di conoscenze tramite un motore di ricerca alla prenotazione di un servizio o di una vacanza, dall’effettuazione di transazioni con pagamenti elettronici alla gestione di relazioni amicali su siti di social network4.
Analogamente, lo sviluppo e l’utilizzo di strumenti all’avanguardia, quali l’Internet of Things (IoT - Internet delle Cose), i sistemi blockchain, il cloud e le tecnologie identificate complessivamente come Artificial Intelligence (AI – Intelligenza Artificiale), aprono nuovi scenari di sviluppo5.
Grazie a oggetti interconnessi tra loro per mezzo di soluzioni wireless anche azioni all’apparenza semplici sono, in realtà, espressione della capillare diffusione delle ICT.
Automobili che dialogano con le infrastrutture stradali per prevenire incidenti, registri on line condivisi per le transazioni, archivi immateriali accessibili da remoto e software che agiscono in modo virtuale, quali assistenti vocali, analizzatori di immagini, mezzi di riconoscimento vocale o facciale, rientrano ormai nell’uso abituale delle persone.
Dalla natura universale dello strumento delle ICT, in grado di superare i vincoli spazio-temporali, dalla capacità della rete Internet di assumere dimensioni globali e dalla sempre più ampia diffusione dell’AI consegue l’inevitabile trasformazione in corso anche nella Pubblica Amministrazione per l’implementazione dei servizi ed il necessario adeguamento sia delle modalità di erogazione degli stessi che della relativa organizzazione interna6.
2.
2.1 Dal New Public Management alla Digital Era Governance
Con la diffusione delle ICT nella Pubblica Amministrazione si sviluppa il concetto di e-Government, di cui si hanno in letteratura varie definizioni, a riprova delle difficoltà che si incontrano nel descrivere il fenomeno nella sia ampiezza7 e polivalenza.
Pur con detta premessa, si può intendere l’e-Government come «l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle Pubbliche Amministrazioni coniugato a modifiche organizzative e all’acquisizione di nuove competenze al fine di migliorare i servizi pubblici e i processi democratici e di rafforzare il sostegno alle politiche pubbliche»8.
L’e-Government può essere considerato come la massima espressione dell’applicazione delle ICT all’apparato pubblico e gli economisti ed i policy makers pongono molta attenzione al suo sviluppo in ragione degli effetti positivi che può comportare sulla produttività dei Paesi9.
Infatti, «i Paesi più avanzati in materia di apertura ed efficacia del settore pubblico e dell’e-Government sono anche tra i primi in termini di prestazioni economiche e di competitività»10.
In via generale, la dottrina aziendalistica individua quattro modelli di sviluppo di e-Government, a seconda del destinatario dei servizi su cui agisce la digitalizzazione:
il modello G2C (Government to Citizen) che riguarda i servizi destinati ai singoli cittadini;
il modello G2B (Government to Business) relativo ai servizi governativi per gli operatori economici;
il modello G2E (Government to Employee) che si occupa dei servizi per la stessa Pubblica Amministrazione, ovvero per il suo personale;
il modello G2G (Government to Government) che mira a instaurare o migliorare la collaborazione tra le diverse Pubbliche Amministrazioni11.
In relazione alle ICT applicate alla Pubblica Amministrazione, negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, si afferma un modello che si richiama all’apparato teorico del New Pubblic Management (NPM) ed attribuisce importanza a criteri aziendalistici basati sui risultati, ovvero sui livelli dei servizi erogati, sulla concezione del cittadino quale utente/consumatore, sull’utilizzo di indicatori di prestazione per misurare l’efficienza degli interventi12.
Partendo da un modello di Amministrazione dove i computer sostituiscono semplicemente le macchine da scrivere, si passa ad una visione che utilizza gli strumenti informatici anche, e soprattutto, con il fine di migliorare i processi gestionali.
Secondo l’approccio teorico del NPM, dall’informatizzazione della Pubblica Amministrazione conseguirebbero in modo quasi automatico miglioramenti nell’erogazione dei servizi e ammodernamento delle procedure13.
In anni più recenti, non in opposizione al NPM ma come suo superamento, si diffonde un nuovo approccio alla gestione pubblica, fondato anche su una nuova concezione del ruolo che la Pubblica Amministrazione è chiamata a ricoprire, con lo scopo principale di garantire un legame di fiducia tra le istituzioni e la comunità di riferimento.
L’automatismo prefigurato dal NPM e l’approccio aziendalistico della teoria, finalizzato alla riduzione dei costi, circoscrivono gli interventi alle attività di back-office o, al massimo, al dialogo tra le Pubbliche Amministrazioni, senza incidere sulla relazione con l’utenza, e si limitano a sostituire gli strumenti utilizzati, non modificando i relativi processi14.
A partire dal Nuovo Millennio, in ragione anche della sempre maggiore complessità delle politiche pubbliche, prevale l’approccio del Digital Era Governance (DEG), o anche New Public Governance (NPG) il quale, pur riconoscendo importanza ad obiettivi quali l’efficienza dei servizi pubblici e la riduzione dei costi, valorizza il legame che unisce i cittadini/utenti alle Pubbliche Amministrazioni, fondato sulla fiducia nelle istituzioni e sul consenso.
Le tecnologie devono consentire la transizione, secondo una logica incrementale, dall’impostazione NPM al modello NPG15 in cui il cittadino/utente è visto come un «collaboratore», una risorsa con cui instaurare un rapporto trasparente, e la riduzione dei costi non è l’obiettivo prioritario ma il corollario conseguente16.
Da una visione di e-Government quale semplice office automation, ovvero come creazione di infrastrutture e reti di connessione interne alla singola Pubblica Amministrazione, si passa ad una prospettiva più ampia, concentrata sull’offerta di servizi on-line a cittadini ed imprese, sull’interazione con i privati e sull’interoperabilità dei sistemi pubblici.17
In altri termini, si passa dal concetto di e-Government a quello di e-Governance laddove l’uso delle ICT, e in particolare di Internet, è strumento non tanto per ottenere un governo migliore quanto per sostenere un buon governo attraverso tre aree di intervento: e-administration, e-citizen ed e-service e e-society.
Detti tre ambiti si riferiscono, rispettivamente, all’ottimizzazione delle procedure anche mediante la riduzione dei costi, al miglioramento nell’erogazione dei servizi a cittadini ed imprese e, infine, all’instaurazione di una migliore collaborazione tra settore pubblico e settore privato18.
Dalla crescente condivisione delle informazioni, tanto tra soggetti pubblici quanto tra questi ed i privati, conseguente all’e-Government, si afferma una nuova forma di governance, incentrata proprio sul tale condivisione informativa che «trasforma potenzialmente tutte le istituzioni in reti di organizzazioni e tutte le organizzazioni in reti di nuclei elementari»19.
L’e-Governance implica, quindi, una costante cooperazione tra tutti gli attori coinvolti, istituzioni, imprese, università, società civile, anche al fine di ridurre il rischio di una inevitabile senescenza delle regole e delle priorità di investimento adottate20.
2.2 Il contesto internazionale ed europeo delle politiche di e-Government e la lotta al digital divide
Stante l’estensione del fenomeno della digitalizzazione ed il grande impatto delle ICT sulla società, sia nella sua dimensione individuale che in quella collettiva, il governo delle nuove tecnologie ai nostri giorni è obiettivo comune delle istituzioni a tutti i livelli: internazionale, europeo e dei singoli Stati.
La dinamicità del settore delle ICT ed i nuovi scenari che continuamente si definiscono impongono alle istituzioni un approccio caratterizzato da elasticità nella definizione delle regole, tutelando i valori di fondo21, con l’individuazione di principi-cardine, alcuni specificatamente legati al processo di digitalizzazione, quali la neutralità tecnologica ed il primato della soluzione digitale su tutte le altre possibili (digital first), altri di più ampio respiro, come la trasparenza, l’inclusione sociale e la cooperazione pubblico-privato, ed utilizzando strumenti flessibili e adattabili al contesto, così da contemperare il principio di precauzione con le necessità dell’innovazione22.
Le nuove tecnologie, infatti, «sono solite interagire con il diritto non solo offrendogli strumenti di intervento innovativi, ma altresì inducendolo a modificare le proprie regole per governare le realtà economiche, sociali e politiche a loro volta plasmate dal cambiamento tecnico scientifico»23, in quanto «qualsiasi regola eccessivamente dettagliata e prescrittiva non può che diventare obsoleta nel giro di poche settimane»24.
Le politiche pubbliche che intendono promuovere e governare l’utilizzo delle ICT, coniugandone l’imponente sviluppo con il miglioramento sostanziale della qualità e quantità dell’informazione e dei servizi ad essa connessi, condividono i medesimi canoni di maggiore trasparenza, efficienza, apertura e inclusività dei processi amministrativi e delle attività governative, codificati dall’OCSE nel 2014 con la propria Raccomandazione sulle Strategie per il governo digitale25.
Partendo dall’assunto che la diffusione delle ICT nelle Amministrazioni Pubbliche ne favorisca la modernizzazione innalzando il livello di erogazione dei servizi e massimizzando l’utilizzo delle risorse disponibili, l’OCSE mira a stimolare i Paesi membri affinché garantiscano un uso coerente delle tecnologie digitali in tutte le aree di intervento politico e a ogni livello di governo, anche con condivisione dei dati disponibili, in un’ottica di collaborazione e con l’obiettivo di ottimizzare le procedure e ridurre i costi, ed affinché adottino specifiche misure per evitare nuove forme di esclusione dovute al diverso grado di competenza digitale dei cittadini26.
La Raccomandazione si pone quale primo strumento giuridico internazionale sull’e-Government di cui sancisce il «valore pubblico», ossia «various benefits for society that may vary according to the perspective or the actors, including the following : 1) goods or services that satisfy the desires of citizens and clients; 2) production choices that meet citizen expectations of justice, fairness, efficiency and effectiveness; 3) properly ordered and productive public institutions that reflect citizens’ desires and preferences; 4) fairness and efficiency of distribution; 5) legitimate use of resource to accomplish public purposes; and 6) innovation and adaptability to changing preferences and demands»27.
I principi elencati nella Raccomandazione dell’OCSE, come guida delle azioni dei Paesi membri nell'uso delle ICT, e in particolare di Internet, sono presenti negli atti della Commissione Europea sin dai primi Anni Duemila.
Infatti, considerato che nel modello socioeconomico europeo il settore pubblico ricopre un ruolo assolutamente rilevante in numerosi ambiti, dall’istruzione alla sanità, alla tutela dei consumatori fino alla protezione dell’ambiente, già nel 2003 la Commissione sottolinea come l’utilizzo delle ICT possa favorirne l’innovazione purché sia coniugato ad un cambiamento organizzativo28.
Le attività di e-Government devono rispondere ad un indirizzo strategico29 e, a tal fine, la Commissione adotta nel tempo successivi Piani d’azione che, in base al livello di sviluppo raggiunto dal processo di digitalizzazione, fissano obiettivi specifici, sempre in armonia con i principi fondanti l’Unione Europea, tenuti a riferimento per tutti gli ambiti di applicazione del diritto30.
La stessa Commissione definisce detti Piani d’azione per l’e-Government come strumenti politici per promuovere la modernizzazione della Pubblica Amministrazione e sostenere la collaborazione con gli Stati membri, fornendo valore aggiunto31.
Nell’ottica di condivisione dei risultati e di coerenza tra le varie strategie nazionali, i Piani d’azione fungono, quindi, da catalizzatore per il coordinamento delle risorse e degli interventi32.
I Piani d’azione, si fondano sulla stretta cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione con l’obiettivo di realizzare le condizioni preliminari tecniche e giuridiche necessarie a rafforzare i servizi di amministrazione digitale in Europa33.
Già nel Piano d’azione per l’e-Government 200634, la Commissione evidenzia la stringente relazione che intercorre tra lo sviluppo dell’e-Government e l’innalzamento del grado di competitività dei sistemi economici grazie ai risparmi in termini di tempo e risorse e le economie di scala attuabili35.
Inoltre, sottolinea come l’espansione dell’e-Government, accompagnata dalla diffusione di conoscenze digitali tra tutta la popolazione, favorisca l’implementazione di politiche inclusive da parte degli Stati membri, consentendo l’accesso ai servizi ad un numero più ampio di cittadini, in attuazione degli obiettivi di integrazione sociale e di sviluppo degli strumenti di partecipazione democratica sanciti dalla Strategia di Lisbona di marzo 2000.
Per un’Europa «più competitiva e dinamica ……, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale»36, la Strategia mira a coniugare il continuo adattamento alle evoluzioni tecnologiche, indispensabile per una società che vuole essere competitiva dal punto di vista economico, con obiettivi di inclusione, raggiungibili solo attraverso politiche integrate che favoriscano gli investimenti nell’istruzione e nella formazione37.
I provvedimenti di quegli anni hanno tra le loro priorità proprio la predisposizione di servizi pubblici in rete, con la necessaria impostazione di nuovi modi di comunicare ed interagire della Pubblica Amministrazione con cittadini ed imprese.
In «un periodo di risorse pubbliche estremamente limitate, le ICT possono aiutare il settore pubblico a sviluppare modi innovativi per fornire i suoi servizi ai cittadini e, nel contempo, incrementare l'efficienza riducendo i costi»38.
«I servizi di e-Government, infatti, possono ridurre i costi e permettere ad Amministrazioni Pubbliche, cittadini ed imprese di risparmiare tempo»39. Inoltre, l’incremento della produttività del settore pubblico con i conseguenti risparmi di spesa ha l’effetto diretto di liberare risorse da destinare ad usi alternativi e, innalzando il livello dei servizi offerti, indirettamente, sostiene l’incremento di produttività anche del settore privato40.
La Strategia Europa 2020 adottata nel marzo 2010 punta a garantire ai Paesi Europei una crescita che sia «intelligente», fondata sulla conoscenza e sull'innovazione, «sostenibile», che gestisca le risorse nel rispetto dell’ambiente, ed «inclusiva», che promuova un'economia con un alto tasso di occupazione e favorisca la coesione economica, sociale e territoriale41.
La Strategia si articola su 7 iniziative «faro»42, di cui una è l’Agenda digitale europea43 con la quale la Commissione si prefigge lo scopo complessivo di indirizzare gli Stati membri verso un utilizzo responsabile delle ICT al fine di sfruttarne al meglio il potenziale sociale ed economico.
La Commissione sollecita alla diffusione delle competenze digitali tra i cittadini, così da ridurre il digital divide che ancora impedisce a larghe fasce di popolazione di accedere ai nuovi strumenti44, e superare «the fact that societies can be divided into people who do and people who do not have access to - and the capability to use - digital technologies) and avoid the emergence of new forms of “digital exclusion” (i.e. not being able to take advantage of digital services and opportunities»45.
Il digital divide, infatti, facilita il rischio di marginalizzazione di interi settori sociali e produttivi e rappresenta un grave ostacolo allo sviluppo economico ma soprattutto a quello politico e democratico46.
Posto che, come riportato dal CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo) sin dal proprio parere sul tema del Migliorare l’alfabetizzazione, le competenze e l’inclusione digitali del 29 ottobre 2011, «le disparità di accesso al digitale dipendono dalle diseguaglianze economiche e sociali, ……l’inclusione digitale deve costituire un approccio globale e garantire, tramite queste tecnologie, l’emancipazione di ogni individuo, indipendentemente dalla sua posizione nella società»47.
L’Unione Europea è intervenuta nel tempo in molteplici settori proprio «al fine di definire una via da seguire per giungere ad una ampia ed omogenea diffusione del digitale, nella generale considerazione che l’assenza di politiche pubbliche orientate alla diffusione del digitale possano generare situazioni di esclusione che, invece, devono essere contrastate»48 e che i servizi pubblici basati sulle ICT contribuiscano a rafforzare la coesione sociale e a far sì che tutte le persone, in particolare quelle svantaggiate, incontrino meno ostacoli49.
Per scongiurare il rischio di una nuova forma di discriminazione sociale connessa, appunto, al mancato utilizzo delle nuove tecnologie per l’esercizio dei diritti a causa delle scarse conoscenze possedute dai cittadini, «è fondamentale garantire accessibilità alla rete, percorsi di alfabetizzazione digitale a quanti siano a rischio di disoccupazione e offrire loro opportunità per il godimento di diritti e servizi sociali – soprattutto se fondamentali»50.
Come affermato dal Parlamento europeo nella Risoluzione 1° giugno 2017 sulla digitalizzazione dell’industria europea, l’istruzione, la formazione e l’apprendimento permanente sono la chiave di volta della coesione sociale in una società digitale51.
Partendo dall’assunto che tutti gli Stati membri affrontano problemi analoghi a fronte della diffusione della digitalizzazione, nella Strategia per il mercato unico digitale in Europa adottata nel 201552, la Commissione evidenzia come la frammentazione del mercato limiti le potenzialità delle ICT e conferma l’opportunità che gli stessi si coordino ed agiscano a livello di Unione Europea in modo da gestire il cambiamento da una dimensione più ampia e giungere all’effettiva creazione di «un mercato in cui è garantita la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali e in cui, quale che sia la loro cittadinanza o nazionalità o luogo di residenza, persone e imprese non incontrano ostacoli all’accesso e all’esercizio delle attività on line in condizioni di concorrenza leale e potendo contare su un livello elevato di protezione dei consumatori e dei dati personali»53.
L’intervento a livello di Unione Europea consente di pianificare, finanziare congiuntamente e coordinare le azioni, così da condividerne i benefici54.
A tale proposito, la Commissione sottolinea come la Strategia per il mercato unico digitale necessiti anche di un programma di investimenti solido a livello europeo e individua nel Programma Europa Digitale lo strumento finanziario complementare agli altri fondi, quali il Fondo Sociale Europeo Plus, per sostenere l’istruzione e la formazione nelle competenze digitali di base, e il Fondo Europeo di Adeguamento alla Globalizzazione, destinato a finanziare la formazione informatica per le persone espulse dal mercato del lavoro55.
Il Programma Europa Digitale, quindi, esprime «la volontà politica di affrontare in uno spirito di cooperazione quelle che una volta erano questioni prevalentemente interne perché nessuno Stato membro e nessuna impresa sono in grado, da soli, di effettuare investimenti digitali fondamentali delle dimensioni necessarie o di incrementarli fino a raggiungere un livello soddisfacente»56.
La Strategia per il mercato unico digitale si fonda su tre pilastri, tutti rilevanti anche per la Pubblica Amministrazione:
migliorare l’accesso online di beni e servizi in Europa per i consumatori e le imprese;
creare un contesto favorevole affinché reti e servizi digitali possano svilupparsi;
massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale europea.
Secondo quanto evidenziato dalla Commissione nel 2017, in sede di revisione intermedia della Strategia, «anche l’offerta e l’uso di soluzioni di e-Government può apportare enormi benefici ai cittadini, alle imprese e alle Pubbliche Amministrazioni e aprire la porta a nuove opportunità transfrontaliere»57 purché vengano potenziate le competenze digitali della popolazione.
La Nuova Agenda per le competenze per l’Europa di giugno 201658 e le iniziative europee e nazionali volte, appunto, a ridurre il digital divide, prioritariamente attraverso la modernizzazione dei sistemi di istruzione e di formazione,59 mirano al medesimo obiettivo di accelerazione ed ampliamento della portata della digitalizzazione del Piano d’azione per l’e-Government 2016-2020 adottato nell’aprile 2016.
La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione può, quindi, contribuire a semplificare i rapporti con i cittadini a condizione che venga ridotto il digital divide ma, pur anteponendo la modalità digitale a tutte le altre nell’impostazione dei propri servizi come «digital by default»60, le Pubbliche Amministrazioni devono, comunque, continuare a consentire l’utilizzo di altri canali per non escludere chi non dispone di connessioni ad Internet.
Gli Stati membri61 possono introdurre detto principio in modo graduale, stante l’ampiezza della trasformazione digitale, seguendo l’impostazione utilizzata dalla stessa Commissione per le proprie procedure62.
La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione è pensata dal legislatore europeo quale volano per il processo di alfabetizzazione informatica dei cittadini e delle imprese, in particolare di quelle piccole63, con l’offerta di servizi di qualità anche in modalità alternative a quelle di front office64, e i servizi pubblici digitali devono essere inclusivi e rispondenti alle diverse esigenze delle persone, soprattutto degli anziani e dei disabili65.
La digitalizzazione può, peraltro, rappresentare un efficace strumento di attuazione del principio di inclusione sociale, già sancito dalla Carta dei diritti dell'Unione Europea, ovvero la cd. Carta di Nizza del 7 dicembre 2000, resa vincolante dall'incorporazione nel Trattato di Lisbona del 2007, che riconosce agli anziani il diritto di «condurre una vita dignitosa e indipendente e di partecipare alla vita sociale e culturale»66 e alle persone con disabilità il diritto «a beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità»67.
Secondo quanto affermato dalle Nazioni Unite nel 2018, lo sviluppo delle competenze digitali deve tener conto che sono vari i fattori che condizionano l’utilizzo delle ICT da parte dei cittadini: reddito disponibile, livello di istruzione, appartenenza a minoranze, residenza in luoghi isolati o montani e disabilità e che «to leave no one behind by extending the reach and access of information and services to those who need them the most»68.
Detta previsione sancisce, ancora una volta, come lo sviluppo della digitalizzazione debba sempre essere coordinato con gli obiettivi della sostenibilità sociale, in coerenza con il modello sociale europeo69 che punta alla progettazione di servizi pubblici digitali «inclusive by default»70.
Ai fini della sostenibilità sociale di qualsiasi innovazione, il CESE raccomanda di garantire «opportunità eque ed efficaci di formazione lungo tutto l’arco della vita»71, in particolare nell’ambito delle tecnologie digitali, e di mettere a disposizione di tutti i cittadini «un’adeguata infrastruttura digitale …. al fine di superare le eventuali disparità tra territori e contesti»72.
Le Pubbliche Amministrazioni sono chiamate ad attuare un equilibrio particolarmente delicato fra la massimizzazione della digitalizzazione e la garanzia che tutti, compresi coloro che, per i motivi più diversi, non accedono alle ICT, possano esercitare pienamente i loro diritti ed affinché le politiche di e-Government, pur finalizzate a promuovere la partecipazione dei cittadini, non producano, invece, l’effetto opposto di escludere fasce di popolazione proprio a causa del digital divide73.
Per monitorare i processi di digitalizzazione degli Stati membri ed il livello di avvicinamento all’obiettivo della creazione del mercato unico digitale europeo, dal 2015 la Commissione europea elabora annualmente l’indice DESI – Digital Economy and Society Index, ovvero una relazione fondata su più indicatori e composta da varie sezioni, di cui una espressamente dedicata al «capitale umano» ed un’altra ai «servizi pubblici digitali»74.
Le politiche di coesione europee del ciclo 2021-2027 confermano l’importanza assegnata dall’Europa all’innalzamento della qualità dei servizi per i cittadini pure, e in particolar modo, attraverso la diffusione della digitalizzazione e la promozione delle competenze digitali, con l’individuazione di cinque grandi obiettivi di cornice: «The focus of the EU cohesion policy in 2021-2027 remains the sustainable economic competitiveness through research and innovation, digital transition, the European Green Deal objectives»75.
Si tratta di cinque campi di azione, in cui la politica di coesione dovrebbe favorire investimenti per un’Europa «più intelligente»76, «più verde»77, «più connessa»78, «più sociale»79 e «più vicina ai cittadini»80.
La crescita digitale non può essere disgiunta dalla massima attenzione alla sicurezza dell’ambiente in cui si sviluppa. A tale proposito, con le recentissime proposte del Digital Service Act81 e del Digital Market Act82, la Commissione intende garantire ai consumatori e agli utenti di poter accedere in maniera sicura quando navigano o acquistano in rete ed alle imprese di poter competere liberamente sul mercato digitale.
Come attestano le relative Risoluzioni del Parlamento europeo di ottobre 202083, la legge sui servizi digitali dovrà mirare ad assicurare un elevato livello di trasparenza in merito al funzionamento dei servizi online ed un ambiente digitale privo di discriminazione e disciplinare gli obblighi degli intermediari che collegano i consumatori a merci, servizi e contenuti.
Posto che «The experience and attempts of the last few years have shown that individual national action to rein in the problems related to the spread of illegal content online, in particular when very large online platforms are involved, falls short of effectively addressing the challenges at hand and protecting all Europeans from online harm. Moreover, uncoordinated national action puts additional hurdles on the smaller online businesses and start-ups who face significant compliance costs to be able to comply with all the different legislation. Updated and harmonised rules will better protect and empower all Europeans, both individuals and businesses»84, la legge sui servizi digitali proporrà un insieme di norme valide in tutta l'Unione Europea e gli Stati membri dovranno adottare procedure standardizzate per la notifica dei contenuti illegali, l’accesso ai meccanismi di reclamo e di ricorso, lo stesso standard di trasparenza dei sistemi pubblicitari o di moderazione dei contenuti e la medesima strategia monitorata di attenuazione dei rischi nei casi che vedono coinvolte le piattaforme online molto grandi, e dovranno nominare i Coordinatori dei servizi digitali, quali autorità indipendenti di controllo85.
2.3. Il contesto nazionale delle politiche di e-Government
2.3.1. La governance dell’amministrazione digitale in Italia
Il processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione italiana riflette gli stadi definiti dalla letteratura sull’e-Government.
A partire dall’iniziale informatizzazione parziale delle attività amministrative, con il prevalente obiettivo di semplificarne l’esercizio e di ridurne i costi, si è passati, sulla spinta pure delle accresciute capacità di calcolo e di elaborazione delle ICT, all’informatizzazione di interi processi amministrativi e, poi, ad una visione più ampia, in cui le nuove tecnologie sono strumento per consentire alle Pubbliche Amministrazioni di dialogare tra loro e, soprattutto, di ridisegnare i rapporti con i cittadini e le imprese86.
La digitalizzazione comporta, infatti, una profonda riorganizzazione delle Pubbliche Amministrazioni per quanto riguarda lo svolgimento dei singoli procedimenti e le modalità di relazione con gli utenti e di esercizio del potere ed implica anche una profonda innovazione nella strutturazione del lavoro dei dipendenti pubblici87.
Posto che l’offerta di servizi digitali da parte delle Pubbliche Amministrazioni è condizionata dalle relative dotazioni infrastrutturali, oltre che dalle risorse finanziarie disponibili88 e dalle dimensioni e conseguenti complessità organizzative dei singoli Enti, il contesto italiano presenta un ulteriore elemento di complicazione a motivo dei diversi livelli di governo coinvolti e delle differenti modalità di sviluppo della digitalizzazione, tanto tra le Pubbliche Amministrazioni dello Stato centrale e quelle locali quanto all’interno di ciascuna delle suddette categorie, secondo un assetto «a macchie di leopardo»89.
Come osservato dalla Sezione Autonomie della Corte dei Conti nel recente Parere sull’attuazione dell’informatizzazione negli Enti territoriali reso ad agosto 2020, richiamando quanto affermato dalle Sezioni Riunite della stessa Corte in un precedente intervento, «nonostante gli sforzi profusi, … l’Italia è caratterizzata da una dicotomia: per quanto riguarda la disponibilità di servizi pubblici digitali, …, l’Italia con il 58 per cento è appena al di sotto della media UE del 63 per cento (2016-2017), mentre l’effettivo utilizzo dei servizi da parte dei cittadini rimane molto basso: infatti, solo il 22 per cento degli individui interagisce on line con la Pubblica Amministrazione, rispetto alla media UE del 53 per cento»90.
Anche le Sezioni Riunite individuano nella presenza di più livelli di governo un ulteriore, determinante, motivo di complessità del quadro italiano in quanto se «l’attuazione di una governance unitaria è difficile a livello centrale, lo è ancora di più nei casi in cui coinvolge dinamiche locali, grandi e piccole, come è nella realtà di molti Comuni italiani, dotati di un’autonomia amministrativa e politica che dovrebbe essere opportunamente coniugata con gli obiettivi stabiliti dalla strategia nazionale»91.
Proprio in merito agli effetti della coesistenza di più livelli di governo sull’attuazione delle iniziative italiane di sviluppo dell’e-Government, il 2001 è un anno fondamentale dal punto di vista dell’innovazione normativa: la riforma del Titolo V della Costituzione, approvata con L.Cost. n.3 del 2001, infatti, prosegue e sistematizza il medesimo obiettivo di decentramento amministrativo su cui già si fondano i provvedimenti rientranti nel cd. «pacchetto Bassanini» del 1997-199892.
L’accresciuta autonomia degli Enti Locali, i quali, in molti casi, sviluppano propri progetti in assenza di standard comuni, rende sempre più complessa la gestione unitaria e coordinata del processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e porta a varie modifiche degli assetti e dei compiti degli organismi deputati alla supervisione ed al coordinamento per la progettazione ed implementazione dell’e-Government93.
In detta situazione, nel 2003 viene istituito il CNIPA – Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione94, dall’accorpamento di strutture preesistenti, ovvero dell’AIPA - Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione, creata nel 1993 con il D.Lgs. n. 39 del 1993, e del Centro tecnico per la RUPA - Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione, dal 2007 poi confluito in un sistema ancor più complesso denominato SPC, Sistema Pubblico di Connettività95.
Le vicende delle strutture deputate ad organizzare l’informatizzazione della Pubblica Amministrazione italiana testimoniano il «percorso poco lineare, e spesso disordinato, seguito nelle scelte e nelle decisioni» di quegli anni96.
L’AIPA, istituita con lo scopo di supportare le politiche di pianificazione dell’informatizzazione, nonostante il nome, non era un’autorità indipendente, avendo essenzialmente funzioni amministrative97, e non modifica le proprie competenze ed il proprio status, unitamente al Centro tecnico per la RUPA, neanche con la trasformazione in CNIPA98.
Nel primo decennio degli anni 2000, si succedono numerosi interventi i quali, nel 2009, portano alla ridefinizione del CNIPA in DigitPA, con il D.Lgs. n. 177, quale ente pubblico non economico con funzioni di natura progettuale, tecnica e operativa per la realizzazione dell’amministrazione digitale.
Nel 2012, DigitPA viene nuovamente modificato con la nascita di AgID - Agenzia per l’Italia Digitale99, organismo «che opera secondo principi di autonomia organizzativa, tecnico-operativa, gestionale, di trasparenza e di economicità e persegue gli obiettivi di efficacia, efficienza, imparzialità, semplificazione e partecipazione dei cittadini e delle imprese»100.
Il sistema nazionale continua, però, ad essere caratterizzato da «una sorta di policentrismo frammentato»101.
AgID è titolare di competenze tecniche sull’utilizzo delle ICT nel settore pubblico, «al fine di perseguire il massimo livello di utilizzo delle tecnologie digitali nell'organizzazione della Pubblica Amministrazione e nel rapporto tra questa, i cittadini e le imprese»102, ma viene affiancata dalla società CONSIP Spa103, per lo svolgimento delle attività amministrative, contrattuali e strumentali già attribuite a DigitPA, da ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione, per le funzioni in materia di trasparenza104, e, almeno fino al 2016105, da una Cabina di Regia, composta da vari Ministeri e coadiuvata da un Tavolo permanente per l’innovazione e l’Agenda digitale italiana quale organismo consultivo, per l’attuazione, appunto, dell’Agenda digitale italiana e per il coordinamento degli interventi pubblici di Regioni, Province autonome ed Enti Locali tesi alle stesse finalità106.
Dal 2012 l’Italia, con il D.L. n. 5 del 2012 convertito con modificazioni nella L. n. 35 del 2012, si è, infatti, dotata di una propria Agenda digitale, in acronimo ADI (Agenda digitale italiana), per la definizione della strategia italiana di implementazione degli obiettivi fissati dall’Agenda digitale europea.
In parallelo, anche le disposizioni normative di attuazione della digitalizzazione hanno subito negli anni numerose modifiche.
Dal 2005 l’Italia ha adottato un testo unico che riunisce e organizza le norme riguardanti l'informatizzazione della Pubblica Amministrazione nei rapporti con i cittadini, istituendo il CAD (Codice dell'Amministrazione Digitale) con il D.Lgs. 7 marzo 2005, n.82.
Le numerose riorganizzazioni delle strutture preposte all’informatizzazione del settore pubblico, oltre al carattere stesso della materia trattata dal CAD, oggetto di frequenti innovazioni anche in ragione della velocità con cui si evolvono le ICT, hanno imposto negli anni l’adozione di svariate modifiche al testo originario del D.Lgs. n. 82 del 2005107.
In applicazione del dettato costituzionale di cui all’art. 117, come novellato dalla citata riforma del 2001, nel disciplinare i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Autonomie locali, il CAD assegna allo Stato «il coordinamento informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale»108 nonché la titolarità a dettare «le regole tecniche necessarie per garantire la sicurezza e l'interoperabilità dei sistemi informatici e dei flussi informativi per la circolazione e lo scambio dei dati e per l'accesso ai servizi erogati in rete dalle amministrazioni medesime»109.
Con l’obiettivo di garantire uniformità, il Codice si pone quale corpus organico delle disposizioni sulla digitalizzazione delle attività amministrative e stabilisce che «Lo Stato, le regioni e le autonomie locali promuovono le intese e gli accordi e adottano, attraverso la Conferenza unificata, gli indirizzi utili per realizzare gli obiettivi dell'Agenda digitale europea e nazionale e realizzare un processo di digitalizzazione dell'azione amministrativa coordinato e condiviso»110.
Inizialmente, il CAD si applicava solo alle Pubbliche Amministrazioni di cui al secondo comma dell’art. 1 del D.Lgs. n. 165 del 2001, poi, a seguito della riforma del 2016 e con il correttivo del 2017111, ha esteso il proprio ambito alle società controllate e partecipate ed ai gestori di pubblici servizi, nell’ottica di un più efficace controllo sulla spesa finanziata con risorse pubbliche e sull’effettività dei risparmi conseguenti alla digitalizzazione112.
La già citata «Strategia per la crescita digitale 2014-2020» prevede, inoltre, la definizione di un documento di indirizzo strategico ed economico teso a guidare operativamente la trasformazione digitale del Paese e ad essere punto di riferimento per le Amministrazioni centrali e locali nello sviluppo dei propri sistemi informativi, definito Piano Triennale per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione, la cui predisposizione e successiva verifica di attuazione è affidata ad AgID113.
Il primo Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2017 – 2019, approvato dal Presidente del Consiglio il 31 maggio 2017, in coerenza con il Piano d’azione europeo sull’e-Government, contiene indicazioni operative su quattro direttrici: ecosistemi digitali o aree di policy quali la sanità, la scuola e la giustizia; infrastrutture immateriali, che comprendono le piattaforme abilitanti e i dati della Pubblica Amministrazione; infrastrutture fisiche; cybersecuritiy114.
Il modello delineato dal Piano si articola su più livelli: quello nazionale definisce regole e standard e realizza piattaforme abilitanti che ottimizzano gli investimenti, mentre le singole Amministrazioni, centrali o locali, sviluppano i propri servizi specifici e il privato programma gli investimenti e sfrutta le nuove opportunità di mercato creando soluzioni che si integrino con le piattaforme nazionali115.
Obiettivo trasversale è non disperdere le esperienze maturate nei precedenti progetti di digitalizzazione del Paese, prendendo a riferimento i casi di successo (best practices) e non ripetendo errori commessi in passato116.
Il Piano Triennale 2019-2021 si colloca in continuità con il precedente, prevedendo il completamento delle azioni e dei progetti avviati sulla base di quest’ultimo, con l’obiettivo fondamentale di organizzare i servizi in ottica digital first migliorandone l’erogazione e, contemporaneamente, riducendone i costi117.
Il Piano rappresenta uno strumento in continua evoluzione nella direzione di un coinvolgimento sempre più esteso delle Amministrazioni che operano sul territorio ma anche dei veri destinatari finali della trasformazione digitale della P.A., ovvero cittadini ed imprese118.
Pure il Piano 2020-2022, licenziato a luglio 2020 dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, prosegue sulla strada tracciata dai precedenti.
Essendo ormai condivisi, secondo il Piano 2019-2021, linguaggio, finalità e riferimenti progettuali, il nuovo Piano punta alla realizzazione delle azioni previste ed introduce una serie di attività di monitoraggio dei risultati quale spunto di riflessione e guida operativa per tutte le Amministrazioni, sempre valorizzando, secondo la strategia bottom-up, il ruolo di quelle regionali e locali, particolarmente rilevante nel processo di innovazione tecnologica, stante l’elevata decentralizzazione amministrativa che caratterizza il Paese119.
Le Regioni e gli Enti Locali, per il loro grado di maggiore prossimità ai cittadini, risultano, infatti, fondamentali nella diffusione della cultura della trasformazione digitale per la possibilità di farne percepire i vantaggi immediatamente, nella quotidianità delle relazioni con gli uffici pubblici120.
Detta valorizzazione è in linea con quanto previsto nel Piano 2019-2021 che mira alla condivisione tra le Amministrazioni di strategie e piani operativi ma anche di buone pratiche già adottate al fine di superare il divario digitale tra i diversi territori del Paese121.
«La strategia digitale nazionale, per essere pienamente efficace, deve essere caratterizzata da una forte componente locale, cruciale per la fornitura dei servizi ai cittadini. Le amministrazioni locali e regionali, infatti, svolgono un ruolo importante sia nella modernizzazione delle amministrazioni e dei servizi in settori importanti per la società, sia nell'assumersi la responsabilità di fornire direttamente ai cittadini servizi concepiti per soddisfare le loro aspettative»122.
Inoltre, il nuovo Piano tiene conto dell’ambivalenza di quanto emerso a seguito della situazione emergenziale COVID-19, manifestatasi nel mese di marzo 2020, che ha imposto a tutte le Amministrazioni di procedere con celerità all’attivazione delle procedure per lo smart working diffuso, secondo, però, procedure semplificate rispetto a quelle delineate dalle disposizioni proprio per la necessità di garantire, in tempi brevi, la possibilità di svolgimento di attività lavorative a «distanza». La L. 22 maggio 2017, n. 81, all’art. 18, definisce, infatti, lo smart working come una «modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva».
Da un lato, l’estensione del lavoro agile ha fatto emergere il permanere di criticità nell’uso degli strumenti tecnologici da parte di un certo numero di lavoratori del settore pubblico, in precedenza meno rilevabili data la possibilità di ottenere supporto immediato in ufficio da personale informaticamente più evoluto, e, in molti ambiti, ha evidenziato la necessità di rivedere in modo approfondito l’organizzazione dei processi, favorendo la condivisione in rete di documenti e materiali di lavoro. Dall’altro, però, ha favorito lo sviluppo di una sensibilità culturale dei dipendenti verso nuovi paradigmi di produttività e ha dimostrato l’imprescindibilità del possesso di competenze digitali e i vantaggi che possono derivare dall’istituzionalizzazione dell’utilizzo dello smart working anche a regime123.
L’estensione dell’utilizzo dello smart working può accelerare la trasformazione digitale delle strutture pubbliche e, nel contempo, può aiutare i lavoratori a conciliare vita privata e lavoro, incrementandone la produttività124, purché il suo utilizzo venga disciplinato consentendo le opportune pause ed i tempi di recupero a tutela della salute. Infatti, il rischio immediatamente conseguente allo svolgimento della prestazione lavorativa in smart working è proprio la reperibilità costante e la difficoltà di separare i momenti lavorativi dal resto delle attività, da cui possono derivare varie patologie: dal cosiddetto technostress all’eccessiva stanchezza e al vero e proprio esaurimento125.
Il Piano 2020-2022 elenca le linee d’azione a carico di AgID per il conseguimento di ciascuno degli obiettivi e, al di là della specificazione delle attività prettamente tecniche, richiama la funzione fondamentale di AgID di realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana, assegnandole il compito di stipulare accordi di collaborazione con l’Associazione Nazionale Comuni italiani (ANCI) e con l’Unione Provincie d’Italia (UPI) per la crescita e la cittadinanza digitale e verso gli obiettivi 2021-2027 della nuova programmazione comunitaria e di avviare le relative attività di sensibilizzazione sul territorio (AgID, Dipartimento per la Trasformazione Digitale, ANCI, UPI)126.
AgID, infatti, emana linee guida «al fine di rendere l’attuazione tecnico-operativa delle disposizioni di legge capace di stare al passo con la continua evoluzione tecnologica del settore informatico»127, definisce regole e standard, programma, coordina e monitora le attività delle Pubbliche Amministrazioni per l’utilizzo delle ICT, realizza progetti e interventi innovativi e, attraverso le Regioni, promuove la culturale digitale128.
Buona parte dei compiti di AgID sono l’applicazione concreta della materia costituzionale del «coordinamento informativo statistico ed informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale» di cui all’art. 117, co. 2, lett. r), della Costituzione129 che, attenendo all’omogeneità dei linguaggi e delle procedure, rientra nella legislazione esclusiva dello Stato al fine di garantire l’interoperabilità tra i sistemi informatici delle Pubbliche Amministrazioni130.
Inoltre, il recente D.L. n. 76 del 16 luglio 2020, convertito con modificazioni dalla L. 11 settembre 2020, n. 120, prevede il trasferimento della funzione di coordinamento informatico dell’Amministrazione statale, regionale e locale da AgID direttamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri che può, comunque, anche avvalersi di AgID131.
A parere della Corte Costituzionale, detto coordinamento, almeno per quanto riguarda le Regioni, deve essere «meramente tecnico, per assicurare una comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, in modo da permettere la comunicabilità tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione»132 e comprendere «anche i profili della qualità dei servizi e della razionalizzazione della spesa in materia informatica, ove ritenuti necessari al fine di garantire la omogeneità nella elaborazione e trasmissione dei dati»133, con un’impostazione confermata anche in più pronunce134.
Dunque, la funzione di coordinamento delle politiche di e-Government appare come il mezzo di attuazione, tra i diversi livelli di governo, dei principi di collaborazione e sussidiarietà in mancanza della quale i rapporti tra Stato ed Enti locali rischierebbero «una deriva informativo-informatica, in quanto sprovvisti di standard e regole tecniche uniformi»135.
Al fine di presidiare il processo di digitalizzazione e garantire piena efficacia a detta funzione di coordinamento a fronte di consistenti modifiche normative ed organizzative, le stesse norme hanno previsto anche l’istituzione di un commissario straordinario ad hoc.
Così il D.Lgs. n. 179 del 26 agosto 2016, c.d. «Riforma Madia»136, contempla la possibilità che il Presidente del Consiglio dei Ministri, in sede di prima attuazione delle nuove disposizioni, possa nominare, per un periodo non superiore a tre anni, con proprio decreto, un Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale137.
Il Commissario esercita specifici poteri di impulso e di coordinamento nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni cui compete «la realizzazione delle azioni, iniziative ed opere essenziali, connesse e strumentali all'attuazione dell'Agenda digitale italiana, anche in coerenza con gli obiettivi dell'Agenda digitale europea»138, nonché il potere sostitutivo secondo le modalità descritte dallo stesso decreto.
Stante la rilevanza strategica delle ICT per la crescita culturale, democratica ed economica del Paese139, dal 2016 al 31 dicembre 2019 detta figura è stata operativa e, a compimento del previsto triennio, le sue funzioni sono state trasferite al Presidente del Consiglio dei Ministri140.
Sempre la Riforma «Madia», con l’obiettivo di garantire l’attuazione del processo di digitalizzazione del settore pubblico, ha previsto, con relativa modifica del CAD, che le Pubbliche Amministrazioni affidino «a un unico ufficio dirigenziale generale, …, la transizione alla modalità operativa digitale e i conseguenti processi di riorganizzazione … per … assicurare anche la coerenza con gli standard tecnici e organizzativi comuni»141. A detto ufficio compete «l’analisi periodica della coerenza tra l'organizzazione dell'amministrazione e l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, al fine di migliorare la soddisfazione dell'utenza e la qualità dei servizi nonché di ridurre i tempi e i costi dell'azione amministrativa»142.
Il Responsabile per la transizione digitale è competente per tutte le attività tese a garantire una più «efficace erogazione di servizi in rete a cittadini e imprese mediante gli strumenti della cooperazione applicativa tra pubbliche amministrazioni, ivi inclusa la predisposizione e l'attuazione di accordi di servizio tra amministrazioni per la realizzazione e compartecipazione dei sistemi informativi cooperativi»143.
Similmente al Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui alla L. n. 190 del 6 novembre 2012144, il Responsabile per la transizione digitale deve fungere da fulcro e punto di coordinamento per tutti gli uffici della propria Amministrazione e, contestualmente, deve garantire la coerenza tra le attività di questa e gli obiettivi nazionali, nel caso specifico quelli previsti dall’Agenda Digitale e dal Piano triennale145.
Come le strutture deputate all’attuazione del processo di digitalizzazione del settore pubblico italiano, anche le relative disposizioni attestano la presenza di una certa «stratificazione normativa», non sempre lineare, che ha inciso ed incide in particolar modo sul corpus normativo più consistente, ovvero sullo stesso CAD146.
2.3.2 Il Codice dell’Amministrazione Digitale
Tra le numerose modifiche subite nel tempo dal CAD, risultano di particolare rilievo per il tema trattato quelle apportate dalla citata c.d. «Riforma Madia» di cui al D.Lgs. n. 179 del 2016.
La L. n. 124 del 2015, conosciuta, appunto, come «legge Madia», ha delegato il Governo ad adottare norme che modifichino ed integrino, anche disponendone la delegificazione, il CAD, con l’obiettivo di accelerare il processo di riorganizzazione della Pubblica Amministrazione attraverso la digitalizzazione e «ridefinire e semplificare i procedimenti amministrativi, in relazione alle esigenze di celerità, certezza dei tempi e trasparenza nei confronti dei cittadini e delle imprese, mediante una disciplina basata sulla loro digitalizzazione e per la piena realizzazione del principio “innanzitutto digitale” (digital first)»147.
Allo scopo di superare quella che da più parti viene individuata come la principale problematica riscontrata nell’applicazione della legislazione in materia informatica, ovvero la sua scarsa precettività, dovuta tanto ad oggettivi motivi tecnici o economici quanto alla limitata efficacia degli strumenti di controllo e sanzione, in ragione soprattutto della pluralità di soggetti pubblici coinvolti e della conseguente difficoltà di coordinamento148, la legge delega il Governo affinché semplifichi «le modalità di adozione delle regole tecniche e» assicuri «la neutralità tecnologica delle disposizioni del CAD, semplificando allo stesso tempo il CAD medesimo in modo che contenga esclusivamente principi di carattere generale»149.
La frammentazione dei centri decisionali dovuta alla pluralità ed autonomia delle singole Amministrazioni può essere fonte di criticità, sprechi di risorse e rallentamenti150.
In applicazione del c.d. principio della «neutralità tecnologica», sancito dal legislatore europeo come «la libertà delle persone e delle organizzazioni di scegliere la tecnologia più adeguata ai loro bisogni. I prodotti, servizi o quadri normativi che tengono conto del principio della neutralità tecnologica non impongono né introducono discriminazioni a favore dell’impiego di un tipo particolare di tecnologia»151, il CAD afferma che lo «Stato, le Regioni e le autonomie locali assicurano la disponibilità, la gestione, l'accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell'informazione in modalità digitale e si organizzano ed agiscono a tale fine utilizzando con le modalità più appropriate e nel modo più adeguato al soddisfacimento degli interessi degli utenti le tecnologie dell'informazione e della comunicazione»152.
Conseguentemente, le Amministrazioni, di qualsiasi livello, sono lasciate libere di adottare le soluzioni tecnologiche più idonee alle loro attività ed alle loro strutture organizzative anche per garantire la possibilità di un costante adeguamento all’evoluzione tecnologica nonché la tutela della concorrenza tra i diversi fornitori di tecnologia153.
Per colmare il divario esistente tra l’Italia e gli altri Paesi, attestato anche, tra gli altri, da «l’uso ancora eccessivo della carta nel normale funzionamento delle Amministrazioni; la complessità e l’incompletezza della vigente disciplina in materia di domicilio digitale dei cittadini e delle imprese; …… l’assenza di una identità digitale di cittadini e imprese che impedisce l’utilizzo dei servizi erogati dalle PPAA; la non effettività dei principi di cittadinanza digitale»154, in adeguamento alle disposizioni europee in materia155, il D.Lgs. n. 179 del 2016, come modificato dal D.Lgs. n. 217 del 2017, definisce «la Carta della cittadinanza digitale» che, assieme allo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) ed all’ANPR (Anagrafe della Popolazione Residente), deve consentire a cittadini ed imprese di accedere on line tanto ai servizi della Pubblica Amministrazione quanto a quelli degli operatori privati che aderiscono secondo le procedure all’uopo definite156.
Il D.L. n. 76 del 16 luglio 2020, c.d. «Decreto Semplificazioni», convertito con modificazioni dalla L. 11 settembre 2020, n. 120, intende dare una forte accelerazione all’utilizzo di detti strumenti di identificazione, modificando i relativi articoli del CAD: sancisce, infatti, che entro il 28 febbraio 2021 tutte le Pubbliche Amministrazioni dovranno dismettere i propri sistemi di identificazione online e adottare esclusivamente l’identità digitale SPID e CIE (Carta di identità elettronica), in un’ottica di semplificazione sia per i cittadini e le imprese, che non dovranno più avere diverse credenziali a seconda del servizio che vogliano usare, sia per le stesse Pubbliche Amministrazioni, che non saranno più chiamate a farsi carico di gestire i propri sistemi di rilascio delle identità dei rispettivi utenti157.
Conseguenza dell’affermazione della cittadinanza digitale è la dematerializzazione dei documenti amministrativi, ovvero la sostituzione dei relativi supporti cartacei con quelli informatici, così che possa essere esercitato appieno il diritto all’uso delle tecnologie digitali nelle relazioni con le Pubbliche Amministrazioni anche da remoto, sancito dall’art. 3 del CAD.
Ulteriore facilitazione è data dalla possibilità di accedere ai servizi pubblici resi in digitale attraverso un’unica applicazione, «IO», direttamente dallo smartphone, senza necessità di avvalersi di computer fissi o portatili: sempre entro la medesima data del 28 febbraio 2021 le Pubbliche Amministrazioni devono avviare i progetti di trasformazione digitale.
Altro corollario è l’obbligo di garantire, «in linea con gli obiettivi dell'Agenda digitale europea, la disponibilità di connettività alla rete Internet presso gli uffici pubblici e altri luoghi pubblici, in particolare nei settori scolastico, sanitario e di interesse turistico, anche prevedendo che la porzione di banda non utilizzata dagli stessi uffici sia messa a disposizione degli utenti nel rispetto degli standard di sicurezza fissati dall'Agid»158.
L’amministrazione digitale, quindi, deve essere impostata secondo i principi di interconnessione e interoperabilità, come definiti dallo stesso CAD riformato dal D.Lgs. n. 179 del 2016 e ss.mm.ii., affinché i sistemi possano interagire tra loro in maniera automatica, scambiando informazioni e condividendo risorse159.
Condizione indispensabile per l’erogazione efficace ed efficiente dei servizi pubblici in modalità digitale è, infatti, la capacità delle singole Amministrazioni di interagire tra loro orizzontalmente e verticalmente, ovvero di «fare rete»160.
L’interoperabilità rileva sotto due profili: garantisce l’interscambio tra i sistemi delle diverse Pubbliche Amministrazioni, semplificando le relazioni con gli utenti e riducendo i costi di apprendimento grazie ad una logica orientata al cosiddetto one-stop shop, e migliora l’efficienza interna della singola Pubblica Amministrazione, assicurando la capacità di dialogo tra i vari applicativi utilizzati dai suoi diversi servizi161.
In applicazione del principio «interoperability by default» del Piano d’azione Europeo 2016-2020162, secondo il quale i servizi pubblici dovrebbero essere progettati in modo da funzionare senza problemi e senza soluzione di continuità in tutto il mercato unico e al di là dei confini organizzativi, grazie alla libera circolazione dei dati e dei servizi digitali nell’Unione Europea, dal 2017 il CAD prevede l’istituzione di un’unica PDND (Piattaforma Digitale Nazionale Dati)163.
Il D.L. n. 76 del 2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 120 del 2020, innova il CAD, dettando una nuova disciplina per la PDND il cui fine è di «favorire la conoscenza e l'utilizzo del patrimonio informativo detenuto, per finalità istituzionali»164, dalle Pubbliche Amministrazioni, dai gestori di pubblici servizi e dalle società a controllo pubblico «nonché la condivisione dei dati tra i soggetti che hanno diritto ad accedervi ai fini della semplificazione degli adempimenti amministrativi dei cittadini e delle imprese»165, affidando alla Presidenza del Consiglio dei Ministri il compito di promuoverne «la progettazione, lo sviluppo e la realizzazione»166, in attuazione del principio once only167.
La previsione di un’unica Piattaforma Digitale Nazionale Dati risponde anche alle specifiche Raccomandazioni formulate dal Consiglio europeo il 20 maggio 2020 affinché l’Italia adotti, nel 2020 e nel 2021, provvedimenti volti a realizzare «un’infrastruttura digitale rafforzata per garantire la fornitura di servizi essenziali»168 e «migliorare … il funzionamento della pubblica amministrazione»169 e si pone quale rimedio alla mancanza di interoperabilità dei servizi pubblici digitali evidenziata dal Consiglio nella stessa sede170.
Infatti, i servizi pubblici dovrebbero essere «Cross-border by defaul» e l’interoperabilità dovrebbe essere intesa nel senso più ampio possibile, comprendendo aspetti tecnici e giuridici, per evitare l’insorgere di barriere elettroniche transfrontaliere171.
Sempre per rafforzare l’interoperabilità dei sistemi pubblici, la legge di conversione del D.L. n. 76 del 2020 impone una specifica sanzione in capo ai Dirigenti pubblici che non adempiono l’obbligo di rendere disponibili i dati con la riduzione, non inferiore al 30 per cento, della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale imponendo loro anche il divieto di attribuire premi o incentivi nell’ambito delle proprie strutture in quanto detto inadempimento «costituisce mancato raggiungimento di uno specifico risultato e di un rilevante obiettivo»172.
Per garantire il necessario coordinamento sul piano tecnico delle varie iniziative di innovazione tecnologia, il D.L. 76, modificando il CAD, ribadisce che i sistemi ed i relativi servizi digitali delle Pubbliche Amministrazioni devono essere progettati, realizzati e sviluppati in coerenza con gli obiettivi dell'Agenda digitale italiana ed europea e nel rispetto delle modalità stabilite dal Codice di condotta tecnologica, previsto dallo stesso D.L. che ne assegna l’adozione al Capo dipartimento della struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale173.
Il Codice di condotta tecnologica deve dettare la disciplina di «progettazione, sviluppo e implementazione dei progetti, sistemi e servizi digitali delle amministrazioni pubbliche, nel rispetto del principio di non discriminazione, dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone e della disciplina in materia di perimetro nazionale di sicurezza cibernetica»174 e AgID deve verificarne il rispetto con poteri di diffida175.
Analogamente a quanto stabilito per il già citato mancato rispetto dell’ obbligo di rendere disponibili e accessibili i dati delle proprie Amministrazioni176, anche «la progettazione, la realizzazione e lo sviluppo di servizi digitali e sistemi informatici in violazione del codice di condotta tecnologica costituiscono mancato raggiungimento di uno specifico risultato e di un rilevante obiettivo da parte dei dirigenti responsabili delle strutture competenti e comportano la riduzione, non inferiore al 30 per cento, della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei dirigenti competenti, oltre al divieto di attribuire premi o incentivi nell'ambito delle medesime strutture»177.
L’interoperabilità è, dunque, fondamentale per consentire a più soggetti pubblici di lavorare assieme, collaborando e risparmiando tempo e risorse.
Lo stesso legislatore europeo, nel definire l’interoperabilità come «la capacità di organizzazioni diverse ed eterogenee di interagire in vista di obiettivi comuni concordati e reciprocamente vantaggiosi, ricorrendo alla condivisione di conoscenze e informazioni tra le organizzazioni, attraverso i processi operativi supportati, per mezzo dello scambio di dati fra i rispettivi sistemi TIC»178, include tra le finalità cui tendere quella di «agevolare l’efficace ed efficiente interazione elettronica transfrontaliera o intersettoriale tra pubbliche amministrazioni europee e tra queste, da una parte, e imprese e cittadini, dall’altra»179.
3. Le Information and Communications Technologies come vettore per rendere aperta la Pubblica Amministrazione: open government e open data
Oltre a rendere lo svolgimento dei processi amministrativi più celere ed efficiente, le ICT facilitano la comunicazione diretta dei cittadini con le Pubbliche Amministrazioni, sia per la richiesta e fruizione di specifici servizi sia per l’esercizio di quelle forme di controllo diffuso sulla gestione della res pubblica, insite nel sistema democratico, che caratterizzano anche il modello di amministrazione denominato Open Government180.
Detto modello si afferma a partire dal nuovo millennio ed ha il proprio manifesto programmatico nel Memorandum181 del 2009 del Presidente degli Stati Unit Barack Obama per la realizzazione di un’amministrazione basata sulla trasparenza, la partecipazione e la collaborazione182.
Per quanto riguarda l’Italia, il modello ha le proprie radici in visioni del passato, quali la «casa di vetro» auspicata ai primi del Novecento da Filippo Turati per definire un’amministrazione trasparente ed aperta ai cittadini.
Il concetto di Open Government trova applicazioni diverse nei vari Paesi, a seconda dei singoli contesti, almeno fino al 2016 quando l’OCSE, partendo da detta constatazione, conia la definizione generale, da tenere a riferimento per le strategie nazionali, di «a culture of governance based on innovative and sustainable public policies and practices inspired by the principles of transparency, accountability, and participation that fosters democracy and inclusive growth»183.
La nozione si fonda sui 3 pilastri di transparency, accountability and partecipation del Memorandum di Obama del 2009 e, come sottolineato anche nella letteratura internazionale, l’e-Government è funzionale agli obiettivi dell’Open Government in quanto l’utilizzo delle tecnologie digitali favorisce la collaborazione con i cittadini e la trasparenza dell’agire amministrativo184.
Nell’ordinamento italiano, l’idea di una Pubblica Amministrazione che si realizza compiutamente attraverso l’utilizzo delle tecnologie informatiche risulta in nuce già nella legge quadro sul pubblico impiego del 1983 che assegna al Dipartimento della Funzione Pubblica, contestualmente istituito nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, tra gli altri, «il coordinamento delle iniziative di riordino della pubblica amministrazione e di organizzazione dei relativi servizi, anche per quanto concerne i connessi aspetti informatici»185 e «le attività necessarie per assicurare…, la pianificazione dei mezzi materiali e delle attrezzature occorrenti per il funzionamento degli uffici dello Stato e la massima utilizzazione ed il coordinamento delle tecnologie e della informatica nella pubblica amministrazione»186.
La successiva legge n. 241 sul procedimento amministrativo dell’agosto del 1990, pur in anni ormai lontani, sin nell’ampia definizione di «documento amministrativo», come «ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni, formati dalle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell'attività amministrativa»187, prosegue nel delineare un modello di Amministrazione che si avvale delle ICT per le proprie attività.
Successivamente, a seguito dell’entrata in vigore del CAD nel 2005 e delle modifiche alla L. 241 introdotte nel 2015, con l’inclusione della trasparenza tra i criteri generali cui deve attenersi l’azione amministrativa188, viene definitivamente sancito il modello di amministrazione che si avvale delle ICT per essere realmente aperta e trasparente nei confronti dei cittadini, secondo i principi dell’Open Government189.
Partendo dall’assunto che i «principi dell’Open Government (trasparenza, integrità, accountability e partecipazione dei portatori di interesse) stanno progressivamente cambiando la relazione tra dipendenti pubblici e cittadini in tutto il mondo, rendendola più dinamica, reciprocamente vantaggiosa e basata su fiducia reciproca»190, nel 2017, l’OCSE adotta la Raccomandazione sul Governo aperto allo scopo di fornire indicazioni ai Paesi aderenti per «sviluppare e attuare strategie e iniziative efficaci in materia»191, definendo uno standard riconosciuto a livello mondiale affinché detti principi «costituiscano gli elementi fondativi di tutte le politiche e le pratiche adottate nel settore pubblico»192.
L’OCSE individua una delle condizioni per l’effettiva attuazione dei principi dell’Open Government nella disponibilità a titolo gratuito di «informazioni e dati pubblici chiari, completi, aggiornati, attendibili e pertinenti, in formato aperto e a lettura ottica (machine-readable), non proprietari, facili da reperire, comprendere, utilizzare e riutilizzare»193.
Grazie alle ICT, i dati in possesso delle Pubbliche Amministrazioni rilevano sotto due profili: possono rendere l’Amministrazione più trasparente, favorendo forme di partecipazione e collaborazione tanto con i cittadini quanto con le Pubbliche Amministrazioni, ma possono pure essere utilizzati in ambiti diversi da quelli per i quali sono stati raccolti quali Open Data, ovvero essere «disponibili in maniera completa, aggiornata e facilmente accessibile, forniti a condizioni e in formati tali da permetterne il riutilizzo, la ridistribuzione e la ricombinazione con altri dati, senza discriminazioni né di ambito di iniziativa né contro soggetti o gruppi»194.
Già in anni precedenti, l’Open Data è sancito come obiettivo europeo e mondiale in più occasioni: nel 2003, l’Unione Europea adotta una direttiva volta ad agevolare ed incentivare il riutilizzo delle informazioni detenute dalle Pubbliche Amministrazioni195; nel 2013, i leader del G8 sottoscrivono la Open Data Charter196 che si pone «come apripista internazionale per lo sviluppo di un settore rilevante per l’attività dei governi e la pubblica amministrazione e per una nuova economia fondata sul riutilizzo dei dati disponibili»197, sancendo l’impegno dei Governi a rendere «disponibili on-line i dati raccolti e gestiti dalle pubbliche amministrazioni nazionali e di facilitarne l’utilizzo per cittadini e imprese»198.
Nel 2015, nell’ambito dell’OGP (Open Government Partnership)199, diciassette Paesi, tra cui l’Italia200 rappresentata da AgID, firmano la Carta internazionale degli Open Data per suggellare l’impegno a rendere il proprio patrimonio informativo pubblico aperto by default nel rispetto di sei principi cardine (Open By Default, Timely and Comprehensive, Accessible and Usable, Comparable and Interoperable, For Improved Governance and Citizen Engagement, For Inclusive Development and Innovation)201 e di un insieme di regole per favorire accessibilità, comparabilità e diffusione dei dati aperti a livello globale e promuovere gli Open Data come guida per il raggiungimento di obiettivi di sviluppo sostenibile dei Paesi.
Speculare è la definizione di dati in formato aperto del CAD202 che sancisce che i dati delle Pubbliche Amministrazioni «sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall’ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati»203, fatti salvi «i limiti alla conoscibilità dei dati previsti dalle leggi e dai regolamenti, le norme in materia di protezione dei dati personali ed il rispetto della normativa comunitaria in materia di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico»204.
Il CAD considera, quindi, i dati una risorsa di primaria importanza non solo ai fini dell’efficienza dell’azione amministrativa ma anche per l’applicazione concreta dei principi dell’open government, ossia i principi di trasparenza, partecipazione e collaborazione205.
L’accessibilità è, dunque, strumentale all’affermazione del modello di Amministrazione trasparente che, grazie alla conoscibilità dei propri dati, favorisce e ricerca la partecipazione dei cittadini e rafforza la loro fiducia, consentendo il controllo sul proprio operato206.
La trasparenza è intesa come «accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche»207, secondo la definizione del Codice della Trasparenza italiano, adottato nel 2013 con il D. Lgs. n. 33.
Il Decreto, infatti, impone alle Amministrazioni di garantire «la qualità delle informazioni riportate nei siti istituzionali…, assicurandone l'integrità, il costante aggiornamento, la completezza, la tempestività, la semplicità di consultazione, la comprensibilità, l'omogeneità, la facile accessibilità, nonché la conformità ai documenti originali …, l'indicazione della loro provenienza e la riutilizzabilità208 nonché la pubblicazione in formato di tipo aperto»209.
Come affermato nel 2010 dall’allora operativa Commissione indipendente per la valutazione, trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT)210, citando il dettato del D.Lgs. n. 150 del 2009, l’obiettivo della trasparenza è attuabile «anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell'attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità»211.
La CIVIT sottolinea come si tratti di «una nozione diversa da quella relativa al diritto di accesso (…) ai documenti amministrativi, qualificato dalla titolarità di un interesse azionabile dinanzi al giudice (…) e sottoposto a una specifica e differente disciplina che trova la propria fonte nella legge n. 241 del 1990»212 dell’ordinamento italiano. E aggiunge che detta «accessibilità totale» «è idonea a radicare, se non sempre un diritto in senso tecnico, una posizione qualificata e diffusa in capo a ciascun cittadino, rispetto all’azione delle pubbliche amministrazioni, con il principale scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità»213.
A parere della CIVIT, il nuovo concetto di trasparenza «si muove su tre piani mobili, tra loro collegati: una posizione soggettiva garantita al cittadino, un risultato che le pubbliche amministrazioni sono chiamate a perseguire, uno strumento di gestione della res publica per garantire il “miglioramento continuo” nell’uso delle risorse e nell’erogazione dei servizi al pubblico»214.
La trasparenza è strumento individuato dalla legislazione anticorruzione per l’attuazione del controllo sull’operato delle Pubbliche Amministrazioni da parte dei cittadini ma, come sancito dal CAD, è anche funzionale alla comunicazione bidirezionale tra queste e gli stessi cittadini215.
In tema di Open Government, la letteratura accademica, in prevalenza, si è concentrata sui principi di transparency e di partecipation, considerando l’accountability come conseguenza della corretta implementazione degli altri due216.
L’accountability deve essere intesa come l’obbligo posto in capo alle Pubbliche Amministrazioni di rendere conto del proprio operato e dei risultati ottenuti ed è proprio detto obbligo che fa da presupposto alla partecipazione ed al controllo da parte dei cittadini.
L’accountability è, quindi, una relazione dinamica tra la Pubblica Amministrazione ed i cittadini che hanno diritto e interesse a monitorarne l’efficacia. Affinché la relazione sia produttiva, la Pubblica Amministrazione è tenuta a farsi carico del giudizio dei cittadini, portandolo a conseguenze concrete, secondo una logica di collaborazione tesa al miglioramento della qualità dei servizi pubblici217.
La trasparenza del settore pubblico e l’effettiva capacità di partecipazione riconosciuta ai cittadini rafforzano l'accountability dello stesso settore pubblico218, sostanziando la fiducia dei cittadini.
Con l’Open Government si assiste ad un radicale cambiamento di prospettiva nel rapporto tra Pubblica Amministrazione e cittadini che, da destinatari passivi, possono diventare parte attiva del processo di policy making219.
Detta modifica si fonda proprio sull’accessibilità dei dati e delle informazioni che fanno da presupposto alle decisioni delle Pubbliche Amministrazioni e che queste ultime possono immagazzinare in grandi quantità, c.d. big data, grazie alle tecnologie digitali220.
4.
I big data costituiscono un elemento di novità dell’amministrazione digitalizzata: grazie alle ICT, le Pubbliche Amministrazioni sono in grado di acquisire una quantità di informazioni le cui enormi dimensioni non sono assolutamente gestibili con i sistemi convenzionali di archiviazione.
In dottrina, non si riscontra un orientamento univoco circa la definizione di big data: una posizione assegna rilevo alla natura ed alle caratteristiche delle informazioni raccolte, un’altra alla relazione con gli strumenti tradizionali di elaborazione e conservazione, un’altra ancora alle possibilità di raccolta, sistematizzazione e rielaborazione offerte dalle nuove tecnologie221.
I big data «possono essere definiti come grandi aggregazioni di dati digitali, ovvero frammenti elementari di informazioni, spesso di carattere personale, che non possono essere processati e analizzati con i tradizionali strumenti, richiedendo l’utilizzo di potenti processori, software e algoritmi»222.
Secondo il «modello delle 3 v», elaborato nel 2001 dall’analista Doug Laney ed ancora utilizzato223, gli elementi caratteristici dei big data sono il volume, la varietà e la velocità dei dati224.
I big data sono, quindi, un insieme enorme di dati, strutturati, semi-strutturati e non, che fanno riferimento a diverse fonti e che fluiscono con una tale velocità da rendere obsoleti gli strumenti tradizionali di gestione225.
Su tali dati e sulle informazioni in essi contenute si fonda un vero e proprio business in quanto i big data possono essere processati e rivenduti «a terzi che li utilizzano per consolidare la propria posizione sui mercati di riferimento (attraverso offerte mirate e personalizzate) oppure al fine di acquisire significativi vantaggi competitivi in fette di mercato ancora poco conosciute»226.
Tecnologie sofisticate consentono l’analisi di enormi volumi di dati, garantendo la produzione in tempo reale di informazioni atte a produrre un vantaggio competitivo agli interpreti della moderna economia della conoscenza e determinando il prezzo dei beni e dei servizi senza l’intervento umano ma solo grazie ad algoritmi227.
Con la già citata proposta del Digital Market Act, la Commissione intende favorire la competitività delle imprese, indebolendo la posizione dominate dei gatekeepers, ovvero di quelle imprese che, per dimensioni, numero di utenti e longevità, giocano un ruolo di primo piano nel determinare i servizi offerti dalla rete proprio agendo sull’accesso ai dati228.
I gatekeepers non potranno utilizzare l’enorme quantità di dati ricevuti dalle imprese che assistono o supportano quando sono in competizione con esse (si pensi ai giganti dell’e-commerce) e non potranno impedire agli utenti di accedere a link di imprese che non sono ospitati sulla loro piattaforma, inoltre dovranno condividere i dati degli utenti e non dovranno avvantaggiare i propri servizi nei risultati delle ricerche svolte sul web229.
Partendo dal valore che i big data rivestono nel settore privato, pure le Pubbliche Amministrazioni si stanno organizzando per sfruttare il potenziale conoscitivo contenuto anche solo nel numero di visualizzazioni di una propria pagina web, sempre secondo la logica collaborativa dell’Open Government tesa al miglioramento dei servizi erogati230.
I dati detenuti dalle Pubbliche Amministrazioni costituiscono, quindi, un vero e proprio «patrimonio» le cui potenzialità superano il confine dell'adempimento amministrativo, ove il dato stesso viene formato e generalmente utilizzato, per due diversi ambiti strategici: la condivisione dei dati tra Pubbliche Amministrazioni, a titolo gratuito e per finalità istituzionali, ed il riutilizzo dei dati, anche per finalità commerciali, da parte di portatori di interesse (stakeholder interessati)231.
Le caratteristiche stesse dei big data impongono l’utilizzo di sistemi tecnologici molto avanzati, non sempre posseduti né dalle imprese né dalle Pubbliche Amministrazioni le quali, proprio come gli operatori privati, possono avvalersi di provider che, professionalmente, erogano servizi di cloud computing custodendo i dati su server che possono essere localizzati ovunque232.
Il CAD, infatti, richiama la modalità cloud computing tra le soluzioni utilizzabili dalle Pubbliche Amministrazioni per l’acquisizione di programmi informatici, sempre nel rispetto dei principi di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa233.
Nello specifico, il termine di cloud computing identifica una fornitura unilaterale di capacità di software e di dati cui si accede attraverso Internet e protocolli che supportano clienti ed apparecchiature eterogenei (computer, tablet, smartphone), contemporaneamente ed indipendentemente dalla localizzazione fisica delle risorse stesse, con la possibilità per gli utenti di modificare facilmente il volume dell’hardware utilizzato (ad es. mettendo online capacità di archiviazione supplementare nell’arco di pochi secondi e con pochi clic), che rimane di proprietà del provider, pagando soltanto gli effettivi consumi (pay-per-use)234.
Il cloud computing può essere assimilato al modello contrattuale dell’appalto di servizi come outsourcing informatico235.
L’utilizzo del cloud computing consente di superare la frammentazione dei sistemi informativi pubblici, realizzando economie di scala e risparmi di spesa, circoscrivendo i costi a quelli relativi al solo servizio ricevuto senza imporre alle Pubbliche Amministrazioni l’acquisto delle sottostanti tecnologie ed i successivi oneri di costante adeguamento236.
Già nel 2012, la Commissione Europea enumera i vantaggi che possono derivare dall’utilizzo del cloud computing da parte delle Pubbliche Amministrazioni in termini di riduzione dei costi, tutela dell’ambiente e riorganizzazione interna.
Come esplicitato dalla Commissione, le Pubbliche Amministrazioni, in tal modo, oltre a risparmiare denaro, evitando l’acquisto di apparecchiature e software, possono esternalizzare le attività di gestione dei centri dati e delle TIC, sostituendo gradualmente i propri dipartimenti interni237, e contribuire alla tutela dell’ambiente, «grazie ad un uso più efficiente dell’hardware e, più specificamente, grazie alla creazione di centri dati con server a basso consumo e alimentati con energia verde»238, oltre a potenziare il mercato unico digitale, in ragione dell’assenza intrinseca di vincoli geografici239.
Tuttavia, la stessa Commissione evidenzia le criticità che l’utilizzo del cloud computing può comportare e riconosce la necessità della definizione di un quadro normativo specifico, sia per quanto riguarda le norme e le certificazioni, con particolare riguardo alla protezione dei dati personali, sia in merito alle condizioni contrattuali applicabili240.
Proprio in relazione al trattamento dei dati personali, nei Considerando che introducono il Regolamento sulla protezione dei dati del 2016241, il Parlamento Europeo ed il Consiglio dell’Unione Europea sottolineano come «la rapidità dell'evoluzione tecnologica e la globalizzazione comportano nuove sfide per la protezione dei dati personali»242 e come alla tecnologia venga richiesto sia di «facilitare ancora di più la libera circolazione dei dati personali all'interno dell'Unione e il loro trasferimento verso Paesi terzi e organizzazioni internazionali»243 sia di garantire «al tempo stesso un elevato livello di protezione dei dati personali»244 al fine anche di ridurre «la percezione, largamente diffusa nel pubblico, che in particolare le operazioni online comportino rischi per la protezione delle persone fisiche»245, superando le divergenze venutesi a creare nel tempo tra i vari Stati Europei nell’applicazione della direttiva 95/46/CE che, sino all’entrata in vigore del suddetto Regolamento, disciplinava la tutela dei dati personali delle persone fisiche246.
A maggior ragione a fronte della natura pubblicistica dei dati, l’esternalizzazione attraverso soluzioni di cloud computing impone alle Pubbliche Amministrazioni l’adozione di specifici protocolli di sicurezza per monitorare l’attività dei soggetti incaricati della custodia e garantire la riservatezza dei dati stessi ed il controllo da parte degli utenti247.
Problematiche sono, poi, connesse alla natura immateriale dei beni trattati, che dovrebbero rimanere sotto la sovranità pubblica, indipendentemente dalla proprietà della rete, secondo il concetto di data sovereingty che si riferisce, appunto, al potere esclusivo del Governo di controllare tutti i beni pubblici digitali, che non sono di pubblico dominio, indipendentemente dal fatto che essi siano conservati in proprio o siano nella disponibilità o presso la sede di terzi.
Ciò comporta che, indipendentemente dal luogo di conservazione, le garanzie europee e quelle specifiche adottate dallo Stato membro siano rispettate248, come sancito dal Regolamento 2016/679 del Parlamento Europeo249.
In coerenza con il Piano di azione europeo sull’eGovernment250, i Piani Triennali per l’informatica nella Pubblica Amministrazione 2017 – 2019 e 2019-2021 sono impostati al rispetto del principio cloud first, secondo il quale «le Pubbliche Amministrazioni, in fase di definizione di un nuovo progetto, e/o di sviluppo di nuovi servizi, in via prioritaria devono valutare l’adozione del paradigma cloud prima di qualsiasi altra tecnologia»251.
Detto principio deve essere coordinato, tra gli altri, con quello della «fiducia e sicurezza» che impone che, fin dalla progettazione e configurazione predefinita dei servizi digitali delle Amministrazioni Pubbliche, «devono essere integrati i profili relativi alla protezione dei dati personali, alla tutela della vita privata e alla sicurezza informatica», in coerenza con il Regolamento UE n. 679/2016252.
In merito alle altre problematiche che possono derivare dalle caratteristiche della rete stessa, dal suo grado di resilienza, ovvero di resistenza ad attacchi informatici o anche solo ad incidenti tecnici, il Piano Triennale 2019-2021 sancisce la necessità che le Pubbliche Amministrazioni prevengano il rischio di lock-in derivante dalla dipendenza esclusiva dal fornitore, valutando il tipo di cloud, «pubblico, privato o ibrido in relazione alla natura dei dati trattati e ai relativi requisiti di confidenzialità», ovvero alla finalità del servizio erogato all’utente253.
Al fine di incrementare l’adozione del cloud nelle Pubbliche Amministrazioni, già il Piano Triennale (per l’informatica nella Pubblica Amministrazione) 2017 - 2019 introduce il Modello Cloud della PA254 che sancisce che le Pubbliche Amministrazioni possono utilizzare ed acquisire esclusivamente i servizi cloud qualificati da AgID e consultabili e confrontabili mediante il Cloud Marketplace, ossia il catalogo dei servizi cloud qualificati, suddivisi nei tre modelli principali di IaaS (Infrastructure as a Service)255, PaaS (Platform as a Service)256 e SaaS (Software as a Service)257 a seconda del livello al quale sono collocati , a partire dall’hardware fino all’applicativo258.
Il successivo Piano Triennale 2019 – 2021 prevede l’avvio del Cloud Enablement Program (Programma nazionale di abilitazione al Cloud della PA) sempre al fine di evolvere e consolidare il Modello e facilitare l’adozione del cloud da parte delle Pubbliche Amministrazioni secondo il già citato principio cardine cloud first, la strategia di Cloud Enablement, finalizzata alla migrazione delle infrastrutture e delle applicazioni esistenti verso il modello Cloud della PA, e l’istituzione e l’operatività di Centri di Competenza Tematici, ovvero di una comunità allargata di tecnici, esperti e manager dell’IT che propongono standard e regolamenti dei servizi digitali e condividono informazioni, soluzioni e competenze utili a mantenere, aggiornare e aumentare l’affidabilità dei sistemi259.
In conclusione, lo scopo comune perseguito attraverso i Piani triennali è quello di «realizzare un’adeguata evoluzione tecnologica e di supportare il paradigma cloud, favorendo altresì la razionalizzazione delle spese per la connettività delle pubbliche amministrazioni»260 nonché «l’evoluzione delle piattaforme esistenti per migliorare i servizi offerti a cittadini ed imprese semplificando l’azione amministrativa»261.
5.
Secondo quanto evidenziato nei paragrafi precedenti, la trasformazione digitale in corso sta modificando in modo radicale e ad un ritmo incessante il mondo in cui viviamo262.
In particolare, le applicazioni di AI Artificial Intelligence (Intelligenza Artificiale) stanno rivoluzionando i tradizionali ritmi di vita, aprendo scenari che, anche solo qualche anno fa, sarebbero stati inimmaginabili263.
Posto che la rete si colloca, per sua natura, oltre l’ambito di applicazione delle leggi dei singoli Stati, è indispensabile che le legislazioni nazionali facciano capo a disposizioni di livello superiore, nel nostro caso europeo, e a vere e proprie convenzioni internazionali264.
Come esposto dal giurista Rodotà, l’era digitale porta in sé specifici rischi di acutizzazione delle diseguaglianze tra i cittadini, con la conseguente marginalizzazione di coloro che non sono in grado di adeguarsi alle novità, fino alla disintegrazione delle comunità. Inoltre, comporta elevati profili di rischio per la riservatezza e facilita gli abusi informativi e lo sfruttamento commerciale delle informazioni presenti in rete265.
Per evitare detta deriva, il quadro normativo unitario a livello europeo deve orientare l’utilizzo delle ICT e dell’AI quali strumenti di attuazione dei principi fondanti dell’Unione Europea266.
La Risoluzione del Parlamento Europeo del 16 febbraio 2017 conferma la volontà delle Istituzioni Europee di indirizzare la nuova rivoluzione industriale in atto senza ostacolare l’innovazione267 ma con l’obiettivo di «preservare la dignità, l'autonomia e l'autodeterminazione degli individui»268 e, nel contempo, favorire l'industria europea fissando una propria regolamentazione che consenta all’Europa ed ai suoi Stati membri di non doversi solo adattare alle norme definite da altri Stati, quali gli Stati Uniti ed il Giappone, la cui legislazione già disciplina detti ambiti269.
Nella Risoluzione, il Parlamento considera che «l'attuale quadro giuridico dell'Unione debba essere aggiornato e integrato, se del caso, da … un quadro etico di orientamento … basato sui principi di beneficenza, non maleficenza, autonomia e giustizia, nonché sui principi sanciti all'art. 2 del Trattato sull'Unione europea e nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea – quali la dignità umana, l'uguaglianza, la giustizia e l'equità, la non discriminazione, il consenso informato, la vita privata e familiare e la protezione dei dati, così come sugli altri principi e valori alla base del diritto dell'Unione»270.
È, quindi, necessario procedere nella costruzione di un quadro giuridico europeo omogeneo, da realizzare attraverso l’individuazione di regole condivise, definite contemperando il principio di precauzione con la velocità dell’evoluzione tecnologica271.
Nel 2017, il vertice di Tallinn sul digitale e le conclusioni del Consiglio europeo indicano che l'Europa si impegna nell’investire nella digitalizzazione delle proprie economie e nel superare il divario di competenze per mantenere e rafforzare la propria competitività, la qualità della vita e il tessuto sociale272.
Tra gli interventi da attuare, «la modernizzazione delle amministrazioni e dei servizi pubblici tramite strumenti digitali è di importanza cruciale per ridurre gli oneri amministrativi a carico dell'industria e dei cittadini in generale, rendendo le loro interazioni con le autorità pubbliche più rapide, più semplici e meno costose, e aumentando l'efficienza e la qualità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese»273.
Attraverso la digitalizzazione è possibile attuare una vera e propria «rivoluzione copernicana» in ragione della quale l’Amministrazione diviene user-centric e si innova lungo tre direttrici: la reingegnerizzazione dei processi, il riutilizzo dei dati e l’interoperabilità dei sistemi. Dette direttrici devono riguardare, parallelamente, le attività di front-end, rivolte a cittadini ed imprese, e quelle di back-end, relative all’organizzazione che la singola Pubblica Amministrazione deve darsi per garantire l’erogazione dei servizi e per interagire con le altre Pubbliche Amministrazioni274.
Il tema è estremamente delicato in quanto pone in capo alle Pubbliche Amministrazioni impegni che possono apparire contrapposti: il settore pubblico è, infatti, da un lato, chiamato a modernizzarsi, informatizzando i propri procedimenti e le relazioni con i cittadini, ma, contemporaneamente, deve garantire gli interessi anche di coloro che non sono in grado di interagire secondo i canali telematici; da altro lato, però, è tenuto a tutelare i dati personali trattati nel rispetto, del principio di trasparenza; è sollecitato a migliorare le proprie performance pur restando all’interno di vincoli di bilancio spesso troppo stringenti e con risorse umane non sempre adeguatamente formate.
Le Pubbliche Amministrazioni, quindi, hanno l’arduo compito di ricercare un equilibrio ottimale tra la massimizzazione della digitalizzazione, a beneficio dell’efficienza dell’azione amministrativa e, indirettamente, del sistema economico in generale, e la concreta possibilità per tutti i cittadini di esercitare i propri diritti di conoscenza e partecipazione, indipendentemente dagli strumenti utilizzati.
La ricerca di detto equilibrio può realizzarsi attraverso le innovazioni tecnologiche contenute nelle ICT e nell’AI a condizione che, come specifica la Commissione, venga definito «un quadro normativo adeguato, prevedibile ed etico, fondato su efficaci misure di salvaguardia per la protezione dei diritti e delle libertà fondamentali»275, così da incentivare anche la fiducia dei cittadini e delle imprese verso le nuove modalità di dialogo con le Pubbliche Amministrazioni.
Il legislatore italiano si pone le stesse finalità proponendo l’adozione di una specifica normativa, da contenere in un «Codice di condotta tecnologico»276, che sancisca, ancora una volta, come i sistemi digitali debbano essere progettati, sviluppati e implementati «nel rispetto del principio di non discriminazione, dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone»277.
L’intensità con cui i cittadini e le imprese si avvalgono dei canali digitali per interagire anche con le Pubbliche Amministrazioni è direttamente proporzionale alla fiducia che nutrono verso il livello di sicurezza della rete in generale: le recentissime proposte del Digital Service Act e del Digital Market Act della Commissione, mirando a migliorare la sicurezza degli utenti online in tutta l’Unione, avranno un’influenza positiva anche sulla loro disponibilità all’utilizzo di modalità alternative al front office.
Inoltre, utilizzando le tecnologie di AI, le Pubbliche Amministrazioni possono raccogliere veri e propri flussi informativi massivi utilizzabili per analisi predittive e descrittive su cui fondare l’adozione di decisioni più efficaci278.
La maggiore efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa può stimolare i cittadini ad agire appieno il nuovo ruolo di «cittadini elettronici», ovvero di cittadini che non solo si avvalgono dei servizi digitali erogati dalle Pubbliche Amministrazioni ma partecipano attivamente alla vita democratica proprio grazie alle più numerose occasioni di conoscenza e alla pluralità di strumenti disponibili279, dando concreta attuazione al concetto di e-Governance secondo le sue tre aree di intervento e-administration, e-citizen ed e-service e e-society.
Le nuove tecnologie possono facilitare l’esercizio da parte dei cittadini tanto di diritti consolidati, quali il diritto di accesso sancito dalla L. 241 del 1990 e il diritto a conoscere (right to know), quanto di nuovi diritti, come il diritto a pretendere che la Pubblica Amministrazione utilizzi tecnologie digitali, azionabile da cittadini ed imprese ai sensi dell’art. 3 del CAD al fine del superamento del modello gerarchico di Pubblica Amministrazione impositiva a favore del modello partecipativo280.
Ma per evitare o, comunque, limitare il rischio di esclusione di fasce di popolazione poco o per nulla digitalizzate, diviene imprescindibile impostare percorsi formativi che accompagnino per tutto l’arco della vita sia le persone prive di lavoro, così da aumentarne l’occupabilità, che quelle occupate, affinché siano adeguate agli sviluppi e alle modifiche dei contesti lavorativi in cui operano e non rischino l’espulsione.
Lo stesso impegno formativo deve riguardare i dipendenti del settore pubblico così da innalzarne le competenze a vantaggio degli stessi e dei cittadini più fragili, cui deve essere fornito supporto nell’approccio alle nuove modalità di gestione della relazione.
Anche nell’affrontare le tragiche conseguenze economiche e sociali della pandemia di COVID-19, sorta all'inizio del 2020 e tuttora in corso, l’Unione Europea ha impostato e sta impostando interventi che mirano al «rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale», secondo quanto sancito dall’art. 174 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
Con il recentissimo Regolamento del 12 febbraio 2021, n. 241, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza, l’Unione si pone l’obiettivo di «fornire un sostegno finanziario efficace e significativo volto ad accelerare l'attuazione di riforme sostenibili e degli investimenti pubblici correlati negli Stati membri»281.
Il Regolamento 241 definisce la resilienza quale «capacità di affrontare gli shock economici, sociali e ambientali e/o i persistenti cambiamenti strutturali in modo equo, sostenibile e inclusivo»282 e identifica uno strumento dedicato, teso proprio a limitare il rischio che la mancanza di resilienza del singolo Stato nell’affrontare gli effetti negativi della crisi dovuta al COVID-19, oltre a comportare ricadute sullo stesso, condizioni la convergenza e la coesione dell’Unione 283.
Tra i sei pilastri284 cui devono essere riferiti gli interventi finanziabili, un ruolo di primo piano è ricoperto dalla trasformazione digitale285, che deve riguardare in primis la Pubblica Amministrazione ma anche le piccole e medie imprese ed i cittadini tutti.
Riaffermando principi già sanciti, come esposti nel presente lavoro, attraverso il Regolamento 2021/241, l’Unione afferma ancora una volta la necessità che venga accelerato il processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione per migliorarne l’efficienza e che, contemporaneamente, siano potenziati gli interventi da parte degli Stati membri per promuovere l’istruzione e le competenze, incluse quelle digitali, tanto dei giovani quanto delle persone già occupate, secondo la logica di inclusione sociale286.
La circostanza che l’art. 3 del Regolamento 2021/241 ponga la trasformazione digitale come secondo dei sei pilastri su cui si strutturano le aree destinatarie del sostegno finanziario previsto dallo stesso, dopo la transizione verde ma ad essa strettamente collegato, attesta, ancora una volta, il rilievo strategico riconosciuto dall’Unione Europea allo sviluppo della digitalizzazione.
Nel delineare il processo attraverso il quale gli Stati membri e l’Unione dialogano al fine di definire gli interventi del sostegno economico, il Regolamento elenca i criteri che la Commissione deve seguire nella valutazione dei singoli piani nazionali per la ripresa e la resilienza, ovvero i criteri di pertinenza, efficacia, efficienza e coerenza287, ed afferma come «l’effettivo contributo alla transizione verde e digitale dovrebbe rappresentare una condizione preliminare ai fini di una valutazione positiva»288.
Nello specifico, per quanto riguarda la pertinenza rispetto al pilastro della trasformazione digitale, la Commissione valuta «se il piano per la ripresa e la resilienza prevede misure che contribuiscono efficacemente alla transizione digitale o ad affrontare le sfide che conseguono da tale transizione e se tali misure rappresentano un importo pari ad almeno il 20 % della dotazione totale del piano per la ripresa e la resilienza»289.
L’eccezionalità del periodo con la conseguente necessità di porre in essere misure straordinarie e la grandissima disponibilità di risorse finanziarie messe a disposizione dall’Unione Europea rappresentano un’occasione straordinaria per gli Stati membri per indirizzare i propri sforzi verso una vera e completa trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, anche tenendo conto delle ricadute positive che detta trasformazione avrà sull’efficienza dei servizi e sulla fiducia dei cittadini che, conseguentemente, saranno ancor più incentivati ad acquisire competenze digitali.
Anche la Proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) approvata dal Consiglio dei Ministri italiano lo scorso 12 gennaio, attualmente al vaglio del Senato della Repubblica, assegna grande rilievo alla «realizzazione degli obiettivi di crescita digitale e di modernizzazione della PA»290, quale «chiave di rilancio del Sistema Paese»291, secondo tre direttrici: le infrastrutture, il personale e la semplificazione dei processi e dei procedimenti, con importanti riflessi sulle modalità di erogazione dei servizi ai cittadini292.
Per quanto riguarda le infrastrutture, la Proposta riconosce la crucialità del passaggio al cloud computing per superare l’attuale frammentarietà degli asset infrastrutturali delle ICT, mettere in sicurezza i dati di interesse strategico, e consentire a tutte le P.A. di evolvere verso l’erogazione di servizi digitali in sicurezza ed alta affidabilità293, in coerenza e continuità con i già citati Piani Triennali per l’informatica nella Pubblica Amministrazione 2017 – 2019 e 2019-2021.
La trasformazione digitale dovrà essere accompagnata da un’intensa stagione concorsuale che dovrebbe consentire di dotare le strutture pubbliche di personale adeguatamente formato ed in numero sufficiente alle esigenze cui i servizi pubblici devono rispondere.
La Proposta riprende il tema della cittadinanza digitale in quanto, affinché si possa parlare di una vera riforma digitale, la Pubblica Amministrazione non deve solo innovare le infrastrutture e modificare, in una logica di semplificazione, i procedimenti, eventualmente ricorrendo a specifiche modifiche normative, ma deve far sì che i propri interlocutori siano in grado di utilizzare dette nuove modalità di erogazione dei servizi pubblici, promuovendo l’alfabetizzazione digitale di base ed avanzata di cittadini ed imprese e sviluppando e diffondendo «piattaforme abilitanti quali: identità digitale (SPID e CIE), firma elettronica, strumenti di pagamento digitale per pubblico e privato (PagoPA, Italia Cashless community), piattaforma notifiche, ANPR, AppIO»294.
Tanto gli interventi di potenziamento degli organici delle Pubbliche Amministrazioni quanto quelli rivolti a cittadini ed imprese mettono in rilievo la crucialità ed insostituibilità del fattore umano.
Infatti, come evidenziato dalla Corte dei Conti nel parere formulato in sede di controllo, accanto agli interventi tecnici, altrettanto importanti sono tanto gli interventi sul personale, sia neo-assunto che già in forza, che dovranno «considerare anche gli aspetti motivazionali basati sullo sviluppo professionale, sul benessere organizzativo e sul senso di appartenenza, da accrescere anche mediante il coinvolgimento (…) e nella definizione e nel raggiungimento degli obiettivi istituzionali»295, quanto le azioni volte a rafforzare la fiducia dei cittadini nelle nuove tecnologie, anche attraverso garanzia di sicurezza e riservatezza della trattazione dei dati.
In conclusione, la digitalizzazione dovrà fungere da collante della coesione sociale e rafforzare il senso di comunanza di tutti, dipendenti ed interlocutori delle Pubbliche Amministrazioni.
1 M. Mancarella, La Società dell’Informazione tra egovernment e principio di sussidiarietà in Rivista Elettronica di Diritto, Economia, Management 1/2010, p.139.
2 M.A. Stefanelli, Small and Medium sized Enterprises e mercato unico digitale nella regolamentazione giuridica europea in Percorsi costituzionali 1.2018, p. 225.
3 B. Bertarini, Il quadro giuridico europeo di riferimento per il mercato unico digitale: un mercato competitivo ed innovativo in Percorsi costituzionali 1.2018, p. 242.
4 E. Maestri, Lex Informatica Diritto, Persona e Potere nell’era del cyberspazio, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2015, pp. 44-45.
5 Ministero dello Sviluppo Economico, Proposte per una Strategia italiana per l’intelligenza artificiale, 2020, p.8.
6 E. Signori, Notaio e Blockchain, in G. Alpa (a cura di), Diritto e intelligenza artificiale, 1° ediz., Pacini Giuridica, Pisa, 2020, p. 421.
7 C.M. Arpaia, P. Ferro, W. Giuzio, G. Ivaldi e D. Monacelli, L’e-Government in Italia: situazione attuale, problemi e prospettive. Banca d’Italia. Questioni di Economia e Finanza (occasional paper) 2016, p. 6.
8 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni “Il ruolo dell’eGovernment per il futuro dell’Europa” (Testo rilevante ai fini del SEE) (SEC (2003) 1038), p. 8.
9 C.M. Arpaia, P. Ferro, W. Giuzio, G. Ivaldi e D. Monacelli, op. ult. cit., p. 5.
10 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Il piano d'azione eGovernment per l'iniziativa 2010: accelerare l'eGovernment in Europa a vantaggio di tutti, COM (2006) 173 definitivo, p. 3.
11 L. Brusa, Lezioni di Economia Aziendale Giappichelli Editore, Torino, 2013, p.48.
12 I. Forgione, Open government e open data in E. Guarnaccia e M. Mancarella (a cura di), Il Codice dell’amministrazione digitale, Dike Giuridica editrice, Roma, 2018, p. 142-143.
13 C.M. Arpaia, P. Ferro, W. Giuzio, G. Ivaldi e D. Monacelli, op. ult. cit., p. 6; C. del Sordo, R. Levy Orelli, Il passaggio dai sistemi di e-government a quelli di e-governance: lo stato dell’arte nei Paesi europei in S. Gigli (a cura di), Corporate Governance, Aracne, Roma, 2012, p. 70.
14 M.L. Maddalena, La digitalizzazione della vita dell’amministrazione e del processo in Il Foro Amministrativo, 2016, 10, pp. 5-6.
15 C. del Sordo, R. Levy Orelli, Il passaggio dai sistemi di e-government a quelli di e-governance: lo stato dell’arte nei Paesi europei in S. Gigli (a cura di), Corporate Governance, Aracne, Roma, 2012, p.71.
16 I. Forgione, op. ult. cit , pp. 142-143.
17 C.M. Arpaia, P. Ferro, W. Giuzio, G. Ivaldi e D. Monacelli, op. ult. cit., p. 5.
18 C. del Sordo, R. Levy Orelli, op. ult. cit., p. 71.
19 M. Mancarella, La Società dell’Informazione tra egovernment e principio di sussidiarietà in Rivista Elettronica di Diritto, Economia, Management 1/2010, p. 147.
20 Ministero dello Sviluppo Economico, Proposte per una Strategia italiana per l’intelligenza artificiale, 2020, p. 5.
21 F. Martines, La digitalizzazione della pubblica amministrazione, in Medialaws – Rivista di diritto dei Media, 2018, n.2, p. 2.
22 Ministero dello Sviluppo Economico, op. ult. cit., p. 61.
23 M. Maggiolino, I big data e il diritto Antitrust, Egea, Milano, 2018, p. 5.
24 Ministero dello Sviluppo Economico, op. ult. cit., p. 5.
25 OECD, Recommendation of the Council on Digital Government Strategies, adottata il 15 luglio 2014.
26 OECD op. ult. cit., «RECOGNISING the need of a common vision to ensure coherence in the use of digital technologies across policy areas and levels of governments» p. 5.
27 OECD, op. ult. cit, p. 6.
28 Comunicazione della Commissione Europea, Il ruolo dell’eGovernment per il futuro dell’Europa, del 26 settembre 2003 COM (2003) 567, p. 22.
29 Comunicazione della Commissione Europea, Il piano d’azione eGovernment per l’iniziativa i2010: accelerare l’eGovernment in Europa a vantaggio di tutti del 25 aprile 2006 COM (2006) 173, p. 4.
30 Corte Giust., 27 novembre 2019, c. 402/18, Tedeschi e Consorzio Stabile Istant Service.
31 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Il piano d’azione eGovernment per l’iniziativa i2010: accelerare l’eGovernment in Europa a vantaggio di tutti” SEC (2006)511, p. 6.
32 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni Piano d’azione dell’UE per l’eGovernment 2016-2020 Accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione SWD (2016) 108 final SWD (2016) 109 final p. 2.
33 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Il piano d'azione europeo per l'eGovernment 2011-2015 Valorizzare le TIC per promuovere un'amministrazione digitale intelligente, sostenibile e innovativa COM (2010), p. 743, definitivo p. 13.
34 Comunicazione della Commissione Europea, Il piano d’azione eGovernment per l’iniziativa i2010: accelerare l’eGovernment in Europa a vantaggio di tutti, del 25 aprile 2006 COM (2006) 173.
35 Comunicazione della Commissione Europea, Il piano d’azione eGovernment per l’iniziativa i2010: accelerare l’eGovernment in Europa a vantaggio di tutti del 25 aprile 2006 COM (2006) 173, p. 4.
36 A. Contaldo, I profili europei in G. Cassano (a cura di), L’informatica per il giurista, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2019, p. 131.
37 M. Mancarella, op. ult. cit, p. 145.
38 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Il piano d’azione eGovernment per l’e-government 2011-2015: Valorizzare le TIC per promuovere un'amministrazione digitale intelligente, sostenibile e innovativa accelerare l’eGovernment in Europa a vantaggio di tutti SEC (2010) 1539 definitivo, p. 2.
39 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Un'agenda digitale europea (COM (2010)245), p. 36.
40 C.M. Arpaia, P. Ferro, W. Giuzio, G. Ivaldi, D. Monacelli, op. ult. cit., p. 6; Considerando n. 29 della Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce il programma Europa digitale 2021-2027 SEC82018) 289 final – SWD (2018) 305 final – SWD (2018) 306 final.
41 Comunicazione della Commissione europea 2020, Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, (COM (2010) 2020 definitivo), p. 11.
42 Comunicazione della Commissione europea 2020, Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, (COM (2010) 2020 definitivo).
Le altre sei iniziative “faro” sono:
– "L'Unione dell'innovazione" per migliorare le condizioni generali e l'accesso ai finanziamenti per la ricerca e l'innovazione, facendo in modo che le idee innovative si trasformino in nuovi prodotti e servizi tali da stimolare la crescita e l'occupazione.
–"Youth on the move" per migliorare l'efficienza dei sistemi di insegnamento e agevolare l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
– "Un'Europa efficiente sotto il profilo delle risorse" per contribuire a scindere la crescita economica dall'uso delle risorse, favorire il passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio, incrementare l'uso delle fonti di energia rinnovabile, modernizzare il nostro settore dei trasporti e promuovere l'efficienza energetica.
– "Una politica industriale per l'era della globalizzazione" onde migliorare il clima imprenditoriale, specialmente per le PMI, e favorire lo sviluppo di una base industriale solida e sostenibile in grado di competere su scala mondiale.
– "Un'agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro" onde modernizzare i mercati occupazionali e consentire alle persone di migliorare le proprie competenze in tutto l'arco della vita al fine di aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e di conciliare meglio l'offerta e la domanda di manodopera, anche tramite la mobilità dei lavoratori.
– La "Piattaforma europea contro la povertà" per garantire coesione sociale e territoriale in modo tale che i benefici della crescita e i posti di lavoro siano equamente distribuiti e che le persone vittime di povertà e esclusione sociale possano vivere in condizioni dignitose e partecipare attivamente alla società”.
43 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 19 maggio 2010, intitolata «Un’agenda digitale europea» COM (2010) 245 def.
44 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Il piano d’azione eGovernment pe l’e-government 2011-2015: Valorizzare le TIC per promuovere un'amministrazione digitale intelligente, sostenibile e innovativa accelerare l’eGovernment in Europa a vantaggio di tutti”.
45 OECD, op. ult. cit., p. 6.
46 B. Bertarini, Il quadro giuridico europeo di riferimento per il mercato unico digitale: un mercato competitivo ed innovativo in Percorsi costituzionali 1.2018 p. 241.
47 Comitato Economico e Sociale Europeo, Parere del Comitato economico e sociale europeo, Migliorare l’alfabetizzazione, le competenze e l’inclusione digitali del 29 ottobre 2011, p. 1.
48 B. Bertarini, La regolazione giuridica europea della digitalizzazione quale strumento di crescita in S. Dominelli e G.L. Greco (a cura di), I mercati dei servizi fra regolazione e governance, G. Giappichelli Editore, Torino, 2019, p. 101.
49 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Il piano d’azione eGovernment per l’iniziativa i2010: accelerare l’eGovernment in Europa a vantaggio di tutti” SEC (2006)511, p. 5.
50 B. Bertarini, op. ult. cit., p.102.
51 Punto 39 della Risoluzione del Parlamento europeo del 1° giugno 2017 sulla digitalizzazione dell'industria europea (2016/2271(INI)).
52 Comunicazione della Commissione Europea Strategia per il mercato unico digitale in Europa, del 6 maggio 2015 COM (2015) 192 final p. 2.
53 Comunicazione della Commissione Europea Strategia per il mercato unico digitale in Europa, del 6 maggio 2015 COM (2015) 192 final, p. 3.
54 Relazione della Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce il Programma Europa digitale per il periodo 2021-2027 SEC (2918289 final - SWD (2018) 305 final - SWD (2018) 306 final, p. 8.
55 Relazione della Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce il Programma Europa digitale per il periodo 2021-2027 SEC (2918289 final – SWD (2018) 305 final – SWD (2018) 306 final, p. 6.
56 Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce il Programma Europa digitale per il periodo 2021-2027 SEC (2918289 final – SWD (2018) 305 final – SWD (2018) 306 final, p. 8.
57 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni sulla revisione intermedia dell'attuazione della strategia per il mercato unico digitale. Un mercato unico digitale connesso per tutti. COM (2017) 228 final, p. 4.
58 Comunicazione della Commissione Al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni Una Nuova Agenda Per Le Competenze Per L'Europa. Lavorare insieme per promuovere il capitale umano, l'occupabilità e la competitività COM (2016) 381.
59 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni sulla revisione intermedia dell'attuazione della strategia per il mercato unico digitale. Un mercato unico digitale connesso per tutti. COM (2017) 228 final, p. 17.
60 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Piano d’azione dell’UE per l’eGovernment 2016-2020 Accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione” SWD (2016) 108 final SWD (2016) 109 final, p. 4.
61 Sulla traccia delle priorità fissate a livello europeo per modernizzare la Pubblica Amministrazione e favorirne l’interazione agevole con i cittadini, la «Strategia per la crescita digitale 2014-2020», adottata in Italia dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri a marzo 2015, parte proprio dall’assunto che, per accrescerne le competenze digitali, è prima di tutto necessario incentivare la domanda di servizi digitali da parte della popolazione. Parimenti l’ordinamento italiano impone che lo Stato, come riportato all’articolo 8 del Codice dell’Amministrazione digitale, promuova «iniziative volte a favorire l'alfabetizzazione informatica dei cittadini con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, anche al fine di favorire l'utilizzo dei servizi telematici delle Pubbliche Amministrazioni». Tra le successive disposizioni, rilevano: L. 9 gennaio 2004, n. 4 «Disposizioni per favorire e semplificare l'accesso degli utenti e, in particolare, delle persone con disabilità agli strumenti informatici»; Art. 1 del Decreto Crescita 2.0, D.L. 179 del 18 ottobre 2012, convertito in legge il 17 dicembre 2012, n. 221, «Lo Stato, nel rispetto del principio di leale collaborazione con le autonomie regionali, promuove lo sviluppo dell'economia e della cultura digitali, definisce le politiche di incentivo alla domanda dei servizi digitali e favorisce, tramite azioni concrete, l'alfabetizzazione e lo sviluppo delle competenze digitali con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, nonché la ricerca e l'innovazione tecnologica quali fattori essenziali di progresso e opportunità di arricchimento economico, culturale e civile….»; art. 29 della L. 11 settembre 2020, n. 120, rubricato «Disposizioni per favorire l'accesso delle persone con disabilità agli strumenti informatici e piattaforma unica nazionale informatica di targhe associate a permessi di circolazione dei titolari di contrassegni e semplificazioni in materia di esportazioni di veicoli» che oltre a prevedere misure di sostegno per l’accesso agli strumenti informatici da parte delle persone con disabilità istituisce «una piattaforma unica nazionale informatica, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nell'ambito dell'archivio nazionale dei veicoli previsto dall'articolo 226, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, per consentire la verifica delle targhe associate a permessi di circolazione dei titolari di contrassegni, rilasciati ai sensi dell'articolo 381, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, al fine di agevolare la mobilità, sull'intero territorio nazionale, delle persone titolari dei predetti contrassegni».
62 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Piano d’azione dell’UE per l’eGovernment 2016-2020 Accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione” SWD (2016) 108 final SWD (2016) 109 final, p. 7.
63 M.A. Stefanelli, Administrative Burdens e Small Business. Una pubblica amministrazione per l'impresa di dimensione minore in Federalismi, n. 3/2019 p.12; M.A. Stefanelli, Small and Medium sized Enterprises e mercato unico digitale nella regolamentazione giuridica europea in Percorsi costituzionali 1.2018, p. 234.
64 M.L. Maddalena, La digitalizzazione della vita dell’amministrazione e del processo in Il Foro Amministrativo, 2016, 10, p. 17.
65 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Piano d’azione dell’UE per l’eGovernment 2016-2020 Accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione” SWD (2016) 108 final SWD (2016) 109 final, p. 4.
66 Art. 25 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
67 Art. 26 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
68 The United Nations e-Government Survey 2018: Gearing e-Government to support transformation towards sustainable and resilient societies, p. 27.
69 Comitato Economico e Sociale Europeo, Parere del Comitato economico e sociale europeo – Un concetto socialmente sostenibile per migliorare gli standard di vita, rilanciare la crescita e l’occupazione nonché la sicurezza dei cittadini nell’era digitale, del 6 luglio 2018 (2018/C 237/01), p. 1.
70 Comunicazione della Commissione Al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni Una Nuova Agenda Per Le Competenze Per L'Europa. Lavorare insieme per promuovere il capitale umano, l'occupabilità e la competitività COM (2016) 381, p. 4.
71 Comitato Economico e Sociale Europeo, Parere del Comitato economico e sociale europeo – Un concetto socialmente sostenibile per migliorare gli standard di vita, rilanciare la crescita e l’occupazione nonché la sicurezza dei cittadini nell’era digitale, del 6 luglio 2018 (2018/C 237/01), p. 2.
72 Comitato Economico e Sociale Europeo, Parere del Comitato economico e sociale europeo – Un concetto socialmente sostenibile per migliorare gli standard di vita, rilanciare la crescita e l’occupazione nonché la sicurezza dei cittadini nell’era digitale, del 6 luglio 2018 (2018/C 237/01), p. 3.
73 F. Martines, op. ult. cit., p. 8.
74 Corte dei Conti, Referto al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano triennale per l'informatica 2017-2019 negli enti territoriali, Delibera n. 15/sezaut/2020, 6 agosto 2020 p.29 « Il punteggio assegnato a ciascuno Stato membro è la media ponderata di un insieme di indicatori che descrivono le cinque dimensioni fondamentali per la digitalizzazione dell’economia e della società: 1) Connettività 2) Capitale umano 3) Uso dei servizi internet 4) Integrazione delle tecnologie digitali 5) Servizi pubblici digitali». Il posizionamento nella classifica generale del DESI 2020 non è positivo per l’Italia che retrocede dal 23° posto del 2019 al 25° sui 28 Stati membri dell’Unione, ricollocandosi nella medesima posizione assegnatale dal DESI 2018, proprio in ragione della ancora scarsa diffusione delle competenze digitali, sia di base (42% IT, 58% nell’UE) che superiori (22% IT, 33% nell’UE), e del conseguente sottodimensionamento della domanda di servizi pubblici digitali rispetto all’attuale offerta (17%) nella fascia di età 16-74 anni, a fronte di un valore medio europeo inferiore di quasi il 50% (9%).
75 Come affermato nel Question and Answers on the EU Cohesion policy legislative package 2021-2027 disponibile al link https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/qanda_20_2381.
76 Commissione Europea, Documento di lavoro dei Servizi della Commissione. Relazione per paese relativa all'Italia 2019. Comprensiva dell'esame approfondito sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici che accompagna il documento “Semestre europeo 2019: valutazione dei progressi in materia di riforme strutturali, prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici e risultati degli esami approfonditi a norma del regolamento (UE) n. 1176/2011”, (COM(2019)) 150 final, Bruxelles, 27.2.2019 SWD(2019) 1011 final, Obiettivo 1: un'Europa più intelligente - trasformazione industriale intelligente e innovativa, p. 87.
77 (COM(2019)) 150 final, Obiettivo 2: un'Europa più verde e a basse emissioni di carbonio - transizione verso un'energia pulita ed equa, investimenti verdi e blu, economia circolare, adattamento ai cambiamenti climatici e prevenzione dei rischi, p. 88.
78 (COM(2019)) 150 final, Obiettivo 3: un'Europa più connessa - Mobilità, informazione regionale e connettività delle tecnologie della comunicazione, p. 89.
79 (COM(2019)) 150 final, Obiettivo 4: un'Europa più sociale - attuazione del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, p. 90.
80 (COM(2019)) 150 final, Obiettivo 5: un'Europa più vicina ai cittadini attraverso la promozione dello sviluppo sostenibile e integrato delle zone urbane, rurali e costiere e delle iniziative locali, p. 92.
81 Commissione Europea, Proposal for a REGULATION OF THE EUROPEAN PARLIAMENT AND OF THE COUNCIL on a Single Market For Digital Services (Digital Services Act) and amending Directive 2000/31/EC (Text with EEA relevance) {SEC(2020) 432 final} - {SWD(2020) 348 final} - {SWD(2020) 349 final, 15/12/2020.
82 Commissione Europea, Proposal for a REGULATION OF THE EUROPEAN PARLIAMENT AND OF THE COUNCIL on contestable and fair markets in the digital sector (Digital Markets Act) (Text with EEA relevance) {SEC(2020) 437 final} - {SWD(2020) 363 final} - {SWD(2020) 364 final}, 15/12/2020.
83 Parlamento Europeo, Relazione sull'atto sui servizi digitali e le questioni sollevate in materia di diritti fondamentali (2020/2022(INI)) A9-0172/2020, 1/10/2020, p. 11.
84 Digital Service Act – Questions and Answers – 4 Impact on Member States, disponibile al link https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/QANDA_20_2348.
85 Ibidem.
86 M. Mancarella, op. ult. cit., p. 141.
87 M. L. Maddalena, op. ult. cit., p. 24.
88 C.M. Arpaia, P. Ferro, W. Giuzio, G. Ivaldi, D. Monacelli, op. ult. cit., p. 21.
89 C.M. Arpaia, P. Ferro, W. Giuzio, G. Ivaldi, D. Monacelli, op. ult. cit., p. 30.
90 Corte dei Conti, Referto sull’informatica pubblica reso al Parlamento il 26 novembre 2019, p. 16; Corte dei Conti, Referto al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano triennale per l'informatica 2017-2019 negli enti territoriali, Delibera n. 15/sezaut/2020, 6 agosto 2020, p. 24.
91 Corte dei Conti, Referto sull’informatica pubblica reso al Parlamento il 26 novembre 2019, p. 20; Corte dei Conti, Referto al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano triennale per l'informatica 2017-2019 negli enti territoriali, Delibera n. 15/sezaut/2020, 6 agosto 2020, p. 25.
92 Con l’espressione «pacchetto Bassanini» si intendono: la L. n. 59 del 1997, la L. 127 del 1997 e il D.Lgs n. 112 del 1998. Per un approfondimento del contenuto del «pacchetto Bassanini» e del suo ruolo per le politiche di eGovernment si rimanda a A. Romano, L. Marasso, M. Marinazzo, Italia chiama eGovernment, Guerini e Associati, Milano, 2008, pp. 61 e ss., M. Mancarella, op. ult. cit., p. 142.
93 C.M. Arpaia, P. Ferro, W. Giuzio, G. Ivaldi, D. Monacelli, op. ult. cit., p. 34.
94 Art. 176 del D.Lgs. n. 196 del 2003.
95 La RUPA è il primo progetto di rete informatica pubblica. Rappresenta l’organizzazione delle risorse intangibili (informatiche, tecnologiche e di comunicazione) degli apparati pubblici al fine di permettere l’interoperabilità tra le diverse Amministrazioni. Pur risalendo al 1997, con l’istituzione del centro tecnico della Rete Unitaria presso l’AIPA, diviene operativa nel 2000.
96 C.M. Arpaia, P. Ferro, W. Giuzio, G. Ivaldi, D. Monacelli, op. ult. cit., p. 34.
97 S.Cassese, Audizione presso la Camera dei deputati nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle autorità indipendenti, 24 marzo 1999, disponibile alla pagina: http://leg13.camera.it/_dati/leg13/lavori/stencomm/01/indag/autorita_amministrative_indipendenti/1999/0324/s000r.htm.
98 C. Notarmuzzi, DigitPA: la terza riorganizzazione dell’informatica pubblica, in Giornale di diritto amministrativo, 2010, n. 10, p. 3.
99 D.L. n. 83 del 2012 convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”.
100 F. Cardarelli Amministrazione digitale, trasparenza e principio di legalità in Il Diritto dell'informazione e dell'informatica, 2015, n. 2, p. 234.
101 F. Cardarelli op. ult. cit., p. 235.
102 Art. 2, comma 1, Statuto dell’Agenzia per l’Italia digitale approvato con D.P.C.M. 8 gennaio 2014.
103 CONSIP (acronimo di Concessionaria Servizi Informativi Pubblici) è la centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana e il suo azionista unico è il ministero dell'Economia e delle Finanza (Mef), del quale è una società in-house. Consip nasce nel 1997 con la funzione di gestione dei servizi informatici dell'allora Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica. Il D.lgs 19 novembre 1997 n. 414 le affida le attività informatiche dell'amministrazione statale in materia finanziaria e contabile. Successivamente, si aggiunge anche l'incarico di gestire e sviluppare i servizi informatici dello stesso ministero. Oggi è la centrale degli acquisti nazionali della P.A.
104 F. Cardarelli op. ult. cit., p. 234.
105 Con il D.Lgs. n. 179 del 2016, in attuazione della delega conferita dalla L. n. 124 del 2015, la Cabina di Regia ed il Tavolo costituito nel suo ambito, sono stati soppressi.
106 M.L. Maddalena, op. ult. cit., p. 15.
107 Da menzionare, tra le modifiche precedenti ai D.Lgs. n. 179 del 2016 e n. 217 del 2017, trattate nel prosieguo e cui è dedicato anche uno specifico paragrafo, il D.L. n. 69 del 2013, c.d. «decreto del fare» convertito, con modificazioni, nella L. 98/2013, che introduce i concetti di domicilio digitale e di fascicolo sanitario elettronico, e il D.L. n. 90 del 2014, c.d. «decreto Renzi-Madia», convertito, con modificazioni, nella L. n. 114 del 2014, che, tra le altre norme, prevede una specifica sanzione per le PP.AA. che non adempiono agli obblighi loro imposti relativi alla migliore organizzazione dei servizi in rete nonché alla mancata pubblicazione sui propri siti dei dati in loro possesso e dei regolamenti che ne disciplinano l’accesso telematico.
108 Art. 14, comma 1, D.Lgs. n. 82 del 2005.
109 Ibidem.
110 Art. 14, comma 2, D.Lgs. n. 82 del 2005.
111 D. Lgs. n. 217 del 13 dicembre 2017.
112 I. Forgione, op. ult. cit., p. 154.
113 Lo Statuto dell’Agenzia per l’Italia digitale approvato con D.P.C.M. 8 gennaio 2014, all’art. 4, co. 1, lett. a) affida ad AgID una funzione di supporto nella redazione del Piano ma la L. 208/2015 (Legge di stabilità 2016), all’art. 1, co. 513, ribadisce che spetta a AgID l’elaborazione del Piano che viene, poi, approvato dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro delegato entro il 30 settembre di ogni anno.
114 P. Piselli, Public Procurement 4.0: I nuovi strumenti digitali al servizio della contrattualistica pubblica, Rivista Trimestrale degli Appalti, 2019, n. 3, p. 888.
115 P. Piselli, op. ult. cit., p. 888.
116 Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019 – 2021, p. 16.
117 P. Piselli, op. ult. cit., pp. 889-890.
119 Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2020-2022, p. 5.
120 Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2020-2022, p. 5.
121 Camera dei Deputati, Servizio Studi XVIII legislatura, La trasformazione digitale della pubblica amministrazione, 24 luglio 2020, p. 12.
122 Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019 – 2021, p. 29.
123 Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2020-2022, p. 7.
124 L. Facondini, L’innovazione tecnologica e la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione nel Decreto Cura Italia in Diritto.it, disponibile al sito https://www.diritto.it/linnovazione-tecnologica-e-la-digitalizzazione-della-pubblica-amministrazione-nel-decreto-cura-italia/.
125 P. Rausei, Luoghi di lavoro: nuovi layout e lavoro agile in Diritto e pratica del lavoro, 2020, n.34-35, p. 2092.
126 Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2020-2022, p. 61.
127 Consiglio di Stato - Adunanza della Commissione speciale del 4 ottobre 2017 n. 01654/2017.
128 B. BERTARINI Società e imprese nel mercato unico digitale: nuove prospettive di regolazione pubblica in Il Diritto dell'informazione e dell'informatica, 2018, n. 6, pp. 15 e 16.
129 Art. 2, comma 2 dello Statuto dell’Agenzia per l’Itali digitale approvato con D.P.C.M- 8 gennaio 2014.
130 F. Cardarelli op. ult. cit., p. 234.
131 art. 31 comma 1, lett. b) de D.L. n.76 del 2020, rubricato «Semplificazione dei sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni e dell'attività di coordinamento nell'attuazione della strategia digitale e in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica».
132 Corte Cost., sentenza n. 17 del 2004, quarto capoverso paragrafo 9.1.
133 Corte cost., sentenza n. 17 del 2004, terzo capoverso paragrafo 9.1.
134 Tra le altre, ad esempio, si richiama la sentenza. n. 35 del 2005 in materia di progetti di innovazione tecnologica nelle P.P.A.A. e nel Paese che possono riguardare l'organizzazione e la dotazione tecnologica delle regioni e degli enti territoriali, la sentenza n. 398 del 2006 in tema di tutela del diritto dei cittadini ad accedere ad informazioni ambientali, la sentenza n. 169 del 2007 tratta la materia del monitoraggio dei dati relativi alla realizzazione del rispetto degli adempimenti di contenimento della spesa per il personale di regioni, enti locali ed enti del S.S.N., la Corte Costituzionale con la sentenza n. 145 del 2009 si occupa delle modalità tecniche di trasmissione in via telematica dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi ed all'import/export alle regioni, infine la sentenza n. 15 del 2010 si occupa dei compiti ed il funzionamento dello “sportello unico per le imprese”, attraverso la istituzione di un procedimento amministrativo uniforme volto a consentire ai soggetti in possesso dei requisiti di legge di intraprendere l’attività economica.
Per una trattazione più approfondita della giurisprudenza costituzionale su questi temi si rinvia a F. Cardarelli, op. ult. cit., pp. 227 e ss. nonché a F. Costantino, Autonomia dell’amministrazione e innovazione digitale, Jovene, Napoli, 2012, pp. 47 e ss.
135 M. Mancarella, op. ult. cit., p. 151.
136 D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 179, «Modifiche ed integrazioni al Codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell'articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche».
137 Art. 63, comma 1 del D.Lgs. n. 179 del 2016.
138 Art. 63, comma 3 del D.Lgs. n. 179 del 2016.
139 DPCM 16 settembre 2016 di nomina del primo Commissario Dott. Diego Piacentini; DPCM 25 ottobre 2018 di nomina del secondo Commissario Straordinario Ing. Luca Attias.
140 Art. 8 del D.L. n. 135 del 2018, convertito con modificazioni dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12.
141 Art. 17 D.Lgs. n.82 del 2005, comma 1.
142 Art. 17 D.Lgs. n.82 del 2005, comma 1, lett. e).
143 Art. 17 D.Lgs. n.82 del 2005, comma 1, lett h).
144 I. Forgione, op. ult. cit., p. 166.
145 Art. 17 D.Lgs. n. 82 del 2005, comma 1, lett j-bis).
146 F. Cardarelli, op. ult. cit., pp. 227-228.
147 Art. 1, co. 1, lett. b) L. 7 agosto 2015, n. 124, Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
148 M. L. Maddalena, op. ult. cit., p. 20.
149 Art. 1, c. 1, lett. m) L. 7 agosto 2015, n. 124, Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
150 M.L. Maddalena, op. ult. cit., p. 25.
151 Definizione tratta dai Termini chiave del Regolamento (UE) n. 283/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, sugli orientamenti per le reti transeuropee nel settore dell'infrastruttura di telecomunicazioni e che abroga la decisione n. 1336/97/CE Testo rilevante ai fini del SEE che, all’art. 6, comma 7, lett. f), recita: «tecnologia ritenuta più idonea a soddisfare le esigenze della zona geografica in oggetto, tenuto conto di fattori geografici, sociali ed economici fondati su criteri obiettivi e coerenti con il principio di neutralità tecnologica». Considerando 27 Regolamento UE n. 910/2014 del 23 luglio 2014, Regolamento eIDAS (eletronic Identification Authentication and Segnature) «È opportuno che il presente regolamento sia neutrale sotto il profilo tecnologico. È auspicabile che gli effetti giuridici prodotti dal presente regolamento siano ottenibili mediante qualsiasi modalità tecnica, purché siano soddisfatti i requisiti da esso previsti».
152 Art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 82 del 2005.
153 E. Tucci, I principali “strumenti” del codice dell’amministrazione digitale in G. Cassano (a cura di), L’informatica per il giurista, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2019, p. 163.
154 Consiglio di Stato, Parere n. 785/2016 in data 23 marzo 2016 – Premesse. 1.
155 Regolamento UE n. 910/2014 del 23 luglio 2014 efficace dal 1° luglio 2016, cd. Regolamento eIDAS.
156 Art. 64, comma 2-sexies del D.Lgs. n. 82 del 2005 «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono definite le caratteristiche del sistema SPID, anche con riferimento: a) al modello architetturale e organizzativo del sistema; b) alle modalità e ai requisiti necessari per l'accreditamento dei gestori dell'identità' digitale; c) agli standard tecnologici e alle soluzioni tecniche e organizzative da adottare anche al fine di garantire l'interoperabilità delle credenziali e degli strumenti di accesso resi disponibili dai gestori dell'identità digitale nei riguardi di cittadini e imprese; (28) d) alle modalità di adesione da parte di cittadini e imprese in qualità di utenti di servizi in rete; (28) e) ai tempi e alle modalità di adozione da parte delle pubbliche amministrazioni in qualità di erogatori di servizi in rete; f) alle modalità di adesione da parte delle imprese interessate in qualità di erogatori di servizi in rete».
157 Presentazione del D.L. n. 76 del 16 luglio 2020 disponibile al link: https://innovazione.gov.it/gazzetta-ufficiale-misure-su-innovazione-digitale-nel-decreto-semplificazioni/.
158 Art. 8-bis, comma 1 del D.Lgs. n. 82 del 2005.
159 Art. 1, comma 1, lett. dd) del D.Lgs. n. 82 del 2005, “interoperabilità: caratteristica di un sistema informativo, le cui interfacce sono pubbliche e aperte, di interagire in maniera automatica con altri sistemi informativi per lo scambio di informazioni e l'erogazione di servizi”.
160 C.M. Arpaia, P. Ferro, W. Giuzio, G. Ivaldi, D. Monacelli, op. ult. cit., p. 27.
161 C.M. Arpaia, P. Ferro, W. Giuzio, G. Ivaldi, D. Monacelli, op. ult. cit., p. 28.
162 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Piano d’azione dell’UE per l’eGovernment 2016-2020 Accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione” SWD (2016) 108 final SWD (2016) 109 final, p. 4.
163 Art. 50-ter D.Lgs n. 82 del 2005, come introdotto dal D. Lgs. n. 217 del 2017.
164 Art. 50-ter D.lgs. n. 82 del 2005 come modificato dall’art. 33, co. 1, lett. b) del D.L. n. 76 del 2020.
165 Ibidem.
166 Ibidem.
167 Camera dei Deputati, Servizio Studi XVIII legislatura, La trasformazione digitale della pubblica amministrazione, 24 luglio 2020, p. 2.
168 Raccomandazione del Consiglio Europeo sul programma nazionale di riforma 2020 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2020 dell'Italia, COM(2020) 512 final del 20/05/2020, p. 10.
169 Ibidem.
170 Camera dei Deputati, Servizio Studi XVIII legislatura, La trasformazione digitale della pubblica amministrazione, 24 luglio 2020, pp. 3 e 4.
171 Considerando 34 della Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce il Programma Europa digitale per il periodo 2021-2027 SEC (2918289 final - SWD (2018) 305 final - SWD (2018) 306 final.
172 Art. 50 D.lgs. n. 82 del 2005, come modificato dall’art. 33, comma 1, lett. a), legge n. 120 del 2020.
173 Art. 32 del D.L. n. 76 del 2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 120 del 2020, introduce nel CAD l’articolo 13 bis, rubricato Codice di condotta tecnologica ed esperti, fissandone il termine per l’adozione nei 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento.
174 Art 13 bis, comma 2, D.Lgs. n. 80 del 2005.
175 Art. 13 bis, comma 5, D.Lgs. n. 80 del 2005.
176 Art. 50 D.lgs. n. 82 del 2005, come modificato dall’art. 33, comma 1, lett. a) legge n. 120 del 2020.
177 Art 13 bis, comma 5, u.p. del D.Lgs. n. 80 del 2005.
178 Art. 2 della Decisione (UE) 2015/2240 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 novembre 2015 che istituisce un Programma sulle soluzioni di interoperabilità e quadri comuni per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (programma ISA2) come mezzo per modernizzare il settore pubblico.
179 Art. 1 punto 1 lett. b) della Decisione n. 2240 del 25 novembre 2015 Decisione (UE) 2015/2240 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 novembre 2015 che istituisce un programma sulle soluzioni di interoperabilità e quadri comuni per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (programma ISA2) come mezzo per modernizzare il settore pubblico.
180 S. Sergio, L’azione amministrativa: partecipazione, trasparenza e accesso, Cacucci Editore, Bari, 2019, p. 204.
181 Memorandum for the heads of executive departments and agencies del 21 gennaio 2009 intitolato Trasparency and Open Government, con cui il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama afferma l’obiettivo che intende perseguire durante il suo mandato, ovvero la definizione di un sistema di trasparenza, pubblica partecipazione e collaborazione la cui realizzazione rafforzerà la democrazia e promuoverà efficienza ed effettività.
182 D. U. Galletta, Open Government, Open Data e azione amministrativa in Istituzioni del Federalismo, Rivista di studi giuridici e politici, n. 3/2019, p. 667.
183 OECD, Open Government. The Global Context and the Way Forward, OECD Publishing, Paris, 2016, p. 1, disponibile al link: http://dx.doi.org/10.1787/9789264268104-en. Il Rapporto generale 2016 è basato sulle risposte fornite da oltre 50 Paesi all’Indagine OCSE del 2015 su Open Government Coordination and Citizen Partecipation in the Policy Cycle.
184 D.U. Galletta, op. ult. cit., p. 669.
185 Art. 27, comma 1, punto 3) della L. 29 marzo 1983, n. 93, Legge quadro sul pubblico impiego.
186 Art. 27, comma 1, punto 9) della L. 29 marzo 1983, n. 93, Legge quadro sul pubblico impiego.
187 Art. 22, comma 2, della L. 7 agosto 1990 n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, nella sua formulazione originaria.
188 Art. 1, comma 1 della L. 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, «L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario».
189 S. Sergio, op. ult. cit., p. 203.
190 OECD, Recommendation of the Council on Open Government, OECD/LEGAL/0438, adottata il 14 dicembre 2017, paragrafo rubricato «Un Governo aperto come catalizzatore del buon Governo».
191 OECD, op. ult. cit., paragrafo rubricato «Informazioni di base».
192 OECD, op. ult. cit., paragrafo rubricato «Il fondamento logico della Raccomandazione».
193 OECD, op. ult. cit., Raccomandazione n. 7.
194 Definizione della Open Knowledge Foundation disponibile al link https://opendefinition.org/od/2.1/en/.
195 Direttiva 2003/98/CE del 17 novembre 2003, recepita nell’ordinamento italiano con il D.Lgs. 24 gennaio 2006, n. 36 «Attuazione della direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo di documenti nel settore pubblico».
196 Carta degli Open Data sottoscritta dai leader del G8 nel summit del 17 e 18 giugno 2013 a Lough Erne (Irlanda del Nord).
197 Come riportato sul sito dell’Agenzia per l’Italia Digitale al link: https://www.agid.gov.it/it/agenzia/stampa-e-comunicazione/notizie/2013/06/26/adottato-il-g8-open-data-charter.
198 Ibidem.
199 Iniziativa internazionale lanciata ufficialmente il 20 settembre 2011 da otto Paesi (Brasile, Gran Bretagna, Indonesia, Messico, Norvegia, Repubblica delle Filippine, Sudafrica e Stati Uniti), cui nel tempo se ne sono aggiunti molti altri sino a superare la settantina, che mira a ottenere impegni concreti dai Governi in termini di promozione della trasparenza, di sostegno alla partecipazione civica, di lotta alla corruzione e di diffusione, dentro e fuori le Pubbliche Amministrazioni, di nuove tecnologie a sostegno dell’innovazione. Tratto da: http://open.gov.it/open-government-partnership/come-funziona-ogp/.
200 Anche l’Italia è entrata a far parte dell’Open Government Partnership nel settembre 2011.
201 Come riportati: https://opendatacharter.net/principles/.
202 Art. 1, comma 1, lett. l-bis) del D.Lgs. n. 82 del 2005 «formato aperto: un formato di dati reso pubblico, documentato esaustivamente e neutro rispetto agli strumenti tecnologici necessari per la fruizione dei dati stessi».
203 Art. 50, comma 1, del D.Lgs. n. 82 del 2005.
204 Ibidem.
205 I. Forgione, op. ult. cit., p. 155.
206 S. Sergio, op. ult. cit., p. 208-210.
207 Art. 1, comma 1, D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, Come modificato dall’art. 2 del D.lgs 25 maggio 2016 n. 97.
208 Art. 6, comma 1, D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33.
209 Art. 7, co. 1, D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33.
210 La sua funzione fondamentale era di garantire in modo indipendente dal Governo l’ottimizzazione della produttività, l’efficienza e la trasparenza della Pubblica Amministrazione. Dopo il varo della legge n. 190 del 2012 è divenuta Autorità Nazionale Anticorruzione, un soggetto dedicato esclusivamente al compito della prevenzione e della lotta alla corruzione.
211 CIVIT, deliberazione N. 105/2010 “Linee guida per la predisposizione del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità (articolo 13, comma 6, lettera e, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150)”, paragrafo1 “Cosa si intende per trasparenza” p. 4 che richiama il testo del D. Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art. 11, comma 1. Articolo abrogato dal D.lgs. n. 33 del 2013.
212 CIVIT, op. ult. cit., p.4.
213 Ibidem.
214 CIVIT, op. ult. cit., p. 5.
215 A. Piconese, Partecipazione e piattaforme digitali: i casi decidim. Barcellona e Milano partecipa in S. Dominelli e G.L. Greco (a cura di), I mercati dei servizi fra regolazione e governance, G. Giappichelli Editore, Torino, 2019, p. 74.
216 D.U. Galletta, op. ult. cit., p. 668.
217 L. Reggi, Cos’è l’accountability, Formez PA Regione Autonoma della Sardegna - ottobre 2017 p. 3-5 disponibile al link http://focus.formez.it/sites/all/files/ud12_cosa_e_accountability.pdf.
218 OECD, op. ult. cit, punto 7.
219 S. Sergio, op. ult. cit., pp. 214-216.
220 I. Forgione, op. ult. cit., p. 149.
221 M. Falcone, Big data e pubbliche amministrazioni: nuove prospettive per la funzione conoscitiva pubblica, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 3, 2017, pp. 601 e ss.
222 M.A. Stefanelli, op. ult. cit, p. 226.
223 D. Laney, allora Vicepresidente e Service director di Meta Group, il 6 febbraio 2001 pubblicò un articolo intitolato Application Delivery Strategies in cui espose il suo modello, disponibile al link https://blogs.gartner.com/doug-laney/files/2012/01/ad949-3D-Data-Management-Controlling-Data-Volume-Velocity-and-Variety.pdf.
224 In seguito, il modello di Laney è stato arricchito da altre due caratteristiche: la veridicità e la variabilità, così che attualmente si parla di «modello delle 5 v».
225 D.U. Galletta, op. ult. cit., p. 674.
226 B. Bertarini, Il quado giuridico europeo di riferimento per il mercato unico digitale: un mercato competitivo ed innovativo? in Percorsi costituzionali 1.2018, p. 250.
227 B. Bertarini, La regolazione giuridica europea della digitalizzazione quale strumento di crescita in S. Dominelli e G.L. Greco (a cura di), I mercati dei servizi fra regolazione e governance, G. Giappichelli Editore, Torino, 2019, p.112; A. Giannacari, La storia dei Big Data tra riflessioni teoriche e primi casi applicativi in Mercato Concorrenza Regole n. 2/2017, p. 308.
228 Commissione Europea, Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council on contestable and fair markets in the digital sector (Digital Markets Act), (Text with EEA relevance) {SEC(2020) 437 final} - {SWD(2020) 363 final} - {SWD(2020) 364 final}, 15/12/2020, p. 1.
229 Commissione Europea, Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council on contestable and fair markets in the digital sector (Digital Markets Act) (Text with EEA relevance) {SEC(2020) 437 final} - {SWD(2020) 363 final} - {SWD(2020) 364 final}, 15/12/2020, p. 23.
230 D.U. Galletta, op. ult. cit., p. 676.
231 Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019 – 2021, p. 58.
232 F. Martines, op. ult. cit., p. 9.
233 Art. 68, comma 1, D.Lgs. n. 82 del 2005, «Le pubbliche amministrazioni acquisiscono programmi informatici o parti di essi nel rispetto dei principi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica, a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le seguenti soluzioni disponibili sul mercato: a) software sviluppato per conto della pubblica amministrazione; b) riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della pubblica amministrazione; c) software libero o a codice sorgente aperto; d) software fruibile in modalità cloud computing; e) software di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d'uso; f) software combinazione delle precedenti soluzioni».
234 F. Cardarelli, op. ult. cit., p. 252, nota 64; Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019-2021, pp. 35-36.
235 A. Ricci, Outsourcing e cloud computing, in F. Delfini, G. Finocchiaro (a cura di), Diritto dell’Informatica, Torino, 2014, UTET giuridica, p. 664.
236 F. Cardarelli, op. ult. cit., pp. 252-253.
237 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni del 27 settembre 2012, Sfruttare il potenziale del cloud computing in Europa {SWD(2012) 271 final}, p. 4.
238 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni del 27 settembre 2012, Sfruttare il potenziale del cloud computing in Europa {SWD(2012) 271 final}, p.5.
239 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni del 27 settembre 2012, Sfruttare il potenziale del cloud computing in Europa {SWD(2012) 271 final}, p.7.
240 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni del 27 settembre 2012, Sfruttare il potenziale del cloud computing in Europa {SWD(2012) 271 final}, p. 9.
241 Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati).
242 Considerando n. 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016.
243 Ibidem.
244 Ibidem.
245 Considerando n. 7 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016.
246 Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, abrogata a decorrere dal 25 maggio 2018 dal DGR 2016/679.
247 F. Martines, op. ult. cit., p. 9.
248 F. Cardarelli, op. ult. cit., p. 254.
249 Art. 3, comma 1, del Regolamento (UE) 2016/679. Ambito di applicazione territoriale: «Il presente regolamento si applica al trattamento dei dati personali effettuato nell'ambito delle attività di uno stabilimento da parte di un titolare del trattamento o di un responsabile del trattamento nell'Unione, indipendentemente dal fatto che il trattamento sia effettuato o meno nell'Unione”. Considerando 22) “Qualsiasi trattamento di dati personali effettuato nell'ambito delle attività di uno stabilimento di un titolare del trattamento o responsabile del trattamento nel territorio dell'Unione dovrebbe essere conforme al presente regolamento, indipendentemente dal fatto che il trattamento avvenga all'interno dell'Unione».
250 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Piano d'azione dell'UE per l'eGovernment 2016-2020. Accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione”, COM (2016), 179, 19.04.2016 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52016DC0179&from=en.
251 Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019-2021, p. 14.
252 Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019-2021, pp. 14 e 27.
253 Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019 – 2021, pp. 14 e 235.
254 Il Modello Cloud della PA è stato pubblicato a giugno 2018 sul sito www.cloud.italia.it.
255 DigitPA, Raccomandazioni e proposte sull’utilizzo del cloud computing nella Pubblica Amministrazione, 28 giugno 2012, p. 7, «il modello di servizio IaaS consiste in una infrastruttura con capacità computazionale, di memorizzazione, e di rete, sulla quale l’utente può installare ed eseguire il software a lui necessario, dal sistema operativo alle applicazioni. Nel caso di servizio di memorizzazione, invece, l’utente può richiedere uno spazio di memorizzazione per caricarvi i suoi dati e, successivamente, può aumentarlo o ridurlo a seconda delle sue esigenze».
256 DigitPA, Raccomandazioni e proposte sull’utilizzo del cloud computing nella Pubblica Amministrazione, 28 giugno 2012, p. 7, «Il modello di servizio PaaS prevede che il fornitore del servizio metta a disposizione dell’utente una interfaccia di programmazione (API) con la quale l’utente può scrivere applicazioni che interagiscono con il servizio. Le specifiche funzionalità offerte dalla API dipendono dal servizio offerto, e la loro esecuzione viene assicurata dal fornitore del servizio. Il fornitore può mettere a disposizione dell’utente anche un ambiente di sviluppo (e di testing) per le applicazioni che sfruttano le sue API».
257 DigitPA, Raccomandazioni e proposte sull’utilizzo del cloud computing nella Pubblica Amministrazione, 28 giugno 2012, p. 8, «Il modello di servizio SaaS prevede che il servizio offerto sia un'applicazione software che può essere utilizzata su richiesta. In questo caso, il fornitore del servizio installa l'applicazione nei propri data center, e fornisce agli utenti una interfaccia per utilizzarla, come ad esempio una interfaccia web. In alcuni casi, i servizi software potrebbero essere implementati dal loro fornitore usando altri servizi cloud a livello inferiore, cioè di tipo PaaS o IaaS».
258 Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019-2021, pp. 36-37 e p. 236.
259 Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019-2021, pp. 37 e ss.
260 Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2020-2022, p. 36.
261 Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2020-2022, p. 37.
262 U. Von Der Leyen, Un’Unione più ambiziosa, il mio programma per l’Europa- Orientamenti politici per la prossima Commissione europea, 2019, p. 14 disponibile al link https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/political-guidelines-next-commission_it.pdf «Le tecnologie digitali, specialmente l’intelligenza artificiale, stanno trasformando il mondo a un ritmo senza precedenti. Modificano il nostro modo di comunicare, il nostro stile di vita e i nostri metodi di lavoro. Hanno cambiato le nostre società e le nostre economie. L’Internet delle cose collega il mondo in modi nuovi: dopo i saperi e le persone, adesso sono i dispositivi e i sensori fisici ad essere connessi tra loro. Volumi enormi e crescenti di dati sono collegati costantemente».
263 Comunicazione della Commissione Europea del 25 aprile 2018, COM (2018) 237, L’intelligenza artificiale per l’Europa, 1 “i sistemi basati sull’AI possono consistere solo in software che agiscono nel mondo virtuale (per esempio assistenti vocali, software per l’analisi delle immagini, motori di ricerca, sistemi di riconoscimento vocale e facciale) oppure incorporare l’AI in dispositivi hardware (per esempio in robot avanzati, auto a guida autonoma, droni o applicazioni dell’Internet delle cose”.
264 E. Maestri, op. ult. cit., pp. 34 e 35.
265 S. Rodotà, Tecnopolitica. La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma-Bari, 2004, p. 31.
266 B. Bertarini, Il quado giuridico europeo di riferimento per il mercato unico digitale: un mercato competitivo ed innovativo? in Percorsi costituzionali 1.2018, p. 254.
267 Lettera B dell’introduzione della Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica (2015/2103(INL)) (2018/C 252/25) «considerando che l'umanità si trova ora sulla soglia di un'era nella quale robot, bot, androidi e altre manifestazioni dell'intelligenza artificiale sembrano sul punto di avviare una nuova rivoluzione industriale, suscettibile di toccare tutti gli strati sociali, rendendo imprescindibile che la legislazione ne consideri le implicazioni e le conseguenze legali ed etiche, senza ostacolare l'innovazione».
268 Lettera O dell’introduzione della Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica (2015/2103(INL)) (2018/C 252/25).
269 Lettera S dell’introduzione della Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica (2015/2103(INL)) (2018/C 252/25) «considerando che l'industria europea potrebbe trarre beneficio da un approccio efficiente, coerente e trasparente alla regolamentazione a livello dell'UE, che fornisca condizioni prevedibili e sufficientemente chiare in base alle quali le imprese possano sviluppare applicazioni e pianificare i propri modelli commerciali su scala europea, garantendo nel contempo che l'Unione e i suoi Stati membri mantengano il controllo sulle norme regolamentari da impostare e non siano costretti ad adottare e subire norme stabilite da altri, vale a dire quei paesi terzi che sono anche in prima linea nello sviluppo della robotica e dell'intelligenza artificiale».
270 Risoluzione del Parlamento Europeo del 16 febbraio 2017 recante Raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica (2015/2103(INL)), Principi etici, n. 13.
271 B. Bertarini, La regolazione giuridica europea della digitalizzazione quale strumento di crescita in S. Dominelli e G.L. Greco (a cura di), I mercati dei servizi fra regolazione e governance, G. Giappichelli Editore, Torino, 2019, p. 114; Ministero dello Sviluppo Economico, op. ult. cit., p. 61.
272 Come riportato al link http://www.consilium.europa.eu/media/21608/19-euco-final-conclusions-it.pdf.
273 Considerando n. 29 della Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce il Programma Europa digitale per il periodo 2021-2027{SEC(2018)289final}{SWD(2018)305final}{SWD(2018) 306 final}.
274 Ministero dello Sviluppo Economico, op. ult. cit., p. 62.
275 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Piano Coordinato Sull'intelligenza Artificiale, (COM (2018) 795), p. 18.
276 Art. 13 bis, comma 2 del D.lgs n. 82 del 2005, articolo introdotto dalla L. n. 120 del 2020.
277 Ibidem.
278 Ministero dello Sviluppo Economico, op. ult. cit., p. 64.
279 M. Mancarella, op. ult. cit., p. 147.
280 I. Forgione, op. ult. cit., pp. 146-148.
281 Considerando n. 8 del Regolamento (UE) 2021/241 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza.
282 Articolo 2, co. 1, n. 5) del Regolamento (UE) 2021/241 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza.
283 Considerando n. 8 del Regolamento (UE) 2021/241 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza.
284 a) transizione verde; b) trasformazione digitale; c) crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, che comprenda coesione economica, occupazione, produttività, competitività, ricerca, sviluppo e innovazione, e un mercato interno ben funzionante con PMI forti; d) coesione sociale e territoriale; e) salute e resilienza economica, sociale e istituzionale, al fine, fra l'altro, di rafforzare la capacità di risposta alle crisi e la preparazione alle crisi; e f) politiche per la prossima generazione, l’infanzia e i giovani, come l'istruzione e le competenze.
285 Considerando n. 12 del Regolamento (UE) 2021/241, «Le riforme e gli investimenti in tecnologie, infrastrutture e processi digitali aumenteranno la competitività dell'Unione a livello mondiale e contribuiranno a rendere quest'ultima più resiliente, più innovativa e meno dipendente grazie alla diversificazione delle principali catene di approvvigionamento. Le riforme e gli investimenti dovrebbero in particolare promuovere la digitalizzazione dei servizi, lo sviluppo di infrastrutture digitali e di dati, cluster e poli di innovazione digitale nonché soluzioni digitali aperte. La transizione digitale dovrebbe inoltre incentivare la digitalizzazione delle PMI. Gli investimenti in tecnologie digitali dovrebbero rispettare i principi di interoperabilità, efficienza energetica e protezione dei dati personali, consentire la partecipazione delle PMI e delle start-up e promuovere il ricorso a soluzioni open source».
286 Considerando 15 e 16 del Regolamento (UE) 2021/241.
287 Considerando 39 ed Articolo 19 del Regolamento (UE) 2021/241.
288 Considerando 42 del Regolamento (UE) 2021/241.
289 Art. 19, comma 3, lett. f) del Regolamento (UE) 2021/241.
290 Proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, p. 51.
291 Proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, p. 51.
292 Proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, p. 51.
293 Proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, p. 53.
294 Proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, p. 54.
295 Corte dei Conti, audizione nell’ambito dell’attività conoscitiva sulla Proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), p. 17.
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