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  • La riforma del MES ai tempi della pandemia da Covid-19. Le principali ricadute sul processo di ridefinizione della governance economica e monetaria europea

La riforma del MES ai tempi della pandemia da Covid-19. Le principali ricadute sul processo di ridefinizione della governance economica e monetaria europea

Scritto da Luigi Scipione • gen 2022

Sintesi

La proposta della Commissione europea volta a integrare il MES nell’ordinamento istituzionale dell’UE, trasformandolo in un Fondo monetario europeo, non ha trovato il necessario consenso. Ad oggi la riforma del Meccanismo permanente di stabilità è divenuta comunque oggetto di una diversa soluzione, che prevede una revisione del Trattato istitutivo, lasciando inalterata la natura di organizzazione intergovernativa del Fondo. La modifica del MES induce ad ipotizzare ristrutturazioni automatiche del debito le cui conseguenze meritano di essere attentamente soppesate. Tra le novità introdotte spicca la linea precauzionale coniata per fronteggiare l’emergenza sanitaria a bassa condizionalità. Eppure, numerosi sono i dati normativi che portano a ritenere che la condizionalità sia un elemento imprescindibile del MES e in quanto tale non facilmente espungibile anche da una modalità semplificata di assistenza finanziaria. Alla luce delle considerazioni che si andranno a sviluppare nell’ambito del presente lavoro emerge che una linea precauzionale del MES, che nasce con una “condizionalità soft”, potrebbe divenire soggetta a una “condizionalità hard” per effetto del combinato disposto delle norme del Trattato istitutivo e del “Two Pack”.

Abstract

The European Commission’s proposal to integrate the ESM into the EU institutional order, transforming it into a European Monetary Fund, has not found the necessary consensus. To date, the reform of the ESM has however become the subject of a different solution, which provides for a revision of the founding Treaty, leaving the nature of the intergovernmental organization of the Fund unchanged. The reform of the ESM suggests automatic debt restructuring whose consequences deserve to be carefully weighed. Among the innovations introduced, the precautionary line coined to deal with the low-conditional health emergency stands out. However, there are numerous rules that lead us to believe that conditionality is an essential element of the ESM and as such it cannot be easily conquered by a simplified line of financial assistance such as, in fact, the “healthcare” ESM. In light of the considerations that will be developed in the context of this work, it emerges that a precautionary line of the ESM, which arises with a “soft conditionality”, could become subject to a “hard conditionality” due to the combined provisions of the Treaty and the “Two Pack”.

Contenuto

1. Alle origini del MES

Agli albori della crisi finanziaria l’Europa non disponeva di strumenti idonei per la gestione delle crisi sovrane. Data l’assenza di una struttura comune di garanzia del debito e di un quadro complessivo di governance economica, la supplenza della BCE1 non permise di offrire una risposta strutturale alla crisi e alla necessità di dar vita a quella “autentica Unione economica e monetaria” la cui costruzione era stata faticosamente avviata nella seconda metà del secolo scorso dalle istituzioni dell’UE.

Sin dalle battute iniziali, gli interventi della BCE non avevano avuto una precisa base giuridica ed anzi erano apparsi ultronei rispetto alle sue competenze espressamente tendenti ad assicurare la stabilità dei prezzi, sollevando non poche polemiche in ordine alla legittimità delle stesse misure, aggravate dall’accusa di violare il divieto di monetizzazione del debito di cui all’art. 123 TFUE e la regola generale del “no bail-out” ex art. 125 TFUE.2

La persistente situazione di tensione sui mercati finanziari aveva, pertanto, indotto gli Stati membri a rompere gli indugi e a dotare l’Eurozona di strumenti aggiuntivi flessibili per la stabilizzazione finanziaria, sì da rendere possibile un ulteriore efficace sostegno ai Paesi sovraindebitati.

I primi interventi di sostegno alla Grecia, e in misura minore all’Irlanda, furono effettuati per il tramite di prestiti bilaterali,3 anche e soprattutto al fine di ovviare all’ostacolo della clausola di “no bail-out”, tenuto conto che la cornice normativa dei Trattati non vieta agli Stati membri UE di stipulare accordi aventi tale contenuto su base volontaria.4 Nell’ambito di siffatte misure, peraltro, risultava ben visibile il riferimento all’elemento della condizionalità nella concessione di un prestito, fugando già ogni dubbio sulla legittimità di tali programmi di sostegno e sulla loro compatibilità con l’art. 125 TFUE.

Questo quadro interventistico, tuttavia, si rivelò a conti fatti piuttosto precario, poiché non idoneo a far fronte ad una pluralità di situazioni di crisi e soprattutto privo di carattere istituzionale.

L’evidenza empirica, d’altra parte, ha indicato che, anche in assenza di dispositivi di intervento definiti ex ante, gli Stati (così come i grandi intermediari finanziari) difficilmente possono essere lasciati al loro destino. Per questa ragione si è ben presto compresa la necessità di predisporre strumenti giuridico-finanziari in grado di arginare tempestivamente i problemi di instabilità sistemica: ciò anche al fine di meglio delineare un sistema di regole, condizioni e sanzioni idoneo a disincentivare comportamenti “opportunistici”.

Una volta definiti i meccanismi eccezionali di sostegno agli Stati su base intergovernativa, per risolvere (superare) in modo più organico in sede comunitaria il problema del debito sovrano ed evitare contrasti con i Trattati, le Istituzioni europee e gli Stati membri hanno affrontato il problema legato alla istituzionalizzazione degli strumenti di soccorso.

Un ruolo “cruciale” per preservare la stabilità finanziaria nella zona dell’euro è stato ricoperto dai Fondi salva-Stati (meglio noti come Facilities): MESF (Meccanismo europeo di stabilità finanziaria), FESF (Fondo europeo di stabilità finanziaria), MES (Meccanismo europeo di stabilità) sono tre sigle che designano strumenti diversi con alcuni tratti comuni.5 Tanto il MESF quanto la FESF, per via della loro precarietà istituzionale (trattasi di meccanismi “temporanei”) e per l’insufficienza delle risorse a loro disposizione, non sono riusciti a costituire un’efficace rete di protezione di fronte agli attacchi speculativi rivolti a colpire il debito sovrano di alcuni Paesi con indebitamento pubblico più elevato. Ciononostante la FESF può essere ritenuta una prima forma di solidarietà rafforzata tra gli Stati dell’Eurozona,6 giacché le risorse del fondo sono reperite non attingendo dal capitale dell’UE, bensì attraverso l’emissione di bonds garantiti dai Paesi partecipanti in misura proporzionale alla quota di sottoscrizione del capitale della BCE.7


2. Il Meccanismo permanente di stabilità. Elementi strutturali

Il Meccanismo europeo di stabilità è una organizzazione di diritto internazionale istituita nel 2012, sulla base di un Trattato intergovernativo (T.MES), per fornire assistenza finanziaria ai Paesi dell’Eurozona, nel caso in cui tale intervento risultasse indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria degli Stati membri partecipanti e attraverso di essa dell’area valutaria nel suo complesso.8

L’istituzione del MES è avvenuta avvalendosi di una procedura semplificata, che ha consentito di aggiungere con l’urgenza imposta dall’incalzare della crisi un 3° comma all’art. 136 TFUE.9

Secondo i considerata 4 e 5 del Trattato istitutivo, la prima linea di difesa dalle crisi di fiducia in grado di compromettere la stabilità della zona euro dovrebbe essere rappresentata dal rigoroso rispetto: i) del quadro giuridico dell’Unione europea; ii) del quadro integrato di sorveglianza di bilancio e macroeconomica, con particolare riguardo al Patto di stabilità e crescita; iii) del quadro per gli squilibri macroeconomici; iv) delle regole di governance economica dell’Unione europea e del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria (cosiddetto Fiscal Compact).

Il MES si configura pertanto come uno strumento asservente o meglio ancillare rispetto a tali presidi che può fornire un sostegno alla stabilità articolato in una serie di azioni, alle quali sono associati vincoli inflessibili (secondo il principio della “rigorosa condizionalità”), proporzionate alla tipologia di assistenza finanziaria cui lo Stato richiedente intende fare ricorso.

Per comprenderne più a fondo la natura composita il Meccanismo permanente di stabilità può essere paragonato ad un ircocervo giuridico10 che, verso l’esterno, è sottoposto alla giurisprudenza del diritto dei trattati politici internazionali, mentre, al suo interno, è caratterizzato da una governance regolata da norme tipiche del diritto privato delle società. E, in effetti, il MES ha natura di vera e propria organizzazione intergovernativa (sul modello del FMI11), a motivo della sua struttura, fondata su un Consiglio di governatori formato da rappresentanti degli Stati membri (Board of Governors) e su un Consiglio di amministrazione (Board of Directors), e del potere, attribuitogli dal Trattato istitutivo, di imporre (attraverso la “condizionalità”) scelte di politica macroeconomica ai Paesi richiedenti assistenza finanziaria.12

Il carattere intergovernativo del Meccanismo permanente di stabilità ne fa dipendere il funzionamento e il finanziamento dal conferimento ad esso di volta in volta di risorse limitate da parte dei Parlamenti nazionali.13 Replicando il modello predisposto per la FESF, ciascuno degli Stati membri è tenuto a contribuire sottoscrivendo una quota del capitale sociale autorizzato del Fondo secondo uno schema di contribuzione che ricalca quello del capitale della BCE da parte di ogni singola BCN dell’Eurozona.11

In aggiunta, il MES ha la possibilità di raccogliere fondi emettendo strumenti del mercato monetario, nonché strumenti finanziari di debito a medio e lungo termine, con scadenze fino a un massimo di 30 anni o ancora la conclusione di intese o accordi finanziari o di altro tipo con i propri membri, istituzioni finanziarie o Paesi terzi. Non a caso è contemplata anche la possibilità di accrescerne ulteriormente la capacità di prestito attraverso la partecipazione del FMI il cui supporto viene obbligatoriamente ricercato per ogni singolo programma di assistenza.

Per rafforzarne la capacità interventistica è prevista, altresì, l’eventualità che gli Stati membri dell’UE non facenti parte dell’Eurozona possano affiancare il MES, caso per caso, in un’operazione di sostegno alla stabilità prevista a favore di Paesi la cui moneta è l’euro.


2.1. Le modalità di intervento del MES

Il MES è un multi-purposed vehicle le cui modalità di intervento sono sostanzialmente analoghe a quelle dei suoi predecessori, mentre diverse risultano le procedure di concessione dei prestiti.

Come si è già avuto modo di precisare, l’assistenza finanziaria viene offerta, previa domanda da parte di uno Stato aderente, nel caso in cui una situazione critica dal punto di vista nazionale minacci la stabilità finanziaria dell’intera zona euro e degli altri Stati membri.

L’art. 13 del Trattato, che definisce la procedura per l’attivazione di tali strumentalia, stabilisce che le condizioni cui è subordinata la concessione dell’aiuto siano proporzionate all’impegno richiesto14 ed elaborate attraverso un percorso negoziale che impegna lo Stato interessato e la Commissione europea nella stipula di un protocollo d’intesa (Memorandum of understanding, MoU), sulla cui base il BoG del MES approva il finanziamento, secondo la regola del comune accordo (unanimità dei membri partecipanti alla votazione, senza contare le eventuali astensioni). Prima di definire il protocollo, la Commissione europea, di concerto con la BCE, valuta anche la sostenibilità del debito pubblico dello Stato interessato.15

Al termine del programma di assistenza finanziaria, l’Esecutivo Ue e la Banca Centrale Europea eseguono missioni di controllo ex-post, alle quali partecipa anche il FMI qualora abbia contribuito al programma medesimo, per valutare se: a) lo Stato che ha beneficiato dell’assistenza finanziaria continui ad attuare politiche di bilancio sostenibili; b) ovvero se sussista il rischio che il debitore non sia in grado di rimborsare i prestiti ricevuti.

Oltre alla già prevista condizionalità rispetto ai programmi di aggiustamento macroeconomico e fiscale, la realizzazione dei suddetti obiettivi implica, tra l’altro, la piena attuazione delle norme sulla governance fiscale, in particolare del cosidetto Two-Pack (che detta una disciplina in materia di sorveglianza fiscale per i Paesi membri dell’euro), del Treaty on Stability, Coordination and Governance in the Economic and Monetary Union – TSCG (che comprende il c.d. Fiscal Compact) e dei meccanismi per il coordinamento preventivo delle più importanti strategie di riforma economica. Questo parallelismo tra le condizioni cui è subordinato l’intervento del MES e le misure stabilite dal Consiglio UE in forza degli artt. 126 e 136 TFUE, esclude la possibilità che lo Stato richiedente il soccorso debba far fronte ad adempimenti confliggenti per poter accedere al sostegno finanziario e, al contempo, adempiere agli obblighi derivanti dal divieto di disavanzo eccessivo.

Per quanto riguarda la struttura dei suoi interventi, il Fondo emette prestiti (concessi a tassi fissi o variabili) ed è autorizzato ad acquistare titoli sul mercato primario contestualmente all’attivazione da parte della BCE del programma Outright Monetary Transaction (OMT).16 In particolare, le misure in parola si sostanziano: i) in una linea di credito precauzionale condizionale (Precautionary Conditioned Credit Line, PCCL); ii) in una linea di credito soggetto a condizioni rafforzate (Enhanced Conditioned Credit Line) (art. 14 del Trattato); iii) in prestiti aventi l’obiettivo specifico di sottoscrivere titoli rappresentativi del capitale di istituzioni finanziarie dello stesso Paese membro (art. 15); iv) in prestiti non connessi a uno specifico obiettivo (art. 16); v) nell’acquisto di titoli di debito degli Stati membri in sede di emissione (art. 17) e sul mercato secondario (art. 18).17

2.2. Alcune considerazioni a latere sul Meccanismo di stabilità

I prestiti del Meccanismo di stabilità usufruiscono dello status di creditore privilegiato in modo analogo a quelli del FMI. Gli strumenti di sostegno vengono, infatti, utilizzati dal MES “nella prospettiva del creditore”, valutando quindi la capacità di rimborso del debitore e gli altri rischi connessi all’operazione di finanziamento.

I prestiti sono caratterizzati da un’adeguata remunerazione che, seppur inferiore rispetto a quella che il Paese in difficoltà potrebbe riconoscere ad altri prestatori, deve garantire la completa copertura dei costi operativi e di finanziamento e includere un margine adeguato di guadagno proveniente dall’investimento.

Gli eventuali profitti realizzati dalla gestione finanziaria possono essere distribuiti in forma di dividendi, in proporzione alla quota di partecipazione al capitale.

Le modalità di funzionamento del Meccanismo permanente di stabilità sono, pertanto, caratterizzate da due aspetti principali: da un lato, il Fondo è in grado di raccogliere risorse direttamente dalla Banca Centrale;18 e, dall’altro, ha facoltà di finanziare i Paesi acquistandone titoli del debito pubblico all’emissione, dunque sul mercato primario.

Il concorso di questi due elementi permette di affermare che il MES, qualora attivato, possa ingenerare un’estensione del processo di indebitamento pubblico degli Stati membri che vi fanno ricorso. In altri termini, dal momento che il Fondo si indebita con lo scopo di trasmettere le risorse raccolte direttamente ai Paesi che lo richiedono, in sostanza esso finisce per sostituirsi all’ordinario processo di indebitamento pubblico di quegli stessi Paesi. Per inciso, la struttura istituzionale del Meccanismo di stabilità è inclusiva dell’intervento diretto della BCE e dunque libera gli Stati dell’Eurozona dai vincoli monetari che caratterizzano lo svolgimento di quel processo a livello nazionale.19

Nel tentativo di individuare una soluzione alternativa, si è sostenuto che la dotazione di una licenza bancaria avrebbe garantito ampia flessibilità consentendo al Fondo di raccogliere denaro in tempo reale (anche giornalmente) per importi molto rilevanti, attingendo alla vasta gamma di operazioni di rifinanziamento messe a disposizione dalle Banche centrali dell’Eurosistema. Gli è che, nella particolare fase congiunturale caratterizzata dalla crisi del debito sovrano, la concessione di tale status al MES aveva un senso: potenziare non soltanto l’entità delle risorse disponibili del Fondo, ma accrescere anche la sua rapidità di azione, rendendolo un temibile deterrente verso la speculazione. Il dibattito in merito all’opportunità di una simile dilatazione dei poteri e dell’ambito di azione del Meccanismo ha visto confrontarsi schieramenti opposti. In particolare, chi si schierava contro sosteneva che, nel quadro dell’ampia norma di devoluzione di compiti di cui all’art. 3 del T.MES, il BoG sarebbe stato legittimato ad adottare decisioni di vasta portata, con effetti estremamente gravosi e con conseguenze difficilmente prevedibili per i bilanci degli Stati membri. Se infatti acquisisse la licenza di agire come banca, il MES potrebbe procurarsi, in misura praticamente illimitata, credito tramite il collocamento di titoli del debito pubblico presso la Banca Centrale Europea, del cui disavanzo i Paesi aderenti, per via della loro partecipazione al capitale della BCE, sarebbero ipso iure corresponsabili.

Al di là di queste considerazioni, resta il fatto che la licenza bancaria non avrebbe risolto, il problema delle ricadute negative che gli acquisti del MES, in qualità di creditore privilegiato, possono comunque ingenerare sui titoli di Stato.

Ad oggi questa opzione, rimasta nel cassetto e osteggiata dalla Germania, è stata oramai superata dagli eventi: il fatto che la BCE si sia, in seguito, dichiarata disposta ad affiancare i fondi FESF/MES con interventi illimitati nella loro entità, per intervenire sul mercato secondario dei titoli di Stato attraverso il ricorso a misure non convenzionali, ha reso superfluo il confronto sulla richiesta di licenza bancaria per i Fondi europei di stabilità.

Almeno dal punto di vista dell’equilibrio istituzionale, non si può negare che un’alterazione o un’evoluzione vi sia stata de facto. La BCE si è innegabilmente qualificata come un decisore (all’occorrenza) politico e non meramente tecnocratico quale il Trattato la descrive. Non a caso la dottrina si interroga ancor oggi sulla specificità del ruolo attualmente ricoperto da tale istituzione che non appare immediatamente riconducibile all’azione sua propria. Donde l’urgenza di procedere ad una ridefinizione delle funzioni alla medesima spettanti, in termini compatibili (per ampiezza e capacità interattiva) con le competenze in materia di politica monetaria tipiche di una Banca Centrale.

Parimenti, l’autonomia che caratterizza i Fondi salva-Stati permette di parlare di veri e propri meccanismi che, limitatamente a quella frazione della politica monetaria che si occupa del finanziamento diretto del debito sovrano, replicano quanto la Banca Centrale Europea è già in grado di fare.

Sotto l’aspetto operativo, i dispositivi in parola hanno consentito di ristabilire una qualche forma di supporto al processo di indebitamento pubblico. In tal modo la politica monetaria è tornata a svolgere il ruolo di stabilizzazione delle condizioni monetarie dell’indebitamento statale, ma con una differenza fondamentale rispetto al passato: implicito nel funzionamento di quello che gli economisti definiscono il modello standard, quel ruolo assume ora la forma di un intervento ad hoc, dedicato al sostegno finanziario di un singolo Paese, e può quindi essere esplicitamente associato a particolari condizioni “imposte” al debitore.20


3. La Riforma del MES e la revisione del Trattato istitutivo

Nel mese di dicembre 2017 la Commissione europea aveva presentato una proposta di regolamento volta a integrare il MES nell’ordinamento istituzionale dell’UE, trasformandolo in un Fondo monetario europeo (European Monetary Fund - EMF).21

Nelle intenzioni – espresse tra l’altro nella fondamentale dichiarazione franco-tedesca di Mesemberg22 del giugno 2018 – la strategia di fondo era quella di procedere su due piani separati: prima la riforma del Trattato istitutivo del MES e, a seguire, il suo inserimento nel quadro delle istituzioni comunitarie.

Nella proposta di riforma del MES l’attenzione appare concentrata soprattutto sull’eventualità di un rischio sistemico generato, all’interno dell’Eurozona, dal default del debito pubblico di uno dei Paesi membri. Da questo punto di vista, la riforma del Meccanismo permanente di stabilità può essere intesa, in perfetta linea di continuità con le modifiche apportate al Patto di stabilità nel 2012, come un ulteriore rafforzamento delle regole che disciplinano la politica di bilancio dei Paesi membri.

Accantonato a seguito dei negoziati l’obiettivo più ambizioso, la riforma del MES è divenuta oggetto di una diversa soluzione, che si limita ad una revisione del Trattato istitutivo, lasciandone pertanto inalterata la natura di organizzazione intergovernativa.23 Nonostante tale ridimensionamento, nell’Eurogruppo del 13 giugno 2019, i Ministri dell’economia e delle finanze dell’area dell’euro avevano, tuttavia, raggiunto un’ampia intesa sui seguenti punti:

1) con riferimento alle crisi bancarie, il MES fornirà anche un sostegno comune (backstop) al Fondo di risoluzione unico (o Single resolution fund, SRF) sotto forma di una linea di credito revolving;

2) il MES, in collaborazione con la Commissione e la BCE, avrà il compito di monitorare e valutare il quadro macroeconomico e le condizioni finanziarie dei Paesi aderenti, oltre che la sostenibilità del debito pubblico.24

3) si introduce un rafforzamento del ruolo del Direttore generale del MES sia nella fase di valutazione dell’esistenza delle condizioni per attivare la misura di sostegno richiesta sia nella fase di controllo (art. 7, comma 4);

4) l’assistenza finanziaria precauzionale sotto forma di linea di credito condizionale precauzionale (PCCL) viene limitata ai Paesi la cui situazione economica e finanziaria, pur fondamentalmente solida, potrebbe essere influenzata da uno shock negativo che sfuggirebbe al loro controllo;25

5) il MES rivestirà un ruolo attivo nel dialogo tra gli Stati membri dell’Eurozona e gli investitori privati: nel caso di necessità, potrebbe facilitare e indirizzare la ristrutturazione del debito pubblico nazionale, senza imporre meccanismi prestabiliti e senza automatismi, ma favorendo la soluzione migliore caso per caso.26


3.1. In particolare, il nuovo ruolo del MES nel quadro delle crisi bancarie

Fra le tematiche legate alla riforma del MES un capitolo importante riguarda il nuovo ruolo ricoperto dal Fondo nel finanziamento delle risoluzioni bancarie.

All’apice della crisi debitoria, la ricapitalizzazione diretta (Direct Ricapitalization Instrument – DRI) da parte del MES venne ritenuta l’opzione ottimale per rifinanziare le banche senza che tale intervento gravasse sul debito pubblico degli Stati membri.

Nel rispetto di un vincolo che aveva posto la Germania,27 l’entrata in funzione di un simile dispositivo era stata subordinata alla condizione che fosse prima creata e resa operativa un’Autorità unica europea di sorveglianza bancaria. Visto che la ricapitalizzazione diretta da parte del MES implica un certo grado di condivisione delle responsabilità per le banche dell’Eurozona, se ne conveniva l’attuazione soltanto in combinato disposto con l’accentramento della vigilanza a livello sovranazionale.28

Incidentalmente, il contributo del MES alla ricapitalizzazione delle banche in difficoltà (per quelle da sottoporre a risoluzione il Meccanismo unico di risoluzione prevede un Fondo unico europeo), limitato agli enti di rilevanza sistemica,29 è, in linea di principio e salvo eccezioni, subordinato al concorso dello Stato membro interessato e dei privati:30 la ricapitalizzazione diretta «può essere attivata nel caso la banca non riesca ad attirare sufficiente capitale da fonti private e se il Paese partecipante al MES è incapace di ricapitalizzare l’istituto di credito, anche usando lo strumento di ricapitalizzazione indiretta attraverso lo stesso Meccanismo europeo di stabilità».31

Questo dispositivo si basa su un’appropriata condizionalità, ivi compresa l’osservanza delle regole sugli aiuti di Stato, che deve essere specifica per ciascun istituto, settore ovvero applicabile a tutta l’economia e formalizzata in un memorandum d’intesa.

Prima delle modifiche in parola, siffatti interventi erano previsti ed effettuati esclusivamente a favore degli Stati, come si evince dal par. 1 dell’art. 15 che, nella versione originaria, espressamente prevedeva che il Consiglio dei Governatori potesse decidere di concedere assistenza finanziaria ad un membro ricorrendo a prestiti <<con l’obiettivo specifico di ricapitalizzare le istituzioni finanziarie dello stesso membro del MES>>.32

Altra e diversa questione era, per l’appunto, se l’erogazione del sostegno potesse “direttamente” essere concordata a favore delle istituzioni finanziarie interessate.

Va tuttavia ricalcato che la possibilità per le istituzioni finanziarie di essere risanate accedendo a prestiti nell’ambito di un rapporto bilaterale diretto con il MES, anziché tramite un intervento diretto dello Stato di appartenenza, presenta un duplice vantaggio: 1) evita che il passaggio dei Fondi europei tramite il governo nazionale del Paese interessato ne faccia salire il debito pubblico; 2) consente al MES di porre precise condizioni alle banche interessate per l’accesso a tale forma di sostegno.33

Tecnicamente, l’intervento di ricapitalizzazione si realizza per mezzo dell’acquisto di azioni comuni (capitale Core Tier 1). Il MES ottiene in tal modo il diritto di intervenire nelle decisioni e anche nelle scelte gestionali dell’istituto, pur assicurando, come scritto nel testo dell’accordo, <<un attento equilibrio tra l’influenza del MES e il mantenimento dell’indipendenza nelle pratiche commerciali>>, in guisa da lasciare impregiudicata la possibilità di un ritorno della banca a un “funzionamento di mercato”.

Tale dispositivo, oltre a risultare alquanto intrusivo, ripone una parte considerevole del peso della ristrutturazione dell’istituto in crisi sulle spalle dello Stato membro. E invero, questo aspetto ha alimentato seri dubbi sull’effettiva capacità di siffatta modalità interventistica del MES di “rompere” il circolo vizioso tra banche e debito sovrano.34

Le fragilità prodotte dall’incompletezza del quadro di riferimento per la gestione efficace e ordinata delle crisi bancarie ha quindi reso opportuno rendere operativo attraverso il MES il common backstop del Fondo unico di risoluzione. 35

Tale tipologia di intervento – inserita tra le finalità del MES come si evince dal nuovo testo dell’art. 3, paragrafo 236 – è destinata a supportare la risoluzione delle crisi sia con riferimento alle finanze pubbliche degli Stati membri che alle relative istituzioni bancarie e finanziarie, integrandosi nel quadro del Meccanismo di risoluzione unico delle banche e delle società di intermediazione mobiliare che prestano servizi che comportano l’assunzione di rischi in proprio.

In particolare, il nuovo articolo 18A prevede che, ove nel quadro del plesso normativo delle crisi il Single Resolution Board (SRB) chieda l’attivazione del dispositivo di sostegno, compete al Consiglio dei governatori, sulla base di una proposta del Direttore e secondo la regola del comune accordo, decidere in merito all’erogazione di detta forma di assistenza.

Tra i criteri identificati in sede di revisione (elencati nel nuovo allegato IV, incluso nel Trattato) cui è condizionata l’erogazione di prestiti al Fondo di risoluzione, figurano il rispetto dei principi di continuità del quadro giuridico in materia di risoluzione bancaria,37 di neutralità di bilancio nel medio periodo e di “ultima istanza”. Al dispositivo di sostegno si può fare, quindi, ricorso solo in momenti di eccezionale gravità, qualora cioè risultino esauriti i mezzi del Fondo di risoluzione unico e questo non riesca a reperire fonti di sovvenzionamento alternative, e sempreché il SRB presenti una capacità di rimborso sufficiente a ripagare integralmente a medio termine i prestiti ottenuti tramite il common back-stop.38

A differenza del MES, il Fondo unico di risoluzione non riceve la sua dotazione finanziaria dagli Stati, bensì dalle banche e il suo compito è proprio quello di intervenire nell’ambito della procedura di risoluzione delle banche. Lo strumento, previsto per mutualizzare, seppure solo parzialmente, i costi indotti dai programmi di risoluzione, serve ad assicurare l’effettivo funzionamento degli strumenti (“resolution tools”) messi a disposizione dal legislatore; e ciò sempre allo scopo di evitare, per quanto possibile, il ricorso alle risorse pubbliche, quando il bail-in e la capienza di altre misure di finanziamento della risoluzione non siano sufficienti a garantire il superamento della crisi.

Si tenga presente, inoltre, che il SRF interviene solo in seguito a un bail-in pari all’8% delle perdite dell’istituto (attingendo i fondi, nell’ordine, prima dagli azionisti, poi dagli obbligazionisti e, infine, dai depositi non garantiti sopra 100mila euro).39 Questo aspetto, particolarmente doloroso e controverso della disciplina delle crisi, è già presente nelle regole e non viene pertanto modificato dalla riforma del MES. Con la precisazione, però, che le linee di credito fornite al SRB da parte del Meccanismo di stabilità godono dello status di creditore privilegiato in misura analoga a quanto previsto per gli altri prestiti concessi agli Stati.40

Entro un massimo di cinque anni il prestito del MES deve essere restituito dalle banche in qualità di contributori del Fondo di risoluzione.41 Questo è il motivo principale per cui tale dispositivo viene definito come fiscalmente neutro nel medio termine: i contribuenti non intervengono, se non sotto forma di anticipo di denaro.42

Questa sorta di safety net sia fornita dal MES racchiude un dato significativo: si tratta di una prima forma, seppure limitata, di condivisione dei rischi tra i Paesi della zona euro nell’ambito delle crisi bancarie. Certo è che il completamento dell’Unione bancaria richiede anche altre riforme, a cominciare dall’introduzione di una assicurazione europea dei depositi.43 Come l’evidenza empirica ha permesso di constatare, l’antitesi tra diminuzione e comunitarizzazione dei rischi è risultata infruttifera e origine di equivoci tra gli Stati membri. Di riflesso ne scaturisce un edificio normativo allo stato dell’arte incapace di offrire una rete di sicurezza sovranazionale dinnanzi a crisi di proporzioni sistemiche.44

In un assetto istituzionale che fatica a consolidarsi e a completarsi, rendere il MES “il prestatore di ultima istanza” del SRF dovrebbe favorire la stabilità dello stesso sistema bancario e ridurre l’eventualità che a fornire il supporto finanziario necessario al superamento della crisi sia lo Stato ove la banca opera.


3.2. In particolare, la ridefinizione del riparto di competenze fra i soggetti chiamati a garantire l’attuazione del Trattato

Il principio di non sovrapposizione tra il MES e le Istituzioni dell’Unione (o, se si preferisce, di «interazione») si rinviene, ratione materie, nella disposizione per la quale la Commissione è investita del compito di monitorare il rispetto delle prescrizioni di politica economica, in linea coi poteri di sorveglianza che le attribuisce l’art. 13, paragrafo 7, T. MES.45

Con la modifica del Trattato istitutivo viene ridefinito il riparto di competenze fra i soggetti chiamati a garantire l’attuazione del TFUE. L’attività di monitoraggio e di valutazione è condotta in via preventiva, indipendentemente da richieste di sostegno e ad uso esclusivamente interno.46 Si afferma, altresì, che il MES fornirà assistenza finanziaria solo ai Paesi il cui debito è considerato sostenibile e la cui capacità di restituire gli importi ricevuti risulta verificata per l’intera durata del prestito. Le analisi sono, pertanto, svolte congiuntamente dal Meccanismo di stabilità e dalla Commissione; ma ove non si raggiungesse una posizione comune, spetterebbe all’Esecutivo Ue esprimere un giudizio in tema di sostenibilità del debito.

Resta comunque responsabilità esclusiva della Commissione la valutazione complessiva della situazione economica dei Paesi aderenti e il rispetto delle regole del Patto di stabilità e crescita e della Procedura per gli squilibri macroeconomici.47

Va da sé che, con riferimento a tale mandato, il MES disporrà di una sfera di azione più estesa, sebbene complementare al ruolo della Commissione e della BCE;48 per contro è escluso che il Fondo si occupi del coordinamento delle politiche economiche tra gli Stati membri, sussistendo già nel diritto dell’UE disposizioni deputate a regolamentare tale attività.

Nel pieno rispetto del quadro giuridico dell’UE, la riforma prevede semplicemente che il MES continui ad occuparsi della predisposizione e della sottoscrizione del Memorandum, fase che non contempla più la partecipazione della BCE. In seguito alla riforma, anche il ruolo del FMI viene in parte marginalizzato, potendo tuttavia tale istituzione partecipare ancora al salvataggio degli Stati avvalendosi di un suo programma di aiuti distinto da quello del MES.

L’unico limite posto alle nuove modalità di cooperazione è quello di preservare il ruolo e le prerogative istituzionali derivanti dai Trattati. Sicché, in ossequio alle rispettive competenze, la Commissione è deputata a garantire la coerenza fra le misure adottate e il quadro di coordinamento della politica economica europea, attingendo alle proprie previsioni di crescita e, se del caso, ad ulteriori stime all’uopo eseguite, mentre spetta al MES valutare, nell’ottica del creditore, le condizioni di accesso al mercato da parte degli Stati membri e i relativi rischi.49


3.3. In particolare, il rafforzamento della governance del MES

Sotto il profilo della governance, la riforma introduce un processo decisionale più snello da attivare in determinate situazioni di urgenza e il voto a maggioranza qualificata rafforzata, anziché all’unanimità, ove si tratti di assumere specifiche decisioni in materia di sostegno alla stabilità, di esborsi e di attivazione del sostegno.

L’assetto disciplinare che si intende introdurre riflette l’intento del legislatore di addivenire ad una vera e propria “razionalizzazione” delle forme di coordinamento favorendo, altresì, la puntuale individuazione delle condizioni funzionali ad una maggiore coesione tra gli organi di vertice europei e quelli dei Paesi aderenti.

La modifica più rilevante che l’art. 13, paragrafi 3,4 e 7, arreca alla procedura di concessione dell’assistenza finanziaria, deve rinvenirsi nel potenziamento delle attribuzioni riconosciute al Managing Director, chiamato ad affiancare la Commissione e la BCE nella valutazione della domanda di sostegno presentata da uno Stato membro del MES. Sulla base di tali valutazioni, compete altresì al Direttore generale la preparazione di una bozza di MoU, che dovrà poi essere adottata dal BoG, comprendente modalità, condizioni finanziarie e strumenti scelti per la concessione dell’aiuto. Oltre a questo ruolo di natura prevalentemente “preparatoria”, il Managing Director deve affiancare la Commissione Ue e la BCE anche nell’attività di monitoraggio per il rispetto delle condizioni cui è subordinata l’attivazione del dispositivo di assistenza finanziaria.

Lo status del Direttore e di tutto il personale del MES è stato oggetto di una specifica modifica introdotta all’art. 7, per effetto della quale costoro risultano responsabili soltanto nei confronti del Meccanismo medesimo potendo ricoprire le loro funzioni in piena indipendenza, purché nel rispetto del diritto dell’Unione, sulla cui applicazione vigila la Commissione.50

Al Consiglio di amministrazione, infine, è assegnato il compito di adottare specifiche linee direttrici inerenti alle modalità di applicazione dell’assistenza finanziaria precauzionale e all’emanazione di direttive particolareggiate concernenti le modalità di attuazione del financial backstop al Fondo di risoluzione unico.





3.4. In particolare, l’introduzione della linea di credito a “condizionalità semplificata”

Tra le novità più salienti, meritevole di attenta disamina è anche la distinzione che la riforma introduce fra una linea di credito precauzionale (PCCL) e una linea a condizioni rafforzate (ECCL). In entrambe le fattispecie si assiste all’introduzione di innovazioni tese a favorire quegli Stati che, pur non presentando particolari problemi di instabilità finanziaria, necessitano di un supporto “esterno” per fronteggiare potenziali rischi di contagio (che potrebbero, ad esempio, ingenerarsi per effetto di una ristrutturazione del debito pubblico).51

Con riferimento al primo strumento, viene elaborata una procedura semplificata per gli Stati in grado di garantire il rispetto ex ante di puntuali criteri di eleggibilità, indicati nell’Allegato III del Trattato modificato.52 Oltre al rispetto di tali requisiti minimi di accesso, per poter fruire della PCCL è richiesta la sottoscrizione di una lettera di intenti (e si badi, non più un MoU) con la quale lo Stato membro si impegna a soddisfare i suddetti parametri anche in futuro (ogni sei mesi). In tale ambito, riprendendo quanto si è già sopra riportato, è compito della Commissione Ue valutare se le intenzioni politiche formulate nella lettera siano pienamente coerenti con il diritto dell’UE.53

L’assistenza finanziaria sotto forma di ECCL è, invece, concessa – per non dire “inflitta” – laddove manchino i presupposti per accedere alla PCCL, ancorché la condizione economica e finanziaria dello Stato richiedente l’aiuto sia comunque solida e la situazione di indebitamento pubblico sostenibile. In tal caso, è prevista la sottoscrizione di un MoU e l’assunzione dell’impegno del debitore ad avviare riforme nelle aree che presentano elementi di vulnerabilità.54

Pertanto, mentre la PCCL poggia sulla esplicitazione non discrezionale e prevedibile della condizionalità, lasciando allo Stato membro la definizione unilaterale degli interventi da porre in essere (per garantire il mantenimento dei requisiti di ammissibilità alla linea di credito), la ECCL e gli altri strumenti di sostegno si fondano sulla negoziazione della condizionalità, da graduare in ragione dell’intensità dell’intervento, con una sostanziale partecipazione anche della Commissione, della BCE e, ove possibile, del FMI alla progettazione degli interventi da porre in essere.55

Chi si pone in senso dubitativo rispetto a tali contenuti della riforma solleva, in particolare, timori sul fatto che il giudizio sulla sostenibilità del debito pubblico di uno Stato viene di fatto sottratto alla Commissione europea, che è un organo politico, e interamente assegnato al MES, che invece è un’istituzione intergovernativa e il cui modus agendi, come si è più volte segnalato, è ispirato a logiche di mercato.56 La principale preoccupazione che in tal senso si appalesa è che la valutazione affidata ai Paesi creditori, in qualità di membri del MES, possa risultare più severa di quella della Commissione, che si rifà ad uno schema valoriale su cui si fonda l’Unione europea.

Ad ogni buon conto, il testo di riforma e le relative linee guida sembrano attenuare la rigida applicazione del quadro dispositivo poc’ora illustrato, laddove in diversi passaggi si fa esplicitamente riferimento a concetti qualitativi e di giudizio, invece che richiamare definizioni vincolanti. Depone in tal senso quanto statuito nell’Annex III del Trattato, relativo ai criteri per l’accesso alle linee di credito precauzionali, ove si afferma che i benchmark quantitativi sono da rispettare “as a rule” e che la valutazione viene effettuata sulla base di criteri predefiniti, che costituiscono quindi un punto di partenza e non un vincolo parametrico da rispettare ad ogni costo.


3.5. In particolare, la ristrutturazione del debito e l’introduzione delle “single limb CACs”

Il compito del Meccanismo permanente di stabilità è quello di arginare una potenziale crisi di solvibilità, nell’interesse di tutti i 19 Paesi dell’Eurozona, e non di favorirla.

Tuttavia, non è da escludere che in “circostanze eccezionali” le linee di credito attivabili dal MES non bastino e sia addirittura lo Stato stesso a contemplare una ristrutturazione del proprio debito per consentirne una più agevole restituzione.

Preso atto di ciò, anche la riforma del Meccanismo di stabilità mira, pertanto, a ridurre l’incertezza circa le modalità e i tempi di tale possibile ristrutturazione.57

Nel quadro della riforma non si rinviene, per vero, alcun nesso automatico tra richiesta di assistenza finanziaria al MES e ristrutturazione del debito pubblico. Piuttosto, come già previsto dalle regole attuali,58 vi è spazio per un’analisi di sostenibilità del debito del Paese che fa richiesta di assistenza (art. 12).59 Di talché, qualora tale valutazione dovesse sortire un esito negativo, prima di accordare il prestito si dovrebbe procedere a una ristrutturazione del debito, imponendo dunque dei costi ai detentori dei titoli: taglio del valore delle obbligazioni e/o degli interessi, allungamento delle scadenze di rimborso.60

In questo scenario si colloca l’introduzione, a partire dal 1° gennaio 2022, per i titoli di Stato della zona euro di nuova emissione con scadenza superiore a un anno, di clausole d’azione collettiva con approvazione a maggioranza unica (single limb CACs).61 Anziché richiedere una doppia deliberazione (una per ciascuna emissione e l’altra per l’insieme dei titoli), tale modifica rende sufficiente una sola deliberazione dei possessori dei titoli pubblici affinché i termini e le condizioni di tutte le obbligazioni vengano modificati. Un simile mutamento scaturisce fondamentalmente dalla constatazione che le regole formali (Patto di Stabilità e Crescita, Fiscal Compact) non hanno funzionato come ci si attendeva, nel senso che alcuni Paesi hanno continuato ad accumulare debiti la cui sostenibilità nel tempo può risultare in pericolo. Di qui, l’idea di far funzionare meglio la disciplina di mercato recuperando lo spirito della clausola di no bail-out. D’altro canto, condizionare la concessione di un sostegno ad una ristrutturazione del debito permette di rimuovere quegli incentivi devianti legati al moral hazard che di fatto sconsigliano gli Stati dal compiere l’aggiustamento di bilancio.  Un passaggio essenziale di questa strategia consisterebbe, per l’appunto, nello spostare l’asse del potere in materia economica dalla Commissione Ue, considerata un’istituzione troppo politicizzata, ad un organismo intergovernativo e teoricamente più tecnico quale il MES.62

In senso critico si sostiene che qualsiasi meccanismo di solidarietà intraeuropeo dovrebbe escludere a priori l’ipotesi di una ristrutturazione automatica del debito pubblico.63 Il timore più volte manifestato al riguardo è che, negli interstizi della riforma, si annidi la possibilità di veicolare un segnale devastante ai mercati, visto che il semplice annuncio dell’esistenza di una simile misura potrebbe innescare una spirale perversa di aspettative di insolvenza, suscettibili di auto avverarsi.64

Occorre, d’altronde, evitare che le CACs “single limb” facilitino una ristrutturazione del debito pubblico sulla base di valutazioni meccaniche, giacché escludere il (pieno) coinvolgimento delle autorità nazionali rischia di aggravare la condizione economica e sociale di una nazione, nonché di sortire effetti di contagio particolarmente negativi sull’intera Eurozona.

La riforma del MES si limita, per vero, a contemplare semplicemente un’ipotesi di ristrutturazione del debito come mera eventualità da prendere in considerazione. Non a caso, si chiarisce che le verifiche preliminari sulla sostenibilità del debito dello Stato che chiede assistenza non hanno alcun carattere di automaticità (sono condotte con un “margine di discrezionalità sufficiente”) e ribadisce che il coinvolgimento del settore privato nel processo di ristrutturazione rimane strettamente circoscritto a casi eccezionali. In fondo, anche nella versione originaria del Trattato non vi era scambio tra assistenza finanziaria e ristrutturazione del debito. Sennonché, proprio al fine di scongiurare gli inconvenienti sopra segnalati, è stato da ultimo previsto che ogni Stato decida le modalità di modifica e quelle di votazione ritenute più idonee all’interno di criteri generali definiti nei Terms of Reference (“ToRs”).65

Ad ogni buon conto, i benefici di un meccanismo per la ristrutturazione del debito restano ancora incerti e andrebbero meglio soppesati a fronte del rischio enorme in cui si incorrerebbe introducendo tale modifica. Gli è che, il vantaggio in termini economici, tanto per il Paese debitore quanto per i suoi creditori, associato alle single limb CACs è di rendere più ordinata un’eventuale ristrutturazione del debito così da ridurre i costi connessi con l’incertezza sulle modalità e sui tempi della sua realizzazione. Tuttavia, questi costi rappresentano solo una piccola frazione di quelli complessivi che deriverebbero da un default; di talché la loro riduzione non sarebbe affatto sufficiente a renderlo più probabile. L’unico vero disincentivo al default restano, infatti, le disastrose conseguenze economiche e sociali che si accompagnerebbero a tale evento.66

Si è già sottolineato che, per sostenere e difendere quegli sforzi che devono essere compiuti dagli Stati membri al fine di ridurre il loro debito, è necessaria una forma di assicurazione ultrastatale, come avverrebbe, ad esempio, con la creazione di un fondo per il rimborso del debito europeo (European debt redemption fund), finanziato dagli Stati membri. L’introduzione di un simile strumento rafforzerebbe l’impegno dei singoli Paesi a ridurre il proprio debito (in quanto il trasferimento di una quota di debito nazionale trasferita al fondo sarebbe accompagnato dall’individuazione irreversibile del flusso di risorse destinato a sostenerne l’onere) e conterrebbe la rilevanza sistemica della parte residua di debito nazionale. Tale dispositivo, di riflesso, rafforzerebbe la credibilità del divieto di salvataggio finanziario di uno Stato (no bail-out clause) e favorirebbe l’applicazione delle regole di bilancio europee.



4. Il MES “sanitario”. Caratteristiche e condizioni standardizzate del sostegno alla crisi pandemica

La pandemia ha imposto all’UE di trovare e adottare una strategia condivisa per affrontare l’emergenza. Questa, però, non è stata un’impresa facile. Le opposizioni tra i Paesi del Nord (c.d. “frugali”), come l’Austria, l’Olanda, la Finlandia e la Danimarca, e quelli del Sud più colpiti (come l’Italia e la Spagna) sono emerse ancora una volta con prepotenza creando seri ostacoli alla realizzazione della riforma.

Affinché i principi fondamentali – e fondanti rispetto all’Unione e ai suoi Trattati – prevalgano su vincoli e approcci “sanzionatori” occorre dotare l’Unione di significativi mezzi propri, ossia delle risorse necessarie per conseguire i suoi obiettivi e per portare a compimento le sue politiche contribuendo allo stesso tempo al benessere dei suoi popoli. 

Sicché, nell’ambito di una risposta condivisa alla crisi da Covid-19 imputata in prima battuta a carico dei bilanci nazionali, la UE ha fornito una triplice “rete di sicurezza”.

La prima per i lavoratori. Il programma SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency) destinato a fornire prestiti per coprire aumenti di spesa pubblica legati a misure di sostegno dell’occupazione (in particolare schemi di integrazione salariale) introdotte o ampliate in risposta all’emergenza sanitaria. Tale prestito è soggetto a specifiche condizioni di rimborso e di erogazione.67

La seconda per le imprese. La BEI, facendo leva su 25 mld di garanzie rilasciate dai Paesi Ue, dovrebbe erogare prestiti per 75/100 miliardi che, cofinanziati da altre banche, dovrebbero fornire liquidità per circa 200 miliardi alle imprese.

La terza per gli Stati. Il MES metterà a disposizione una linea di credito “temporanea” (Pandemic Crisis Support – PCS) per 240 miliardi per i Paesi dell’Eurozona. Questo tipo di finanziamento non dovrebbe essere soggetto a condizionalità se non limitatamente alla destinazione delle risorse tendenti a sostenere spese legate direttamente o indirettamente all’emergenza sanitaria.

In tale cornice il sostegno agli Stati si basa sull’esistente linea di credito sulle condizioni rafforzate (ECCL) del MES, adeguata alla luce della sfida specifica posta dalla pandemia.

Come si diceva poco sopra, con l’Accordo dell’8 maggio,68 i ministri dell’Eurogruppo hanno raggiunto il compromesso definitivo sui dettagli tecnici della linea di credito del MES “sanitario”, indicando nel dettaglio le tipologie di spese stanziabili e le maturità dei prestiti. Invero, sebbene l’intesa politica fosse già stata raggiunta in precedenza,69 restavano irrisolte alcune questioni legate all’opportunità di smantellare i vari ingranaggi legali – presenti non solo nel Trattato istitutivo del MES, ma anche in altri documenti a esso collegati (come, per esempio, il già richiamato “Two Pack”) – che minavano alle radici la possibilità di limitare la condizionalità esclusivamente alla destinazione delle spese finanziabili con il prestito.70

In linea con la relazione dell’Eurogruppo, i servizi della Commissione hanno effettuato valutazioni tecniche preliminari della situazione economica e finanziaria nell’area dell’euro e dei suoi Stati membri richieste ai sensi dell’art. 13, par. 1, del T.MES e dell’art. 3 delle “Linee guida per assistenza finanziaria precauzionale” del MES.71 A tal riguardo, la Commissione ha dichiarato che il debito di tutti i Paesi è sostenibile (trattandosi di un requisito legalmente necessario per accedere ai fondi MES) e ha reso uniforme l’accesso ai finanziamenti per tutti i Paesi che lo chiedono, sulla base di un comune template – un modulo con le voci di spesa ammissibili – (dunque senza necessità di una discussione bilaterale per ottenere il prestito).72

La linea di credito viene, infatti, resa disponibile sulla base di <<condizioni standardizzate concordate in anticipo dagli organi di governo del MES>>, che riflettono le sfide attuali, sulla base di valutazioni iniziali delle istituzioni europee preposte.73

Successivamente, gli Stati membri dell’area dell’euro rimarrebbero impegnati a rafforzare i fondamenti economici e finanziari, coerentemente con i quadri di coordinamento e sorveglianza economica e fiscale dell’UE, compresa l’eventuale flessibilità concesse dalle istituzioni competenti in materia.74

I prestiti accordati agli Stati membri tramite la nuova linea di credito avranno una durata media massima di 10 anni.  Il lasso di tempo per la disponibilità iniziale per ciascuna struttura concessa nell’ambito del sostegno alla crisi pandemica sarà di 12 mesi, periodo che potrebbe essere prorogato altre due volte per 6 mesi, conformemente al quadro standard per gli strumenti precauzionali. Il tasso di interesse del prestito sarà molto basso, sicuramente inferiore allo 0,5 per cento, poiché limitato a rimborsare le spese sostenute dal MES per accendere il prestito sui mercati internazionali.75

A seguito di una richiesta nell’ambito del sostegno alla crisi pandemica, le istituzioni dovrebbero confermare le valutazioni con il minor preavviso possibile e preparare, insieme alle autorità, il singolo piano di risposta pandemica, basato sul modello concordato.

Fatte salve le procedure nazionali relative a ciascuna richiesta, gli organi direttivi del MES approveranno i singoli piani di risposta pandemica, le singole decisioni di concessione dell’assistenza finanziaria e gli accordi relativi alle strutture di assistenza finanziaria, conformemente all’art. 13 del T.MES.


4.1. Il nodo della “rigorosa condizionalità”

Con particolare riguardo alla condizionalità, già con la lettera del vice presidente esecutivo Valdis Dombrovskis del 7 maggio 2020 e del commissario Paolo Gentiloni (d’ora in poi, anche solo “lettera”) – cui tuttavia va attribuita rilevanza politica ma non giuridica76 si dichiarava che: <<L’unica condizione per accedere alla linea di credito è che lo Stato richiedente si impegni ad usare il credito per sostenere il finanziamento dei costi diretti e indiretti sostenuti per la sanità, la cura e la prevenzione in conseguenza della crisi Covid-19>>.

Malgrado questo testo fosse molto chiaro, in Italia sono stati sollevati non pochi dubbi e critiche,77 sostenendo che numerosi sono i dati normativi disseminati non solo nel Trattato istitutivo del MES, ma anche negli interstizi di altri documenti ad esso strettamente collegati (come per esempio il “Two pack”), che inducono a ritenere che la condizionalità resti un elemento imprescindibile del Meccanismo di stabilità e, in quanto tale, non facilmente espungibile anche da una linea semplificata come, per l’appunto, il “MES sanitario”.78

In primis, c’è da considerare l’art. 136, comma 3, TFUE, per effetto del quale la creazione di un fondo salva-Stati si lega giuridicamente alla presenza di rigorose “condizionalità”.

C’è chi ritiene, infatti, che separare tout court la condizionalità dalla concessione di assistenza finanziaria in qualsiasi forma da parte del MES non sia possibile e presti il fianco a ricorsi alla Corte di giustizia Ue, proprio perché in conflitto con il citato art. 136 del TFUE che esige una “rigorosa condizionalità” per gli interventi del MES.79 Termini questi ripresi anche dall’art. 12 del T.MES ove, tuttavia, si precisa che le <<condizioni rigorose (sono) commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto…>>.80

Se ne deduce che esiste un margine di discrezionalità nel fissare le condizioni; ed è quel margine di cui di norma si avvalgono gli organi decisionali del Meccanismo di stabilità e la Commissione europea quando negoziano il formale “accordo sul dispositivo di assistenza” (MoU) con lo Stato che ne abbia fatto richiesta (v. art. 13 T.MES).

Anche la Corte di giustizia, nel caso Pringle, ha insistito sulla conclusione di un programma di riforme strutturali coerente con gli obiettivi di politica economica dell’Unione quale quid pro quo per accedere all’assistenza finanziaria. Proprio l’esistenza di misure di condizionalità ha permesso infatti alla Corte di reinterpretare in senso più permissivo la no-bail out clause (art. 125 TFUE) così da poter autorizzare gli Stati membri a finanziare attraverso il MES lo Stato richiedente l’assistenza.81

Infine, che tale condizionalità, oltre che giuridicamente anche politicamente, non sia facilmente aggirabile trova conferma nelle argomentazioni del Tribunale costituzionale federale tedesco, secondo cui ogni esborso del MES necessita dell’approvazione del Bundestag.

Per sgombrare il campo dagli equivoci, occorre sottolineare che a detta del Consiglio Europeo l’unica condizione da rispettare al fine di essere in linea con l’art. 136 del TFUE è proprio l’impegno del Paese richiedente il sostegno ad utilizzare i fondi ricevuti per spese sanitarie, dirette o indirette.

Va inoltre segnalato che tale norma del TFUE non richiede che le condizioni siano di tipo macroeconomico (che è ciò che si teme, avendo in mente il caso della Grecia); come è specificato nell’art. 12 del T.MES, le condizioni possono <<spaziare da un aggiustamento macroeconomico al solo rispetto di condizioni di ammissibilità predefinite>>. E, nel caso della Linea precauzionale pandemica, come si è appena sottolineato, i criteri di eleggibilità predefiniti sono rappresentati dalla destinazione delle risorse per il finanziamento delle spese sanitarie dirette e indirette.82

Assodato, dunque, che si possa optare per questa “unica” specifica condizionalità, per giunta in linea di principio “semplificata”, occorre poi rilevare che il carattere “rigoroso” delle condizioni non debba riguardare necessariamente l’oggetto delle stesse, potendo tale requisito essere realizzato in altri modi, ad esempio introducendo controlli particolarmente stringenti sul rispetto delle condizioni pattuite e sui risultati conseguiti.

Altro accorgimento da adottare, così da porre termine a qualsiasi altra diatriba in merito, potrebbe essere quello di riferire la “rigorosa condizionalità” del PCS alla necessità di disporre di una specificazione chiara e dettagliata di cosa si intenda per “costi indiretti”.

4.2. Il quadro di monitoraggio semplificato

Nell’Accordo del 27 gennaio 2021 che modifica il Trattato istitutivo del MES, il nuovo considerando 4 del preambolo prevede che: <<Il rispetto rigoroso del quadro giuridico dell’Unione europea, del quadro integrato per sorveglianza fiscale e macroeconomica, in particolare il Patto di stabilità e crescita, del quadro per gli squilibri macroeconomici e delle regole di governance economica del Unione Europea, dovrebbe rimanere la prima linea di difesa contro le crisi di fiducia compromettere la stabilità della zona euro>>.

Monitoraggio e sorveglianza in accordo con le regole del “Two Pack” rappresentano, di regola, un passaggio obbligato decretato dal Trattato del MES nel periodo di accesso al finanziamento, cui va aggiunta una sorveglianza “post-programma” nella fase successiva. Un quadro di vigilanza che, riproponendo de facto il modello della vecchia Troika (manca, per vero, il FMI), rischia, nonostante le dichiarazioni d’intenti volte a mitigarne la severità, di innescare la richiesta di un doloroso programma di aggiustamento macroeconomico.

La definizione dei dettagli per l’accesso al PCS sono esplicitati in due documenti. Con la “lettera” la Commissione propone all’Eurogruppo, cercandone l’avallo, alcune ipotesi su come articolare in maniera più blanda la propria attività di sorveglianza, in occasione dell’accesso dello Stato alla linea “Pandemic Credit Support”.

Sempre avvalendosi della “lettera”, l’Esecutivo europeo propone al Consiglio Ue la “non attivazione” (“no scope for activating”) o la “disapplicazione” (“does not apply”) di alcune norme del reg. 472/2013 relative alla fornitura di informazioni e allo svolgimento di stress test sul sistema finanziario, alle missioni di verifica in loco (mentre restano in fieri quelle a cui ordinariamente si procede nell’ambito del semestre europeo)83 ed alla possibilità di attivare un programma di aggiustamento macroeconomico.

Sul punto la Commissione ha inteso chiarire l’interpretazione di questa serie di deroghe, per neutralizzarne la vischiosità.

In primo luogo, l’Esecutivo Ue precisa che il quadro di monitoraggio semplificato sarà limitato agli impegni dettagliati nel piano di risposta pandemica.

In secondo luogo, chiarisce che, benché il monitoraggio trimestrale da parte delle istituzioni Ue sia inevitabile,84 vi è la garanzia che non porterà a condizionalità aggiuntive, cambio di scenari e tantomeno all’imposizione di un programma in stile Grecia. Pertanto, gli Stati che accederanno al “MES sanitario” non dovranno inviare comunicazioni o altre informazioni supplementari sul loro sistema finanziario. Né si applicheranno le norme del regolamento “Two Pack” relative alla richiesta di misure correttive precauzionali e di quelle sui programmi di aggiustamenti macroeconomici (“lettera”, punti 2-5), procedure di cui, di solito, la Commissione si avvale «per affrontare le difficoltà strutturali interne». L’accordo prevede, infatti, che la sorveglianza da parte della Commissione su come le risorse verranno impiegate sarà commisurata alla natura dello shock simmetrico causato dalla pandemia e proporzionata alle caratteristiche e all’uso del supporto per la crisi sanitaria, in sintonia con il quadro dell’UE85 e le pertinenti linee guida del MES.

In terzo luogo, si specifica che la “sorveglianza rafforzata” – nella versione mitigata rispetto al regime ordinario – si conclude al più tardi quando ha termine il programma di finanziamento ovvero ad una data antecedente se e quando tutto il denaro disponibile è stato speso dallo Stato beneficiario per le esigenze sanitarie, prima ancora che la stessa Commissione abbia espresso il suo parere sull’uso dei fondi (“lettera”, punto 6).

Questo regime “eccezionale” opererebbe fino all’attivazione del prestito e alla sua effettiva utilizzazione da parte del Paese richiedente. Dopodiché, resterebbe in vigore la “sorveglianza post-programma” di cui all’art. 14 dello stesso reg. 472/2013, in cui campeggia minacciosa la frase “misure correttive”. Vi è, infatti, da tener conto che il quinto comma di tale articolo consente al Board of Directors del Fondo, composto da tecnici e funzionari, di proseguire o interrompere la linea di credito valutando l’impegno del Paese assistito nell’implementare il programma di aggiustamento; si lascia quindi nelle mani di un organo tecnico un immenso potere di ricatto politico e finanziario.

Ebbene, va segnalato che anche in relazione a questo periodo di sorveglianza, l’Esecutivo Ue prevede un rilevante alleggerimento della disciplina ordinaria, vale a dire che: i) i report della Commissione sono resi funzionali agli obiettivi sanitari della linea di credito; ii) le sue missioni in loco sono incorporate in quelle già previste nell’ambito del semestre europeo; iii) le misure correttive eventualmente suggerite non possono essere oggetto di raccomandazione da parte del Consiglio (“lettera”, punti 7-8).


4.3. Il quadro della vigilanza rafforzata. A volte ritornano

Il secondo atto sopra richiamato – questo sì giuridicamente rilevante – si riferisce, ai sensi del combinato disposto del T.MES e del Two Pack, alla valutazione del rischio di stabilità finanziaria per l’intera Eurozona e della sostenibilità del debito per ciascun Paese che la Commissione è deputata ad effettuare.

Da notare la differenza tra le espressioni “mancata attivazione” e “disapplicazione” enunciati nella “lettera” e poco sopra richiamati. Il secondo, in particolare, viene usato solo per eliminare il programma di aggiustamento macroeconomico al momento della richiesta dell’assistenza finanziaria, cosa manifestamente non applicabile in questa fattispecie, vista l’assenza della necessità di non apportare, in partenza, alcuna correzione ai conti di Stati membri in condizioni finanziarie ritenute sane.

Nulla viene detto, sui rapporti con le norme del T.MES che riportano lo stesso meccanismo di monitoraggio, valutazione ed eventuali misure correttive. Una sottolineatura non secondaria per evidenziare la necessità che il MES operi all’interno delle regole esistenti ed evitare altrimenti la scure dei giudici, è tuttavia contenuta nella stessa “lettera”, ove si precisa che il tutto avviene <<nell’ambito delle norme del Trattato sul MES>>.

Orbene, se le conclusioni relative al primo documento lasciano spazio a molti dubbi, quelle relative al secondo risultano meno controvertibili. D’altronde, la verifica della “sostenibilità del debito” prima della concessione degli aiuti è già prevista dal Trattato vigente trattandosi di una clausola a tutela delle risorse del MES. Difatti, la Commissione presenta una valutazione preliminare di sostenibilità resa ai sensi dell’art. 13, comma 1, del T.MES, dell’art. 6 del reg. 472/2013 e, soprattutto, dell’art. 3 delle linee guida del MES sull’assistenza finanziaria precauzionale.

Per inciso, nel documento viene sancito che la crisi da Covid-19 costituisce un rischio per la stabilità finanziaria dell’Eurozona, condizione essenziale per attivare la linea PCS. A tal proposito, viene inoltre accertato che tutti gli Stati membri hanno un debito pubblico sostenibile.


4.4. Altri profili critici scaturenti dalle norme del Trattato MES

Proseguendo nell’analisi del documento si evince altresì che:

1) <<Le norme del MES continuano ad applicarsi>> (punto 3);

2) il MES implementerà il suo sistema di early warning sulla solvibilità del debitore per garantire il rimborso puntuale del prestito (punto 5);86

3) per ciascuno Stato membro richiedente assistenza finanziaria attraverso la linea di credito legata al Covid-19, l’approvazione del ‘Pandemic Response Plan’ da parte del MES <<segue quanto previsto dall’art 13 del Trattato>>.

Quest’ultima disposizione del T.MES contiene numerose “tracce” della paventata condizionalità che si associa agli interventi del Fondo. In base al primo comma, ricevuta la richiesta di assistenza finanziaria da uno Stato membro, il Presidente del BoG assegna alla Commissione europea, di concerto con la BCE, una serie di compiti, tra cui quello di “valutare la sostenibilità del debito pubblico”, prevedendo altresì che <<se opportuno e possibile, tale valutazione dovrà essere effettuata insieme al FMI>>.

Al comma 3 si prevede poi che: <<il Consiglio dei governatori affida alla Commissione europea – di concerto con la BCE e, laddove possibile, insieme all’FMI – il compito di negoziare con il membro del MES interessato, un protocollo d’intesa [il MoU, nda] che precisi le condizioni contenute nel dispositivo di assistenza finanziaria. Il contenuto del protocollo d’intesa riflette la gravità delle carenze da affrontare e lo strumento di assistenza finanziaria scelto>>.

Infine, al comma 6 si introduce il famigerato meccanismo di early warning già esplicitamente richiamato nel punto 5 del documento sottoscritto all’Eurogruppo. Nell’ambito del sostegno alla stabilità, siffatto sistema di “allarme anticipato” sostanzialmente giustifica la richiesta di “restituzione tempestiva” del finanziamento elargito.


4.5. Monitoraggio e sorveglianza in accordo con le regole del “Two Pack”. Quali implicazioni?

La lettera del Commissario europeo Gentiloni e del Vice-Presidente esecutivo Dombrovkis all’Eurogruppo viene richiamata al punto 5 del comunicato dell’Eurogruppo. Tuttavia, la missiva si limita ad indicare gli effetti regolamentari del Rapporto dell’Eurogruppo del 9 aprile, confinati in un pericolosamente ambiguo intervallo temporale (<<under the circumstances of the Covid-19>>). E, in effetti, dalla bozza del documento si evince chiaramente che: <<La Commissione europea chiarirà monitoraggio e sorveglianza in accordo con le regole del “Two PacK”>>.

Nella stessa dichiarazione, viene specificato altresì che, <<nelle circostanze del Covid-19, non si attiva il comma 7 dell’art. 3, del Reg. 472/2013, così come l’art 7 del medesimo regolamento, entrambi relativi ad un “programma di aggiustamento macroeconomico”>>.

Trattasi di un “allentamento” delle regole non deve essere affatto ritenuto una novità, ma la conseguenza logica dell’assenza di condizionalità all’accesso alla speciale linea di credito “sanitaria”. Si consideri, del resto, che gli effetti della “sorveglianza rafforzata” possono essere scongiurati solo con atti giuridici di identico livello che modifichino o sospendano le normative applicabili. Diversamente, la lettera di Gentiloni e Dombrovskis non disattiva – e non può farlo in quanto è normativa corrispondente a quella del MES – l’art. 6 del Reg. 472/2013 nel quale è prescritta la valutazione – da parte della Commissione, d’intesa con la BCE e, ove possibile, con l’FMI – della sostenibilità del debito pubblico e delle sue necessità di finanziamento effettive o potenziali qualora uno Stato membro richieda l’assistenza finanziaria del Fondo. Un precetto che, come si poc’anzi illustrato, per giunta è stato pedissequamente trasfuso nell’art. 13 del T.MES che si allinea perfettamente, da questo punto di vista, al Regolamento.

Ebbene, questo sì che può essere considerato uno snodo pericoloso per l’Italia, dato il livello elevato del nostro indebitamento pubblico, ma in assoluto non ostativo dell’assistenza.

In sintesi, si accede, senza condizioni e senza Memorandum, alla linea di credito speciale del MES. Una volta ottenuto il via libera, viene valutata la sostenibilità del debitore, in conseguenza dei punti 3, 5 e 10, sopra richiamati, del comunicato dell’Eurogruppo. Dato che nel 2020 si stima che l’Italia supererà il 160% nel rapporto tra debito pubblico e PIL, con corrispondente rischio di solvibilità, scatterebbero le trappole nascoste nell’art 13: il programma di aggiustamento macroeconomico e il Memorandum.

Né tantomeno la Commissione “disattiva” l’art. 13, commi 6 e 7, del T.MES, là dove si disciplina il noto sistema di allerta (“early warning system”).87 Con il risultato che, secondo il successivo art. 14, commi 5 e 6, si potrebbe sin’anche pervenire a revocare la linea di credito (se non ancora utilizzata) oppure imporre a un altro tipo di assistenza finanziaria con un programma di aggiustamento macroeconomico che opera da subito.

Per le stesse ragioni sopra addotte, la lettera non può disattivare neppure i commi 1, 5 e 6 dell’art. 3 del “Two Pack”. In particolare, il primo comma di tale articolo è inequivocabile nel’affermare che: <<Uno Stato membro soggetto a sorveglianza rafforzata (istituto confermato nella lettera dei due Commissari anche per il PCS) adotta, previa consultazione e in collaborazione con la Commissione e d’intesa con la BCE, … ed eventualmente l’FMI, misure atte a eliminare le cause, o le cause potenziali, di difficoltà>>.88

Vi sono poi, in assenza di precise indicazioni derogatorie al riguardo, altre conseguenze di cui occorre tener conto e legate questa volta a quanto prevede il terzo paragrafo dell’art. 2 del “Two Pack”, dove si dispone che: <<Se uno Stato membro beneficia di assistenza finanziaria a titolo precauzionale (...) dal MES (...) la Commissione (lo) sottopone a sorveglianza rafforzata>>. Un passaggio obbligato, dunque, previsto dal Trattato MES che, come si è illustrato poc’anzi, implica una “sorveglianza rafforzata” da parte di Commissione e BCE. La qual cosa non consente di escludere in toto un intervento della Troika anche in Italia.

Peraltro, corre l’obbligo anche di segnalare che l’eventualità di essere sottoposti a tale forma di sorveglianza sussiste a prescindere dal ricorso al MES, giacché, ai sensi del primo paragrafo dell’art. 2 del medesimo Regolamento, l’Esecutivo Ue potrebbe decidere di applicarla unilateralmente qualora uno Stato <<si trovi o rischi di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la sua stabilità finanziaria o la sostenibilità delle sue finanze pubbliche, con potenziali ripercussioni negative su altri Stati membri nella zona euro>>.89

Tra l’atro, lo Stato soggetto a sorveglianza rafforzata deve tener conto di ogni raccomandazione rivoltagli nel quadro del PSC. Sia ben chiaro, il contenuto di siffatta “raccomandazione” non si traduce ipso iure in un obbligo di porre in essere le condotte raccomandate; e d’altra parte è noto che tale tipo di atti non ha efficacia giuridica vincolante.90 Ergo, la procedura non può andare oltre alla raccomandazione, che certo potrà anche avere un peso non indifferente nel caso in cui i mercati dubitino della solidità di un Paese, ma che ha un significato e una vincolatività del tutto diversi da un programma di condizionalità, definito sulla base di un Memorandum of Understanding.


4.6. Il subentro di un’altra forma di assistenza finanziaria… “condizionata”

Vi è infine un quarto punto che resta in sospeso e che sembra lasciare aperte le porte ad una revisione delle regole del gioco a partita in corso. L’inghippo è stato individuato nell’art. 14, comma 6, T.MES, e precisamente quando si dice che <<dopo che un membro del MES abbia già ottenuto fondi una prima volta (per mezzo di un prestito o di un acquisto sul mercato primario), il Consiglio di amministrazione decide di comune accordo su proposta del Direttore generale e sulla base di una valutazione condotta dalla Commissione europea, di concerto con la BCE, se la linea di credito è ancora adeguata o se sia necessaria un’altra forma di assistenza finanziaria>>.

Ebbene, se grosso modo è stato possibile escludere o smontare le altre ipotesi di condizionalità, con l’art. 14, comma 6, la trappola sembra comunque servita.

Pur ammettendo che la linea di credito sanitaria sia senza condizioni se non quella del vincolo di destinazione, il rischio per il Paese che chiedesse di beneficiarne sarebbe, in sostanza, quello di ricevere una “prima” linea di credito “a condizioni light”, facendo leva sulla quale, tuttavia, il Consiglio di amministrazione del Fondo sarebbe legittimato ad aprirne un’altra, questa volta sottoposta a condizioni hard.

Ma non è tutto, perché occorre prendere in considerazione anche il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita (momentaneamente sospeso) non appena questo dovesse tornare operativo, potendosi in tal caso imporre allo Stato interessato, nell’ottica di una reiterata austerità, un rapido rientro dal maggior debito.


4.7. Modifiche successive al programma originario di aggiustamento macroeconomico

Si è detto anche che quelle condizioni inizialmente “leggere” possono essere successivamente modificate a maggioranza qualificata dal Consiglio UE e quindi trasformarsi ex-post per il Paese richiedente l’assistenza finanziaria in una angusta gabbia.

Il par. 5 dello stesso art. 7 prevede che la Commissione, d’intesa con la BCE e, se del caso, con l’FMI, esamina insieme allo Stato membro interessato le eventuali modifiche e gli aggiornamenti da apportare al programma di aggiustamento macroeconomico, al fine di tenere debitamente conto, tra l’altro, di ogni scostamento significativo tra le previsioni iniziali e le ricadute negative derivanti dallo stesso programma o da shock macroeconomici e finanziari.

Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, decide in merito alle modifiche da apportare. Ciò significa che uno Stato può quindi effettivamente fruire a condizioni più leggere dell’assistenza finanziaria del MES, fermo restando che ove si verificasse uno scostamento significativo dalle previsioni macroeconomiche iniziali (eventualità per nulla peregrina in un contesto altamente volatile come quello attuale), il Consiglio potrebbe apportare modifiche al programma originario anche in assenza del consenso dello Stato debitore.

Ma, anche a tal proposito, è d’uopo osservare che, sulla base del T.MES del 2012, l’aggiustamento macroeconomico è previsto esclusivamente per gli interventi non precauzionali, ovvero i prestiti ex art. 16 del Trattato. Gli è che, siffatta eventualità, quantunque da taluni segnalata, debba escludersi per gli strumenti precauzionali, quale è appunto la linea di credito “Pandemic Crisis Support”. Quanto ora detto trova conferma nel paragrafo 12 dell’art. 7 del Two Pack, dove si legge che l’intero articolo, relativo all’aggiustamento macroeconomico, non si applica per i prestiti precauzionali; dovendosi dedurre, in negativo, che l’aggiustamento è previsto solo in caso di prestiti non precauzionali.

Resta allora da prendere in considerazione la “sorveglianza economica e fiscale” delle Istituzioni Ue sugli Stati che ricorressero al MES (“lettera”, punto 7). Una sorveglianza da attivarsi nella fase di restituzione del prestito e finalizzata alla riduzione del debito. Di tal ché, gli Stati membri dell’area dell’euro rimarrebbero impegnati a rafforzare i fondamenti economici e finanziari (attraverso il consolidamento fiscale e tagli alla spesa pubblica), coerentemente con i quadri di “coordinamento e sorveglianza economica e fiscale” dell’Ue, compresa l’eventuale flessibilità applicata dalle competenti istituzioni dell’Unione.91


5. Il dubbio amletico: MES sì, MES no

In effetti, al di là delle connessioni istituzionali, sul piano sostanziale si deve rilevare come sia costante in tutti gli strumenti fin qui richiamati, sia all’interno che all’esterno dello spazio giuridico dell’Unione, l’esigenza di assicurare la coerenza e la congruità delle indicazioni rivolte agli Stati membri, in particolare tra quelle fissate per l’erogazione di assistenza finanziaria e quelle individuate nelle procedure relative alla sorveglianza macroeconomica e alla disciplina di bilancio.

È chiaro che i dispositivi di gestione dell’emergenza finanziaria possono essere attivati a condizione che gli Stati dimostrino di aver cercato di prevenire la crisi adottando i comportamenti virtuosi previsti dal Trattato di Lisbona e sottoponendosi alle manovre correttive individuate dalla Commissione. Soltanto quando né gli uni e ne le altre consentono di raggiungere gli obiettivi auspicati, i problemi di liquidità e di solvibilità possono essere affrontati con l’intervento del Meccanismo permanente di stabilità.

Alla luce di tali condivisibili argomentazioni, non sembrano tuttavia rinvenirsi valide ragioni che spingano, in linea di principio, ad accettare strumenti di sostegno pensati per penalizzare maggiormente proprio quei Paesi che di quel sostegno potrebbero avere maggiore bisogno. Piuttosto andrebbe formulata la possibilità di concedere un aiuto finanziario a bassa condizionalità, non laddove non si abbiano squilibri per sopravvenute esigenze di finanza pubblica,92 <<bensì nel caso in cui siano rispettati tutti gli altri criteri definiti al di fuori della sfera del deficit e del debito pubblico>>.93

Tuttavia, il finanziamento del debito pubblico, garantito a condizioni favorevoli dal particolare contesto istituzionale del Meccanismo in parola, deve essere letto come una misura temporanea, concepita per garantire quella stabilità finanziaria che è necessaria a modificare il corso della politica economica nazionale, riportandola entro il perimetro disegnato dalle Istituzioni europee.

Resta sullo sfondo un’altra non meno importante questione che, anche alla luce del quadro potenziale di vincoli e condizionalità associate ad un simile finanziamento, induce a chiedersi se – da un punto di vista squisitamente economico – sia conveniente per l’Italia accedere a questa specifica linea di credito del MES per l’emergenza Covid-19.

Dei vantaggi diretti si è già detto: per ciascuno Stato la linea è commisurata al 2% del rispettivo Pil e per l’Italia il finanziamento ammonterebbe, dunque, a circa 36 miliardi. Non è ancora del tutto chiaro cosa s’intenda con la formula relativa ai costi “indiretti”, sebbene tale aspetto verrà probabilmente chiarito nei documenti applicativi che dovranno essere approvati in seguito.

La sola possibilità che questo possa accadere dovrebbe, ad ogni modo, scoraggiare spinte speculative sul nostro debito, consentendoci di mantenere sotto controllo l’evoluzione dello spread.94

Un vantaggio indiretto può derivare dall’accesso alle operazioni OMT, gli acquisti di titoli di Stato dei Paesi dell’Eurozona, di dimensione praticamente illimitata, che la BCE è in grado di avviare, essendo una delle svariate condizioni necessarie per attivarli la concessione dell’assistenza finanziaria da parte del MES.

È d’uopo chiarire, al riguardo, che per accedere alle OMT non è necessario un “full macroeconomic adjustment programme”, ma è sufficiente un programma precauzionale, quale quello connesso dalla ECCL, che è la linea di credito usata per erogare il PCS, sebbene privata della rigorosa condizionalità che statutariamente la contraddistingue.

Tra l’altro, le OMT, a differenza del PSPP (Public Sector Purchase Program), non sono entrate nel mirino della recente sentenza della Corte costituzionale tedesca,95 rendendole dunque uno strumento pienamente utilizzabile, senza incertezze, dalla BCE.

Si tratta, in effetti, di condizioni previste da un regolamento interno, che può essere modificato dal Consiglio dei Governatori della Banca Centrale Europea, così come è accaduto a proposito del regolamento relativo alla qualità del collateral per le operazioni di prestito con le banche.

Mentre, per converso, è difficile supporre che la BCE possa cambiare la condizione che richiede l’esistenza a monte di un prestito del MES, costituendo tale presupposto un punto rilevante della sentenza del 2015 con cui la Corte di Giustizia europea ha decretato la conformità delle OMT allo spirito e alla lettera dei Trattati.96

Sarebbe in ogni caso utile un chiarimento da parte del MES e della stessa BCE sulla possibilità che tali operazioni siano effettivamente attivate, in presenza di un ricorso alla linea “Pandemic Crisis Support” e in assenza di un programma di aggiustamento macroeconomico.

V’è infine un ulteriore fattore che, prevalentemente in un’ottica economica, rileva: ricercare l’ausilio del MES comporta uno stigma negativo poiché rischierebbe di segnalare ai mercati le difficoltà in cui imperversa lo Stato richiedente il sostegno; un rischio che sarebbe ridotto se gli Stati bisognosi procedessero congiuntamente nell’inoltrare la richiesta di accesso al PCS.

La risposta sulla convenienza o meno dell’attivazione del MES sanitario è indubbiamente affare complesso e dipende, tra l’altro, dall’evoluzione delle condizioni di finanza pubblica di ciascun Paese. Del resto, l’attuale quadro congiunturale non mette al riparo Paesi come il nostro da un possibile default, che dipende da disavanzi pubblici eccessivi e dalle politiche economiche adottate.


6. Oltre il MES: il Recovery Fund

Data l’entità del fabbisogno finanziario imposto al nostro Paese dall’emergenza Covid-19, ci si chiede, pertanto, se non sia più ragionevole guadare anche a fonti di finanziamento ulteriori le cui risorse andrebbero a sommarsi a quelle che il MES “sanitario” garantirebbe con vincolo di destinazione o meglio di scopo.

Come anticipato, all’interno dell’Unione europea sono state avanzate diverse proposte in merito. Si pensi, per esempio, alla possibilità di fornire apposite forme di garanzia per supportare l’emissione dei titoli di debito pubblico di Stati membri dell’area-euro ovvero per riassicurare gli istituti che erogano credito alle aziende destabilizzate dalle forzate interruzioni dovute all’esigenza di circoscrivere il contagio da Covid-19.

L’altra strada praticabile sarebbe quella di aprire una linea di credito per tutti gli Stati membri, in modo da aiutarli a combattere le conseguenze della pandemia, sulla base della condizione della piena responsabilità da parte di ciascun Paese sul modo in cui vengono spese le risorse.

Rispolverando una soluzione già prospettata in passato, torna in voga anche l’emissione di eurobond per finanziare il nuovo debito che, col sostegno della BCE, apparirebbe come europeo e non nazionale. Questi strumenti rappresenterebbero anche una soluzione preferibile rispetto all’acquisto di titoli nazionali da parte della BCE, misura pur sempre temporanea; e comunque ne completerebbero l’azione a sostegno del debito preesistente. Addirittura, vi sarebbe la possibilità di trasformare il Meccanismo di stabilità nell’organo tecnico d’emissione. Ma – si ribatte – solamente se sostenuti dalla BCE gli eurobond prefigurerebbero un principio di cambiamento strutturale della governance dell’Eurozona senza bisogno, per giunta, di incorrere nelle sabbie mobili del MES.

Quello degli eurobond è un progetto a lungo termine, e da tempo oggetto di discussione, perché presuppone la creazione di una capacità fiscale comune europea. Gli Stati membri dovrebbero emettere nuove garanzie pubbliche e in prospettiva attivare iniezioni di capitale aggiuntivo per potenziare emittenti già esistenti come MES e BEI. E ciò imporrebbe di cedere (“mettere in comune”) una porzione più o meno grande della sovranità fiscale nazionale,97 con i tempi e le difficoltà che un simile processo inevitabilmente comporta. Detto in altri termini, affinché si possa beneficiare dei vantaggi di un titolo di stato europeo, occorre che anche responsabilità e vincoli sulle spese vengano condivisi.98 Un processo che, nel frangente quivi considerato, mal si concilia con l’esigenza di fornire una risposta rapida e poderosa alla crisi da pandemia.

Preme segnalare, in proposito, che anche la proposta di un Fondo di recupero (“Recovery Fund”), avanzata da Francia e Germania e basata esclusivamente su concessioni di denaro a fondo perduto, ha incontrato la resistenza di alcuni Paesi99 contrari alla mutualizzazione del debito in genere e a quella che si realizzerebbe attraverso l’emissione di titoli del debito da parte di istituzioni europee o anche degli Stati membri congiuntamente.

L’intesa franco-tedesca prevede che competa alla Commissione UE prestare denaro a nome dell’Unione europea nel rispetto dei Trattati europei. Si tratterebbe di una risposta di breve termine contro la crisi attuale, rimanendo in sospeso la discussione di una soluzione di lungo termine che includa quelle riforme all’interno dell’UE che ne rafforzino il processo di consolidamento anche attraverso una modifica dei Trattati.

In questo clima di acceso contrasto è prevalsa l’idea, prospettata dalla Commissione Ue, di attuare uno schema ibrido di Recovery Fund, nel quale vengano previsti sia finanziamenti da rimborsare che concessioni a fondo perduto. Il reperimento di risorse da parte del Fondo è progettato attraverso l’emissione dei recovery bond (“obbligazioni per il sostegno della ripresa”), con garanzia offerta dal bilancio UE.100 In questo modo la condivisione del rischio sarebbe comune solo guardando al futuro, senza che nell’immediato abbia luogo una vera e propria mutualizzazione del debito preesistente.

All’interno del Recovery Fund, ribattezzato “Next Generation Eu”, lo strumento principale per supportare la ripresa degli Stati membri è la Recovery and Resilience Facility, che prevede un sostegno finanziario per investimenti e riforme per accelerare la ripresa e rendere le economie dei Paesi Ue più resilienti e preparate al futuro.

È previsto poi un secondo strumento chiamato “React-Eu” che interverrà attraverso la politica di coesione per far arrivare gli aiuti ai territori, alle Regioni, alle città e alle imprese, ai settori dal turismo alla cultura. Il criterio di allocazione delle risorse terrà conto dell’impatto della crisi e non sarà quello della politica di coesione.

Infine, vengono rafforzati due programmi esistenti: quello sullo sviluppo rurale e il “Just transition mechanism”, per una transizione verde equa.

Per completare il quadro dei dispositivi messi in campo, un qualche peso nel processo decisionale europeo deve essere ascritto alla già citata sentenza della Corte costituzionale tedesca che ha richiamato all’ordine la BCE in merito al rispetto dei principi di “proporzionalità” e temporaneità del programma di acquisti di titoli di Stato (PSPP), avendo la Banca Centrale – sia nell’ambito del PSPP, che del PEPP – ripudiato il meccanismo delle “capital key” al fine di acquistare in misura maggiore i titoli di Stato dei Paesi più in difficoltà. Questa digressione dalle pratiche standard dell’Istituto centrale, che è funzionale a garantire una trasmissione simmetrica degli impulsi monetari nei vari Paesi dell’Eurozona, rappresenta in effetti una soluzione “tampone” imposta dall’emergenza finanziaria, non potendosi la BCE addossare l’improbo compito di risolvere la divergenza fiscale in atto tra i Paesi dell’Eurozona.

È questo il motivo principale che ha reso improcrastinabile una manovra di redistribuzione fiscale a livello europeo e di cui il programma “Next Generation Eu”, rappresenta la forma più di attuazione più concreta, poiché volto a supportare i Paesi più vulnerabili allo shock pandemico nel compiere riforme economiche e strutturali.101

L’esistenza in prospettiva di questo ricco armamentario di strumenti di finanziamento cui attingere non illuda. Il sentiero per accedere alle risorse del Recovery Fund resta strettissimo ed accidentato. Esso prevede il sostegno finanziario esclusivamente al fine di implementare riforme strutturali ed eseguire investimenti ritenuti idonei a conseguire gli obiettivi di politica economica propri del Semestre europeo.

Insomma, un’agenda fitta prestabilirà obiettivi intermedi, costi, piano delle attività. Il tutto sarà sottoposto alla attenta valutazione della Commissione che ne esaminerà la coerenza con gli obiettivi già definiti ed apporterà le opportune modifiche. Ma non finisce qua. È infatti previsto un piano di monitoraggio trimestrale, in cui lo Stato membro beneficiario riferirà circa i progressi compiuti nel raggiungimento degli impegni assunti. La quadratura del cerchio arriva infine con il pagamento dei sussidi a stati di avanzamento.


7. Metodo intergovernativo vs metodo comunitario. L'Europa s'è desta?

L’aver segnalato più d’un punto di debolezza nella cornice giuridica dell’UEM reca, pertanto, con sé un’ulteriore implicazione che nel corso dell’indagine si è cercato in diversi passaggi di segnalare.

Il secondo processo innescato da tali riforme e che si ritiene doveroso trattare in questa sede, attiene infatti all’evoluzione giuridica dell’azione dell’UE che è andata progressivamente sostituendo una governance morbida con “strutture di contrasto duro” con il fine precipuo di garantire il rispetto da parte degli Stati membri degli impegni sottoscritti.

Nel declino dell’ordine di Maastricht, e nel disordine costituzionale che ne è conseguito, ha cominciato a muovere i primi passi un inedito “diritto della crisi”. Un diritto, dunque, che ambisce a trarre la sua legittimazione da categorie note al discorso giuridico (l’emergenza, lo stato di necessità), ma il cui punto di caduta è tutt’altro che definito. Cosicché, immodificate le competenze di attribuzione dei Trattati, i parametri macroeconomici e le relative condizionalità sono stati definiti a livello sovranazionale (recte “intergovernativo”) in un ambito particolarmente ristretto (e rarefatto) di decisione.

La creazione di un Meccanismo permanente di stabilità, teso a rinsaldare un vincolo assicurativo comune, ha implicitamente avanzato la frontiera costituzionale dell’Unione, e ha consolidato la «scelta di affidarsi a circuiti di integrazione “esterni” al sistema dei Trattati, plasmando dei “sotto-sistemi” ibridi che in parte mutuano, e in parte escludono, le istituzioni dell’Unione europea e degli Stati membri».102

Nell’articolato quadro di relazioni sistemiche tra moneta e mercato, da un lato, e bilanci pubblici e debiti sovrani, dall’altro, i tentativi di riequilibrio macroeconomico dell’area Euro rischiano di produrre (rectius, accentuare) diseguaglianze lungo l’asse dei confini nazionali tra Paesi membri. È altrettanto vero che adottare decisioni urgenti e indifferibili necessita, il più delle volte, di una marginalizzazione dei procedimenti che, per sede e natura, non possono svolgersi in tempo reale. Questo effetto giace nella natura delle cose, se si tratta di fronteggiare la straordinaria urgenza e necessità indotte da crisi sistemiche come quella che si accompagna alla pandemia.

Proprio in ragione di tali premesse – esattamente perché la soluzione di crisi simili deve dapprima passare attraverso la tecnica, e non la politica – lo strappo andrebbe ricucito.

Il Meccanismo permanente di stabilità è, infatti, l’istituzione che è munita di nuovi strumenti da mettere a disposizione degli Stati dell’Ue,103 ma la cui struttura e il cui funzionamento non sono rimasti immutati.104 La riforma nasce fondamentalmente dalla considerazione che le regole formali (Patto di Stabilità e Crescita e Fiscal Compact) non abbiano sortito i risultati auspicati. Di qui, l’idea di far funzionare meglio la disciplina di mercato dando un senso alla clausola di “no bail-out”: così, ad esempio, si concedono aiuti, ma condizionandoli ad una ristrutturazione del debito, in guisa da evitare quell’effetto di moral hazard che ha indotto alcuni Paesi ad accumulare debito in misura a lungo andare non più sostenibile.

In fondo, da tali considerazioni trae forza il convincimento che prima di concedere sussidi agli Stati membri o istituire nuovi dispositivi preposti a farlo che comportino una condivisone dei rischi, occorra indurre i Paesi devianti a ridurre i rischi.105

Sennonché, in un lasso temporale ristretto, imposto dall’imperversare della pandemia, le dinamiche del processo di integrazione sono mutate profondamente. In ambito sovranazionale vanno attestandosi nuove forme di cooperazione che mutano gli equilibri tra Unione europea e Stati membri, da un lato, e tra gli stessi Stati membri, dall’altro. Allo sguardo attento del giurista non sfugge come la crisi finanziaria da Covid-19 abbia messo in discussione la struttura intergovernativa dell’UE piuttosto che l’Unione europea in quanto tale, con un evidente inversione di tendenza delle dinamiche antidemocratiche in atto e il conseguente rafforzamento dei canali comunitari a discapito dei processi decisionali di stampo intergovernativo.106

Riprendendo talune valutazioni già formulate nel corso del lavoro, può a ragione sostenersi che, a fronte dei limiti testé menzionati, si registra un’azione tecnica preordinata, per un verso, a supportare gli Stati in difficoltà, per altro a dar vita a una costruzione che, con la spinta propulsiva della Commissione e il coinvolgimento diretto della BCE, pare protesa a ridisegnare l’architettura del complesso autoritativo posto al vertice della nuova governance dell’UE.

In luogo di una visione prevalsa in passato e volta a ritenere l’apposizione di condizioni come misura punitiva da infliggere a quei Paesi “colpevoli” di non garantire la solvibilità del proprio debito sovrano degli Stati, andrebbe invece chiarito che la condizionalità, ove prevista, non costituisce un dispositivo di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, bensì strumento teso a garantire la conformità delle attività del MES con le misure di coordinamento delle politiche economiche adottate dall’Unione.107

Da qui il rifiuto di assetti normativi che finiscano per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti e automatici, con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci. Nonché, in ordine alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, la rinuncia a non approvare modifiche che prevedono condizionalità che finiscono per penalizzare quegli Stati membri che più di altri abbisognano di riforme strutturali e di investimenti.

In una logica di “pacchetto”, che strada facendo si è abbandonata, la revisione del Trattato istitutivo del MES e il rafforzamento dell’Unione bancaria si collocano nell’alveo delle iniziative volte ad accelerare il processo di completamento dell’Unione economica e monetaria in cui spicca, altresì, la proposta di regolamento per la creazione di un quadro di governance dello strumento di bilancio per la convergenza e la competitività della zona euro.108 Rappresentano ulteriori tasselli di questo intricato mosaico il compimento dell’Unione dei mercati dei capitali con l’introduzione di un titolo comune di debito sovrano, che sostituisca una parte dei titoli nazionali in circolazione, e il perfezionamento dell’Unione bancaria con la creazione di uno schema comune di assicurazione dei depositi e l’introduzione di meccanismi che agevolino l’uscita ordinata dal mercato delle banche di più piccola dimensione che non possono accedere alla procedura di risoluzione e fruire, quindi, degli interventi del Fondo, ancorché vi contribuiscano.


8. Osservazioni conclusive

In perfetta sintonia con le modifiche apportate al Patto di stabilità nel 2012, il MES costituisce un presidio di rafforzamento ulteriore delle regole che disciplinano la politica di bilancio dei Paesi dell’Eurozona. In linea di continuità con tale paradigma la riforma del MES mira all’adozione sullo scenario continentale di meccanismi di controlli resi ancora più stringenti.109

In via di principio la proposta di integrare accordi e meccanismi istituiti al di fuori dei Trattati nel diritto dell’Unione europea è da giudicare positivamente allorché consenta di semplificare e razionalizzare l’edificio europeo e di aumentare l’efficienza operativa delle sue istituzioni.110 Analoghe valutazioni valgono anche con riguardo alla proposta di trasformazione del Trattato MES nel Fondo monetario europeo. Per inciso, la politica monetaria da sola non può risolvere tutti i problemi e, d’altra parte, anche il MES è stato creato per far fronte ad un diverso tipo di crisi.

La riforma in itinere interviene sulle condizioni necessarie per la concessione di assistenza finanziaria e sui compiti svolti dal Fondo in tale ambito, introducendo modifiche di portata complessivamente limitata. La proposta non sembra essere un meccanismo facilitatore in tal senso: essa è costruita in modo da favorire il ricorso ai fondi di Paesi che sono in regola con i conti pubblici (per esempio la Germania per affrontare una crisi delle sue banche) e da penalizzare invece l’accesso ai fondi per quegli Stati che non rispettano i parametri di Maastricht.

La novità più rilevante rispetto al quadro vigente è costituita da un maggiore coinvolgimento del MES nell’attività di analisi e valutazione della situazione economica e finanziaria di tutti i Paesi dell’Eurozona (analisi di sostenibilità), non solo di quelli sottoposti a un programma di aggiustamento macroeconomico, attualmente affidata alla Commissione e alla Banca centrale europea (ed eventualmente al FMI). Come è stato opportunamente rilevato, da questo punto di vista, la proposta conferisce un potere enorme a un organismo tecnico privo di accountability democratica, a scapito del Parlamento (che di potere già ne ha assai poco) e persino della Commissione, che gode almeno di una legittimazione indiretta.

Chiarire le condizioni e le procedure per la ristrutturazione del debito ridurrà certamente quella parte degli oneri del default di uno Stato sovrano che derivano dall’incertezza sulle modalità e sui tempi della sua soluzione. Ma questi oneri costituiscono solo una piccola parte del costo dell’insolvenza di uno Stato. Va da sé che l’introduzione – ora esplicita – di alcuni stringenti criteri cui sarebbe condizionata l’erogazione dei prestiti (o meglio, di una delle tipologie previste) continua a suscitare perplessità.

Sia ben chiaro, il MES (inclusi i suoi predecessori FESF e MESF) è concepito per prestare e non per elargire contributi a fondo perduto. Pertanto, il PCS fungerebbe da linea aggiuntiva di difesa, finalizzata, nell’immediato, a rispondere alla crisi del coronavirus e, nel più lungo termine, a consentire ai Paesi di ritornare in equilibrio.

Nel suo insieme il modello descritto presenta indubbiamente dei limiti che suggeriscono, per verificare il ricorrere della “condizionalità” e la sua intensità, l’impiego anche di altri parametri di lettura fra i quali rileva, in special modo, l’efficacia delle scelte effettuate in relazione al momento di introduzione dell’intervento “sanzionatorio”: nell’ambito del MES “sanitario”, ad esempio, sono state rimosse le condizionalità di accesso, ma non quelle di rientro dal debito.

In tal senso si può ipotizzare una suddivisione tra misure che agiscono in modo preventivo (per effetto di una sorveglianza ex-ante) o successivo (per effetto di una sorveglianza ex-post) rispetto ai rischi di insolvenza degli Stati. Il che consente di prospettare una distinzione fra strumenti con una valenza propulsiva e di indirizzo e destinati ad esplicare i loro effetti in un arco di tempo medio-lungo e strumenti sostanzialmente pensati per verificare, controllare e in un qualche modo correggere eventuali effetti non del tutto rispondenti ai risultati programmati. Le due tipologie di interventi non sono riconducibili a categorie contrapposte bensì complementari. Quindi, laddove la sorveglianza ex-ante non riesca ad essere efficace può intervenire quella ex-post. Ma ciò significa che resterà comunque in capo al MES la potestà di decidere come stringere o allentare il cappio.

Il modello di condizionalità descritto non è frutto di un processo teso soltanto a perfezionare la procedimentalizzazione degli strumenti di aiuto, quanto il portato della visione di un coordinamento più rigoroso (e lungimirante?) delle politiche economiche (e sociali) che si impone in ragione del legame di stretta interdipendenza tra le economie e di indissolubile legame tra i destini degli Stati dell’Eurozona.

Peraltro, gli strumenti giuridici e istituzionali che caratterizzano tale cambiamento si collocano sia all’interno che all’esterno del Trattato, unendo in un unico spazio giuridico sotto-insiemi afferenti alla legge dell’Unione, al diritto internazionale pubblico e alle leggi nazionali. Un quadro articolato, a sua volta legato ad un’architettura composita di integrazione che fonde competenze europee e nazionali.111

1 La crisi ha richiesto interventi molteplici, assimilabili a quelli di un prestatore di ultima istanza che entra in gioco al fine di scongiurare il fallimento degli Stati ed il conse­guente sfilacciamento dell’Unione europea. Si può a ragione ritenere che la BCE si sia di fatto riconosciuta un ampio ruolo nella gestione delle crisi, attraverso strumenti di politica mo­netaria. Ne è derivato un’estensione del suo agere oltre i compiti connessi alla stabilità dei prezzi, fino alla salvaguardia della stessa moneta unica. Per un’indagine più accurata dei suddetti profili cfr., ex multis, G. PERONI, The Crisis of the Euro and the New Role of the European Central Bank, in B. DE WITTE, A. HÈRITIER e A.H. TRECHSEL (a cura di), The Euro Crisis and the State of Europe Democracy, Contributions from the 2012, Eudo Dissemination Conference, Florence, 2013, pp. 191 e ss.; M. ANTONIAZZI, La Banca Centrale Europea tra politica monetaria e vigilanza bancaria, Torino, 2013, passim; S. CAFARO, L’azione della BCE nella crisi dell’area dell’euro alla luce del diritto dell’Unione europea, in G. ADINOLFI e M. VELLANO (a cura di), La crisi del debito sovrano degli stati dell’area euro: Profili giuridici, Torino, 2013, pp. 49 e ss.; G. NAPOLITANO, Il ruolo delle banche centrali nella gestione della crisi dell’eurozona: osservazioni su alcuni aspetti istituzionali, in La crisi del debito sovrano, cit., pp. 69 e ss.

2 In particolare il programma Outoright Monetary Transaction (OMT), concernente operazioni di ammontare limitato di acquisto di titoli del debito sovrano sul mercato secondario, annunciate nell’agosto del 2012 da Governatore della BCE Mario Draghi con l’obiettivo dichiarato di difendere l’euro ad ogni costo (“whatever it takes”), è stato oggetto della sentenza Gauweiler della Corte di Giustizia (CGUE, causa C-62/14, Gauweiler del 16 giugno 2015), resa sul primo rinvio pregiudiziale operato dal Tribunale costituzionale federale tedesco (BVerfG, 2 BvR2728/13, 14 gennaio 2014). In dottrina, per un’ampia disamina delle questioni sollevate in tali sedi, cfr. A. PISANESCHI, Il programma OMT della BCE al vaglio della Corte di Giustizia: considerazioni sulle Conclusioni dell’Avvocato Generale, in federalismi.it, 15 febbraio 2015, pp. 5 e ss.; C. ALTAVILLA, D. GIANNONE e M. LANZA, The financial and macroeconomic effects of OMT announcements, in International Journal of Central Banking, vol. XII, 3, settembre 2016, pp. 29 e ss.; S. CAFARO, Il ruolo della Corte di giustizia nella definizione della politica economica e monetaria europea, ne I Post di AISDUE, I, 2019, Sezione “Convegni annuali e interinali”, n. 5, 16 settembre 2019; F. MUNARI, Da Pringle a Gauweiler: i tormentati anni dell’unione monetaria e i loro effetti sull’ordinamento giuridico europeo, in Dir. un. eur., 4, 2015, pp. 734 e ss.; P. FARAGUNA, La sentenza del Bundesverfassungsgericht sul caso OMT/Gauweiler, in Diritti comparati, Working Papers, 1, 2016, pp. 1 e ss., ID., La saga OMT: il diritto all’ultima parola tra Corte di giustizia e tribunali costituzionali, in Giur. cost. 2017, pp. 567 e ss.; F. SAITTO, Il Bundesverfassungsgericht e l’Europa: istanze “controdemocratiche”, principio di responsabilità e difesa della democrazia rappresentativa alla luce del caso OMT, in Costituzionalismo.it, 3, 2016 F. BASSAN, Le operazioni non convenzionali della BCE al vaglio della Corte costituzionale tedesca, in Riv. dir. intern., vol. 97, 2, 2014; F. MARTUCCI, La Cour de justice face à la politique monétaire en temps de crise de dettes souveraines: l’arrêt Gauweiler entre droit et marché, Commentaire de l’arrêt CJ, 16 juin 2015, Peter Gauweiler e.a, C-62/14, in Cahiers de droit européen, 2-3, 2015, pp. 493 e ss.; L. SCIPIONE, Prime riflessioni sulla legittimità delle OMT e sul ruolo della BCE alla luce di una recente sentenza della Corte costituzionale tedesca , in Riv. dir. banca merc. fin., 2, 2014, pp. 183 e ss.; V. BORGER, Outright Monetary Transactions and the Stability Mandate of the ECB: Gauweiler, in Common Market Law Review, 2016, p. 139; P. CRAIG e M. MARKAKIS, Gauweiler and the Legality of O.M.T., in European Law Review, 1, 2016, pp. 4 e ss.; G. CONTALDI, L’indipendenza della BCE alla luce del caso OMT, in Studi sull’integrazione europea, 1, 2017, p. 65; F. BASSAN, Criteria for Determining the Legality of ECB’s Unconventional Measures, in L. DANIELE, P. SIMONE e R. CISOTTA (a cura di), Democracy in the EMU in the Aftermath of the Crisis, Torino, 2017, pp. 235 e ss.; S. CAFARO, How the ECB Reinterpreted Its Mandate During the Euro-Crisis (and Why It Was Right in Doing So), in Democracy in the EMU in the Aftermath of the Crisis, cit., pp. 217 e ss.; L.F. PACE, The OMT Case: Institution Building in the Union and a (Failed) Nullification Crisis in the Process of European Integration, in Democracy in the EMU in the Aftermath of the Crisis, cit., pp. 371 e ss.

3 Gli Stati membri della zona Euro hanno manifestato la loro disponibilità a contribuire a prestiti bilaterali nella Dichiarazione dei Capi di Stato e di Governo dell’Eurozona del 25 marzo 2010, consultabile all’indirizzo web: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/ec/113563.pdf. Cfr. J.V. LOUIS, The no-bailout clause and rescue packages, in Common Market Law Review, 47, 2010, pp. 983 e ss.

4 Cfr. R. SMITS, L’Europe à l’épreuve, in Cahiers de droit européen, 2010, pp. 7 e ss.; A. VITERBO e R. CISOTTA, La crisi della Grecia, l’attacco speculativo all’euro e le risposte dell’Unione europea, in Dir. Un. Eu., 2010, pp. 961 e ss.; U. HÄDE, Die Europäische Währungsunion in der internationalen Finanzkrise – An den Grenzen europäischer Solidarität, in Europarecht, 2010, pp. 854 e ss.

5 Per un’analisi puntuale dei vari meccanismi di assistenza finanziaria volti a contrastare gli effetti della crisi del debito sovrano v. A. SANTA MARIA, European Economic Law, 3° ed., Kluwer Law International, 2014, pp. 332 e ss.; E. GAMBARO e F. MAZZOCCHI, Le regole dell’Unione europea alla prova della crisi dei debiti sovrani: il caso Pringle, in Dir. Comm. Intern., 2, 2013, pp. 545 e ss.; A. DE GREGORIO MERINO, Legal Developements in the Economic and Monetary Union During the Debt Crisis: The Mechanism of Financial Assistance, in Common Market Law Review, 2012, 49, pp. 1616 e ss.

6 Mentre, infatti, il MESF è soggetto a revisioni semestrali, alla FESF si è posta una scadenza triennale. Su tali aspetti v. art. 10 del regolamento istitutivo del MESF, la decisione Ecofin del 9 maggio 2010 e l’art. 11 del Framework Agreement relativo alla FESF. La definizione della FESF come fondo silente è dovuta alla circostanza che tale facility continua ad esistere ancora oggi nei locali e nella sede del MES, fino alla restituzione dei prestiti erogati.

7 I Paesi partecipanti all’accordo, in seguito all’accantonamento di riserve, si sono impegnati ad assicurare obbligazioni emesse da un soggetto terzo o da altri Stati, senza dover sostener alcun esborso immediato di risorse. Tuttavia, mentre le garanzie fornite dai governi sugli strumenti emessi dalla FESF sono state contabilizzate nel debito pubblico degli Stati nazionali, – come si avrà modo di illustrare in seguito – quelle sul debito contratto dal MES non lo sono.

8 In base al vigente Trattato istitutivo, siglato il 2 febbraio 2012 ed entrato in vigore l’8 ottobre 2012, a seguito della ratifica dei 17 Stati membri dell’Eurozona (a cui si sono aggiunti in seguito la Lettonia e la Lituania), il MES è costituito quale organizzazione intergovernativa nel quadro del diritto pubblico internazionale con sede in Lussemburgo. Ne sono membri tutti i 19 Paesi dell’Eurozona (Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna) e l’adesione è aperta agli altri Stati membri dell’UE.

9 Per vero, il TFUE è stato formalmente modificato solo nel 2013, un anno dopo la ratifica del Trattato MES, a causa dell’opposizione della Repubblica Ceca.

10 A tal proposito A. MANGIA, Il Trattato MES, la costituzione economica europea, le Costituzioni nazionali, in ID. (a cura di), MES. L’Europa e il Trattato impossibile, Scholé, 2020, p. 35, descrive il MES come un’istituzione di assistenza finanziaria che svolge attività di diritto privato con finalità pubblicistiche.

11 In tal senso, «M. RUFFERT, The European Debt Crisis, cit., p. 1789, per il quale <<the ESM appears to be a regional copy of the IMF». Sul punto L.S. ROSSI, Fiscal Compact e Trattato sul Meccanismo di Stabilità, cit., p. 300; A. VITERBO e R. CISOTTA, La crisi del debito sovrano e gli interventi dell’UE, cit., p. 337, i quali sottolineano la totale assenza di alcun ruolo del Parlamento europeo nell’iter che conduce all’adozione della decisione in merito alla concessione del sostegno finanziario.

12 Sull’opacità della governance del MES cfr. M. CHITI, La crisi del debito sovrano e le sue influenze per la governance europea, i rapporti tra stati membri, le pubbliche amministrazioni, in Riv. it. dir. pub. com., 2, 2013, pp. 12 e ss.; G. NAPOLITANO, Il Meccanismo europeo di stabilità e la nuova frontiera costituzionale dell’Unione, in Gior. dir. amm., 5, 2012, pp. 466 e ss.; D. CURTIN, H. HOFMANN e J. MENDES, Constitutionalising EU Executive Rule Making Procedures: a Research Agenda, in European Law Journal, 2013, pp. 1 e ss.; Così S. MICOSSI e F. PEIRCE, L’ESM e i debiti sovrani dei paesi dell’eurozona, in Le istituzioni europee alla prova della crisi, cit., pp. 5 e s.; L. SCIPIONE, Politiche e strumenti di salvataggio nella crisi dei debiti sovrani. Gli interventi della BCE e dei Fondi salva-Stato nel quadro giuridico europeo, Napoli, 2016, pp. 198 e ss.; G. GITTI, Il MES alla prova del diritto privato, in MES. L’Europa e il Trattato impossibile, cit., p. 66.

13 È questa la condizione posta dalla Corte costituzionale tedesca nella nota “sentenza Pringle” (CGUE, 27 novembre 2012, causa C‑370/12, Pringle). Al riguardo, cfr. E. GAMBARO e F. MAZZOCCHI, Le regole dell’Unione europea alla prova della crisi dei debiti sovrani: il caso Pringle, in Dir. comm. int., 2013, pp. 545 e ss.; R. O​’GORMAN​​,​ Thomas ​PRINGLE v Government of Ireland, Ireland and the Attorney General​, Irish Jurist (1966), in ​Jstor.org​, 2013, vol. 50, pp. 221 e ss.;​ G.L. LO ​SCHIAVO​,​ The Judicial ‘BailOut’ of the European Stability Mechanism: Comment on the​ PRINGLE Case​, in​ European Legal Studies​, 9, 2013;​ C. KOEDOODER​,​ The​ PRINGLE Judgment: Economic and/or Monetary Union?​, in Fordham International Law Journal​, 2013, pp. 135 e ss.; P. MENGOZZI, Il Trattato sul Meccanismo di stabilità (MES) e la pronuncia della Corte di giustizia nel caso Pringle, in Studi int. eur., 2013, pp. 129 e ss.; E. CHITI, Il Meccanismo europeo di stabilità al vaglio della Corte di giustizia, in Giorn. dir. amm., 2013, pp. 148 e ss.; P. CRAIG, Pringle: Legal Reasoning, Text, Purpose and Teleology, in Maastr. Jour. Eur. & Comp. Law, 2013, pp. 1 e ss.; B. DE WITTE e T. BEUKERS, The Court of Justice approves the creation of the European Stability Mechanism outside the EU legal order: Pringle, in Comm. Market Law Review, 2013, pp. 805 e ss.

14 Come si appurerà più avanti, le condizioni imposte dal MES a “garanzia” dei suoi interventi, <<possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite>> (art. 12 T.MES).

15 Al fine di rendere più flessibile il sistema decisionale, laddove la Commissione e la BCE evidenzino la necessità di deliberare con urgenza, è previsto il voto a maggioranza qualificata dell’85% del capitale.

16 Va tenuto presente che, a sua volta, l’assistenza finanziaria del MES (vuoi nella forma di un prestito accompagnato da un programma di aggiustamento macroeconomico vuoi di una ECCL) è prerequisito necessario per l’intervento della BCE sul mercato secondario dei titoli di Stato con le OMT.

17 Nella versione di luglio 2011, nel Capitolo 4 dedicato alle “Operazioni”, il Trattato del MES conteneva cinque articoli (dal 12 al 17). Con l’intesa del 2012 si è deciso di aumentare il numero di strumenti che possono essere messi in campo. Come riporta anche il Consiglio Ue, «questo ventaglio allargato di strumenti è stato pensato per aumentare l’efficienza del MES». Così, ad esempio, rispetto alla configurazione venuta ad assumere in seguito, il Trattato di luglio 2011 prevedeva aiuti solo sotto forma di prestito agli Stati membri (art. 14), mentre l’acquisto di titoli di Stato sul mercato primario era previsto come un’«eccezione» (art. 15). Di questi strumenti, il più utilizzato – da Irlanda, Portogallo, Cipro e Grecia – è stato quello dei prestiti con un programma di aggiustamento macroeconomico (come detto, previsto anche dal Trattato del 2011), mentre solo la Spagna ha beneficiato dei prestiti per la ricapitalizzazione indiretta delle sue banche (non previsti dal Trattato del 2011).

18 Tra le proposte più interessanti, vale la pena accennare alla possibilità per il MES di divenire controparte della BCE senza per questo violare alcuna disposizione né lo spirito del Trattato: la BEI e la KFW (la Cassa Depositi e Prestiti tedesca), ad esempio, sono istituzioni non private, in quanto possedute dagli Stati, eppure abilitate dalla BCE come controparti a finanziarsi con l’Eurosistema. Lo statuto della BEI è predisposto per la licenza bancaria e l’attività di raccolta tramite le linee delle Banche Centrali: tant’è che la BEI non ha dovuto richiedere formalmente alla BCE di divenire controparte dell’Eurosistema per svolgere la propria attività.

19 La BCE ricopre, infatti, il ruolo di agente del MES. Questo significa che tale Facility interviene sul mercato con operazioni di acquisto e vendita di titoli di Stato attraverso la Banca centrale, che possiede capacità operative che non possono essere riconosciute ai Fondi salva-Stati.

20 In merito al problematico rapporto “rischio bancario/rischio sovrano”, anche in riferimento al funzionamento dei cd. Fondi salva-Stati, cfr. M. RISPOLI FARINA, Verso la vigilanza unica europea. Stato dell’arte, in Innovazione e diritto, 6, 2012, pp. 1 e ss.; G.L. TOSATO, L’integrazione europea ai tempi della crisi dell’euro, cit., p. 697.

21 COMMISSIONE UE, Proposal for a Council Regulation on the establishment of the European Monetary Fund, COM (2017) 827, 6 December 2017.

22 Nella dichiarazione di Mesemberg (Renewing Europe’s promises of security and prosperity, a joint Franco-German declaration adopted during the Franco-German Council of Ministers, 19 June 2018, Meseberg, Germany), francesi e tedeschi raggiunsero una mediazione su diverse questioni ed esposero dei principi generali che hanno poi trovato puntuale riscontro nelle modifiche che sono state proposte al Trattato istitutivo del MES. Molte di queste idee si inspirano ad un lavoro di 14 economisti francesi e tedeschi: A. BÉNASSY-QUÉRÉ, M. BRUNNERMEIER, H. ENDERLEIN, E. FARHI, M. FRATZSCHER, C. FUEST, P.O. GOURINCHAS, P. MARTIN, J. PISANI-FERRY, H. REY, I. SCHNABEL, N. VÉRON, B. WEDER DI MAURO e J. ZETTELMEYER, Reconciling risk sharing with market discipline: a constructive approach to euro area reform, CEPR Policy Insight, No. 91, Centre for Economic Policy Research, London, 2018, pp. 1-23. Per una critica rivolta a questa posizione si vedano M. MESSORI e S. MICOSSI, Counterproductive proposals on euro area reform by French and German economists, CEPS Policy Insights, n. 4, Brussels, 2018, pp. 1 e ss.; anche in SEP Policy Brief, February 13th, Rome, 2018. I punti principali della dichiarazione franco-tedesca,possono così riassumersi: 1) la condizionalità rimane il principio fondante del MES e di tutti i suoi strumenti di intervento; 2) qualunque decisione di fornire assistenza a un Paese membro deve essere assoggettata ad un’analisi di sostenibilità del debito (il sottinteso è che in caso di esito negativo il debito deve essere ristrutturato); 3) allo scopo di facilitare la ristrutturazione dei debiti pubblici si richiede che in tutti i titoli di nuova emissione vengano introdotte delle Clausole di azione collettiva “single limb”, che consentano di aggregare tutti i titoli del debito pubblico e ristrutturali con unico voto dei creditori; 4) fra i compiti del MES vi deve essere quello di facilitare il dialogo fra gli Stati membri e gli investitori (sottinteso nei casi i debiti vengano ristrutturati); 5) il MES deve rivestire un ruolo più incisivo nel disegno e monitoraggio dei programmi di aggiustamento dei Paesi a cui vengono erogati i prestiti; 6) il MES deve avere la capacità di valutare la situazione complessiva dei Paesi membri, contribuendo così alla prevenzione delle crisi. Con una clausola di stile si aggiunge che tutto ciò deve essere fatto nel pieno rispetto del ruolo della Commissione; 7) devono essere rafforzati i prestiti precauzionali del MES a favore di Paesi che hanno bilanci in ordine, ma rischiano di perdere l’accesso al mercato per problemi di liquidità. Questa è un’innovazione positiva, che in circostanze di instabilità sistemica potrebbe configurarsi come una rete di sicurezza per evitare il contagio rispetto al Paese costretto a ristrutturare.

23 In esecuzione del mandato ricevuto dal Vertice euro del 14 dicembre 2018, l’Eurogruppo del 13 giugno 2019 ha raggiunto un primo accordo su una proposta di riforma del MES, nell’ambito di un più ampio pacchetto di interventi secondo cui la revisione del Meccanismo viene collegata alla definizione di uno strumento europeo di bilancio per la convergenza e la competitività e al completamento dell’Unione monetaria europea. Fanno seguito a tali intese la decisione dell’Eurogruppo di novembre 2020, positivamente accolta dall’Euro Summit del 29 dicembre 2020, che mette fine al percorso di ratifica da parte delle istituzioni comunitarie, e l’Accordo del 27 gennaio 2021 (d’ora in avanti anche “Accordo”) che si limita ad una revisione del Trattato istitutivo, lasciando pertanto inalterata la natura del MES di organizzazione intergovernativa. In proposito si veda P. DONOHOE, Statement by the Eurogroup President, on the signature of ESM Treaty and the Single Resolution Fund Amending Agreements, Eurogroup, 27 January 2021; EUROGROUP, Statement of the Eurogroup in inclusive format on the ESM reform and the early introduction of the backstop to the Single Resolution Fund - Consilium, 13 January 2021.

24 Come sottolinea A. VALZER, Il Meccanismo europeo di stabilità oggi. Appunti, in Banca, borsa tit. cred., 2, 2020, p. 235, <<il MES non si occuperà, verosimilmente, delle politiche di investimento dello Stato membro assistito, ma, nella logica del Trattato, inciderà sulla sua politica fiscale (ergo: sulla spesa pubblica e sulla tassazione) e sui termini temporali del debito pubblico, nella prospettiva di renderlo sostenibile rispetto allo stato di sviluppo del Paese>>.

25 Art. 14 del T. MES modificato.

26 Preambolo, punto 12, T.MES modificato

27 Cfr. CONSIGLIO EUROPEO, Dichiarazione del vertice della zona euro 29 giugno 2012, Bruxelles il 28‐29 giugno 2012, reperibile all’indirizzo web: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/it/ec/131369.pdf, in cui si afferma testualmente che <<una volta istituito, per le banche della zona euro, un efficace meccanismo di vigilanza unico con il coinvolgimento della BCE, il MES potrà avere facoltà, sulla scorta di una decisione ordinaria, di ricapitalizzare direttamente gli istituti bancari>>. L’importanza di tale condizione preliminare è stata ribadita nel successivo Eurogroup Statement del 9 luglio 2012. Come ricorda P.G. TEIXEIRA The Single Supervisory Mechanism: Legal and Institutional Foundations, in Quaderni di Ricerca giuridica della Consulenza legale, n. 75, Banca d’Italia, Atti del Convegno “Dal Testo unico bancario all’Unione bancaria: tecniche normative e allocazione di poteri”, Roma 16 settembre 2013, Banca d’Italia, Roma , 2014, p. 76, <<L’istituzione del SSM ha quindi al suo cuore un quid pro quo tra la mutualizzazione dei rischi bancari nell’area euro e la perdita di sovranità nazionale in materia di vigilanza bancaria>>.

28 La spiegazione è che la attribuzione della gestione della stabilità dell’Eurozona non è compatibile con la supervisione nazionale. Un supervisore bancario europeo, libero dalla cattura nazionale, sarebbe portatore invece di incentivi allineati con quelli del MES, cioè di minimizzare i rischi bancari e i costi potenziali per gli Stati membri e per i rispettivi contribuenti. Con l’accordo politico siglato il 10 giugno 2014 dai 18 Paesi dell’Eurozona (Eurogruppo) sulla piattaforma di ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del MES, il nuovo dispositivo è stato definitivamente aggiunto alla lista dei meccanismi di assistenza finanziaria previsti dal T.MES mediante una decisione adottata ai sensi del combinato disposto dell’art. 19 e del primo paragrafo dell’art. 15 del Trattato stesso.

29 Cfr. il documento ESM direct bank recapitalisation instrument – Main features of the operational framework and way forward, Luxembourg, 20 June 2013, reperibile sul sito internet dell’Eurozona www.eurozone.europa.eu. al paragrafo “Eligibility criteria for the ESM Member and for the financial institution”.

30 Ibidem, paragrafo “Appropriate burden sharing structure”, dove si specifica che «there will be a clear pecking order for recapitalisation operations …. and private capital resources will be explored as a first solution, including sufficient contributions from existing shareholders and creditors of the beneficiary institution(s). An appropriate level of write-down or conversion of debt will have to take place in line with EU State aid rules (…)». Nel documento si illustra, poi, un complesso schema di ripartizione del contributo alla ricapitalizzazione da parte del MES e dello Stato membro del Fondo.

31 Come si legge nel Comunicato del 10 giugno 2014 del Presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem.

32 Per vero, già nello statuto delle altre due Facilities (FESF e MESF) precorritrici del MES si prevedeva che tali Fondi potessero prestare denaro solo agli Stati, non anche a singoli settori o individui.

33 L’accesso ai Fondi è condizionato, tra le altre cose, all’imposizione di costi ai quei soggetti che hanno deciso di incorrere in rischi elevati facendo affidamento sul salvataggio pubblico: manager, azionisti, creditori (esclusi i depositanti al dettaglio). Nel caso della Spagna, ad esempio, gli aiuti finanziari sono stati imputati al FROB (il Fondo statale spagnolo per la ristrutturazione bancaria). A fronte dell’assistenza ricevuta, il governo iberico si è impegnato ad attuare una «revisione dei segmenti deboli del settore finanziario spagnolo», inclusa la vigilanza che è apparsa troppo “rilassata”, mentre le banche destinatarie del sostegno sono state assoggettate a specifici obblighi di ristrutturazione. Istituita una bad bank per gestire gli asset delle banche in difficoltà, la Spagna è stata obbligata anche ad adottare nuove misure correttive di austerità supplementare per riportare il disavanzo dei conti pubblici più vicino agli obiettivi concordati con la Commissione.

34 Cfr. S. MERLER, ESM, cronaca di una delusione annunciata, in lavoce.info, 15 luglio 2014. Si tratta di un limite evidente del MES, come era stato riconosciuto anche dal Fondo Monetario Internazionale in un primo rapporto sull’Eurozona (v. IMF, Article IV Consultation with the Euro Area Concluding Statement of the IMF Mission, June 19, 2014, p.to 10) e in un successivo rapporto (IMF, Global Financial Stability Report: Old Risks, New Challenges, Washington DC, April 2013). In dottrina si vedano pure le osservazioni di H. BENINK e H. HUIZINGA, The urgent need to recapitalize Europe’s banks, in VOX-EU, 5 June 2013.

35 Cfr. E. BARUCCI e M. MESSORI, The Need for a True Back Stop?, in E. BARUCCI e M. MESSORI (a cura di), The European Banking Union, Firenze, 2014, pp. 137 e ss. Secondo le linee tracciate nell’Accordo, il common backstop è destinato a sostituire l’attuale strumento di ricapitalizzazione diretta delle banche a disposizione del MES. Per vero, già dal dicembre 2013, l’Ecofin aveva previsto l’istituzione dalla fine del 2023, di un meccanismo pubblico comune di supporto al SRF, qualora le risorse di questo fossero risultate incapienti per sopperire ai costi di una risoluzione. Si tenga presente che, per consentire il rispetto del principio della “neutralità fiscale”, occorre che tale finanziamento venga restituito dal sistema bancario dell’Unione bancaria.

36 L’art. 3 viene riformulato a partire dalla rubrica, che dal singolare “obiettivo” passerebbe al plurale “obiettivi”.

37 V. art. 18, paragrafo 8, T.MES modificato. Qualora tale condizione non sia rispettata, sarà avviato un riesame completo e sarà richiesta una decisione del Consiglio dei governatori per dare continuità alla struttura di sostegno.

38 L’eccezionale gravità che legittima il ricorso a tale dispositivo è peraltro testimoniata dal nuovo punto15B del Preambolo, in base al quale, di norma, il MES dovrebbe decidere sull’impiego del dispositivo di sostegno entro 12 ore dalla domanda del SRB, termine che il Direttore generale può eccezionalmente prorogare a 24 ore, in particolare allorché si tratti di intervenire nell’ambito di un’operazione di risoluzione particolarmente complessa, e pur sempre nel rispetto degli obblighi costituzionali nazionali. Come si è già supra specificato, anche in tal caso il MES potrebbe assumere una deliberazione a maggioranza qualificata (85% dei voti espressi in proporzione alle quote detenute) qualora la Commissione Ue e la BCE concludessero che la mancata adozione urgente di una decisione potrebbe minacciare la sostenibilità economica e finanziaria dell’Eurozona.

39 Inoltre, il coinvolgimento del Fondo unico di risoluzione è limitato al mezzo termine-finanziamento e non può superare il 5% del totale delle passività.

40 V., in proposito, Preambolo, punto 13, T.MES modificato.

41 V. Art. 12, paragrafo 1-bis, e Art. 18(A) del T.MES modificato. I criteri per l’approvazione e l’erogazione dei prestiti nell’ambito del SRM sono specificati all’Allegato IV, p.to 2. È d’uopo segnalare che originariamente la riforma del MES prevedeva l’entrata in funzione del common back-stop a partire dal 2024, aprendo però ad una possibile introduzione anticipata da maturare tenendo conto del rispetto di alcuni obiettivi di riduzione del rischio bancario. Nella versione approvata a dicembre 2020, l’introduzione anticipata al 2022 è stata resa possibile da una decisione politica inerente alla riduzione del rischio e a talune modifiche di cui è stato oggetto l’Accordo Intergovernativo (IGA), che regola il trasferimento e la messa in comune dei contributi al SRF. Se infatti, inizialmente questi diversi obiettivi erano stati immaginati come fasi di una sequenza preordinata – prima la riforma del MES, poi la valutazione dei rischi, e infine le modifiche all’Accordo intergovernativo e l’introduzione anticipata del common backstop – nell’attuale versione si è invece decretata la contemporaneità (parallelismo) di questi tre momenti.

42 In senso contrario si segnalano alcuni dubbi formulati da A. VALZER, Meccanismo europeo di stabilità oggi. Appunti, cit., p. 249.

43 Per consentire il completamento dell’Unione bancaria, la Commissione Ue, in linea con l’impegno assunto, aveva pubblicato un’articolata proposta legislativa (“Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il Regolamento (UE) n. 806/2014 al fine di istituire un Sistema europeo di assicurazione dei depositi” (COM (2015) 586 final, 24 novembre 2015). Lo schema comune di tipo “riassicurativo” proposto avrebbe dovuto contribuire a tutelare i depositanti anche nei Paesi fiscalmente meno solidi, eliminando il legame tra protezione dei depositi e solidità degli Stati.

44 Su questi temi cfr., tra i tanti, J. CARMASSI, S. DOBKOWITZ, J. EVRARD, L. PARISI, A. SILVA e M. WEDOW, Completing the Banking Union with a European Deposit Insurance Scheme: who is afraid of cross-subsidisation?, ECB Occasional Paper Series No 208, 2018; D. SCHOENMAKER, Building a stable European Deposit Insurance Scheme, in VoxEU.org, 17 April 2018; D. SCHOENMAKER e G. WOLFF, Options for European Deposit Insurance, ivi, October 2015; C. BRESCIA MORRA, The Third Pillar of the Banking Union and its Troubled Implementation, in M.P. CHITI e V. SANTORO (eds.), The Palgrave Handbook on European Banking Union Law, 2018, pp. 393 e ss.; I. SCHNABEL e N. VÉRON, Breaking the stalemate on European deposit insurance, in VoxEU.org, 7 April 2018.

45 In relazione a tale aspetto M.L. TUFANO, Il ruolo della Commissione nella governance europea: quali prospettive?, in Dir. un. eur., 1, 2012, p. 139, sottolinea come «[d]alla originaria forma di coordinamento soft, sia andato delineandosi, così, un sistema in cui a livello UE si individuano le scelte macroeconomiche necessarie agli Stati per uscire dalla crisi e, ove in particolare la Commissione viene a svolgere un ruolo tecnico, di accompagnamento degli Stati verso gli obiettivi di politica economica».

46 Preambolo, punto 12, e art. 13, paragrafo 1, del T.MES modificato.

47 La differenza nei compiti assegnati alle due istituzioni è ben definita nel Preambolo del nuovo Trattato che recita <<il MES attua le proprie analisi e valutazione dal punto di vista di chi eroga prestiti>>.

48 V. Preambolo, punto 5B, e art. 3, paragrafo 1, del T.MES modificato. Il Trattato in vigore attribuisce alla Commissione e alla BCE il compito di svolgere i compiti previsti dal Trattato stesso. La novità consiste nel fatto che queste istituzioni non possono agire senza una decisione del MES (Preambolo, punto 10).

49 Per vero, già nel novembre 2018 il Meccanismo di stabilità e la Commissione Ue avevano raggiunto una posizione comune sulla loro futura collaborazione, ove si prospettava che l’effettiva ripartizione dei compiti venisse parametrata all’esatta portata dei criteri di ammissibilità e alla condizionalità associata alle specifiche azioni di sostegno.

50 Preambolo, punto 16, T.MES modificato.

51 Per una puntuale analisi delle caratteristiche dello strumento di sostegno alla crisi pandemica si rimanda a A. ZOPPÈ e C. DIAS, The ESM Pandemic Crisis Support, Features of the Pandemic Crisis Support, European Parliament, Economic Governance Support Unit (EGOV), August 2020, in www.europarl.europa.eu.

52 In senso critico A. SOMMA, Inasprire il vincolo esterno Il Meccanismo europeo di stabilità e il mercato delle riforme, in Eco e pol., 8 gennaio 2021, p. 7, osserva che <<[l]a riforma punta a stabilire una connessione più stretta tra la disciplina dell’assistenza finanziaria condizionata e il rispetto dei parametri di Maastricht così come promossa dal Fiscal compact […] Sono direttamente mutuati dal Fiscal compact, e in tal senso spoliticizzati e affidati all’azione di automatismi, i principali parametri attraverso cui verificare se il Paese richiedente vanta “fondamentali economici solidi>>. Come indicato nell’Allegato II, p.to 2, la linea di credito condizionale precauzionale sarebbe limitata ai Paesi in grado di soddisfare una serie di criteri che, a differenza di quanto previsto dal regime vigente, vengono individuati in dettaglio: 1) non essere soggetto alla procedura per disavanzi eccessivi; 2) rispettare i seguenti parametri quantitativi di bilancio nei due anni precedenti alla richiesta di assistenza finanziaria: un disavanzo inferiore al 3% del PIL; un saldo di bilancio strutturale pari o superiore al valore di riferimento minimo specifico per Paese; un rapporto debito/PIL inferiore al 60% del PIL o una riduzione di questo rapporto di 1/20 all’anno; 3) non evidenziare squilibri eccessivi nel quadro della sorveglianza macroeconomica dell’UE; 4) presentare riscontri storici di accesso ai mercati dei capitali internazionali a condizioni ragionevoli; 5) presentare una posizione sull’estero sostenibile; 6) non evidenziare gravi vulnerabilità del settore finanziario che mettono a rischio la stabilità finanziaria.

53 V. preambolo, punto 5(B) e art. 14, paragrafo 2, T.MES modificato.

54 V. art. 14, paragrafo 3, T.MES modificato.

55 Cfr. A. BAGLIONI e M. BORDIGON, Fondo salva-Stati, cosa c’è e cosa no nella riforma, in lavoce.info. Di tal ché, nel caso in cui un Paese membro chiedesse la concessione di un sostegno diverso dalla PCCL, il Consiglio dei governatori dovrebbe incaricare il Direttore generale e la Commissione europea, di concerto con la BCE, di negoziare con il membro interessato un protocollo d’intesa che precisi le condizioni cui è associata la concessione dello strumento di sostegno, rispecchiando la gravità delle carenze da colmare.

56 V. Preambolo, punto11(B).

57 In generale, sull’argomento cfr. M. BRADLEY e G. MITU GULATI, Collective Action Clauses for the Eurozone: an empirical analysis, 2013, rep. sul sito www.ssrn.com; A. CANEPA, Crisi dei debiti sovrani e regolazione europea: una prima rassegna e classificazione di meccanismi e strumenti adottati nella recente crisi economico-finanziaria, in Rivista AIC, 1, 2015, pp. 18 e ss.; M. COMMITTERI e F. SPADAFORA, You never give me your money? Sovereign debt crises, collective action problems and IMF Lending, 2013; A. BARDOZZETTI e D. DOTTORI, Collective Action Clauses: How do they weigh on sovereigns, Working papers Banca d’Italia, gennaio 2013, rep. sul sito www.bancaditalia.it.; I. TIRADO, Sovereign insolvency in the Euro Zone public and private law remedies, 2012, rep. su www.ssrn.com, p.15. Sul caso Grecia, in particolare, si rinvia a S.J. CHOI, G. MITU GULATI e E.A. POSNER, Pricing terms in sovereign debt contracts: a greek case study with implications for the European crisis resolution mechanism, J.M. Olin Law & Economics Working paper, n. 541, febbraio 2011; N.L. GEORGAKOPOULOS, Pyres, Haircuts, and CACs: Lessons from Greco-Multilateralism for creditors, maggio 2012, reperibile sul sito www.ssrn.com; M.GULATI e J. ZETTELMEYR, Making a voluntary greek debt exchange work, 2012, reperibile sul sito www.ssrn.com; A.C. PORZECANSKI, Behind the Greek default and restructuring 2012, dicembre 2012, rep. su www.ssrn.com; F. VILLATA, La ristrutturazione del debito pubblico greco del 2012: nuove prospettive per l’optio iuris, in G. ADINOLFI e M. VELLANO (a cura di), La crisi del debito sovrano dei paesi dell’area euro, Torino, 2013, pp. 107 e ss.

Come, peraltro, sottolineato da C. PINELLI, I riflessi della crisi finanziaria sugli assetti delle istituzioni europee, Relazione presentata presso l’Università del Salento in occasione del convegno sul tema “La Costituzione alla prova della crisi finanziaria mondiale, Lecce, 14-15 settembre 2012, rep. su www.astrid on-line.it., p. 5.

58 Per giunta già previsto nella prassi internazionale, ad esempio nel modello dell’International Capital Market Association (ICMA).

59 In sostanza si valuta se, grazie agli aiuti europei e alle misure concordate, un Paese sarà in grado di riportare il rapporto tra debito pubblico e Pil su una traiettoria discendente, tale da scongiurare una futura insolvenza.

60 In tal senso v. A. VALZER, Il Meccanismo europeo di stabilità oggi. Appunti, cit., p. 251.

61 Preambolo, punto 11, e art. 12, comma 4, T.MES modificato.

62 G. GALLI, Il Meccanismo Europeo di Stabilità: funzionamento e prospettive di riforma, Audizione presso le Commissioni riunite V e XIV della Camera dei Deputati, Roma, 6 novembre 2019.

63 Esclude la presenza di automatismi di ristrutturazione dei conti pubblici R. SAMPERI, Le prospettive di riforma del MES nel processo di integrazione europea, in Dir. econ. (Il), 3, 2020, p. 785.

64 Tornano qui alla mente le terribili conseguenze che fecero seguito all’annuncio del “Private Sector Involvement”, nella soluzione della crisi greca dopo l’incontro di Deauville del 18 ottobre 2010, allorché l’espressione fu adoperata da Angela Merkel e Nicholas Sarkozy. Si pensi, pure, al richiamo alla cautela esplicitato dal Governatore della Banca d’Italia, I. VISCO, The Economic and Monetary Union: Time to Break the Deadlock, keynote address, OMFIF-Banca d’Italia seminar “The future of the Euro area”, Roma, 15 novembre 2019, in relazione alle proposte di modifica del MES: <<i benefici modesti e incerti di un meccanismo di ristrutturazione del debito devono essere soppesati ponendoli a confronto con l’enorme rischio che il mero annuncio della sua introduzione possa innescare una spirale perversa di aspettative di default, che possono dimostrarsi autorealizzantisi>>.

65 In proposito v. R. GUALTIERI, Informativa del ministro dell’Economia e delle finanze in relazione alla riunione dell’Eurogruppo del 30 novembre sulla riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e l’introduzione del dispositivo di sostegno al Fondo di risoluzione unico, Commissioni riunite di Camera e Senato Finanze e Tesoro, Bilancio, Politiche dell’Unione Europea, Roma, 30 novembre 2020, p. 15, il quale precisa altresì come tale effetto possa conseguirsi prevedendo <<la possibilità di raggruppare – “sub-aggregation” – i detentori dei titoli in diversi sottogruppi ai fini della votazione, per rispettare il principio proporzionalità e di parità di trattamento degli investitori)>>.

66 Su tali aspetti cfr. M. CANNATA, Nuove clausole per le crisi del debito: rischio circolo vizioso, in lavoce.info, 6 luglio 2018. Come già avvenuto nel 2013 quando furono introdotte le CACs attualmente in vigore, la modifica in commento – che non aumenta la probabilità di insolvenza, ma riduce l’incertezza relativa al suo esito – potrebbe favorire un calo dei premi per il rischio che gravano sui titoli pubblici di tutti i Paesi dell’area, inclusi quelli italiani.

67 Questo strumento avrà una dotazione di 100 miliardi, finanziata con emissione di titoli di debito garantiti da tutti gli Stati membri su base volontaria (ed entrerà in funzione solo se tutti gli stati forniranno queste garanzie) per un importo minimo di 25 miliardi (circa 3,2 miliardi per l’Italia). I primi tre Paesi beneficiari non potranno ottenere più del 60 per cento del totale delle risorse disponibili per evitare una concentrazione eccessiva.

68 EUROGRUP, Statement on the Pandemic Crisis Support, Press Release, 8 May 2020.

69 Nella riunione del 23 aprile 2020 (https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2020/04/23/conclusions-by-president-charles-michel-following-the-video-conference-with-members-of-the-european-council-on-23-april-2020/), i Capi di Stato e di governo degli Stati membri dell’area dell’euro hanno approvato la relazione dell’Eurogruppo del 9 aprile 2020, in cui i ministri delle finanze avevano concordato di istituire la nuova linea di credito.

70 A. CASCAVILLA e G. GALLI, Il MES: cos’è e come potrebbe essere utilizzato nell’attuale emergenza, in Osservatorio conti pubblici italiani, 26 marzo 2020, pp. 4 e s.

71 Sulla base di queste valutazioni, i servizi della Commissione ritengono che l’impatto economico e finanziario della pandemia COVID-19 comporti rischi per la stabilità finanziaria dell’area dell’euro (cfr. Allegato 1). Allo stesso tempo, la situazione economica negli Stati membri dell’area dell’euro è considerata fondamentalmente solida, anche alla luce delle seguenti considerazioni specifiche: 1) i debiti pubblici dovrebbero rimanere sostenibili in tutti gli Stati membri dell’area dell’euro nell’orizzonte temporale dell’analisi di sostenibilità del debito (ossia dieci anni) (cfr. Allegato 2); 2) mentre le esigenze di finanziamento di tutti gli Stati membri dell’area dell’euro dovrebbero aumentare sostanzialmente rispetto ai precedenti piani di finanziamento, tutti gli Stati membri dovrebbero mantenere l’accesso al mercato a condizioni ragionevoli; 3) nessuno Stato membro dell’area dell’euro è soggetto a una procedura per i disavanzi eccessivi ai sensi dell’art. 126 TFUE; 4) nessuno Stato membro dell’area dell’euro è soggetto a una procedura per gli squilibri eccessivi a norma dell’art. 7 del regolamento (UE) n. 1176/2011; 5) le posizioni esterne degli Stati membri dell’area dell’euro sono sostenibili in considerazione dei loro valori e composizione, nonché della struttura istituzionale della moneta comune (cfr. Allegato 3); 6) la BCE ha concluso che non esistono prove di problemi di solvibilità sistemica nei sistemi bancari dell’area dell’euro (cfr. Allegato 4).

72 Le condizioni di accesso al PCS sono sostanzialmente elencate al punto 7 delle conclusioni di cui al documento sottoscritto dai ministri delle finanze degli Stati dell’area euro.

73 Il contratto standard del “MES sanitario” prevede che la nuova linea di credito venga resa disponibile già a partire dal 1° giugno 2020 e accessibile fino a tutto il 2022, sebbene ulteriori proroghe saranno possibili qualora l’impatto dell’emergenza coronavirus lo rendesse necessario. Le richieste di sostegno alla crisi pandemica possono essere presentate fino al 31 dicembre 2022. Su proposta del Direttore generale del MES, il BoG può decidere di comune accordo di adeguare tale termine. La proposta dell’amministratore delegato si baserebbe su prove oggettive riguardanti l’andamento della crisi.

74 Sulla condizionalità “attenuata”, grazie alla temporanea neutralizzazione di alcuni aspetti di quella ordinaria del MES, cfr. E. CASTELLARIN, L´évolution de la conditionnalité du Mécanisme européen de stabilité, in Dir. un. eur. (Il), 1, 2020, pp. 45 e ss. Più severo il giudizio di M. DANI e A.J. MENENDEZ, Le condizionalità all’incrocio tra MES e TWO-Pack, in MES. L’Europa e il Trattato impossibile, cit., p. 56, per i quali lo Stato membro che decide di avvalersi del MES si sottopone a un “patto faustiano”.

75 Come previsto da tutti gli strumenti del MES, la struttura dei prezzi nell’ambito del sostegno alla crisi pandemica comprenderà un tasso di base e una commissione di impegno, che riflettono il livello del costo del finanziamento del MES, nonché le spese di servizio per coprire i costi operativi, e un margine adeguato. Il margine addebitato per i prestiti erogati nell’ambito dello strumento sarà di 10 punti base all’anno, la commissione di servizio iniziale sarà di 25 punti base mentre quella annuale sarà di 0,5 punti base.

76 Quella che sembra una formalità tra istituzioni è, in realtà, un messaggio politico per i 19 ministri delle Finanze dei Paesi (V. Comunicato stampa dell’Eurogruppo, reperibile al link https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/04/09/report-on-the-comprehensive-economic-policy-response-to-the-covid-19-pandemic/).

77 Per una risposta a tali critiche, si veda l’articolo di Carlo Cottarelli e Enzo Moavero pubblicato su La Repubblica del 27 aprile, reperibile al link https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-stampa-europa-le-tre-verita-sul-mes. Per R. SAMPERI, Le prospettive di riforma del MES nel processo di integrazione europea, cit., p. 782 s. << si tratta di disposizioni volte non ad impedire od ostacolare l’accesso agli aiuti, né a “punire” i Paesi fortemente indebitati, bensì a tutelare il patrimonio del MES (di cui l’Italia è il terzo contributore), garantendo che le risorse prestate vengano impiegate in maniera proficua dai beneficiari>>. In altri termini, la riforma del Consiglio non muta la natura del MES, che continua ad operare come un meccanismo di assicurazione comune contro il rischio di contagio economico, <<fornendo – secondo procedure certe e trasparenti – supporto finanziario ai membri in difficoltà, senza modificare in maniera significativa i relativi criteri di accesso>>. Scopo della modifica sarebbe, pertanto, <<quello di semplificare la procedura di erogazione della PCCL: in considerazione della condizionalità attenuata di quest’ultima rispetto alla linea di credito rafforzata…>>.

78 Eppure, sia consentito osservare come anche nelle relazioni fra Stati dovrebbe valere l’antico principio giuridico in base al quale pacta sunt servanda. Il prestito viene erogato sulla base di un contratto, e questo contratto non può essere modificato in itinere.

79 In proposito anche la Banca Centrale Europea, The European Stability Mechanism, ECB Monthly Bulletin, July 2011, p. 71, chiarisce che <<any financial assistance will be subject to very strict macroeconomic policy conditionality and be granted on non-concessional terms. Financial assistance must not act as a fiscal transfer, but only as a liquidity bridge that allows euro area countries in distress to “buy time” to take the necessary measures to restore fiscal sustainability and competitiveness in the medium term>>. E, poco più avanti (p. 77), sottolinea che <<ESM will mandate the Commission, together with the IMF and in liaison with the ECB, to negotiate a macroeconomic adjustment programme, details of which will be laid down in a Memorandum of Understanding (MoU) (…) The Commission, together with the IMF and in liaison with the ECB, will monitor compliance with the macroeconomic adjustment programme (…) On the basis of this report, the Board of Directors will decide by mutual agreement on the disbursement of further tranches of the loan>>.

80 Sui rapporti tra il singolo intervento di sostegno e il quadro delle politiche di sorveglianza multilaterale dell’UE sia consentito rinviare a L. SCIPIONE, Politiche e strumenti di salvataggio nella crisi dei debiti sovrani, cit., pp. 217 e ss.

81 V. CGUE, Case C-370/12, cit., par. 137, ove si legge che: <<L’articolo 125 TFUE (…) non vieta la concessione di un’assistenza finanziaria da parte di uno o più Stati membri ad uno Stato membro, che resta responsabile dei propri impegni nei confronti dei suoi creditori, purché le condizioni collegate a siffatta assistenza siano tali da stimolarlo all’attuazione di una politica di bilancio virtuosa>>.

82 Cfr. CAMERA DEI DEPUTATI, Dossier in occasione dell’audizione informale del Ministro dell’Economia e delle Finanze, 27 novembre 2020.

83 Nella “lettera” è scritto: «Le missioni di revisione saranno integrate nel normale ciclo di sorveglianza del semestre europeo».

84 La Commissione ha dichiarato che si concentrerà soltanto sulla verifica della destinazione sanitaria della spesa, predisponendo al riguardo una relazione trimestrale (“lettera”, punto 1).

85 In particolare il considerando 4 del regolamento (UE) n. 472/2013 precisa che: <<l’intensità della sorveglianza economica e di bilancio dovrebbe essere commisurata e proporzionata alla gravità delle difficoltà finanziarie incontrate e dovrebbe tenere debitamente conto della natura dell'assistenza finanziaria ricevuta>>.

86 Come indicato nel nuovo Preambolo, punto 17, la sorveglianza post-programma sarà svolta dalla Commissione Europea in collegamento con la BCE e dal Consiglio Ue nell’ambito del quadro stabilito ai sensi degli artt. 121 e 136 TFUE.

87 Tale sistema è uno strumento di monitoraggio dei rischi – in questo caso del rischio di restituzione del finanziamento – che è parte integrante della struttura di ogni organizzazione finanziaria. In particolare, l’early warning system permette una identificazione di tendenze macroeconomiche, focalizzandosi sulla liquidità di breve termine (fino ad un anno, dato che le previsioni a più lungo periodo sono riservate alla Commissione) di un Paese che abbia fatto ricorso a una linea di credito del MES. 

88 Gli effetti che per lo Stato derivano della ineludibile “sorveglianza rafforzata” sono significativi e indicati all’art. 3 del “Two Pack”: i) una più attenta indagine sulla situazione delle sue finanze, con l’obbligo di fornire a livello Ue le medesime informazioni previste da una procedura d’infrazione per disavanzi eccessivi; ii) “missioni di verifica periodiche” condotte dalla Commissione, dalla BCE, <<se del caso, con il FMI” (gli stessi protagonisti della cosiddetta Troika); iii) sulla base di tali missioni – punto nodale – il Consiglio Ue può raccomandare allo Stato di intraprendere “misure correttive” o “di predi­sporre un progetto di programma di aggiustamento macroeco­nomico”, una “raccomandazione” certo ma di peso, specie se combinata al timore di una reazione negativa dei mercati. 

89 In tal senso cfr. A. MANGIA, Del MES, delle sue condizionalità e delle discipline in deroga. Cosa succede quando il diritto delle crisi d’impresa viene applicato ai rapporti intergovernativi, in Riv. dir. banc., Editoriali, aprile 2020, p. 4 s.

90 Inoltre, anche volendo, i regolamenti, in quanto fonte secondaria, non potrebbero derogare alle norme primarie dei Trattati che agli artt. 121, 126 e 136 del TFUE prevedono misure di coordinamento e sorveglianza che, in caso di inosservanza, non vanno al di là dal rendere pubbliche le raccomandazioni non ottemperate.

91 In proposito cfr. M.T. STILE, Il MES nella risoluzione delle crisi finanziarie europee. Un paradigma
di limitazione della sovranità statuale, in Rivista AIC, 2, 2020, pp. 42 e ss.; cfr. ESM, Out of the Box: A new ESM for a new crisis, 2020, reperibile al link: https://www.esm.europa.eu/blog/out-box-new-esm-new-crisis; SERVIZIO STUDI DEL SENATO DELLA REPUBBLICA, Le riforme del sistema bancario a livello nazionale ed europeo, Dossier n. 234, 30 marzo 2020. Come osserva G. CATALDO, Il Fiscal Compact e le problematiche della sovranità finanziaria condizionata, in Rivista AIC, Osservatorio costituzionale, gennaio 2015, p. 2 – «l’ordinamento comunitario ha risentito molto degli effetti della crisi, probabilmente a causa del suo federalizing process ancora in fieri che, nella pratica, non pone dei limiti precisi fra le competenze degli Stati membri rispetto a quelle dell’Unione, proprio come nel caso della politica economica. Su questo piano si parla di “sovranità finanziaria condizionata”, per evidenziare un continuo dialogo (o contrasto, in alcuni casi) fra gli Stati membri e le istituzioni europee, chiamate a far rispettare precisi vincoli di bilancio, di spesa e più in generale di natura economica».

92 Come si evince dal rinnovato paragrafo 1 dell’art. 14, ove, paradossalmente, si prevede che possa chiedere sostegno per la finanza pubblica solo lo Stato membro che non abbia problemi di finanza pubblica.

93 Così G. GALLI, Il Meccanismo Europeo di Stabilità: funzionamento e prospettive di riforma, cit., che di seguito elenca i presupposti che dovrebbero essere presi in considerazione in siffatte valutazioni: <<l’assenza di squilibri macroeconomici eccessivi,una posizione sull’estero sostenibile, l’assenza di gravi vulnerabilità del sistema finanziario che mettano a repentaglio la stabilità finanziaria dell’area (vulnerabilità che l’Italia non ha e che invece hanno la Germania e la Francia, a motivo dell’ingentissimo ammontare di titoli finanziari illiquidi e non valutati al fair value presenti nei portafogli delle rispettive banche), l’accesso ai mercati internazionali dei capitali>>.

94 In tal senso v. M. BORDIGNON, Mes sì o Mes no?, in lavoce.info, 11 maggio 2020.

95BVerfG, Judgment of 05 May 2020 - 2 BvR 859/15, disponibile al link: https://www.bundesverfassungsgericht.de/SharedDocs/Entscheidun-gen/EN/2020/05/rs20200505_2bvr085915en.html.

96 CGUE, Case C‑62/14, cit.

97 Alcune entrate tributarie devono dunque essere dirottate per ripagare e garantire l’eurobond: il ministro francese delle Finanze Bruno Le Marie suggerisce di attingere a una tassa di solidarietà oppure di introdurre tasse europee per un fondo-corona limitato nel tempo e legato all’emergenza attuale. Altri economisti hanno avanzato l’idea di prevedere una tassa progressiva sui grandi patrimoni.

98 Come mette in luce T. MONACELLI, Mes o coronabond sempre debito è, in lavoce.info, 15.04.2020, <<il dibattito che contrappone il MES ai coronabond, riguarda in realtà strumenti di indebitamento identici. La vera distinzione è tra emissione unilaterale e simultanea di nuovo debito>>.

99 Si tratta della «Initiative franco-allemande pour la relance européenne face à la crise du coronavirus» del 18 maggio 2020 e reperibile al link: https://www.elysee.fr/emmanuel-macron/2020/05/18/initiativefranco-allemande-pour-la-relance-europeenne-face-a-la-crise-du-coronavirus. Tale proposta ha incontrato l’opposizione di Olanda, Austria, Danimarca e Svezia schieratesi contro l’idea di aiutare gli Stati colpiti dal coronavirus tramite trasferimenti di denaro a fondo perduto e preferendo una soluzione basata sulla concessione di prestiti da restituire nel corso del tempo, così da evitare la condivisione del debito.

100 Tuttavia, i recovery bond (o “euro-corona-bond”) hanno caratteristiche ancora indefinite, per non dire poco fluide. Non potendo questo nuovo titolo obbligazionario essere acquistato al 100% dalla BCE, che altrimenti infrangerebbe il divieto di monetizzazione del debito a meno di modifiche al Trattato, un “euro-corona-bond” deve essere collocato sul mercato garantendone la massima affidabilità e credibilità, sarebbe a dire il rimborso integrale e puntuale. Insomma, anche l’ipotesi di un corona-bond come titolo di debito comune europeo istantaneo e limitato nel tempo, ma senza condizionalità e con scadenze differenziate, che assumerebbe le sembianze di un ibrido, lascia piuttosto perplessi. Sebbene sia stato specificato sin dall’inizio che il debito verrebbe assistito da specifici piani di rimborso per ciascuno Stato, i mercati non si fidano del rimborso a carico del bilancio del successivo settennio 2028-2034.

101 Approfittando della presenza di più filiere di approvvigionamento, quando nel 2022 torneranno ad essere soggetti al monitoraggio semestrale europeo previsto dal Patto di Stabilità, gli Stati membri potrebbero ritrovarsi con un’esposizione del debito pubblico al mercato inferiore a quello attuale: il fabbisogno finanziario dei prossimi anni, infatti, potrebbe essere coperto dallo sforzo congiunto della BCE (PEPP) e dell’Unione europea (SURE, BEI, MES e NGEU).

102 In questi termini v. P. BILANCIA, Il governo dell’economia tra Stati e processi di integrazione europea, in A. CIANCIO (a cura di), Nuove strategie per lo sviluppo democratico e l’integrazione politica in Europa, Roma, 2014, p. 326.

103 Il Governatore della Banca d’Italia I. VISCO, The Economic and Monetary Union: Time to Break the Deadlock, keynote address, cit., aveva definito «di portata complessivamente limitata» le novità introdotte dal progetto di modifica del MES, mentre R. GUALTIERI, Audizione del ministro dell’Economia e delle finanze sulle misure economiche adottate dal Governo per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, Commissioni Bilancio di Camera e Senato, Roma, 24 marzo 2020, ha ricordato che «il MES fa parte della cassetta degli attrezzi di cui dispone la Ue per affrontare le crisi» e il suo rafforzamento con la riforma «non rappresenta alcun pericolo per la stabilità dell’Italia e non introduce alcun elemento critico o problematico».

104 La riforma del MES non va a modificare i meccanismi di voto per l’erogazione dei prestiti agli Stati. Le decisioni vengono prese normalmente “per consenso”, cioè senza che nessuno Stato si esprima in senso contrario (il che conferisce a tutti i 19 Paesi dell’area euro un diritto di veto).

105 Identiche preoccupazioni vengono sollevate con riferimento al varo del Meccanismo comune di assicurazione dei depositi o all’istituzione di un bilancio dell’Eurozona con finalità di stabilizzazione. Si può, infatti, osservare come, riguardo al completamento dell’Unione bancaria europea, anche le proposte del ministro delle finanze tedesco, Olaf Scholz, risultino in buon parte sovrapponibili a quelle concernenti il MES, nel senso che entrambe contengono indicazioni volte a sfavorire la detenzione di titoli di Stato, vuoi in funzione del loro rating vuoi della loro eccessiva concentrazione nei bilanci delle banche del Paese emittente.

106 Come evidenziato da G. ANTONELLI e A. MORRONE, La riforma del MES: una critica economica e giuridica, in federalismi.it, Editoriale, 34, 2020, p. XVII, nella proposta di trasformazione del MES in un Fondo monetario europeo (FME) mediante un regolamento, <<le parole chiave […] sono unità, efficienza e responsabilità democratica>>.

107 Nell’accezione che si ritiene più corretta, il principio di “condizionalità” deve essere considerato la stella polare per orientare il rapporto con gli Stati che accedono ai relativi programmi di assistenza, quale contropartita – è bene ricordare – dell’accettazione del principio di “mutualizzazione dei debiti” da parte dei Paesi creditori. Per A. VALZER, Meccanismo europeo di stabilità oggi. Appunti, cit., p. 232, il senso, in extrema ratio, delle condizionalità imposte dal T.MES è quella per cui l’assistenza finanziaria agli Stati membri è concessa <<dietro l’accettazione di specifiche opzioni di politica di bilancio (i.e. di indirizzo politico), senza che, peraltro, esso ne assuma responsabilità, né giuridica, né politica, né “istituzionale”. Queste ultime, infatti, gravano sul governo dello Stato membro che decida di rivolgersi al MES>>.

108 Proposta di regolamento COM (2019) 354 final.

109 Si pensi all’assenza di squilibri macroeconomici come pre-condizione per l’accesso alla linea di credito condizionale precauzionale.

110 Come sottolineano G. ANTONELLI e A. MORRONE, La riforma del MES: una critica economica e giuridica, cit., p. XIII, <<La storia del MES non è così diversa da quella dell’integrazione europea. Nasce dall’emergenza economico finanziaria, cui l’Europa ha deciso di uscire con un nuovo ordine. Al contempo, per le sue caratteristiche, il MES è esso stesso un’emergenza, da normalizzare a sua volta. In questi ultimi anni, tuttavia, s’è constatato che su di esso pesa un’ipoteca genealogica, che frena questa trasformazione>>. Valorizza questo aspetto anche L. GIANNITI, La riforma del Mes e la governance economica dell’eurozona, in Dir. Pubbl., 2020, p. 315, che descrive il MES come un meccanismo di stabilizzazione extra moenia sed non extra ordinem.

111 Cfr. I. VISCO, L’Unione economica e monetaria: è ora di superare lo stallo, intervento al Seminario OMFIF-Banca d’Italia “Future of the Euro area”, Roma, 15 novembre 2019; A. VERDE, Unione monetaria e nuova governance europea: teorie, istituzioni, politica economica, Bari, 2012, pp. 220 e ss. Gli esempi includono oltre al Trattato del MES, il “Patto euro plus” e il TSCG. A seguito della crisi, la Commissione europea e gli Stati membri cosiddetti virtuosi (in primis la Germania), hanno individuato nel paradigma “regole numeriche fisse di bilancio e un guardiano fiscale nazionale” lo strumento fondamentale per indurre i Paesi membri dell’area euro a migliorare la disciplina e la credibilità di bilancio, nell’ottica di un rafforzamento complessivo del Patto di Stabilità e Crescita. Da qui le prescrizioni del Six-Pack, del Fiscal Compact e del Two-Pack sul cosiddetto “pareggio di bilancio” e sui fiscal council, elementi obbligatori dei fiscal framework nazionali.