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La fiscalità dannosa: significato e raccomandazioni per combatterla (Harmful taxation: meaning and recommendations to fight it)

Scritto da Emanuela Di Rauso • giu 2023

Sintesi

Il seguente lavoro affronta il tasto dolente della concorrenza fiscale dannosa, vale a dire la frode, l’elusione e l’evasione fiscale. Si ritiene opportuno fissare l’attenzione su tali argomenti anche dopo aver ascoltato il parere del consiglio europeo: Le conclusioni del Consiglio europeo del 21 luglio 2020 sul piano di ripresa per affrontare la pandemia COVID-19 e sul quadro finanziario pluriennale sottolineano la questione della solidarietà tra Stati membri per affrontare il problema della concorrenza fiscale dannosa. Più specificamente, le conclusioni stabiliscono che: “Mentre è ancora necessaria la massima vigilanza sulla situazione sanitaria, l’accento si sposta ora sulla mitigazione dei danni socio-economici. Ciò richiede uno sforzo senza precedenti e un approccio innovativo, che favorisca la convergenza, la resilienza e la trasformazione dell’Unione europea”.

Abstract

The following paper addresses the hot button of harmful tax competition, namely fraud, avoidance and tax evasion. It is considered appropriate to fix attention on these topics even after hearing the opinion of the European Council: it is considered appropriate to fix attention on these issues even after hearing the opinion of the European Council: The July 21, 2020 European Council conclusions on the recovery plan to address the COVID-19 pandemic and the multi-year financial framework emphasize the issue of solidarity among member states to address harmful tax competition More specifically, the conclusions state: “While utmost vigilance on the health situation is still required, the emphasis now shifts to the mitigation of socio-economic harms. This requires an unprecedented effort and an innovative approach that fosters convergence, resilience and transformation of the European Union.”.

Contenuto

1. Introduzione

La spesa di bilancio storica sostenuta dal piano di ripresa e il rischio di economie divergenti all’interno dell’UE richiedono uno “sforzo senza precedenti” per dimostrare la solidarietà europea. Ciò comporta la lotta contro la concorrenza fiscale dannosa. Tale concorrenza non è un fattore di potere. Al contrario, distorce la vera concorrenza tra le imprese, in particolare tra le multinazionali e le altre imprese nel mercato interno dell’UE. Se in Europa esiste un “mondo post-COVID”, la concorrenza fiscale dannosa non è più un’opzione praticabile. Il lavoro propone anche delle possibili soluzioni sia a livello nazionale che internazionale1 per le lotte alla fiscalità dannosa. L’evasione, l’elusione e la frode fiscale sono concetti strettamente correlati che vengono spesso utilizzati in modo intercambiabile. Gli autori dei libri di testo non sempre danno loro la stessa definizione, soprattutto per quanto riguarda per quanto riguarda l’evasione fiscale, che è il concetto più confuso. L’evasione fiscale deriva dall’elusione e dalla frode fiscale. Il Conseil des prélèvements obligatoires (definisce l’evasione fiscale come “l’insieme dei comportamenti del contribuente volti a ridurre l’importo dei tributi normalmente dovuti dal contribuente”. Se utilizza mezzi legali, l’evasione fiscale rientra nella categoria dell’elusione fiscale. Al contrario, se utilizza tecniche illegali o nasconde la reale portata dei propri interessi, l’evasione è assimilabile alla frode”. Questi confini confusi nella definizione hanno portato il Cours des Comptes (l’istituzione superiore di controllo francese) a sviluppare quattro idee chiave nel suo ultimo rapporto sulle frodi pubblicato nel novembre 2019. Le quattro idee si concentrano sull’elusione del prelievo fiscale:

- l’ottimizzazione fiscale, che si riferisce al fatto che un contribuente sceglie, tra le possibilità offerte dalla legge, quella che tra le possibilità offerte dalla legge, quella che sembra essere la meno costosa, il che significa che il suo comportamento è lecito;

- l’evasione fiscale, che si riferisce a tutte le operazioni volte a ridurre l’importo dei tributi normalmente dovuti dal contribuente, la cui regolarità è incerta;

- irregolarità fiscali, che comprendono tutti i comportamenti, intenzionali o meno, in buona o cattiva fede, che riducono l’importo del prelievo obbligatorio; in alcuni casi, le irregolarità sono errori commessi dal contribuente e, in altri, costituiscono comportamenti fraudolenti.

- frode fiscale, come indicato nell’articolo 1741 del Codice Generale delle Imposte francese, che implica una violazione deliberata e consapevole delle norme in vigore. La concorrenza fiscale dannosa è un concetto relativamente nuovo. L’espressione è diventata di uso comune nel rapporto dell’OCSE intitolato “Harmful tax competition, an emerging global issue” (Concorrenza fiscale dannosa, un problema globale emergente), pubblicato il 19 maggio 1998. Il rapporto era stato commissionato dai Ministri delle Finanze dell’OCSE nel maggio 1996 e approvato dal Vertice G7 di Lione del 1996. Il rapporto sottolinea che la globalizzazione ha creato un nuovo ambiente che può favorire pratiche fiscali volte ad attrarre investimenti esteri a scapito dei Paesi concorrenti, distorcendo il commercio ed erodendo le basi imponibili. Il rapporto distingue due tipi di concorrenza fiscale dannosa: i paradisi fiscali e i regimi fiscali preferenziali dannosi. L’OCSE ha sviluppato quattro criteri per identificare un paradiso fiscale:

- assenza di imposte o imposte solo nominali

- mancanza di trasparenza2 nei regimi fiscali;

- legislazione che impedisce lo scambio di informazioni con altri governi;

- tolleranza di società di comodo con attività fittizie.

Le politiche fiscali dannose avvengono con la presenza di aliquote troppo basse da parte degli stati o addirittura assenti. Però per i governi privati del controllo sulla politica monetaria e sui tassi di cambio, la tassazione rimane l’unico strumento direttamente accessibile per aumentare l’attrattiva del paese., anche se la maggior parte degli Stati membri è più tentato ad utilizzare la tassazione come strumento al fine economico e non di controllo. Ogni stato membro ha un diverso livello di politica fiscale dannosa e quindi difficile andare cercare di dare una definizione univoca di politica fiscale dannosa. Poiché varia da stato a stato.


1.1. Metodologia, Criterio di Ricerca, Fonti e domanda di ricerca

La metodologia utilizzata per il seguente lavoro è la revisione sistemica della letteratura, prendendo in considerazione le fonti dall’anno 2020 ad oggi. Le banche date utilizzate sono: Juris, Researchgate, Scopus, Google Scholar. Inoltre, sono state prese in considerazione molti testi presenti presso la biblioteca dell’Università degli Studi della Campania ‘‘Luigi Vanvitelli’’. Le parole chiave di ricerca sono state: - Fiscalità dannosa - Gettito fiscale - Evasione - Elusione e frode. La revisione sistemica della letteratura è stata svolta in questo modo:

1) Raccolta degli articoli attraverso le banche dati;

2) Attenta analisi degli articoli;

3) Messa in evidenza tutte le componenti che forniscono una panoramica chiara per poter rispondere in modo esaustivo alle domande di ricerca poste nel corso del seguente lavoro. Le domande di ricerca poste sono le seguenti:

1) Come e quando l’armonizzazione fiscale può essere utilizzata come strumento per ridurre le perdite di gettito fiscale?

2) In che modo si potrebbe combattere l’evasione e l’elusione nel mondo sia dal punto di vista fiscale che economico?

Il lavoro attraverso una revisione anche dei trattati applicati dal 2020 ad oggi cerca di rispondere alle seguenti domande di ricerca e cerca inoltre di offrire importanti “possibili soluzioni” per ridurre le perdite di gettito fiscale e per combattere i disaccordi tra gli Stati Membri inerenti alle politiche di tassazione (basse o più alte), perché si è ampiamente capito che le perdite di gettito per alcuni stati membri derivano dalla tassazione molto bassa applicata da altri e questo sviluppa nelle Imprese internazionali il crescere del fenomeno dell’elusione fiscale.


1.2. L’impatto della globalizzazione sui processi produttivi

La globalizzazione ha portato alla frammentazione e alla dispersione geografica dei processi produttivi. Se per secoli l’origine di un prodotto e la sua provenienza erano identiche, in quanto i prodotti erano interamente fabbricati in un unico Paese identici, in quanto le merci erano interamente prodotte in un unico Paese, oggi la vera origine di un prodotto – che determina la legislazione doganale applicabile – è sempre più difficile da determinare. A tal proposito si è disperso anche il senso di dove dovrebbe avvenire la tassazione, secondo le statistiche infatti la tassazione delle imprese multinazionali avviene negli stati a bassa tassazione, perché la base3 imponibile viene appunto trasferita lì. La rivoluzione digitale accelera l’impatto della globalizzazione. Facilita la dispersione geografica dei processi produttivi e rende sempre più difficile legare la produzione di valore aggiunto a un territorio.

Secondo le statistiche del Bureau of Economic Analysis degli Stati Uniti, quasi il 60% dei profitti delle multinazionali americane al di fuori degli Stati Uniti (USA) sono dichiarati in Paesi a bassa tassazione, in particolare Irlanda e Bermuda. La perdita di gettito fiscale dovuta all’applicazione della fiscalità aggressiva adottata da alcuni paesi è difficile da quantificare. Ci si pone in particolare una domanda: Il denaro derivanti dagli aiuti statali possono far recuperare punti in termini di entrate finanziarie ai paesi a con politica fiscale aggressiva?

La risposta è cambiata da Stato a Stato.

- L’Irlanda ad esempio ha beneficiato di ingenti fondi strutturali, che hanno compensato le perdite di dalla sua politica di attrazione fiscale nell’imposta sulle società.

- I 10 nuovi Stati membri che competono in modo aggressivo in materia di tasse4 e previdenza sociale nel tentativo di recuperare il ritardo in termini economici rispetto a sociale nel tentativo di recuperare il ritardo economico rispetto ai vecchi Stati membri dell’UE.

- La Grecia, la cui politica e amministrazione fiscale ha contribuito al deficit di bilancio e al debito, che ha richiesto la necessità di una solidarietà europea.

I dibattiti e le varie esperienze non hanno però portato ad una risposta precisa. È praticamente impossibile valutare con precisione la perdita di gettito fiscale degli Stati membri a causa della concorrenza fiscale dannosa. Esse derivano dall’uso di tecniche di elusione fiscale legali, ma anche di frodi illegali. frodi illegali. Il Parlamento europeo (PE) ha osservato “che diverse valutazioni “hanno cercato di quantificare l’entità delle perdite” dovute a frode fiscale, evasione fiscale e pianificazione fiscale aggressiva;5 ma nessuna di queste fornisce da sola un quadro sufficientemente ampio a causa della natura dei dati o della loro mancanza. Il professor Richard Murphy, specialista fiscale della City University di Londra, ha pubblicato un nuovo studio il 23 gennaio 2019, in questo studia in linea generica afferma che: “Le perdite derivanti del gettito fiscale derivante da politiche aggressive ammontano a 14 miliardi di euro”, è un numero non preciso ma già alto utile dunque alla comprensione di come i trasferimenti ai paesi a bassa fiscalità causano perdite in uno stato membro a fiscalità meno privilegiata. L’indagine prima elencata è stata prodotta nei seguenti stati membri: Malta, Belgio, paesi bassi, Cipro, Irlanda e Lussemburgo. Le sanzioni europee emesse a tal riguardo sono 2:

- La prima favorisce le imprese straniere che vendono nel mercato Interno (esse possono pagare fino al 30 per cento in meno in termini di tassazione).

- La seconda favorisce le imprese europee a scapito di quelle degli Stati membri che non praticano6 la concorrenza sleale.

Questa differenza tra le due sentenze anche incide negativamente sul mercato Unico in termini di gettito.

Lo scopo della ricerca, sarebbe quello di individuare i regimi fiscali dannosi ma risultano di difficile individuazione. Questo spiega perché a seguito di una riunione informale del Consiglio Ecofin a Verona, il 9 marzo 1998, è stato creato un gruppo “Codice di condotta” (tassazione delle imprese). Il gruppo era guidato da Dawn Primarolo, Paymaster General del Regno Unito, con il compito di valutare le misure fiscali che possono rientrare nell’ambito del Codice di Condotta per la tassazione delle imprese. Dopo aver studiato 271 regimi fiscali potenzialmente dannosi selezionati dalla CE, questo gruppo ha identificato 66 misure fiscali dannose (40 negli Stati membri dell’UE, 3 a Gibilterra e 23 nei territori dipendenti o associati). Il rapporto del gruppo, pubblicato nel 1999, rilevava che cinque paesi avevano 51 dei 66 regimi fiscali considerati “dannosi”: Belgio, Irlanda, Lussemburgo, Regno Unito e Paesi Bassi. Il primo problema di elusione fiscale è l’erosione della base imponibile delle imprese.

Esistono tre modi che si intendono come “Erosione della base imponibile”:

- La prima tecnica di erosione della base imponibile consiste nel far leva sulle transazioni infragruppo per localizzare le spese massime deducibili in un Paese ad alta tassazione, in modo da ridurre o addirittura eliminare i profitti soggetti all’imposta sulle società.7 Le transazioni possono riguardare prodotti, servizi o beni materiali e immateriali. Tali transazioni passano inosservate sui mercati. Sono condotte tra società dello stesso gruppo. Questa tecnica è ampiamente utilizzata nei settori del digitale e della vendita al dettaglio. McDonald’s e Starbucks ne sono un esempio.

- La seconda tecnica di erosione della base imponibile riguarda il debito societario. Poiché gli interessi sui prestiti sono generalmente deducibili dall’imposta sulle società, la strategia di un gruppo sarà quella di far assumere il debito alle società situate in paesi ad alta tassazione. In questo modo si massimizzano i profitti.

- La terza tecnica di erosione della base imponibile riguarda l’ambito di consolidamento dei gruppi. Si tratta di cambiare il ruolo delle società che compongono i gruppi per beneficiare dei sistemi fiscali nazionali degli Stati membri in cui il gruppo ha sede. Questa tecnica è utilizzata, ad esempio, da ARCELOR MITTAL, ad esempio. Il risultato: le società che realizzano prodotti possono essere trasformate in semplici trasformate in semplici società di rappresentanza. I paradisi fiscali sono apparsi per la prima volta negli Stati Uniti nel XIX secolo. Si tratta di territori in cui sono territori in cui le tasse sono applicate a un’aliquota inferiore rispetto agli altri Paesi. Il fenomeno dei “paradisi fiscali” non è nuovo. L’uso del termine è apparso già nel Medioevo, designando città che ospitavano i porti mercantili tra le città anseatiche. Queste ultime hanno gradualmente acquisito molti privilegi, soprattutto in materia di tassazione, l’attrattiva è quella di beneficiare di un’imposizione fiscale più elevata nel Paese d’origine. Il fenomeno si è molto diffuso in Francia, tale che essa ha istituito una “Unità di regolarizzazione” per il fenomeno della frode. Gabriel Zucman, professore di economia presso l’Università di Berkeley, stima che l’ammontare dei patrimoni individuali detenuti nei paradisi fiscali di beni individuali detenuti nei paradisi fiscali ammonti all’8% delle risorse finanziarie mondiali, l’OCSE ha identificato 35 territori paradiso fiscale nel giugno 2000. Molti di essi dipendono da Paesi dell’UE, mentre Paesi Bassi e il Regno Unito sono quindi doppiamente soggetti a Frode. Come strategia per combattere il fenomeno dei paradisi fiscali nel giugno 2015, la CE ha stilato un primo elenco paneuropeo di paradisi fiscali.8

In questo elenco rientravano i seguenti paesi:

- Figi (Oceania);

- Guam (Oceania, territorio statunitense);

- Isole Cayman (Caraibi, territorio del Regno Unito);

- Isole Vergini americane (Caraibi, territorio statunitense);

- Oman (penisola arabica);

- Palau (Oceania);

- Panama (America centrale);

- Samoa (Oceania);

- Samoa americane (Oceania, territorio statunitense);

- Seychelles (Oceano Indiano);

- Trinidad e Tobago (Caraibi);

- Vanuatu (Oceania).

La CE sostiene però che i Paesi elencati si sono rifiutati di avviare discussioni con l’UE o di affrontare le loro carenze in materia di governance fiscale. Anche se le e ONG e il Parlamento europeo hanno contestato gli elenchi ufficiali che identificano i paradisi fiscali. La frode costituisce una pratica dannosa anche dal punto di vista della concorrenza.9 Le aziende che praticano la frode beneficiano di vantaggi competitivi massicci e illegali. La CE è particolarmente preoccupata per le frodi in materia di IVA, un’imposta armonizzata con regole di soglia per le sue aliquote, a causa della sua portata. Il suo ultimo rapporto stima una differenza del 11 per cento in termini di perdita di gettito fiscale (tra l’IVA effettivamente riscossa e l’IVA dichiarata). In particolare le perdite di gettito fiscale ai fini IVA si hanno quando i beni attraversano le frontiere (Operazioni transfrontaliere).


1.3. Politiche di attrazione delle sedi di società

Diversi paesi Europei praticano politiche di attrazione diverse per attrarre le sedi centrali delle loro società (holding) nei loro Stati membri. Queste politiche di attrazione molto spesso illegali, fanno sì che lo stato membro ospita una holding o una sede centrale d’impresa. Quest’ultimo poi avrà tutti i benefici e tutto il prestigio derivante dall’ospitalità di un’impresa in un dato stato membro.

Il Lussemburgo ad esempio utilizza la “Tax Ruling”. Per Tax Ruling si intende la possibilità concessa all’impresa che apre la sua sede centrale in Lussemburgo di adattare la sua tassazione alle sue esigenze di reddito. Questo rappresenta una politica di attrattiva, attira le imprese ad aprire la loro sede centrale a Lussemburgo (stato che si adatta in un certo senso alle esigenze dell’Impresa).

Molti Stati membri10 addirittura combinano tassazioni agevolate di più paesi per garantire alle imprese una tassazione agevolata e favorire l’apertura delle sedi principali nei loro Stati membri. È il caso dell’Olanda con il Double Irish e con il sandwich olandese. Attraverso questa pratica si combinano le tassazioni dei diversi stati in particolare le diverse agevolazioni per garantire alle imprese un’agevolazione ai fini imprenditoriali. In questo caso si combinano le tassazioni dei Paesi Bassi, Irlanda e Bermuda). Questo mix crea agevolazioni fiscali Illegali, il G7 e l’OCSE hanno cercato e stanno cercando di evitare ogni pratica di evasione, elusione e frode.

1.4. L’armonizzazione fiscale come strumento per ridurre l’elusione, l’evasione e la frode

L’armonizzazione fiscale può essere utilizzata come strumento per prevenire la concorrenza fiscale dannosa. Gli Stati membri non sarebbero più in grado di attuare politiche che rendono i loro sistemi fiscali più attraenti. La tariffa esterna comune nel diritto doganale è un ottimo esempio. Anche se è ampiamente dimostrato che quando l’armonizzazione è costituita da requisiti minimi per regolarizzare questi scambi non riesce a garantire il pieno rispetto della non frode. Le sentenze per regolarizzare la tassazione internazionale e quindi (l’evitare di verificarsi della frode) sono state affidate ai tribunali europei.11 Una in particolare, che riguarda la tassazione delle plusvalenze e delle fusioni. Ad oggi le plusvalenze e le fusioni, grazie alle sentenze dei tribunali europei vengono tassati solo ed esclusivamente se si verificano. La concorrenza dannosa in materia di tassazione delle società è duplice. Può concentrarsi sulle basi imponibili o sulle aliquote fiscali. La CE si è preoccupata di preparare tale concorrenza già nel 1962, quando è stato pubblicato il rapporto Neumark. Da allora, diversi rapporti hanno suggerito di approssimare le aliquote fiscali aliquote fiscali all’interno di un intervallo senza la necessità di grandi modifiche legislative. Ma la crisi finanziaria nel 2008 ha messo a dura prova questa considerazione poiché i disavanzi pubblici erano nettamente superiori al solito quindi si sentiva sempre più la necessità di avere delle norme legislative a tal proposito. Tra il 2013 e il 2018 con l’arrivo della Tassa Digitale messa dalla Francia e con il rapporto Adressing Vase Erosion e Profit shifting si è cercato di trovare un’armonizzazione delle varie tassazioni tra cui degli utili e delle plusvalenze. Nel 1997, il Consiglio ECOFIN ha adottato un Codice di condotta per la tassazione delle imprese. Il Codice stabilisce che “gli Stati membri hanno concordato di eliminare le misure fiscali esistenti che costituiscono una concorrenza fiscale dannosa [e] di astenersi dall’introdurre nuove misure di questo tipo in futuro”. Nel 2006, il Lussemburgo è stato citato in giudizio per aver sostenuto una misura discriminatoria nei confronti dei paesi stranieri nota come “regime di Holding 1929”. In sostanza, quindi, questa fase di eliminazione ha avuto successo. Tuttavia, ciò non toglie che la creatività impiegata nella concorrenza fiscale dannosa. Essa richiede un monitoraggio costante. Alla luce degli ostacoli che limitano la possibilità di armonizzare12 l’imposizione diretta e di sviluppare ulteriormente il Codice di Condotta, l’UE ha dato priorità alla politica fiscale, alla cooperazione amministrativa e alla trasparenza fiscale. Nel 2015 l’UE ha tentato di integrare la Direttiva 2011/16/UE del Consiglio del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa e alla trasparenza fiscale, l’UE ha avviato uno scambio automatico di informazioni in materia fiscale tra le amministrazioni nazionali. Questa iniziativa fa parte del lavoro dell’OCSE sullo scambio di informazioni. In questo contesto, gli Stati membri hanno adottato una serie di atti legislativi volti a:

- aumentare la trasparenza fiscale: cinque direttive che modificano la direttiva del 2011 hanno sviluppare uno scambio automatico di informazioni tra le amministrazioni fiscali dell’UE;

- combattere gli abusi fiscali attraverso due direttive anti-elusione fiscale (ATAD).


1.5. La disciplina degli aiuti di stato

Un altro tassello importante, riguarda gli AIUTI DI STATO. La CE ha utilizzato il diritto degli aiuti di Stato fin dai primi anni 2000 per combattere la concorrenza fiscale dannosa tra gli Stati membri. I tribunali dell’Unione Europea hanno risolto i dibattiti sulla possibilità di utilizzare gli articoli 107-109 del TFUE in materia fiscale: “non vi è alcuna ragione per cui una materia specifica come la fiscalità debba sfuggire al divieto generale di aiuti di Stato non autorizzati, purché non sia prevista una deroga specifica”. La CE ha condotto un audit sulle agevolazioni fiscali “selettive” ai sensi dell’articolo 107 del TFUE. Sulla base dell’articolo 108 del TFUE, la CE esamina, in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea13 (CGUE), la compatibilità degli aiuti esistenti e nuovi con il corretto funzionamento del mercato interno. Per quanto riguarda gli aiuti di Stato di natura fiscale, i tribunali dell’UE (Tribunale e CGUE) valutano la selettività della misura. Una misura fiscale è classificata come selettiva e costituisce un aiuto di Stato se non può andare a beneficio di tutti gli operatori economici. Anche se tutti gli operatori si trovano in una situazione analoga, l’aiuto va a beneficio solo di uno di essi. In pratica, i tribunali “confronteranno la situazione del beneficiario risultante dall’applicazione della misura in questione con quella del beneficiario in assenza della misura in questione e in applicazione delle normali regole di tassazione”.


2. Utopia fiscale a breve / medio termine: "Potenziali soluzioni future, dettate dal Processo decisionale della TFUE"

La rigidità del Diritto tributario europeo, che blocca qualsiasi sviluppo legislativo, è dovuta a due ragioni principali. La prima riguarda: Il monopolio dell’iniziativa legislativa della CE, basata sulla regola dell’unanimità. Una legge viene messa sul tavolo dei negoziati solo se la CE ne è pienamente convinta. La seconda riguarda ciò: seppure si riesce ad ottenere la maggioranza assoluta nella CE comunque ciò non negherebbe il fatto che la concorrenza fiscale sleale14 non riuscirebbe a bloccare le maggioranze. A tal proposito nel gennaio 2019 la CE ha proposto ha proposto una tabella di marcia in quattro fasi per garantire il voto a maggioranza specificata in seno al Consiglio senza modificare i trattati e concordando sulle modalità di attuazione delle sue disposizioni. Le prime due fasi sono destinate ad essere rapidamente, mentre le ultime due saranno pronte entro la fine del 2025.

Le fasi:

- La prima fase prevede il passaggio a un processo decisionale basato su un voto a maggioranza specifica per le misure di contrasto alle pratiche fiscali abusive. (Maggioranza per le misure volte a contrastare le pratiche fiscali abusive);

- La seconda fase introdurrebbe il voto a maggioranza specificata, accelerando le misure che accelerano i casi in cui la tassazione sostiene altri obiettivi politici, come la lotta al cambiamento climatico.

- La terza fase crea le condizioni per il voto a maggioranza specificata per modernizzare le norme UE già armonizzate.

- infine, la quarta fase mira a utilizzare il voto a maggioranza specificata per le iniziative fiscali su larga scala. Si tratta della base imponibile consolidata comune per le società (CCCTB) e di un nuovo sistema di tassazione per l’economia digitale.15

Diversi grandi Paesi dell’UE hanno accolto con favore l’idea di una transizione graduale. Al contrario, i Paesi nordici e dell’Europa orientale, insieme a Irlanda e Portogallo, si sono opposti alla tabella di marcia prevista. Questa strada sembra definitivamente chiusa, o almeno nel breve-medio termine. Rimane un’idea molto utopica.

In caso di mancato accordo unanime tra gli Stati membri, i trattati possono ricorrere alla procedura di cooperazione rafforzata. Essa deve essere approvata da un gruppo di almeno sei Stati membri, sulla base di una proposta della Commissione relativa a settori che rientrano nel quadro di un trattato, può essere utilizzata solo nell’ambito delle competenze non esclusive dell’UE. Deve inoltre rispettare le competenze, diritti e obblighi degli Stati membri non partecipanti. Infine, tale cooperazione non deve pregiudicare il mercato interno o la coesione economica, sociale e territoriale. Allo stato attuale, tuttavia, l’unico tentativo di utilizzare questa procedura in materia fiscale, la tassa sulle transazioni finanziarie, è fallito.


2.1. Soluzioni per combattere l’evasione, l’elusione e la frode fiscale nel mondo

Sia gli economisti e sia i fiscalisti si sono mostrati preoccupati per la lotta all’evasione, elusione e frode fiscale delle imprese internazionali. Il 21 dicembre 2016 è stata proposta una bozza di risoluzione europea che adotta le raccomandazioni del Consiglio Economico, Sociale e Ambientale francese (ESEC): “Seguendo l’esempio della COP ambientale, che dal 1992 (Conferenza di Rio) ha permesso di discutere con tutti gli Stati del mondo sulle questioni relative al riscaldamento globale e di adottare una serie di misure. Una serie di misure, l’ESEC raccomanda l’organizzazione di una conferenza degli Stati sulla lotta all’evasione fiscale”. Gli economisti hanno proposto misure su scala globale.16 Per esempio, Thomas Piketty ha proposto un’imposta sul patrimonio e un sistema di tassazione delle imprese a livello sovranazionale. D’altra parte, Gabriel Zucman si è mostrato più preoccupato per il mantenimento della sovranità fiscale degli Stati attraverso la creando valori catastali finanziari globali. Il nuovo articolo 116 del TFUE non è mai stato utilizzato prima. Secondo la procedura legislativa ordinaria procedura legislativa ordinaria, il TFUE adotta direttive per eliminare le distorsioni della concorrenza dovute alle disparità esistenti tra le norme degli Stati membri, se la distorsione non può essere eliminata attraverso la consultazione degli Stati membri. Da un punto di vista giuridico, l’articolo 116 è confuso. Tuttavia, non esclude espressamente la tassazione. C’è spazio per l’applicazione, poiché la tassazione ha un impatto significativo sul funzionamento del mercato interno. mercato interno. Eppure, nonostante le ripetute richieste del Parlamento europeo, la Commissione europea ha CE ha finora considerato questa procedura poco chiara e difficile da attuare. Questa posizione dovrebbe essere rivista. Se necessario, la CGUE dovrebbe delineare in maniera specifica le condizioni per l’utilizzo di questa procedura.


2.2. Possibile soluzione: Approccio basato sulla distorsione della concorrenza

Questo approccio17 è il più in linea con gli interessi europei e dovrebbe essere sviluppato a condizione che non richieda decisioni all’unanimità. Come soluzione, è fondamentale per due motivi. Primo, le pratiche fiscali dannose nascondono violazioni della solidarietà tra gli Stati membri. In secondo luogo, tali pratiche occultano importanti distorsioni della concorrenza tra le imprese che operano nel mercato interno. Vale la pena di esplorare diverse soluzioni:

- Bisognerebbe che la CE EMETTESSE una relazione annuale sulle politiche fiscali dell’UE, che produce un’analisi nel contesto18 del semestre europeo e sostiene le priorità di politica fiscale della Commissione e sostiene le priorità di politica fiscale dell’analisi annuale della crescita della CE. La relazione 2020 comprende un capitolo dedicato alla concorrenza fiscale. A questo proposito, incorporare le pratiche per contrastare la concorrenza dannosa nella procedura del semestre europeo.

- Una revisione degli ostacoli all’utilizzo delle norme sugli aiuti di Stato, sulla base della giurisprudenza emergente in materia.

- Lo sviluppo di nuove ricerche da parte della Direzione Generale della Concorrenza della Commissione europea sugli aiuti di Stato. Inoltre, la stesura di una relazione annuale19 specifica inviata alle altre istituzioni della piazza istituzionale CE/UE.

- Nel corso della revisione dell’accordo sul quadro finanziario pluriennale, del piano di stimolo e del Parlamento europeo dovrebbe suggerire ai gruppi politici di inserire una condizionalità. Quest’ultima dovrebbe concentrarsi sull’eliminazione dei regimi e delle pratiche fiscali più dannosi per regimi e pratiche fiscali più dannosi per poter beneficiare dei fondi strutturali o dei rimborsi dai contributi al finanziamento del bilancio. Le conclusioni del Consiglio d’Europa del 21 luglio 2020, che presentano il piano di ripresa che affronta gli effetti della crisi di Covid-19, sono state approvate dal Consiglio d’Europa.20 Gli effetti della crisi di Covid-19 e il quadro finanziario pluriennale adottato dai capi di Stato e di governo, sottolinea capi di Stato e di governo, sottolinea le sfide in termini di solidarietà che gli Stati membri dell’UE devono affrontare. Stati membri dell’UE. In particolare, è stato osservato che: “Sebbene sia ancora necessaria la massima vigilanza sulla situazione sanitaria, l’attenzione si sta ora spostando sulla mitigazione dei danni socio-economici. Ciò richiede uno sforzo senza precedenti e un approccio innovativo, che favorisca la convergenza, resilienza e trasformazione nell’Unione europea”.


2.3. Perturbazioni economiche causate dalla concorrenza fiscale dannosa. L’approccio dell’OCSE

Il ragionamento dell’OCSE sugli effetti dannosi della concorrenza fiscale parte dalla descrizione degli effetti della globalizzazione sulla mobilità dei capitali. La globalizzazione ha aperto le economie ai flussi di capitale transfrontalieri con un effetto positivo sul benessere globale, ma ha anche fornito un margine di manovra per la deviazione dei capitali mobili sia da parte dei governi che dei contribuenti. L’introduzione di politiche fiscali preferenziali da parte del settore pubblico21 e l’utilizzo dell’elusione fiscale da parte del settore privato, secondo l’OCSE, possono provocare distorsioni negli scambi e negli investimenti che, a lungo andare, possono alterare le strutture fiscali dei Paesi e renderle quasi inefficienti. In previsione di tali ripercussioni o effetti di spillover, gli Stati possono essere costretti ad agire unilateralmente invece che in modo cooperativo, cioè in contrasto con il risultato ottimale di massimizzazione del benessere globale.

Inoltre, i contribuenti che beneficiano della spesa pubblica nei loro Stati di residenza possono fare il free ride riducendo i loro obblighi fiscali attraverso il trasferimento dei profitti verso i paradisi fiscali. il trasferimento dei profitti da Paesi terzi che producono beni pubblici generali sono considerati “free riders” di tali beni. Tuttavia, l’OCSE ha riconosciuto che il problema dei “free riders” non può essere risolto interferendo con la politica interna degli Stati coinvolti. Il rispetto della sussidiarietà e dei limiti22 del coordinamento fiscale significa che l’integrazione dei sistemi fiscali sovrani non deve andare oltre la garanzia di coerenza con gli standard accettati a livello internazionale e la prevenzione di giochi sleali: facilitare l’elusione delle imposte di altri Paesi. A questo proposito, è importante notare che la concorrenza fiscale di per sé non è contestata dalla politica dell’OCSE. Per l’OCSE il termine politica fiscale dannosa non è riferito a tutte le distorsioni fatte dai contribuenti, ma:

Il termine “dannoso” è una caratteristica relativa che si ritiene presente solo nel caso in cui una determinata iniziativa fiscale abbia un sostanziale effetto di ricaduta negativa. “L’OCSE ha definito il criterio della sostanzialità facendo riferimento alla bassa o nulla tassazione del reddito derivante dallo status di paradiso fiscale del Paese o dalle caratteristiche preferenziali del sistema fiscale. Tuttavia, in assenza delle suddette qualifiche, una bassa aliquota fiscale effettiva del Paese non si qualifica di per sé come dannosa, poiché non vi è l’intenzione di stabilire un’aliquota fiscale effettiva minima generale (nessun obiettivo di armonizzazione). Da un punto di vista economico, le seguenti implicazioni dei regimi fiscali preferenziali sono dichiarate dall’OCSE distorsive e meritano di essere combattute:

- Erosione delle basi imponibili di altri Paesi;

- Distorsione dei modelli di commercio e di investimento;

- Alterazione della struttura della tassazione.


2.4. Spostamento dell’onere fiscale dai fattori mobili a quelli immobili

Dal ragionamento dell’OCSE si può dedurre che, a causa della corsa al ribasso in assenza di tassazione del reddito da capitale, l’effetto dirompente porterà a una maggiore tassazione del lavoro. Infatti, in vista della riduzione del gettito, i responsabili politici sarebbero costretti a tagliare la spesa interna, ad aumentare i deficit di bilancio e/o a spostare l’onere fiscale sui fattori di produzione meno mobili. Considerando anche il ragionamento dell’elasticità della domanda shön dichiara che: L’armonizzazione fiscale23 (aumento coordinato della tassazione sul capitale) ha lo stesso effetto di spostamento dovuto all’incidenza dell’imposta, cioè al fatto che un onere fiscale ricade sul lato del mercato che è meno elastico. L’elasticità indica la volontà (e la capacità) di acquirenti e venditori di abbandonare il mercato quando le condizioni diventano sfavorevoli. Il meccanismo di spostamento suggerisce che gli investitori che subiscono una riduzione del rendimento al netto delle imposte sul loro capitale cercheranno collocazioni alternative, a meno che il rendimento al lordo delle imposte sui loro investimenti non venga corretto verso l’alto. La tassazione del reddito da capitale24 aumenterà i costi di finanziamento degli interessi delle società. Col passare del tempo quindi la tassazione ricadrebbe maggiormente sui salariati.


3. Risultati di ricerca e conclusioni

I cambiamenti nell’ordinamento fiscale internazionale comportano nuove sfide e nuove misure da adottare per stabilizzare l’ordinamento internazionale. Come è stato dimostrato nel seguente lavoro, le misure unilaterali e bilaterali non sono più sufficienti a contrastare queste sfide ed è necessario un approccio multilaterale basato sulla cooperazione tra gli Stati. L’OCSE si occupa da tempo della concorrenza fiscale dannosa, ma queste sfide rimangono irrisolte. La concezione tradizionale del diritto internazionale pone al centro il primato degli Stati e quindi, storicamente, consiste principalmente in un corpus di norme basate sul consenso. Tuttavia, questa concezione tradizionale è attualmente in fase di trasformazione. In primo luogo, il cambiamento si è realizzato gradualmente con l’ascesa delle organizzazioni internazionali nel diritto internazionale. In secondo luogo, a livello multilaterale, viene stabilito un nuovo insieme di norme. Sebbene i trattati multilaterali siano considerati norme basate sul consenso, la loro caratteristica basata sul consenso sta cambiando verso il “multilateralismo obbligatorio”. Il multilateralismo obbligatorio è la mancanza di capacità da parte degli Stati di agire unilateralmente nel diritto internazionale a causa dell’interesse globale della materia. La ragione alla base di questo cambiamento può essere considerata l’inefficienza di risolvere i problemi internazionali attraverso l’approccio basato sul consenso. Il multilateralismo obbligatorio, invece, può portare a soluzioni eque per tutti gli Stati contraenti. Il crescente coordinamento politico tra gli Stati e gli attori non statali, l’integrazione economica e l’interdipendenza globale hanno causato il multipolarismo nell’ordine25 internazionale che, in cambio, ha accelerato l’internazionalizzazione del diritto. Ogni stato dovrebbe agire individualmente circa le proposte di tassazione mantenendo la sana competizione26 con gli altri stati membri. Le organizzazioni internazionali come l’OCSE dovrebbero fissare gli standard minimi per determinare una tassazione equa per ogni stato membro. Tuttavia, il corpus di conoscenze accademiche non evidenzia l’entità e gli effetti economici reali del deflusso di capitali dalle economie di agglomerazione. La presenza di fattori diversi dalla minore tassazione può confutare l’ipotesi che la scelta razionale dell’investitore sia predeterminata da un’opportunità di arbitraggio fiscale. Inoltre, non è certo che la lotta alle pratiche fiscali dannose possa creare condizioni di parità e neutralità fiscale nel mercato. Sarebbe necessaria una riforma molto più radicale che porti all’introduzione di un unico principio di neutralità delle importazioni di capitale. La teoria27 della scelta pubblica sostiene inoltre l’idea che la mobilità dei capitali e il decentramento fiscale possano rappresentare una soluzione alla corruzione istituzionalizzata. Un punto di vista, che sostiene la politica dell’OCSE, può affermare che i paradisi fiscali e le piccole economie aperte “cavalcano” i servizi pubblici forniti dalle economie di agglomerazione. Tuttavia, un punto di vista opposto può affermare che l’OCSE sta promuovendo una politica unilaterale in rappresentanza degli interessi personali delle burocrazie più ricche per aumentare i loro bilanci senza dover ricorrere a “dolorosi” e impopolari aumenti delle tasse. Come ha dichiarato Jeffrey Owens, all’epoca responsabile del Centro per la politica e l’amministrazione fiscale dell’OCSE: “La conclusione di questi accordi permette ai Paesi membri dell’OCSE di applicare le loro leggi fiscali in modo più efficace. Questo progetto significa aumentare le entrate senza aumentare le tasse”.

L’armonizzazione fiscale, sebbene non sia raccomandata dall’OCSE, è anche un argomento molto controverso con esiti potenzialmente imprevisti. Ad esempio, potrebbe portare a una distorsione della concorrenza nella fornitura di servizi pubblici specificamente concepiti per agevolare le esigenze produttive delle imprese. Infine, si potrebbe sostenere che l’armonizzazione fiscale non è ottimale per Pareto: la maggior parte dei guadagni derivanti da una maggiore tassazione del capitale e del risparmio andrebbe alle economie più grandi (Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna), mentre le economie aperte più piccole con svantaggi di localizzazione o di altri settori subirebbero perdite di benessere (Irlanda, Lussemburgo).

1 Criddle E.J. & Foc-Decent E., Mandatory ‘’Multilateralism, in «The American Society of International Law’’», Vol. 113, n. 2 (2019), pp. 272-325.

2 OECD Countering Harmful Tax Practices More Effectively, Taking into Account Transparency and Substance, OECD Publishing, 2015.

3 Reynolds E., ‘’Attitudes toward Consent-Based and Non-Consent-Based International Law in a Regional Power Context’’, in «International Interactions», Vol. 44, n. 4 (2018), pp. 661-680.

4 Bhandari M., ‘’Introduction to Philosophical Foundations of Tax Law in Philosophical Foundations of Tax Law’’, New York: Oxford University Press (2017), pp. 1-5.

5 Si veda Zucchetti S., Pallotta A., ‘’Italian Patent Box Regime: Thinking Outside the Box or Just More Harmful Tax Competition’’? International Transfer Pricing Journal, 2016, pp. 68-74.

6 Faulhaber L.V., ‘’The Trouble with Tax Competition: From Practice to Theory’’, Tax Law Review, 2018, Vol. 71, pp. 311-366.

7 Si legga Barkai S., ‘’Declining Labor and Capital Shares’’, The Journal of Finance, 2020, pp. 2421-2463.

8 Leroy J., ‘’Staatsteun en tax rulings: wie ziet nog het bos door de bomen’’?, Tijdschrift voor Fisc’aal recht, 2020, Vol. 592, pp. 1075-1094.

9 De Luca R., ‘’Le Zone Economiche Speciali: caratteristiche, agevolazioni, opportunità e aspetti operativi’’, Fondazione Nazionale Commercialisti, Roma, 2017.

10 Traversa E., Flamini A., ‘’Fighting Harmful Tax Competition through EU State Aid Law: Will the Hardening of Soft Law Suffice’’, European State Aid Law Quarterly 2015, Vol. 3, pp. 323-331.

11 Stewart J., ‘’MNE Strategies and Ireland, in «Critical Perspectives on International Business’’», Vol. 14, n. 4 (2018), pp. 338-361.

12 Baldwin R.E., & Krugman P., ‘’Agglomeration, integration and tax harmonisation’’, European Economic Review, (2004), 48(1), pp. 1-23.

13 Kiendl Krišto I., Thirion E., ‘‘An overview of shell companies in the European Union’’, EPRS Study, October 2018.

14 Schoueri P., ‘’Conflicts of International Legal Frameworks in the Area of Harmful Tax Competition. The modified nexus approach’’, Amsterdam, IBFD, European and International Tax Law and Policy Series, 2019, Vol. 14, p. 324.

15 Devereux M.P., Auerbach A.J., Keen M., Oosterhuis P., Schön W., Vella J., ‘’Taxing Profit in a Global Economy’’, Oxford University Press, 2021, p. 400.

16 Krisch N., ‘’The Decay of Consent: International Law in an Age of Global Public Goods’’, in «The American Journal of International Law», Vol. 108, n. 1 (2014), pp. 1-40.

17 Gonzalez-Barreda P.A., H. ‘’A Historical Analysis of the BEPS Action Plan: Old Acquaintances, New Friends and the Need for a New Approach’’, in «Intertax», Vol. 46, n. 4 (2018), pp. 278-295.

18 Feller A. & Schanz D., ‘’The Three Hurdles of Tax Planning: How Business Context, Aims of Tax Planning, and Tax Manager Power Affect Tax Expense’’, in «Contemporary Accounting Research», Vol.34, n.1 (2017), pp. 494-524.

19 Stavropoulos N., ‘’Legal Interpretivism, in «Anuario de Filosofía y Teoría del Derecho’’», Vol. 10 2016, pp. 23-61.

20 Karakas C., Stamegna C., Zachariadis I., ‘’Public economic support in the EU State aid and special economic zones’’, European Parliament, EPRS, 2020.

21 Harvey R. & Gayer T., ‘’Public finance’’, McGraw-Hill Higher Education, Ninth Edition (2010).

22 Kudrle R., ‘’The Limited Prospects for International Tax Cooperation’’, in «Global Policy», Vol. 8, n. 4 (2017), pp. 455-463.

23 Pastukhov O., ‘’Countering Harmful Tax Competition in the European Union’’, Southwestern Journal of International Law, Vol. 16, 2020, pp. 159-180.

24 Basinger S.J., & Hallerberg M., ‘’Remodeling the competition for capital: How domestic politics erases the race to the bottom’’, American Political Science Review (2004), pp. 261-276.

25 Christians A., “BEPS and the New International Tax Order, in «Brigham Young University Law Review»”, Vol. 2016, n. 6 (2016), pp. 1603-1647.

26 Keen M. & Konrad K.A., ‘’International Tax Competition and Coordination’’, in «Max Planck Institute for Tax Law and Public Finance Working Paper», Vol. 6 (2012).

27 Banteka N.A.,’Theory of Constructive Interpretation for Customary International Law Identification’’, in «Michigan Journal of International Law», Vol. 39, n. 3 (2018), pp. 301-341.