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  • Le sezioni unite sul ricorso in appello sottoscritto personalmente dal contribuente in una controversia di valore superiore a € 3000,00 (nota alla sentenza della corte di cassazione civile, ss.uu., 13 dicembre 2017, n.29919)

Le sezioni unite sul ricorso in appello sottoscritto personalmente dal contribuente in una controversia di valore superiore a € 3000,00 (nota alla sentenza della corte di cassazione civile, ss.uu., 13 dicembre 2017, n.29919)

Scritto da Francesco Tumbiolo • apr 2019

Sintesi

MASSIMA In tema di contenzioso tributario, l’ordine impartito dal giudice al contribuente, nel giudizio di primo grado, di munirsi di assistenza tecnica – nel caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo – ancorché astrattamente ammissibile anche in secondo grado, non deve essere reiterato, con conseguente inammissibilità dell’appello per mancanza di “ius postulandi”. L’impugnazione è parimenti inammissibile, senza che la Commissione tributaria regionale debba prima formulare l’invito a munirsi di difensore, se la medesima parte, sfornita in grado di appello della necessaria difesa tecnica, nel giudizio davanti alla Commissione tributaria provinciale sia stata comunque resa edotta dall’eccezione di controparte della necessità dell’assistenza tecnica.

Abstract

The Unified Sections of the Court of cassation are required to resolve the jurisprudential conflict about the compulsoriness of technical assistance in the fiscal trial when the value of the claim exceeds € 3.000. The Court evaluates if the judge should order the taxpayer to enroll a qualified consultant in case he lacked one before the second instance Court.

Contenuto

1. La vicenda processuale

La società ART MODA S.r.L. impugnava l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate aveva ripreso a tassazione ai fini IVA, IRAP e IRES ricavi non contabilizzati, costi non di competenza e non inerenti.

Il ricorso veniva sottoscritto personalmente dal legale rappresentante della società, nonostante il valore della controversia superasse € 2.582,26 (limite sussistente ratione temporis).

L’Agenzia delle entrate eccepiva, per tale ragione, l’inammissibilità del ricorso.

La Commissione tributaria provinciale disattendeva l’eccezione dell’Ufficio finanziario perché la contribuente aveva poi provveduto a conferire l’incarico a un difensore abilitato, depositando il relativo atto di conferimento; mentre, nel merito, rigettava il ricorso.

La società impugnava la sentenza di primo grado; l’atto di appello veniva ancora sottoscritto personalmente dal legale rappresentante della società.

La Commissione tributaria regionale dichiarava inammissibile l’appello perché «per le controversie di valore superiore a euro 2.582,26 la procura e la firma del difensore sono elementi essenziali per l’ammissibilità dell’appello, la cui mancanza non può essere sanata nel corso del procedimento».1

La società proponeva ricorso per cassazione.

Con il primo motivo (che è quello che interessa in questa sede), denunciava che la Commissione tributaria regionale non avrebbe potuto dichiarare inammissibile l’appello senza prima aver invitato la parte a munirsi dell’assistenza tecnica prescritta; e ciò a prescindere dal fatto che tale invito fosse già stato rivolto alla contribuente in primo grado.



2. Il quesito e la sua soluzione

Con ordinanza n.10080, depositata il 21 aprile 2017, la sezione tributaria della Corte di Cassazione richiede l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite sulla «operatività anche in grado di appello del meccanismo di regolarizzazione della posizione processuale della parte sfornita di difensore abilitato».

Il meccanismo cui fa riferimento l’ordinanza è quello risultante dall’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 12, comma 5,2 e 18, comma 3, del D.Lgs. n.546/1992.

L’art. 12, comma 5, prevedeva che i ricorsi concernenti controversie di valore inferiore a € 2582,28 potevano “essere proposti direttamente dalle parti interessate, che, nei procedimenti relativi, possono stare in giudizio senza assistenza tecnica. (…) Il presidente della commissione o della sezione o il collegio possono tuttavia ordinare alla parte di munirsi di assistenza tecnica fissando un termine entro il quale la stessa è tenuta, a pena di inammissibilità, a conferire l’incarico a un difensore abilitato”.

Poi, l’art. 18, comma 3, sui requisiti del ricorso, prevedeva che l’atto introduttivo “deve essere sottoscritto dal difensore del ricorrente (…), salvo che il ricorso sia sottoscritto personalmente, nel qual caso vale quanto prescritto dall’art. 12, comma 5”.

In virtù di questo rinvio, la giurisprudenza costituzionale3 e di legittimità4 ha ritenuto che anche nelle controversie di valore superiore a € 2582,28,5 il giudice dovesse (nonostante la norma stabilisse solo una facoltà) ordinare al contribuente che ne fosse sprovvisto di munirsi di un difensore abilitato entro un termine perentorio; solo a seguito dell’inottemperanza a tale ordine, il giudice avrebbe potuto dichiarare l’inammissibilità del ricorso.

Si tratta di un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza.6

Con l’ordinanza citata, la Sezione V della Suprema Corte ha individuato un conflitto giurisprudenziale in ordine all’applicabilità del meccanismo sopra delineato anche in appello.

La giurisprudenza maggioritaria7 ritiene che l’ordine del giudice di munirsi di un difensore abilitato può essere impartito solo se la parte è «ab initio sfornita di assistenza tecnica, e non riguarda il giudizio di secondo grado».8

Il collegio rimettente, invece, condivide la tesi della giurisprudenza minoritaria,9 secondo la quale la differenziazione tra i due gradi di giudizio non ha motivo di sussistere.

E dello stesso avviso sono le Sezioni Unite: non si rinviene alcuna reale preclusione all’applicabilità in appello dell’ordine di munirsi di assistenza tecnica.

Nemmeno il tenore letterale dell’art. 12, comma 5, D.Lgs. n.546/1992 potrebbe deporre nel senso dell’inapplicabilità.

Ai sensi dell’articolo citato, l’ambito di applicazione dell’ordine del giudice sembrerebbe circoscritto alla sola proposizione delle controversie e non alla prosecuzione del giudizio.

In altri termini, solo nel momento introduttivo della controversia, corrispondente all’impugnazione del provvedimento viziato, il giudice avrebbe il dovere di invitare il contribuente che ne sia sfornito a munirsi di difensore abilitato; invece, il citato art. 15 non coprirebbe il caso di prosecuzione del giudizio, cioè l’impugnazione della sentenza di primo grado.10

Ma le Sezioni Unite ritengono che quanto previsto per l’introduzione del giudizio di primo grado valga anche per l’introduzione del procedimento d’appello, in virtù della clausola di rinvio contenuta nell’art. 61 del D.Lgs. n.546/1992.11

Affermata l’ammissibilità dell’ordine del giudice di munirsi di difensore anche nel giudizio di appello, le Sezioni Unite formulano alcune precisazioni.

Innanzitutto, tale ordine non deve essere reiterato dal giudice di secondo grado, qualora il contribuente sia già stato reso edotto del difetto di assistenza dal giudice di primo grado o da un’eccezione di parte.

Una volta che la parte è a conoscenza del difetto di assistenza tecnica, è comportamento richiesto dall’ordinaria diligenza proporre l’impugnazione della sentenza con la prescritta assistenza.

La soluzione opposta sarebbe in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo: l’allungamento dei tempi di trattazione della controversia conseguente all’ordine del giudice di munirsi di difensore abilitato non sarebbe giustificato da nessuna ragione apprezzabile.12

Ma vi è di più. Nella sentenza commentata si sostiene che l’eccezione di parte sull’inammissibilità del ricorso è di per sé sufficiente a rendere superfluo l’ordine del giudice di primo grado.

Mentre nel caso in cui la mancanza di assistenza tecnica non sia rilevata né d’ufficio dal giudice né su eccezione di parte in primo grado, la soluzione sarebbe diversa.

L’ordine di munirsi di assistenza tecnica deve essere impartito dal giudice di appello, dal momento che «il contribuente potrebbe effettivamente non essere a conoscenza dell’obbligo di assistenza tecnica e, quindi, non in condizione di ottenere la concreta tutela giurisdizionale dei propri diritti».13

Ora, si consideri che il quesito contenuto nell’ordinanza di rimessione attiene alla sola applicabilità al secondo grado di giudizio del meccanismo di regolarizzazione di cui all’art. 12 più volte citato.

Mentre rimane sullo sfondo la questione preliminare, cioè se effettivamente la pronuncia di inammissibilità sia subordinata al previo ordine del giudice di munirsi di difensore abilitato, anche per le controversie superiori al valore soglia stabilito dal legislatore.

In altri termini, si tratta del tema della necessità dell’assistenza tecnica nel giudizio tributario e delle conseguenze collegate alla sua violazione.

Tema che sarebbe da riesaminare funditus.14

In primo luogo, perché le pronunce della Suprema Corte sull’argomento si limitano ad aderire a massime tralatizie, la cui genesi è da ricondurre alla sentenza delle Sezioni Unite n.22601 del 2004, aspramente criticata da autorevole dottrina15 per la sua superficialità.

Poi, anche in ragione delle recenti modifiche al citato art. 12 apportate dal D.Lgs. n.156/2015. E questa poteva essere l’occasione, ma è stata sprecata.

Infatti, le Sezioni Unite si sono limitate a prendere in considerazione il problema dell’applicabilità del meccanismo già ricordato anche al grado d’appello, dando per scontato che «nel processo tributario avente a oggetto controversie di valore pari o superiore a Euro 2.582,28 (rectius 3.000), l’inammissibilità del ricorso proposto direttamente dalla parte senza assistenza tecnica (…) può essere dichiarata soltanto a seguito della mancata tempestiva esecuzione dell’ordine del giudice di munirsi di tale assistenza, conferendo l’incarico a un difensore abilitato (…)».16


3. La necessità di difesa tecnica per il contribuente

Prima della riforma del 1992 non era previsto alcun obbligo di assistenza tecnica.

Ai sensi dell’art. 30 del DPR n.636/1972, il contribuente poteva proporre ricorso personalmente o mediante procuratore generale o speciale; l’assistenza e la rappresentanza in giudizio era una facoltà del contribuente e/o del procuratore, i quali potevano farsi assistere e rappresentare in giudizio da un difensore abilitato.

Con la Legge delega n.413/1991 per la riforma del contenzioso tributario, il legislatore aveva stabilito principi e criteri direttivi volti a sancire l’obbligatorietà dell’assistenza tecnica17 senza ancorarla al valore della controversia.18

L’art. 30 della legge delega citata è stato attuato dal D.Lgs. n.546/1992 (c.d. Codice del processo tributario), il quale, all’art. 12, comma 1, del D.Lgs. sanciva (e stabilisce tuttora) inequivocabilmente l’obbligo di difesa tecnica del contribuente: «le parti, diverse dall’ufficio del Ministero delle finanze o dall’ente locale nei cui confronti è stato proposto ricorso, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato».19

Tuttavia, travalicando i limiti della delega, è stato stabilito che i contribuenti potevano stare in giudizio personalmente per le controversie di valore inferiore a 5.000.000 di lire, pur permanendo la facoltà per il giudice di “ordinare alla parte di munirsi di assistenza tecnica fissando un termine entro il quale la stessa è tenuta, a pena di inammissibilità a conferire l’incarico a un difensore abilitato”.20

Altre norme deponevano nel senso di un generale principio di obbligatorietà del patrocinio da parte di difensore abilitato.

L’art. 18, comma 3 e 4, D.Lgs. n.546/1992 prevedeva che “il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore del ricorrente e contenere l’indicazione dell’incarico a norma dell’art. 12, comma 3”,21 pena la sua inammissibilità.

Inoltre, l’art. 1, comma 2, D.Lgs. n.546/1992, richiamando se compatibili le norme del Codice di procedura civile, permetteva di ritenere applicabile al processo tributario anche l’art. 125 c.p.c.,22 a mente del quale gli atti introduttivi del giudizio devono essere sottoscritti dal difensore.

Poi, l’estensione del patrocinio gratuito a spese dello Stato alle controversie tributarie23 era perfettamente coerente con una generalizzata assistenza tecnica obbligatoria.24

Una disciplina così configurata non poteva lasciar adito ad alcun dubbio interpretativo: il contribuente avrebbe potuto stare in giudizio personalmente solo per le controversie di valore inferiore a 5.000.000 di lire;25 e, solo per quest’ultime, il giudice aveva la facoltà di ordinare al privato cittadino di farsi assistere da un difensore abilitato, qualora la lite involgesse rilevanti aspetti giuridici.

Proprio così ha inteso la Corte di Cassazione quando per la prima volta si è confrontata con la nuova disciplina del processo tributario.26

E le successive sentenze della Suprema Corte sono state dello stesso tenore,27 con adesione della dottrina.28

In questo contesto è intervenuta anche la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 12, comma 5, e 18, commi 3 e 4, del D.Lgs. n.546/1992 per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui, per le controversie di importo superiore a 5.000.000 di lire, «viene sanzionato con l’inammissibilità il ricorso sottoscritto dal solo contribuente, senza prevedere che quest’ultimo possa nominare un difensore in un momento successivo, eventualmente su disposizione del presidente di commissione o di sezione, ovvero del collegio».29

Pur condividendo la pacifica interpretazione del disposto degli artt. 12 e 18 del D.Lgs. n.546/1992, il giudice rimettente ha sostenuto che il discrimine costituito dal valore della lite sarebbe del tutto irrazionale e si risolverebbe nella violazione del diritto di difesa: il ricorso ove dichiarato inammissibile non permetterebbe una nuova riproposizione stante gli stretti limiti di decadenza.30

È stato pure evidenziato che il contribuente, di solito privo di una specifica competenza in materia, potrebbe essere indotto in errore dall’assenza di indicazioni sull’atto di accertamento circa l’obbligo di sottoscrizione del ricorso da parte di un difensore abilitato, a pena di inammissibilità.31

La Corte costituzionale, con sentenza del 13 giugno 2000 n.189,32 ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sottopostale, dal momento che una lettura costituzionalmente orientata delle norme censurate (soprattutto dopo le modifiche intervenute nel Codice del processo tributario33) imporrebbe già al giudice di ordinare al contribuente che ne sia privo di munirsi di difensore abilitato anche per le controversie superiori a 5.000.000 di lire.34

Anche il combinato disposto degli artt. 18, comma 3, e 14, comma 2, consentendo la sottoscrizione del ricorso in un momento successivo alla prima notifica, confermerebbe la possibilità per il contribuente di introdurre il giudizio personalmente anche per le liti sopra soglia.

Poi, nello stesso senso deporrebbe la possibilità di conferire l’incarico al difensore in pubblica udienza, ai sensi dell’art. 12, comma 6, D.Lgs. n.546/1992.

Questo orientamento della Corte costituzionale, inaspettato e aspramente criticato in dottrina,35 è stato seguito dalla giurisprudenza di merito.36

Ma non dalla giurisprudenza di legittimità.

Già nel 2002 la Corte di Cassazione ha avuto modo di confrontarsi con quanto stabilito dalla Consulta: il quadro normativo «non consente di dubitare della inammissibilità, affermata dal giudice del merito, del ricorso in appello37 sottoscritto, nel vigore del citato D.Lgs. n.546, esclusivamente dal contribuente, in relazione a controversia di valore superiore ai 5 milioni di lire (…)».38

Insomma, la Suprema Corte si è riportata all’indirizzo giurisprudenziale e dottrinale dominante formulato prima della decisione del Giudice delle leggi.

In primo luogo, è stato sottolineato che l’interpretazione adeguatrice proposta dalla Consulta ha una «portata sostanzialmente abrogatrice»39 del dato normativo.

In secondo luogo, la Corte costituzionale non sarebbe riuscita a dare adeguata spiegazione della disciplina transitoria di cui all’art. 79, comma 2, del D.Lgs. n.546/1992, secondo la quale per le controversie già pendenti al momento dell’entrata in vigore del nuovo processo tributario era consentita la regolarizzazione della costituzione delle parti proprio secondo le nuove norme sull’assistenza tecnica.

Poi, a mente del dato letterale della norma, il giudice ha il potere e non il dovere di invitare il contribuente a fornirsi di difensore abilitato.

Senza considerare che quanto sostenuto dalla Consulta sarebbe del tutto incompatibile con la natura impugnatoria del processo tributario: tanto più è elevata la presenza di termini decadenziali e di forme di inammissibilità, tanto più risulta necessaria l’assistenza tecnica già nel momento di introduzione del giudizio.40

Infatti, attesa l’indeducibilità di nuovi motivi oltre il termine di decadenza, il contribuente, «rimarrebbe unico arbitro di scelte processuali di carattere tecnico-giuridico»41 a cui risulterebbe irrimediabilmente vincolato.

La necessità di una seria assistenza tecnica è ancora più perentoria se si considera che nel processo tributario l’inammissibilità della domanda comporta l’inevitabile impossibilità di riproporla, stante gli stretti termini di decadenza.

In conclusione, la disciplina che risulta chiaramente dal dato normativo è compatibile con l’art. 3 Cost., visto che esalta le differenze tra il giudizio civile e quello tributario (di tipo impugnatorio); e, soprattutto, è compatibile con l’art. 24 Cost. proprio perché il suo scopo è quello di evitare che il contribuente, proponendo ricorso da solo, si esponga al «maggior rischio di commettere errori defensionali dovuti alla propria incompetenza e/o inesperienza»42 a cui non si potrebbe porre successivamente rimedio.

C’è chi43 ha osservato che, in realtà, sarebbe comunque un paradosso stabilire l’inammissibilità del ricorso non sottoscritto dal difensore abilitato con il pretesto di salvaguardare il contribuente.

La critica è destinata a cadere sulla base del rilievo che l’obbligatorietà della difesa tecnica è una regola sancita a protezione del contribuente; e il suo rispetto è adeguatamente presidiato dalla sanzione dell’inammissibilità del ricorso sottoscritto personalmente.44

La stessa Suprema Corte, sei mesi dopo, ha deciso in senso opposto.45

Però i giudici di legittimità hanno ammesso che la decisione è stata dettata non tanto dalle loro convinzioni, quanto dalla volontà di non discostarsi dai principi enunciati dalla Corte costituzionale, in ossequio all’esigenza di certezza del diritto.46

In ragione degli opposti orientamenti all’interno della stessa sezione tributaria, le Sezioni Unite sono state chiamate a risolvere il contrasto giurisprudenziale.47

Il 2 dicembre 2004 è stata depositata la sentenza n.22601 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Con la decisione da ultimo citata, la Suprema Corte ha ritenuto di conformarsi all’indirizzo ermeneutico inaugurato dalla Corte costituzionale con sentenza n.189 del 2000.

Dopo una lunga digressione sui rapporti tra Corte costituzionale e Corte di Cassazione, le Sezioni Unite si sono limitate a condividere l’interpretazione del Giudice delle leggi, perché l’interpretazione alternativa avrebbe condotto a una inevitabile dichiarazione di incostituzionalità delle norme già scrutinate.48

In dottrina non sono certo mancate le critiche a questa sentenza: «(…) le SS.UU., in nome del popolo italiano, anziché fornire all’invocato suo destinatario qual è l’interpretazione della norma dallo stesso elargita e di cui esse risultano istituzionali custodi, hanno rinunciato a farlo solo per evitare che la Corte costituzionale, persistendo nel suo originario abbaglio, abbia ad assumersi la responsabilità, pur essa nei confronti dello stesso popolo sovrano, di dichiarare incostituzionale, su tale base d’appoggio, l’anzidetta norma».49

Al di là della natura abdicativa, la sentenza in questione presta il fianco, come ben si può intuire, alle stesse critiche che si erano mosse nei confronti della decisione della Corte costituzionale n.189 del 2000.

In breve, l’interpretazione proposta è completamente «avulsa dalla disciplina normativa di riferimento».50

Si è registrata, tuttavia, qualche voce dissonante51 che ha condiviso, invece, la decisione delle Sezioni Unite.

Resta comunque il fatto che l’interpretazione proposta dalle nella sentenza n.22601 del 2004 è stata quella seguita acriticamente dalla sezione tributaria nelle decisioni successive.52

Tra le più recenti sentenze sul tema, si era già ricordata53 la decisione della Suprema Corte, Sez. VI, depositata il 18 gennaio 2017, n.1245.


4. Le modifiche intervenute con il D.Lgs. 24 settembre 2015, n.15654

In base al richiamo dell’art. 18 D.Lgs. n.546/1992 all’art. 12 del citato D.Lgs., la giurisprudenza (costituzionale prima e di legittimità poi) affermava che il giudice avrebbe dovuto invitare il contribuente che ne fosse risultato privo di munirsi di assistenza tecnica, indipendentemente dal valore della lite.

A seguito delle modifiche intervenute, l’art. 18 non richiama l’art. 12; e quest’ultimo, tra l’altro, non menziona più la possibilità per il giudice di ordinare alla parte di munirsi di un difensore abilitato.

Ora, sembrerebbe potersi escludere senza dubbio alcuno qualsiasi possibilità di sanatoria per un ricorso introdotto personalmente dal contribuente senza l’assistenza prescritta.

Tuttavia, sempre nell’ambito della riforma del 2015, è stato aggiunto un ultimo comma al citato art. 12, il quale prevede l’applicabilità dell’art. 182 c.p.c..

Ai sensi del secondo comma dell’art. 182 c.p.c., il giudice deve assegnare alla parte un termine perentorio per il rilascio o la rinnovazione della procura alle liti quando questa sia risultata nulla.

A questo punto ci si chiede se l’art. 182 c.p.c. impedisca una immediata declaratoria di inammissibilità del ricorso sottoscritto personalmente dal contribuente, in caso di lite di valore superiore a € 3000,00.

In altri termini, il quesito è se la procura alle liti mancante, perché mai rilasciata al difensore abilitato, possa essere equiparata alla procura viziata da nullità e, di conseguenza, possa essere rilasciata con effetti sananti nel termine perentorio concesso dal giudice ai sensi dell’art. 182 c.p.c..

In caso di risposta positiva, si giungerebbe, di fatto, allo stesso risultato a cui è pervenuta la giurisprudenza nell’interpretazione del testo previgente del D.Lgs. n.546/1992.

Nell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite55 si afferma che l’art. 182 c.p.c., riferendosi solo a vizi che determinano la nullità della procura, «sembrerebbe escludere la mancanza della procura dal novero delle irregolarità rimediabili»; ma, alla luce della ratio della norma, si dovrebbero equiparare quoad effectum la nullità e la mancanza della procura mai rilasciata.

Nello stesso senso si è pronunciata parte della giurisprudenza di merito, la quale ritiene applicabile l’art. 182 c.p.c. anche al caso di inesistenza o di mancata produzione in giudizio della procura, dal momento che questa interpretazione sarebbe quella maggiormente conforme alla volontà legislativa sottesa alla L. n.69/2009,56 cioè «quella di privilegiare la conservazione della validità del rapporto processuale».57

Anche parte della dottrina58 condivide questa impostazione.

Però, si tratta di un approdo tutt’altro che pacifico: in giurisprudenza si registrano decisioni diametralmente opposte.

È stato osservato che l’art. 182 c.p.c. presuppone l’esistenza di una procura, seppure viziata, invalida o nulla; e la possibilità che la procura difettosa possa venire non solo rinnovata, ma anche rilasciata non deve trarre in inganno: solo in caso di difetto di rappresentanza ai sensi dell’art. 75 c.p.c. la parte effettivamente legittimata è chiamata a rilasciare nuova procura.59

Poi, la Corte di Cassazione60 ha affermato che l’omesso deposito della procura speciale alle liti obbliga il giudice a invitare quest’ultima a produrre l’atto mancante solo nel caso in cui essa sia stata effettivamente rilasciata ai sensi dell’art. 83, comma 3, c.p.c. e semplicemente enunciata o richiamata negli atti della parte.

E le Sezioni Unite della Suprema Corte sembrano condividere l’assunto per cui l’art. 182 c.p.c. non consente sanatoria di procura mai rilasciata.61

Infatti, la procura alle liti è presupposto indispensabile per l’instaurazione del rapporto processuale e, di regola, il suo rilascio in un secondo momento non può né avere effetti retroattivi né sananti.

L’unica deroga è prevista dall’art. 125, comma 2, c.p.c. ove si prevede che la procura può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione, purché anteriormente alla costituzione della parte interessata.62

A proposito, non si deve dimenticare che interpretare l’art. 182 c.p.c. nel senso di permettere la sanatoria della procura inesistente condurrebbe a un’implicita abrogazione dell’art. 125, comma 2, c.p.c..63

Secondo alcuni è proprio l’“ingombrante”64 presenza dell’art. 125, comma 2, c.p.c. a impedire il meccanismo di sanatoria di cui all’art. 182 c.p.c..

Allora non resta che domandarsi se il comma 265 dell’articolo citato sia applicabile al processo tributario.

In giurisprudenza si rinviene una sola pronuncia di merito che ha fornito risposta proprio a questo preciso quesito, peraltro di segno positivo, ma senza darne esplicita motivazione.66

Probabilmente la ragione è che i giudici tributari non hanno mai dubitato che l’art. 125, comma 2, c.p.c. sia norma compatibile con il processo tributario ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. n.546/1992.

In effetti, l’unica disposizione che potrebbe, a prima vista, sembrare incompatibile con l’art. 125, comma 2, c.p.c. è l’art. 12, comma 7, del D.Lgs. n.546/1992, nella parte in cui ammette la possibilità di conferire oralmente l’incarico al difensore in udienza pubblica.

Tuttavia, si tratta solo di una incompatibilità apparente.

La possibilità di conferimento dell’incarico in udienza pubblica non è un esonero dall’obbligo di sottoscrizione del ricorso da parte del difensore abilitato per le liti superiori a € 3.000,00.

Dirimente è il fatto che l’udienza pubblica non è sempre necessaria;67 e, poi, la ratio della norma sarebbe quella di permettere al contribuente di far fronte a particolati situazioni.

Si tratta del caso di sostituzione di un precedente difensore68 e di quello in cui il contribuente abbia proposto il ricorso personalmente, trattandosi di controversie sotto soglia, ma poi abbia ritenuto di farsi assistere da un difensore abilitato.69

Pertanto, non si rilevano reali ostacoli di compatibilità dell’art. 125, comma 2, c.p.c.70

Il disposto di quest’ultima norma con l’art. 182 c.p.c. e l’art. 18 del D.Lgs. n.546/1992 consente di affermare che il giudice deve dichiarare immediatamente l’inammissibilità del ricorso sottoscritto personalmente dal contribuente nelle controversie di valore superiore a € 3.000,00.

Questa interpretazione71 sembra l’unica aderente al dato letterale delle norme sul processo tributario e rispettosa della Legge delega n.413/1991.

E l’inammissibilità del ricorso è una sanzione idonea a garantire che vi sia sempre il patrocinio di un difensore abilitato.

Solo in questo modo si evita che il contribuente rischi di compromettere la propria posizione in maniera irrimediabile, introducendo personalmente un ricorso gravido di errori, dovuti a una carente preparazione tecnico-giuridica.

carente preparazione tecnico-giuridica.

1 Così Cass. civ., SS.UU., sent. 13 dicembre 2017, n.29919, in banca dati De Jure, riprendendo Commissione tributaria regionale, Firenze, sez. XIII, 14 novembre 2011, n.108.

2 Ora comma 3, a seguito della novella del D.Lgs. n.156/2015.

3 Corte costituzionale, sent. 13 giugno 2000, n.189, in www.cortecostituzionale.it.

4 Cass. civ., SS.UU., sent. 2 dicembre 2004, n.22601, in banca dati De Jure.

5 Si precisa sin da ora che il limite di valore è stato più volte modificato: nel testo originario corrispondeva a lire 3.000.000; poi, con l’art. 12, comma 1, del D.L. 8 agosto 1996, n.437, convertito in legge con modificazioni nella L. 24 ottobre 1996, n.556, il limite è diventato di lire 5.000.000; la conversione valutaria ha trasformato la soglia in € 2.582,28; infine, l’art. 9, comma 1, lett. e, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n.156 ha modificato nuovamente il limite di valore, che ora corrisponde a € 3.000.

6 Si veda, tra le più recenti, Cass. civ., Sez. VI, sent. 18 gennaio 2017, n.1245, in banca dati De Jure.

7 Il collegio rimettente ne cita parecchie: Cass. civ., Sez. trib., sent. 13 ottobre 2010, n.211139; Cass. civ., Sez. trib., sent. 4 aprile 2008, n.8778; Cass. civ., Sez. trib., sent. 30 giugno 2010, n.15448; Cass. civ., Sez. trib., sent. 13 settembre 2013, n.20929; Cass. civ., Sez. trib., sent. 18 dicembre 2014, n.26851, tutte reperibili in banca dati De Jure.

8 Così Cass. civ., Sez. trib., sent. 13 settembre 2013, n.20929, in banca dati De Jure.

9 Cfr. Cass. civ., Sez. trib., sent. 9 ottobre 2009, n.21459, in banca dati De Jure.

10 In particolare, cfr. Cass. civ., Sez. trib., sent. 13 settembre 2013, n.20929, in banca dati De Jure.

11 Ai sensi dell’art. 61, D.Lgs. n.546/1992, “Nel procedimento d’appello si osservano in quanto applicabili le norme dettate per il procedimento di primo grado, se non sono incompatibili con le disposizioni della presente sezione” [sezione II - Il giudizio di appello davanti alla Commissione tributaria regionale -ndr].

12 Sul tema della ragionevole durata del processo tributario si veda: L. Del Federico, Il giusto processo tributario: tra art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e art. 111 Cost., in GT-Rivista di giurisprudenza tributaria, n.2/2005, p. 155; F. Gallo, Verso un “giusto processo” tributario, in Rassegna Tributaria, n.1/2003, p. 11; G. Marongiu, Una giustizia lentissima fonte di preoccupazioni e di pretese: la Commissione Tributaria Centrale, in Rassegna Tributaria, n.4/2011, p. 877; F. Tesauro, Giusto processo e processo tributario, in Rassegna Tributaria, n.1/2006, p. 11; A.F. Uricchio, Principi del giusto processo e applicabilità della legge Pinto nei giudizi tributari, in http://www.giustizia-tributaria.it/seminari-e-corsi-di-formazione/item/download/2254_10295ea88d3e61905fbd3d5547ee55df.

13 Così Cass. civ., SS.UU., sent. 13 dicembre 2017, n.29919, in banca dati De Jure.

14 Cfr. C. Glendi, At ille murem peperit, in GT - Rivista di giurisprudenza tributaria, n.8/2005, p. 722; cfr. anche M. Cantillo, I limiti della difesa tecnica obbligatoria nel processo tributario, in Rassegna Tributaria, n.1/2005, p. 224.

15 Tra gli altri, si veda C. Glendi, Tra Corte costituzionale e Corte di cassazione: chi deve o chi può sottoscrivere i ricorsi tributari?, in GT-Rivista di giurisprudenza tributaria, n.3/2003, p. 262.

16 Così Cass. civ., SS.UU., sent. 13 dicembre 2013, n.29919, in banca dati De Jure.

17 Si precisa fin da ora che si aderisce alla tesi per cui l’“assistenza tecnica” di cui al D.Lgs. n.546/1992 è da intendersi in senso lato, comprendendo sia l’attività meramente difensiva sia quella di rappresentanza processuale della parte; per un approfondimento si rinvia a C. Gobbi, Il processo tributario, Milano, 2017, pp. 71-75.

18 Si veda in particolare l’art. 30, comma 1, lett. i e t della L. 30 dicembre 1991, n.413.

19 Si fa riferimento al testo originario pubblicato in Gazzetta Ufficiale 13 gennaio 1993, n, 9, serie ordinaria.

20 Art. 12, comma 5, D.Lgs. n.546/1992 nel testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale 13 gennaio 1993, n, 9, serie ordinaria.

21 Ci si riferisce ancora al testo originario pubblicato in Gazzetta Ufficiale 13 gennaio 1993, n, 9, serie ordinaria.

22 Cfr. C. Glendi, Tra Corte costituzionale e Corte di cassazione: chi deve o chi può sottoscrivere i ricorsi tributari?, in op. cit., p. 265.

23 Cfr. art. 13 D.Lgs. n.546/1992, ora abrogato.

24 Cfr. C. Glendi, op. ult. cit., p. 265.

25 In realtà, più precisamente, era possibile la difesa personale anche per i ricorsi di cui all’art. 10 del d.p.r. n.787/1980.

26 Cfr. Cass. civ., Sez. I, sent. 3 marzo 1999, n.178, in banca dati De Jure, la quale afferma che «la eventuale costituzione personale in giudizio della parte privata senza assistenza di difensore va considerata tamquam non esset e non comporta alcun intervento correttivo o sanante da parte dell’organo giudicante, e, d’altro canto, anche nelle controversie di valore inferiore, non impone una sorta di costituzione obbligatoria in giudizio ma risponde soltanto all’esigenza di evitare che il contribuente che voglia costituirsi, avvalendosi della facoltà di stare in giudizio personalmente prevista dalla legge in via generale venga a trovarsi in condizione di minorata difesa in determinate controversie che, a giudizio della Commissione, involgano aspetti di particolare rilievo giuridico».

27 Si veda Cass. civ., Sez. trib., sent. 29 marzo 2000, n.3845, in banca dati De Jure.: «[…] a garanzia del fondamentale diritto della parte privata ad una idonea difesa tecnica (art. 24 comma 2 Cost.) […] ogni attività processuale svolta da difensore non abilitato, dovendo ritenersi effettuata in assoluta carenza di potere, è radicalmente nulla; e che, pertanto, la sottoscrizione del ricorso introduttivo dallo stesso operata, dovendo considerarsi tamquam non esset, è parificata alla fattispecie di mancanza di sottoscrizione, prevista dall’art. 18, comma 4, D.Lgs. n.546/1992, la quale comporta la sanzione della inammissibilità del ricorso. E siffatto vizio originario del ricorso introduttivo non è, all’evidenza, suscettibile di sanatoria (contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente […], proprio perché il legislatore, con valutazione discrezionale non irragionevole, ha ritenuto che un difensore non abilitato non è idoneo a difendere adeguatamente la parte, massimamente nella (redazione e, quindi) sottoscrizione degli atti che – facendo valere le ragioni della parte privata nel processo tributario, sia in primo grado, sia in grado d’appello (cfr. anche art. 53 comma 1) – rendono effettivi i suoi diritti alla tutela giurisdizionale e alla difesa»; così anche la massima di Cass. civ., Sez. trib., 12 giugno 2000, n.7966, in Giust. civ. Mass., 2000, p. 1274: «in tema di contenzioso tributario, il conferimento nel corso del processo di procura speciale ad un avvocato non sana l'iniziale difetto di assistenza tecnica ex art. 12 del D.Lgs. n.546 del 1992, attenendo questa all’esercizio dello jus postulandi e, quindi, alla validità ed efficacia dell'atto introduttivo del giudizio».

28 Cfr. C. Glendi, op. ult, cit., p. 281, nota 4; l’Autore ricorda che l’unica voce dissonante era B. Aiudi, L’assistenza tecnica fra suggestione e realtà normativa. In particolare sulla sottoscrizione quale requisito d’ammissibilità, in Boll. Trib., 1999, p. 87.

29 Comm. trib. prov. di Novara, 10 ottobre 1998, ord., n.360, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, prima serie speciale, n.25/1999.

30 Cfr. l’ordinanza della Commissione tributaria provinciale di Novara del 10 ottobre 1998, n.360, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, prima serie speciale, n.25/1999.

31 Cfr. l’ordinanza della Commissione tributaria provinciale di Novara del 10 ottobre 1998, n.360, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, prima serie speciale, n.25/1999.

32 Reperibile in www.cortecostituzionale.it.

33 Si veda art. 69, comma 2, lett. c, D.L. 30 agosto 1993, n.331, convertito in L. 29 ottobre 1993, n.427, il quale sostituisce il richiamo dell’art. 18, comma 3, D.Lgs. n.546/1992, all’art. 12, comma 6, D.Lgs. cit., con il richiamo, invece, all’art. 12, comma 5, D.Lgs. cit..

34 Secondo la Corte costituzionale, il rinvio dell’art. 18, comma 3, D.Lgs. cit., al comma 5 (e non più 6) dell’art. 12, D.Lgs. cit., assumerebbe un «significato logico (…) di richiamo complessivo all’intero comma 5 e quindi anche al meccanismo dell’ordine da parte del Presidente della commissione o della sezione o del collegio di “munirsi di assistenza tecnica fissando un termine entro il quale la stessa (parte) è tenuta, a pena di inammissibilità, a conferire l’incarico ad un difensore abilitato».

35 Si veda in particolare P. Russo e G. Fransoni, Commento alla sentenza n.189 del 2000 della Corte costituzionale, in Fiscoline, 2000, p. 1, i quali affermano che la Corte costituzionale «è incorsa in un vero e proprio infortunio», facendo «diventare regola l’eccezione»; per un’analisi (e critica) dei singoli argomenti addotti dalla Corte costituzionale si veda anche C. Glendi, op. ult. cit., pp. 265 e ss..

36 M. Posarelli, L’inammissibilità del ricorso sottoscritto dal solo contribuente nelle controversie tributarie di valore superiore a 5.000.000 di lire: un caso chiuso, in il fisco, n.12/2005, p. 2, individua alcune sentenze di merito in questo senso: Comm. trib. reg. del Lazio, Sez. XI, 10 giugno 2002, n.40; Comm. trib. reg. della Toscana, Sez. XXV, 13 luglio 2002, n.59; Comm. trib. reg. della Puglia, Sez. VII, 14 gennaio 2003, n.65 e Sez. II, 23 febbraio 2004, n.16; Comm. trib. prov. di Benevento, Sez. II, 15 luglio 2004, n.94.

37 Il caso di specie riguardava la dichiarazione di inammissibilità di un appello; le affermazioni della Suprema Corte valgono a maggior ragione per il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

38 Così Cass. civ., Sez. trib., sent. 29 gennaio 2002, n.1100, in banca dati De Jure.

39 Così Cass. civ., Sez. trib., sent. 29 gennaio 2002, n.1100, in banca dati De Jure.

40 Nello stesso senso la dottrina, cfr. C. Glendi, op. ult. cit., p. 275.

41 Così Cass. civ., Sez. trib., sent. 29 gennaio 2002, n.1100, in banca dati De Jure.

42 Così Cass. civ., Sez. trib., sent. 29 gennaio 2002, n.1100, in banca dati De Jure, in realtà riportando parte del ricorso introduttivo del giudizio.

43 S. Chiarloni, Formalismi e garanzie - studi sul processo civile, Torino, 1995, pp. 160 e ss.; si anticipa sin da ora che questo argomento è stato ripreso proprio ripreso dalle Sezioni Unite nella sentenza n.22601 del 2004, «in considerazione delle particolarità del processo tributario che, dovendo essere introdotto attraverso un meccanismo impugnatorio di particolari specie di atti impositivi, da esercitarsi entro brevissimi termini di decadenza, comporta già fortissime compressioni di quelle citate garanzie costituzionali, rispetto al modello classico del processo civile».

44 Cfr. C. Glendi, op. ult. cit., p. 277, il quale afferma che «proprio attraverso la prevista sanzione dell’inammissibilità del ricorso non sottoscritto da difensore non abilitato si presidia il rispetto della regola dell’assistenza obbligatoria sancita a generale protezione dei contribuenti e che la statuita inammissibilità del ricorso non sottoscritto dal difensore abilitato costituisce la giusta sanzione dell’inosservanza della regola stessa che trova nel mancato rispetto della norma la sua piena giustificazione».

45 Cass. civ., Sez. trib., sent. 12 giugno 2002, n.8369, in banca dati De Jure.

46 Si veda Cass. civ., Sez. trib., sent. 12 giugno 2002, n.8369, in banca dati De Jure, che così si esprime: «la qui impugnata sentenza (…) si rivela manifestamente confliggente con i principi enunciati nel ridetto arresto del giudice delle leggi, dai quali questa Corte Suprema – pur con qualche perplessità in ordine alla relativa compatibilità con la lettera dell’art. 12 D.Lgs. n.546 del 1992 – non intende discostarsi in ossequio all’esigenza della certezza del diritto, e va ravvisata, perciò, inficiata dalla denunciata violazione di legge e passibile, consequenzialmente, di cassazione».

47 Cfr. l’ordinanza di rimessione: Cass. civ., Sez. trib., sent. 27 febbraio 2003, n.3042, in banca dati De Jure.

48 Cass. civ., SS.UU., sent. 2 dicembre 2004, n.22601, in banca dati De Jure, afferma di limitarsi «a prendere atto dell’interpretazione sulla quale il Giudice delle leggi ha fondato la propria decisione di rigetto e a condividerne il tenore, se non altro perché la diversa interpretazione (…) condurrebbe inevitabilmente ad una dichiarazione d’incostituzionalità, ove la Corte costituzionale dovesse rilevare la formazione di un diritto vivente in tal senso, espresso in una pronuncia delle Sezioni Unite».

49 Così C. Glendi, At ille murem peperit, op. cit., p. 723.

50 Così M. Cantillo, op. cit., p. 219.

51 F.A. Genovese, Inammissibile il ricorso del contribuente non è assistito dal difensore tecnico, in Corr. trib., n.5/2005, pp. 390 e ss., il quale ritiene che la questione sull’obbligatorietà dell’assistenza tecnica sia stata risolta in modo convincente e definitivo.

52 Cfr., ex plurimis, Cass., Sez. trib., sent. 13 gennaio 2006, n.620, secondo la quale «a tali principi dovendosi adeguare [quelli espressi dalla Corte costituzionale n.189/2000 e dalla Suprema Corte n.22601/2004], il collegio osserva che il giudice di primo grado non avrebbe potuto dichiarare l'inammissibilità del ricorso introduttivo, senza previa fissazione di un termine alla ricorrente, perché si munisse della necessaria assistenza tecnica»; Cass., Sez. trib., sent. 6 giugno 2007, la quale cassa la sentenza di secondo grado per non essersi adeguata ai consolidati principi in tema di assistenza tecnica; Cass., Sez. trib., sent. 7 agosto 2009, n.18129, secondo cui «Per effetto dell'interpretazione adeguatrice del D.Lgs. n.546 del 1992, art. 12, comma 5, e art. 18, commi 3 e 4, fornita da Corte cost. n.189 del 2000, l’inammissibilità del ricorso presentato senza l’assistenza di un difensore abilitato può peraltro essere dichiarata soltanto qualora la parte privata non ottemperi, nel termine all’uopo fissato, all’ordine di munirsi di assistenza tecnica, impartitole dal presidente della commissione tributaria»; Cass., Sez. trib., sent. 16 settembre 2009, n.19636, la quale, in ragione dell’orientamento ormai consolidato nel senso già più volte ricordato, dichiara in camera di consiglio manifestamente inammissibile il ricorso presentato dal contribuente (per approfondire si veda il commento di F. Tundo, in Rimedi per l’omessa sottoscrizione del ricorso e la mancata nomina del difensore, in Corr. trib., n.41/2010, pp. 3397 e ss.); Cass., Sez. trib., sent. 2 marzo 2012, n.3266, in banca dati De Jure, secondo cui «la questione sottostante, che attiene alla necessità dell'assistenza tecnica del contribuente nei giudizi tributari di valore superiore ad attuali Euro 2.582,28, è stata definitivamente risolta dalla giurisprudenza di questa Corte in continuità col principio ritenuto da C. cost. n.189/2000»; Cass., Sez. trib., sent. 23 maggio 2014, n.11476, in banca dati De Jure: «Si tratta di una lettura che può dirsi ormai consolidata nella giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la norma in questione non è irragionevolmente destinata ad infliggere sanzioni di inammissibilità in danno del soggetto che si intende tutelare, ma risponde invece – in una prospettiva costituzionalmente orientata – all'esigenza di assicurare l'effettività del diritto di difesa nel processo e l'adeguata tutela contro gli atti della P.A.».

53 Cfr. nota 8.

54 Decreto legislativo rubricato: “Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario, in attuazione degli articoli 6, comma 6, e 10, comma 1, lettere a) e b), della legge 11 marzo 2014, n.23”.

55 Cass. civ., Sez. V, ord., 21 aprile 2017, n.10080, in banca dati De Jure.

56 Legge recante disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile, con la quale è stato modificato l’art. 182 c.p.c..

57 Così Trib. Siena, sent. 24 maggio 2016, in banca dati De Jure; si veda anche Trib. Verona, sent. 22 aprile 2010, in banca dati De Jure, secondo cui «il novellato art. 182 c.p.c. che consente di sanare retroattivamente i vizi della procura alle liti, come si deduce dal rilievo che il termine per la sanatoria è previsto non solo per la “rinnovazione, ma anche per il “rilascio” della stessa».

58 Cfr. A. Russo, Vizi della procura. Il nuovo art. 182 del codice di procedura civile, in il Fisco, n.15 - parte 1, p. 2305: «in pratica (…) il nuovo art. 182 produce gli stessi effetti generati dalla osservanza – da parte delle commissioni di merito – della sent. n.189/2000 ma ha l’indubbio merito di cristallizzando l’obbligo di provvedere al conferimento/rilascio di mandato difensivo in un preciso riferimento normativo anziché in una argomentazione della Consulta»; si veda anche A. Russo, Alle Sezioni Unite il vaglio dell’ammissibilità dell’appello non sottoscritto da assistente tecnico, in il Fisco, n.22/2017, pp. 1-2170.

59 Cfr. Trib. Macerata, sent. 29 aprile 2011, in banca dati De Jure, il quale afferma che: «a voler propugnare la tesi secondo cui sarebbe sanabile anche la fattispecie ove la parte agisca in proprio senza aver conferito la procura al difensore o in forza di procura giuridicamente inesistente, occorrerebbe correlativamente opinare per una implicita abrogazione dell’art. 125, coma secondo, c.p.c., pur in carenza di ogni dato testuale o sistematico in tal senso».

60 Cfr. ex plurimis Cass. civ., Sez. II, 14 febbraio 2017, n.3894, in banca dati De Jure.

61 Cass. civ., SS.UU., sent. 13 giugno 2014, n.13431, in banca dati De Jure; nello stesso senso si vedano Cass. civ., Sez. II, sent. 11 giugno 2012, n.9464 e Cass. civ., Sez. III, sent. 9 aprile 2009, n.8708, in banca dati De Jure.

62 Si veda Cass. civ., SS.UU., sent. 13 giugno 2014, n.13431, in banca dati De Jure, secondo cui «la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere rilasciata con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall’art. 125 c.p.c., il quale dispone che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché però anteriormente alla costituzione della parte rappresentata e sempre che per l’atto di cui trattasi non sia richiesta dalla legge la procura speciale, come nel caso del ricorso per cassazione, restando conseguentemente esclusa, in tale ipotesi, la possibilità, di sanatoria e ratifica»; nello stesso senso si veda Trib. Milano, Sez. IV, sent. 7 febbraio 2017, n.1573, in banca dati De Jure.

63 Cfr. Trib. Macerata, sent. 29 aprile 2011 e Trib. Milano, Sez. IV, sent. 7 febbraio 2017, n.1573, in banca dati De Jure, per cui «il disposto dell’art. 125 comma 2 c.p.c., a maggior ragione se apprezzato alla luce degli artt. 165 e 166 c.p.c., esclude ogni possibilità di sanatoria o di ratifica del mancato rilascio della procura».

64 Definita così da A. Russo, op. ult. cit., pp. 1-2170.

65 Sul primo comma non ci sono dubbi. Si veda C. Glendi, Tra Corte costituzionale e Corte di cassazione: chi deve o chi può sottoscrivere i ricorsi tributari?, in op. cit., p. 264, secondo cui esso risulta «sicuramente applicabile anche nel processo tributario ex art. 1, comma 2, D.Lgs. n.546/1992»; la compatibilità si desume dall’art. 18 del D.Lgs. n.546/1992, a mente del quale il ricorso è inammissibile se non sottoscritto dal difensore.

66 Comm. trib. prov. di Pisa, Sez. VI, 27 marzo 2000, n.36, in Giurisprudenza Tributaria, n.7/2000, 607; in dottrina si veda F. Pistolesi, Ulteriori considerazioni sul dibattuto tema della sottoscrizione del ricorso introduttivo del processo tributario, in GT - Rivista di giurisprudenza tributaria, n.9/2003, 881; cfr. anche M. Stella, Alle Sezioni Unite l’applicazione della sanatoria del difetto di rappresentanza tecnica in appello, in Corr. Trib., n.27/2017, 2145, che giunge, però, a conclusioni molto diverse da quelle a cui si intende aderire in questo commento.

67 Infatti, ai sensi dell’art. 33, D.Lgs. n.546/1992, la trattazione della controversia avviene in camera di consiglio, salvo che le parti non abbiano presentato istanza per la discussione in pubblica udienza.

68 Cfr. C. Glendi, op. ult. cit., p. 269; si veda anche G. Fabio, È inammissibile il ricorso sottoscritto dalla parte, in Corr. trib., n.11/2000, p. 793.

69 D. Pastorizia, art. 12, in E. Sellitto e S. Loconte, Il nuovo processo tributario: commento al d.lgs. 31 dicembre 1992, n.546, come modificato dal d.lgs. 24 settembre 2015, n.156, in vigore dal 1° gennaio 2016, Torino, 2016, p. 71; nello stesso senso si veda anche A. Marcheselli, Contenzioso tributario, Milano, 2014, p. 199.

70 Contra C. Glendi, Limiti temporali al rilascio della procura per il ricorso nel processo tributario, in GT - Rivista di giurisprudenza tributaria, n.7/2000, p. 608: nella vigenza dell’art. 18 del D.Lgs. n.546/1992 non ci sarebbe alcuna lacuna da colmare attraverso l’art. 125, comma 2, c.p.c.; si deve osservare, però, che anche se l’art. 125, comma 2, c.p.c. non fosse applicabile al processo tributario rimane comunque il fatto che l’art. 18 del D.Lgs. n.546/1992 costituisce norma ben più ingombrante dell’art. 125, comma 2, c.p.c., dal momento che sancisce che il ricorso è inammissibile se non è sottoscritto dal difensore.

71 Nonostante le modifiche normative intervenute, il risultato raggiunto è pressoché identico a quello a cui era pervenuta Cass. civ., Sez. trib., 29 gennaio 2002, n.1100.