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Nihil sub sole novum nella riforma del sistema fiscale per il completamento dell’autonomia finanziaria e tributaria territoriale

Scritto da Laura Letizia • lug 2022

Sintesi

L’articolo esamina alcune criticità presenti nella riforma del sistema tributario, approvata in prima lettura dalla Camera dei deputati il 23 giugno ultimo scorso, nella prospettiva dell’attuazione del “federalismo fiscale”. Le azioni prefigurate, peraltro declinate sommariamente, lasciano, infatti, irrisolte diverse questioni, da lungo tempo sospese e pur se propedeutiche a qualsiasi proposito di intervento sull’ordinamento statale in materia.

Abstract

The article examines some critical issues in the tax system reform, approved at first reading by the Chamber of Deputies on 23 June, with a view to implementing "fiscal federalism". In fact, the proposed measures, declined, however, summarily, leave unresolved several questions that have been suspended for some time, even if preparatory to any purpose aimed at reviewing the central tax system.

Contenuto

1. Delimitazione dei contenuti della legge delega sulla riforma del sistema fiscale sottoposti ad analisi

L’Esecutivo – come noto – ha presentato alla Camera dei deputati, a fine ottobre dello scorso anno, il d.d.l. per revisionare il nostro sistema impositivo (A.C. 3343-A), sul fondamento dei risultati cui erano pervenute, a seguito di indagini conoscitive, disarticolate in più audizioni e riproducenti un testo corrispondente, la VI^ Commissione Finanze della Camera e la 6a Commissione Finanze e Tesoro del Senato.

Il provvedimento è stato interessato, poi, nei mesi di marzo, aprile e giugno di quest’anno, da più integrazioni ed emendamenti in sede referente, e approvato dalla Camera, in prima lettura, il 23 giugno u.s.

I propositi della delega si rivolgono a realizzare più obiettivi, da lungo tempo attesi, per semplificare e razionalizzare l’ambito e si indirizzano, particolarmente, a preservare la progressività1, garantire l’equità orizzontale, contrastare fenomeni abusivi e, più ampiamente, per risolverne le debolezze strutturali a fini della crescita economica, rendendo i tributi infra-statuali maggiormente efficienti sì da riportare le relazioni finanziarie tra gli enti e il Centro alle condizioni ordinarie, superando l’emergenza pandemica e dando uno scatto rinnovato al completamento del “federalismo fiscale”, in specie quello regionale, quale riforma “abilitante” il Pnrr2 da declinare, normativamente, entro il primo semestre del 20263.

Gli aspetti segnalati rappresentano, dunque, una parte integrante della ripresa, sono inclusi tra le azioni chiave del Piano4 e individuano soprattutto nella transizione ecologica e digitale dell’amministrazione finanziaria l’investimento “più redditizio”, da dotare, altresì, delle “competenze tecniche necessarie” affinché possa essere “adeguatamente valorizzata”5.

Pur tuttavia, gli intendimenti appaiono configurati con ­criteri non accurati e delineati ida norme non puntuali, con possibili aperture di questioni di legittimità costituzionale.

La cornice della delega, inoltre, esclude, alcune aree che avrebbero richiesto le opportune rivisitazioni6 e, tra queste, quelle rivolte all’adozione di un “sistema duale” compiuto7, del tutto espunto dal testo finale.

Conseguentemente, non si tratta di innovazioni concrete e ciò pure

per quanto concerne la parte della riforma che indica di codificare le norme fiscali vigenti (art. 9), piuttosto si è al cospetto di un’operazione meramente compilativa, ovvero della raccolta dei testi unici in un unico codice8.

Sulla base di queste essenziali considerazioni, le note si propongono di verificare gli aspetti della delega – implicanti, tutti, l’adozione da parte del Governo, entro diciotto mesi dalla sua entrata in vigore, dei decreti necessari per procedere nelle predette direzioni (art. 1, comma 1) – riconducibili a esiti che, ineludibilmente, si riverbereranno sulle Autonomie.

Segnatamente, quelli di cui alle norme indirizzate a: i) “superare” via via l’Irap e, prioritariamente, quando posta su società di persone, tra professionisti9 e studi associati (art. 5); ii) rivisitare l’opzione con la quale Regioni e Comuni possono applicare, alla base imponibile dell’Irpef, addizionali, considerando gli scaglioni dell'imposta erariale, da mutare in sovraimposte (art. 7, comma 1, lett. a e c); iii) prevedere per le Regioni interessate da piani di rientro o disavanzi sanitari – automaticamente comportanti l’applicazione di aliquote, superiori alle minime, all’addizionale all’Irpef – l’incremento obbligatorio delle (future) sovraimposte che dovranno essere calcolate in modo da assicuragli lo stesso gettito che (ora) ricavano dalle aliquote delle addizionali (art. 7, comma 1, lett. b); iv) revisionare il riparto Stato/Comuni, attraverso i decreti attuativi relativi all’art. cit., sul gettito dei tributi degli immobili a destinazione produttiva o speciale (“gruppo catastale D”) ed, se del caso, di ulteriori incidenti sulle transazioni immobiliari (art. 7, comma 2).

Prima di entrate in medias res si segnala, ancora, che la riforma contempla pure una norma diretta a “sfoltire” i “micro-prelievi” (art. 1, lett. b, n. 2) nella competenza dei territori tra i quali, l’imposta comunale sugli intrattenimenti, la tassa regionale di abilitazione all'esercizio professionale, la maggiorazione del tributo comunale sui rifiuti, la compartecipazione regionale sui canoni per le utenze di acque pubbliche – dovendo riserve, comunque, agli stessi risorse invariate.

Il gettito di ognuna di queste entrate, infatti, è risultato trascurabile, ossia inferiore allo 0,1 per cento di quelle introitate da ciascun ente, rendendo il sistema “complesso” e, ancor di più, per i relativi adempimenti e costi gestionali, con aggravio sui contribuenti.

Quanto alla parte della riforma di cui sub i), si tratta di un intervento reputato fondamentale per finalità di crescita economica; l’Irap, infatti, tributo regionale derivato, ne rappresenta un “freno” dato che la sua base imponibile è individuata nella remunerazione dei fattori produttivi, considerandone pure la dinamica generale.

Da qui, il suo gettito dovrà essere compensato da altre entrate fiscali, purché non colpiscano i redditi da lavoro dipendente o da pensione ulteriormente e, al contempo, dovrà preservarsi la manovrabilità regionale dell’imposta e il livello di finanziamento del S.S.N.10.

Per gli ultimi aspetti della delega che in questa sede rilevano, il richiamo va all‘imposizione dei redditi11 – frammentaria e alterante la progressività12 – oltre che a taluni profili che lambiscono o direttamente riguardano il “federalismo fiscale” e, in specie, il canone della separazione delle fonti di finanziamento tra i livelli di governo di cui alla l.d. n. 42/2009, prevendo rispetto alla componente personale di sostituire le addizionali all’Irpef, sia regionali sia comunali, con corrispondenti sovraimposte; invece, rispetto alla componente immobiliare, involgente la finanza comunale, con la riforma si intendono aggiornare i dati catastali dei fabbricati. Quest’ultimo profilo, tuttavia, coinvolgerà l’Imu (e la Tari)13, pur se si precisa che «la determinazione della base imponibile dei tributi, la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali» non sarà intaccata e che la misura non sarà rivolta «a finalità fiscali» (art. 6, comma 2).


2. Verso la soppressione a step dell'imposta regionale sulle attività produttive

L’Irap, entrata in vigore nel 1998 con la “riforma Visco”, sostituendo altre entrate preesistenti per semplificare il sistema tributario e avviare il processo di decentramento fiscale – quantomeno nei limiti consentiti ante riforma del 2001 sul Titolo V, Parte Seconda, della Costituzione14 – non è un tributo proprio regionale “in senso stretto”15, sebbene “costruito”, almeno inizialmente, in tal modo”16. La legge statale ne definisce, infatti, il presupposto17, i soggetti passivi e la base imponibile, conseguendo che alle Regioni (e alle Province autonome) sono riservati spazi di manovra del tutto marginali sulla potestà normativa riferibile18 ed espressi, essenzialmente, rispetto alle sue procedure applicative.

L’imposta, inoltre, non ricade sulle sole imprese (il prelievo nei loro confronti risponde a mere ragioni di semplificazione amministrativa) e non è commisurata né ai loro profitti né al valore (aggiunto) complessivo; piuttosto, essa interviene sul reddito netto prodotto colpendo, tra l’altro, gli interessi passivi e i redditi da lavoro, e permettendo agli enti regionali di variarne le aliquote per settori di attività e categorie di contribuenti.

Con il d.lgs. n. 68/201119, peraltro, alle Regioni a statuto ordinario è stato consentito di ridurne le aliquote sino ad annullarle, oltre a poter disporre deduzioni dalla base imponibile, mentre con la “legge di stabilità 2014”20 ne è stata prevista la deducibilità integrale dal costo del lavoro subordinato e a tempo indeterminato.

In seguito, altri interventi hanno interessato l’Irap e, da ultimo, la “legge di bilancio 2022”21, avviando gli effetti finanziari della parte della riforma in esame, ha previsto che non colpisca più i contribuenti persone fisiche che esercitino attività commerciali, arti e professioni.

Ma quali saranno le fonti sostitutive di entrata derivanti gettito dell’imposta non più incassata dai territori e da “compensare”?

La delega non fornisce alcuna indicazione ma specifica solo che le dette fonti dovranno essere strutturate in modo tale da garantire alle Autonomie le risorse “adeguate” alle spese sanitarie, trascurando che l’imposta copre anche quelle non rientranti nell’ambito22. E, d’altronde, dovranno considerarsi gli effetti redistributivi derivanti dalla sostituzione dell’imposta con un’altra23 e che, molto probabilmente, sarà l’Ires (rivisitata), aumentandone le aliquote attraverso un’addizionale regionale (o una sovraimposta?) sul reddito d’impresa – come nei fatti accade24 – e dalla quale andranno escluse quelle realtà carenti del requisito dell’autonoma organizzazione25.

Tra le proposte alternative, una è stata nel senso di traslare l’incidenza del tributo sui redditi delle persone fisiche in applicazione del “principio del beneficio” apparendo, però, non confacente visti gli impegni a ridurre la tassazione in questione, mentre un’altra nel senso di maggiorare le aliquote dell’Iva, parimenti non confacente in ragione della (già) eccessiva “consistenza”.

Vaghezze ulteriori attengono agli “strumenti” con cui sarà finanziato il fabbisogno sanitario delle Regioni aventi squilibri di bilancio o sottoposte a piani di rientro; è certo che dovrà intervenire lo Stato ma “come”?

Si provvederà con il Fondo di compensazione per le minori entrate fiscali rivolto al finanziamento corrente del S.S.N., già istituito per i soggetti esentati da ultimo dall’imposta?

A tutto ciò va aggiunto che nella delega non vi è alcuna traccia dei “tempi” che, via via, dovranno individuare la soppressione dell’imposta.


3. Dall’addizionale Irpef alla sovraimposta

Accade, in taluni casi, che vi sia una sovrapposizione di presupposti o, più precisamente, che un identico presupposto sia assunto quale elemento costitutivo di una fattispecie impositiva differente rispetto al tributo base e ciò accade, tipicamente, nell’area della finanza locale26.

La dottrina a tal proposito ha distinto la categoria “dipendente” delle addizionali da quella “autonoma” delle sovraimposte, ove le prime intervengono applicando alla base imponibile di un’imposta un’ulteriore aliquota rispetto a quella prevista per l’imposta principale. Le seconde, invece, si caratterizzano in quanto sia il presupposto che l’imponibile di un’imposta costituiscono, al contempo, il presupposto e l’imponibile (anche) di un’altra27.

Ricorrendo l’ipotesi interviene una disciplina “dedicata”, pure non coincidete con quella dell’imposta base – ferme restando le regole su presupposto e base imponibile – ed espressa, usualmente, diversificando i soggetti attivi, oltre che riferita agli aspetti sostanziali della disciplina del tributo28.

Può accadere, ancora, che non si evidenzino rapporti di “dipendenza” in modo tranchant, come quando gli elementi strutturali del tributo principale, insieme ad altri elementi, partecipano a formare la base imponibile di quello dipendente29, ciò implicando per l’interprete di valutare “quantitativamente” se si trovi di fronte a una fattispecie di sovraimposizione.

Delineati in breve questi concetti, sui quali si ritornerà di qui a poco, l’art. 7 della riforma – come premesso – interviene sul fisco territoriale laddove prevede la sostituzione delle addizionali comunali e regionali all’Irpef (aliquote che si applicano alla base imponibile erariale), in sovraimposte (aliquote che si applicano al gettito del tributo erariale).

Gli enti, quindi, non potranno intervenire sulle basi imponibili dell’imposta e ciò nella prospettiva di “armonizzare” la propria fiscalità con quella centrale sui redditi delle persone fisiche; intervenute le sovraimposte, inoltre, non si potranno prevedere esenzioni, come ora accade, per categorie di contribuenti determinati ma, comunque, l’aliquota base potrà essere manovrata dal livello territoriale entro un range predefinito.

Il tutto, nel testo della norma, appare però indicato in modo quanto mai generico e, peraltro, seppur solo apparentemente, non sembra “rivoluzionare” granché l’assetto vigente indicando che al comparto complessivo e a ciascun Comune dovrà essere garantito lo stesso gettito che, al momento, riscuotono mediante l’addizionale, oltre ad indicare spazi di manovra analoghi.

Nondimeno, l’operazione non mancherà di produrre conseguenze restrittive sui (già limitati) margini di autonomia tributaria: il passaggio alla sovraimposta, difatti, implicherà che, a gettito invariato generale, la “nuova” imposta sarà meno elevata, proporzionalmente, nei Comuni più virtuosi, mentre più consistente in quelli con livelli minori di reddito medio e che, perciò, saranno “costretti” ad applicare le aliquote al massimo dei limiti ammessi per recuperare il gettito non introitato con incidenza sulla distribuzione del carico fiscale tra i contribuenti.

In sostanza, potrà verificarsi una più consistente disparità di gettito, rapportata alla ricchezza differente dei territori, oltre a una più consistente pressione fiscale in alcuni intervenendo sulle aliquote.

Altre problematiche potrebbero riguardare il fenomeno della “doppia (o plurima) imposizione giuridica”, ovvero la sottoposizione a una duplice (o plurima) tassazione di un uguale presupposto di fatto di un tributo che, se non si manifesta per le addizionali (non applicate, appunto, a uno stesso presupposto), ben potrebbe insorgere rispetto alle sovraimposte.

Su quest’aspetto, invero, la dottrina ha ampiamente indagato – sia pur giungendo a risultati non coincidenti – chiedendosi se il legislatore debba o meno osservare il limite di cui all’art. 53, comma 1, Cost.

Nella specie, un’interpretazione ha sostenuto che il precetto interviene certamente e che va esteso alle sovraimposte30.

Un’altra lettura, invece, ha ritenuto che rientri tra le scelte del legislatore tassare solo quei presupposti di fatto che denotino capacità contributiva e ciò pure mediante la combinazione di un tributo con una sovraimposta31, ancorché non oltrepassando il limite massimo dell’imposizione.

Anche su questo limite, peraltro, non sono mancate interpretazioni diverse: esiste o meno? O, meglio, vi è un “blocco” oltre il quale il legislatore non può andare? E come se ne verifica il superamento?

In ordine alle problematiche, alcuni Autori hanno richiamato il principio di capacità contributiva che, tuttavia, contempla solo un limite minimo (“minimo vitale”) all’imposizione32 e che, d’altronde, riguarda una parte della base imponibile, non dell’aliquota; inoltre, tale limite non può essere posto sullo stesso piano dell’altro33.

Essenzialmente, per la visione secondo la quale il divieto di doppia imposizione giuridica deriva dalla norma costituzionale, l’ente territoriale non può introdurre sovraimpose; per la visione secondo la quale il “limite” ivi posto è nel senso di non andare al di là dello stesso, l’ente può prevedere sovraimposte sommandole alle imposte statali.

Si potrebbe sostenere, però, che l’art. 53, comma 1, Cost. non contempli – seguendo i canoni di semplificazione, razionalità e unitarietà della finanza pubblica – alcuna delle fattispecie indicate dato che le Regioni a statuto ordinario non possono prevedere imposte che hanno gli stessi presupposti di quelle erariali34.

I segnalati canoni, d’altra parte, si desumono dall’ordinamento giuridico generale35 implicando l’impossibilità d’introdurre sovraimposte senza una legge statale sui princìpi generali di coordinamento, come espressa dalla l.d. n. 42/2009. Il suo art. 2 esclude, infatti, con previsione al comma 2, un’imposizione “doppia” su uno stesso presupposto, salvo le addizionali previste dalla legge statale oppure regionale.

Ciò, però, non va inteso quale “divieto” poiché assorbito dalla “riserva di presupposto” che resta fermo nei rapporti fra più tributi regionali o tra questi e quelli locali36. Ricordando, inoltre, che la l. del 2009 ha previsto per gli interventi su basi imponibili di aliquote, effettuati dallo Stato, rispetto ai tributi locali37, che l’ente equiordinato possa intervenire – a parità di funzioni amministrative conferite, adottando esclusivamente e contemporaneamente misure a totale compensazione, previamente quantificate – modificando aliquote o prevedendo altri tributi.

Venendo al comma 1, lett. b), dell’art. 7 della riforma in disamina, esso dispone nei riguardi delle Regioni interessate da piani di rientro o da disavanzi sanitari che l’incremento delle sovraimposte all’Irpef andrà calcolato in modo da garantirgli un gettito corrispondente a quello che attualmente ricavano dalle aliquote delle addizionali.

Oltre alle considerazioni prima espresse, si tratta con evidenza di una disposizione «particolarmente stringente rispetto agli indirizzi generali»38 impattando, insieme all’abolizione dell’Irap, sul sistema di finanziamento regionale e sulla prossima (?) attuazione del processo del “federalismo fiscale”.

Gli enti che, al momento, possono applicare le aliquote all’Irpef entro un livello massimo, diversificarle (ricorrendo agli stessi scaglioni dell’imposta erariale), individuare soglie di esenzione, dopo l’introduzione delle sovraimposte avranno prelievi “condizionati” che determineranno (altri) limiti alla loro autonomia finanziaria, oltre a richiedere (altri) trasferimenti statali39.

Più opportunamente, ciò che dovrebbe conseguire dalla riforma delle addizionali è annullare la “mescolanza” fra le diverse scale di progressività dei livelli di governo, semplificare la struttura del prelievo, complessa per i margini di intervento territoriali (fasce esenti e/o aliquote progressive), evitare il “salto” delle aliquote marginali connesso all’applicazione sul reddito complessivo, pure in presenza di detrazioni che riducono l’Irpef40.

Si tratta però e, sempre, di un decentramento non “proprio”.


3. Il nuovo riparto sul gettito dei tributi degli immobili a destinazione produttiva o speciale tra lo Stato e i Comuni

I decreti attuativi delle misure commentate dovranno anche intervenire sull’attuale riparto Stato/Comuni rispetto al gettito di tributi relativi a immobili rientranti nel “gruppo catastale D” ed, “eventualmente”, di altri sulle transazioni immobiliari, in base a quanto prevede il comma 2 dell’art. 7, approvato dalla Camera e strettamente collegato all’art. 6, ove si delineano i princìpi e i criteri direttivi per gli strumenti rivolti a “mappare” gli immobili e rivedere il catasto dei fabbricati41.

Tra i primi, occorrerà predisporne “nuovi” per consentire ai Comuni e all’Agenzia delle entrate, attraverso le banche dati disponibili, d’individuare entro il 1° gennaio 2026 esattamente gli immobili42, facilitarne l’accatastamento, integrare le informazioni ivi presenti43, sebbene le risultanze non potranno utilizzarsi né per determinare la base imponibile dei tributi, né per intervenire su agevolazioni e benefici sociali (valori ISEE), in modo da assicurare la neutralità fiscale ed extra fiscale della disposizione (comma 1, lett. a).

Rispetto, poi, alle integrazioni dei dati, sarà introdotta un’altra rendita per ciascuna unità immobiliare44 rispetto alla catastale, suscettibile di essere aggiornata, e da determinare in base ai criteri indicati per le tariffe d’estimo degli immobili urbani; qualora necessario, nonché considerando l’articolazione del territorio comunale, si ridetermineranno poi le destinazioni d’uso e si adotteranno le unità di consistenza per gli immobili “ordinari” (lett. b).

Una quota del maggiore gettito (se presente), determinato dalla rilevazione catastale revisionata, dovrà destinarsi per ridurre i tributi sugli immobili e, prevalentemente, nei Comuni ove insistono (comma 2- bis).

Le rilevazioni censuarie, dunque, coinvolgeranno direttamente gli enti locali ma il richiamo presente nella norma in commento all’art. 5, comma 2, d.P.R. n. 138/1998 è, soprattutto, ai criteri con i quali si calcolerà la rendita rivisitata, ovvero le tariffe d’estimo, che si fondano, come noto, su canoni ordinariamente ritraibili e valori di mercato degli immobili. Emergerà, tuttavia e, in pieno, un’IMU “non perequata” tra questi valori e i catastali, inducendo a “timori”: si tratta di uno strumento preliminare per un aumento a venire della tassazione patrimoniale45?. Anzi, proprio la specificazione rispetto alla materia tributaria appare “strana”, peraltro, il tutto verrà definito in una legge ordinaria e, quindi, sostituibile (e senza alcuna complicazione) da un’altra successiva.


4. Considerazioni conclusive

Il sistema di finanziamento delle Regioni di diritto comune non si caratterizza per la “fiscalizzazione” dei trasferimenti statali non perequativi, né tantomeno registra un meccanismo, in pari direzione, per le funzioni non riguardanti la sanità.

Le stesse introitano, inoltre, la gran parte delle risorse da tributi devoluti e, in specie, dall’Irap, dall’addizionale all’Irpef, dalla tassa automobilistica, dall’Arisgram, dal tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, dalla compartecipazione all’Iva e dalla tassa per il diritto allo studio universitario46.

Con riferimento ai Comuni, invece, vi è un qualche avanzamento di “autonomia”, sia pur insufficiente, laddove gli sono stati riconosciuti risorse aggiuntive per ridurre i “divari” e garantire, prospetticamente, adeguate forniture di servizi fondamentali ai cittadini indipendentemente dal luogo in cui risiedano47.

Si tratta, quindi, solo di “segnali” per procedere verso un ordinamento strutturato in un senso “latamente” federale48; d’altronde, il criterio della spesa storica permane, così come (ancora) gradualmente vengono definiti i fabbisogni standard, gli obiettivi di servizio e l’ammontare delle risorse perequate, oltre ai ritardi nella definizione dei livelli essenziali delle prestazioni49.

Chiamando le cose con il loro nome, il modello delineato dal novellato art. 119 Cost. non si è ancora realizzato, così come è sinora accaduto per l’altrettanto complicato percorso attuativo del regionalismo differenziato50.

Le intenzioni espresse negli interventi manutentivi del sistema territoriale nella parte della riforma rapidamente commentata sono, perciò, poste nuovamente senza la previa e completa attuazione dell’art. 119 Cost. quanto ad alcuni decreti attuati della l. n. 42 cit. più volte “sospesi”. Tra questi, in primis, quelli riguardanti i fabbisogni standard, le capacità fiscali e i livelli essenziali delle prestazioni. Pare trattarsi, perciò, di soli auspici, occorrendo risolvere la perdurante inattuazione del processo di decentramento finanziario e tributario, da realizzare a breve, sia pur considerando favorevolmente che si stanno (finalmente) definendo in sede ministeriale procedure e modalità applicative delle norme in materia di “fiscalizzazione” dei trasferimenti, oltre che per attribuire una quota del gettito al concorso di ciascuna Regione nell’attività di recupero in materia di Iva51. Quanto ai Comuni, permangono in alcuni difficoltà economiche, mentre in altri disfunzioni nel gestire le risorse e riscuotere i tributi.

In definitiva, manca un sistema finanziario e impositivo decentrato, aggravato dall’ennesima emergenza, dapprima quella pandemica (ancora in corso) e, poi, dalla “crisi bellica”, riportandolo ancor di più “all’indietro”: le risorse per lo svolgimento delle funzioni devolute sono (ri)tornate al Centro per compensare minori entrate e maggiori spese incrementando, per tale via, il livello del debito pubblico.


1 Su questo e altri profili, cfr. le audizioni dei Proff. R. Lupi, M. Basilavecchia e D. Stevanato presso le Commissioni congiunte competenti della Camera e del Senato relativamente alle ”Indagini conoscitive sulla riforma dell’Irpef e altri aspetti del sistema tributario”, sedute nn. 5, 18 e 20, rispettivamente del 1° febbraio, 15 e 22 marzo 2021.

2 “Obiettivo 1”, MICI-119, misura correlata: 1.14. – Riforma del quadro fiscale sub-nazionale. Consiglio dell’Unione europea, fascicolo interistituzionale 2021/0168 (NLE), contenente l’allegato riveduto dalla decisione di esecuzione, 8 luglio 2021, p. 101.

3 In merito C. Cottarelli, Memoria scritta per la Commissione Finanze della Camera dei deputati sul disegno di legge di delega sulla riforma fiscale A.C. 3343, in Osservatorio CPI, 18 novembre 2021.

4 In tal senso la Relazione illustrativa al decreto.

5 Senato della Repubblica, Servizio Studi - Ufficio per le ricerche nei settori economici e finanziari, Dossier n. 471/1; Camera dei Deputati, Servizio Studi - Dipartimento Finanze, Progetti di legge n. 500/1, Delega al Governo per la riforma fiscale, A.C. 334-A, 17 giugno 2022.

6 Per considerazioni critiche sul nostro sistema fiscale e sugli interventi che la riforma avrebbe dovuto contemplare, cfr. G. Tremonti, Fisco, riforma sempre più urgente (ma la pandemia complica le cose), in Il Sole 24 Ore, 9 settembre 2020; E. De Mita, Fisco, le lezioni della storia per gli aspiranti riformatori, in Il Sole 24 Ore, 25 settembre 2020; L. Carpentieri - V. Ceriani (a cura di), Proposte per una riforma fiscale sostenibile, in Astrid Rassegna, 2021, 11 ss.; A. Carinci, La riforma fiscale, ovvero come la montagna partorì il topolino, in L’accertamento, 2021, 1 ss.; A. Giovannini, Proposte di riforma fiscale, in Riv. tel. dir. trib., 6 luglio 2021; G. Ragucci, Delega fiscale e riforma dell’IVA: si può fare di più, in Riv. Ipsoa, n.s., PNRR: le riforme per imprese e professionisti, 9 ottobre 2021; V. Visco, Delega fiscale, cronaca di un disastro totale, in FiscoEquo, 7 giugno 2022; Id., La delega fiscale sarà approvata, ma a che serve?, in Riv. il Mulino, 13 giugno 2022.

7 Sulla relativa definizione, attualmente “confusa”, e sulle proposte per rimediarvi, si rinvia all’audizione della prof.ssa L. Carpentieri, seduta n. 18, 15 marzo 2021, nell’ambito delle Indagini conoscitive sulla riforma dell’Irpef e altri aspetti del sistema tributario, cit.

8 Di cui all’art. 17-bis, l. n. 400/1988. Cfr. E. della Valle, Le coordinate della delega sulla “riforma” del sistema tributario, in Riv. telem, dir. trib., 17 novembre 2021.

9 Per considerazioni sulle questioni fiscali più significative rispetto agli immobili dei professionisti in materia di imposte sui redditi con soluzioni suggerite in relazione alla riforma tributaria, cfr. G. Melis, Problematiche fiscali degli immobili dei professionisti e spunti di riforma, nel n.1/2022 di questa Rivista.

10 La l. n. 234/20021, al comma 8 dell’art.1, ha già disposto che dal periodo d’imposta in corso l’Irap non è dovuta – come previsto per i contribuenti che aderiscono al regime forfetario, indipendentemente dalla presenza del requisito dell’autonomia organizzativa – dalle persone fisiche esercenti attività commerciali (art. 51 Tuir), arti o professioni (art. 49, comma 1, Tuir), ex art. 3, lett. b) – c), d.lgs. n. 446/1997.

11 Per i principi e criteri direttivi, si veda l’art. 2.

12 Rispetto alla Regioni si verifica, infatti, una dispersione di un punto percentuale tra l'aliquota minima e massima, applicata dalle varie amministrazioni nel primo scaglione, con aumento di 1,5 punti nel secondo, 1,7 nel terzo e 2,1 nel quarto e quinto. In questo senso Camera dei deputati, Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari Finanze (IV), p. 76, 30 giugno 2021, elaborato sulla base della memoria del Prof. P. Liberati, in allegato al resoconto della seduta n. 11 del 26 febbraio 2021, p. 72 ss. Per una disamina compiuta, P. Liberati, Elementi per una revisione del sistema tributario: Irpef, Iva e tributi locali, in Argomenti, Riv. ec. cult. ric. soc., 25 gennaio 2021.

13 Per quest’aspetto, si veda l’audizione del Prof. G. Ragucci, in rappresentanza dell’ANTI, seduta n. 16 dell’8 marzo 2021.

14 Sul punto F. Gallo, La tassazione dei redditi d’impresa: i difetti e le proposte di modifica, in Rass. trib., 1997, p. 130; R. Lupi, L’Irap tra giustificazioni costituzionali e problemi applicativi, ivi, 1997, p, 130.

15 Sono tali quelli per i quali sussiste la potestà legislativa primaria dell’ente ex art. 117, comma 4, Cost., ossia deve trattarsi di tributi non generali, cioè commutativi, corrispettivi, controprestazioni, che hanno una condizione negativa e una positiva: non essere previsti da leggi statali ed avere un presupposto che “contiene” materie sostanziali di esclusiva competenza regionale (o locale) e che, per loro natura, non esorbitano dall’ambito territoriale. Tributi, insomma, espressivi della (e strettamente connessi alla) autonomia politica della Regione (o dell’ente locale), che lo Stato ha deciso di assumere come propri e che, comunque, una volta esercitato legittimamente il potere legislativo della Regione, non può più assumere come propri. Così F. Gallo, Il nuovo art. 119 della Costituzione e la sua attuazione, in F. Bassanini - F. Maciotta (a cura di), L’attuazione del federalismo fiscale, Bologna, 2003, p. 926. Sia consentito un rinvio anche a L. Letizia, Lineamenti dell’ordinamento delle Regioni. Ragioni e limiti del federalismo fiscale, Torino, 2020, p. 120 ss.

16 A tal proposito la Corte costituzionale nella sent. n. 296/2003, i cui princìpi sono stati riconfermati, tra l’altro, nelle nn. 2977 e 331/2003, ha precisato che l’imposta rientra nell’esclusiva competenza dello Stato in materia di tributi erariali secondo quanto previsto dall’art. 117, comma 2, lett. e), Cost. Sul punto L. Perrone, I tributi regionali propri derivati, in Rass. trib., 2010, 315 ss.

17 La cui configurazione peculiare pose taluni dubbi ricostruttivi sulla natura giuridica dell’imposta ex art. 53 Cost. In merito F. Gallo, Ratio e struttura dell’IRAP, in Rass. trib., 1988, p. 627; A. Fedele, Prime osservazioni in tema di Irap, in Riv. dir. trib., 1998, p. 470; G. Gafurri, La compatibilità dell’imposta regionale sulle attività produttive con i precetti fondamentali dell’ordinamento giuridico: stato della questione, in Giur. it., 1999, I, p. 849. Per una lettura differente, R. Lupi, L’Irap tra giustificazioni costituzionali e problemi applicativi, in Rass. trib, 1997, p. 1412.

18 R. Schiavolin, Il fallace federalismo dell’Irap, in G. Fransoni (a cura di), Finanziaria 2008. Saggi e commenti, Milano, 2008, p. 414; V. Visco, Le ragioni dell’Irap, in lavoceinfo.it, 23 ottobre 2009.

19 Art. 5, comma 1.

20 Art. 1, comma 20 e 21.

21 Art. 1, comma 9.

22 Corte dei Conti, Sez. Autonomie, delib. n. 6/2022/FRG, nonché n. 19/SSRRCO/AUD/2021.

23 In merito V. Visco, Promemoria per una riforma fiscale, in Pol. ec., 2019, p. 131 ss.

24 Cfr. l’audizione del Prof. G. Melis, Indagine conoscitiva sulla riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e altri aspetti del sistema tributario, cit., seduta 12 marzo 2021, nel punto in cui richiama la ricerca realizzata nell’ambito del Ceradi, Luiss, La tassazione delle società nell’ Europa allargata, in F. Marchetti - G. Melis - P. Pistone - R. Tiscini (a cura di), Roma, 2012, che, da tempo auspicava d’intervenire in questa direzione.

25 Camera dei deputati, Commissione finanze, Indagine conoscitiva sulla riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, cit., seduta 30 giugno 2021.

26 U. D’Alessio, Sovraimposte, in Noviss. dig. it., XVII, Torino, 1970, p. 1060.

27 Cfr. G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, Parte generale, Padova, 2010, p. 245.

28 G. Lorenzon, Sovrimposte e supercontribuzioni, in Enc. dir., XLIII, Milano, 1990, p. 231; L. Perrone, Appunti sulle garanzie costituzionali in materia tributaria, in Riv. dir. trib., 1997, I, p. 566 ss.; A. Fedele, Appunti dalle lezioni di diritto tributario, Torino, 2005, p. 180 ss.

29 A. Fedele, Appunti dalle lezioni di diritto tributario, cit., p. 117.

30 A. Berliri, Il testo unico sulle imposte sui redditi, Milano, 1968, p. 13; A. Fedele, Appunti dalle lezioni di diritto tributario, Torino, 2005, p. 139.

31 In merito G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, cit., p. 246.

32 G. Falsitta, I divergenti orientamenti in Italia e Germania sulla incostituzionalità delle imposte dirette che espropriano l’intero reddito del contribuente, in Riv. dir. trib., 2010, p. 159.

33 Per le considerazioni riportate, cfr. L. Peverini, (voce) Addizionali e Sovraimposte, in Enc. dir. Treccani on line, 2015.

34 F. Gallo, Federalismo fiscale e ripartizione delle basi imponibili tra Stato, Regioni ed enti locali, in Rass. trib., 2002, p. 2008.

35 F. Gallo, Prime osservazioni sul nuovo art. 119 della Costituzione, in Rass. trib., p. 596.

36 G. Fransoni, Il presupposto dei tributi regionali e locali. Dal precetto costituzionale alla legge delega, in Riv. dir. trib., 2011, I, p. 282 ss.

37 In riferimento a quelli ex art. 7, comma 1, lett. l, nn. 1-2: tribuiti propri derivati regionali, istituiti e regolati dalle leggi dello Stato e con gettito attribuito agli enti, nonché le addizionali sulle basi imponibili di tributi statali.

38 Corte dei Conti, Sez. riunite in sede di controllo, delib. n. 19/SSRRCO/AUD/2021.

39 Sulle contromarce involutive del federalismo fiscale, L. Letizia, Regionalismo fiscale o riaccentramento?, in C. Buccico - S. Ducceschi - S. Tramontano (a cura di), L’evoluzione della fiscalità internazionale. Le venti “primavere” di Napoli, Padova, 2020, 233 ss.

40 Banca d’Italia, Memoria presentata alla VI° Commissione permanente della Camera dei deputati sull’AC 3343,18 novembre 2021, p. 12.

41 Sulla funzione nel tempo mutata del catasto, nel senso di “strumento” non solo per il prelievo tributario, ma svolgente funzioni extra-fiscali, cfr. C. Buccico, Il catasto. Profili procedimentali e processuali, Napoli 2008, p. 3 ss.; G. Melis, Questioni attuali in tema di catasto e “fiscalità immobiliare”, in Rass. trib., 2010, p. 703 ss. Sulle origini dell’istituto, riservato sul versante fiscale al settore delle imposte sui redditi,si rimanda a N. d’Amati, (voce) Catasto, in Enc. giur. Treccani, vol. VI, Roma, 1998, p. 1 ss. Sulle evoluzioni applicative delle norme tributarie in materia che hanno valorizzato il prelievo su basi patrimoniali, cfr. R. Lupi, Prospettive di riforma in tema di tassazione degli immobili, in Rass. trib., 1998, 1315 ss.

42 Sul punto C. Buccico, Nuove forme di collaborazione di Regioni e Comuni in fase di accertamento, in Dir. prat. trib., 2012, I, p. 487 ss.

43 Molti, infatti, sono stato i tentativi in questa direzione. Per commenti, M. Logozzo, Le funzioni catastali dei Comuni, in Corr. trib., 2007, p. 523 ss.; G. Salanitro, Revisione del classamento catastale e delle tariffe d’estimo per adeguamento ai valori di mercato, in Corr. trib., 2012, p. 629 ss.; A.F. Uricchio, La riforma “silenziosa” del catasto: un’opportunità da cogliere, in Id. - G. Selicato - A. Parente (a cura di), La riforma del catasto nella nuova legge delega di riforma del sistema fiscale, in Gazz. for., 2014, p,.186 ss.

44 In base ai criteri di cui al d.P.R. n. 138/1998.

45 In merito G. Corasaniti, La riforma del catasto tra (molte) luci e (qualche) ombra, in il fisco, 2022; E. de Mita, Il nuovo catasto non deve penalizzare chi già paga le tasse, in Il Sole 24 Ore, 7 marzo 2022.

46 L’Irba, invece, è stata abrogata dall’art. 1, comma 628, della “legge di bilancio 2021”.

47 In particolare, il d.l. n. 124/2019 ha revisionato l’impianto della perequazione comunale consentendo, a conclusione del periodo transitorio, ossia nel 2030, di basare del tutto il Fondo di solidarietà sulla differenza tra fabbisogni e capacità fiscali standard, eliminando tanto il tetto del livello perequativo che i riferimenti al costo storico. Quanto al sistema di finanziamento delle Province e delle Città metropolitane, da quest’anno ci è la fiscalizzazione dei trasferimenti e l’introduzione di due Fondi perequativi.

48 Ci si riferisce, oltre che alla l. n. 147/2013 per l’avvio dell’autonomia differenziata, ai decreti nn. 85 del 2010 (“federalismo demaniale”) e 118 del 2011 (“contabilità armonizzata”), nonché ai provvedimenti conseguenti, di cui ai d.lgs. nn. 23 (“federalismo municipale”) e 68 (“regionale”) dello stesso anno. Quanto all’introduzione dei fabbisogni standard per gli ee.ll. e all’Imu, essi sono stati previsti, rispettivamente, dal d.lgs. n. 216/2010 e dal d.l. n. 201/2011 ss. Da ultimo, il “DEF 2022” (p. 121) ha introdotto talune misure per ridurre il concorso alla finanza pubblica delle risorse delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, nonché per assegnarne altre finalizzate a risanare i Comuni in deficit strutturale determinato da caratteristiche socio-economiche oppure difficoltà economiche, purché abbiano meno di 5.000 abitanti.

49La Corte costituzionale nella sent. n. 220/2021 ha riesortato il legislatore a intervenire trattandosi di un elemento imprescindibile per lo svolgimento non solo “trasparente” e “leale “dei rapporti finanziari Stato/Regioni ma anche “urgente” per allocare equamente ed efficientemente le risorse collegate al Pnrr.

50 Sulle questioni finanziarie e, più strettamente, fiscali connesse alla differenziazione regionale ex art. 116, comma 3, Cost., cfr. L. Letizia, Prospettive di asimmetria tra mancati compimenti del federalismo fiscale, nodi finanziari, divari regionali e crisi pandemica, in Riv. dir. trib., 19 marzo 2021.

51 Artt. 2, 7 e 9, d.lgs. n. 68 cit.