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Principio di proporzionalità e verifiche fiscali: ricadute sul consenso alle attività istruttorie e sull'estensione a terzi delle indagini bancarie

Scritto da Daniela Mendola • mag 2024

Sintesi

Il lavoro analizza il principio di proporzionalità da intendersi come limite alla discrezionalità amministrativa, in quanto vincola la pubblica amministrazione, nell’esercizio delle sue funzioni, a scegliere lo strumento meno lesivo per il raggiungimento dello scopo. Muovendo dalla previsione normativa dello Statuto del contribuente che ha codificato il principio di proporzionalità, si evidenziano le ricadute sulla tesi per cui il consenso del contribuente sana la mancanza di autorizzazione e sulla prassi di estendere in modo automatico le indagini bancarie sui conti dei terzi.

Abstract

The work analyzes the principle of proportionality to be understood as a limit to administrative discretion, as it binds the public administration, in the exercise of its functions, to choose the least harmful instrument to achieve the goal. Starting from the legal provision of the Taxpayer's Charter, which has codified the principle of proportionality, the implications are highlighted regarding the thesis that the taxpayer's consent cures the lack of authorization and the practice of automatically extending bank investigations to third-party accounts.

Contenuto

1. Il principio di proporzionalità come regola di condotta dell'azione amministrativa impositiva

«Die Polizei soll nicht mit Kanonen auf Spatzen schießen» scriveva una certa dottrina tedesca evidenziando come lo strumento utilizzato debba essere proporzionato al fine da raggiungere.1

Ciò implica che l’autorità, nell’adempiere al proprio compito di protezione dell’ordine pubblico, debba scegliere lo strumento meno lesivo e non eccedente i limiti di quanto strettamente necessario. È sempre di matrice tedesca l’individuazione dei tre presupposti di operatività del principio di proporzionalità dei mezzi.2

Il principio di proporzionalità affonda le sue radici in quello di uguaglianza e assume rilevanza nell’esercizio del potere amministrativo, laddove, la Pubblica Amministrazione possa modulare la propria azione in base a scelte discrezionali, al punto da considerare la proporzionalità come la giusta misura del potere.3 Quanto detto impone una, seppur breve, disamina del potere discrezionale che si configura ogniqualvolta il legislatore non definisca interamente l’assetto di interessi coinvolti in un determinato rapporto o situazione, ma lasci all’amministrazione dei margini di scelta più o meno ampi consentendo alla stessa di completare la regola del caso concreto sulla base di valutazioni, vincolate nel solo fine.4

Le argomentazioni sottese a tale regola vertono sulla convinzione che il bilanciamento degli interessi in gioco possa avvenire meglio a livello di “amministrazione” e, dunque, dal basso piuttosto che dall’alto (ad opera del legislatore).

Un’attività è connotata da discrezionalità amministrativa quando il potere di scelta è definito da regole giuridiche, essenzialmente orientate alla luce del principio di proporzionalità, sancito anche e soprattutto dal diritto europeo ove risulta normativizzato al comma 1, della Carta dei diritti fondamentali il quale prescrive la possibilità di limitare i diritti e le libertà riconosciute dalla Carta per “finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione” o per la “esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui”.

Come è stato asserito da autorevole dottrina, la discrezionalità consiste nella ponderazione di un interesse essenziale con quelli che hanno carattere secondario5 e si esplica attraverso la scelta dell’utilizzo dello strumento meno lesivo per il raggiungimento dello scopo (l’amministrazione deve valutare ex ante le conseguenze che possano derivare dall’uso di quello strumento).

Il principio di proporzionalità costituisce, dunque, un limite esterno alla discrezionalità amministrativa (in quanto ne definisce il perimetro di operatività) ed impone una duplice valutazione: da un lato, l’analisi della proporzione fra il mezzo da utilizzare e gli obiettivi da realizzare, in modo da considerare sproporzionate le misure del tutto inadeguate, rispetto allo scopo prefissato; dall’altro, la verifica se, fra i diversi mezzi alternativi a disposizione del soggetto che agisce, sia stato utilizzato lo strumento meno restrittivo in relazione alla finalità perseguita (sulla base del principio del minor sacrificio). La proporzionalità, dunque, è funzionale a realizzare un’efficace ed effettiva tutela del contribuente, affinché l’esercizio dei pubblici poteri non si traduca in un vulnus nei suoi confronti.

Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, i poteri discrezionali che incidono sulle libertà non devono andare al di là di quanto è necessario per assicurare l’interesse pubblico, né devono interferire con la libertà economica, o creare incertezza e imprevedibilità, o negare l’effettività della libertà economica (Corte di Giustizia dell’Unione europea, Sez. VI, 7 settembre, n. 169/22, in Massima Redazionale, 2023).

Per proporzionalità deve, dunque, intendersi “la legge del minimo mezzo” o del minor sacrificio, sicché una misura pubblica deve essere idonea rispetto ai mezzi impiegati per perseguire l’obiettivo indicato dalla norma attributiva del potere ovvero deve trattarsi di una misura ragionevole e proporzionata al fine da perseguire.6

La formula del minimo mezzo compare anche nella giurisprudenza della Corte costituzionale (Ex multiis, BVerfG, sentenza 09-03-1971, in BVerfGE, 30, pp. 250 e ss.).

Quanto detto anche in ragione del fatto che, mentre in Germania il principio di proporzionalità è formalizzato nel Bundesverfassungsgericht (spazio di valutazione o spatium deliberandi), di converso, nell’ordinamento italiano viene per lo più affiancato al principio di ragionevolezza costituendo un’endiadi.

Si potrebbe, tuttavia, ritenere che, mentre la ragionevolezza riguarda la logicità e congruità dell’azione amministrativa in “astratto”, la proporzionalità riguarda il concreto ed effettivo bilanciamento degli anzidetti interessi nell’ottica del minor sacrifico per il privato.7 Al di là di tale (doverosa) precisazione occorre evidenziare che il rapporto tra la fiscalità e i diritti fondamentali dell’individuo è da sempre dominato da una continua ed estenuante ricerca di un punto di equilibrio tra le esigenze di indagine e i diritti costituzionali.

La collocazione sovraordinata di questi ultimi, invero, preclude ai pubblici poteri ogni attività di interferenza, ovvero, qualora sia inevitabile l’ingerenza, si rende opportuna la scelta dello strumento meno lesivo. L’Ufficio deve compiere una faticosa attività di bilanciamento degli interessi in gioco, tra cui l’interesse del privato a non subire limitazioni delle proprie libertà personali e quello fiscale a non pregiudicare l’efficacia dei controlli.8

La più recente giurisprudenza è dell’avviso che occorra “assicurare un’equilibrata composizione delle contrapposte esigenze delle parti nell’espletamento della verifica, garantendo, da un lato, la necessaria efficacia dell’attività ispettiva dell’ufficio e, dall’altro, la tutela dei diritti del contribuente sia come persona, sia come soggetto economico” (Cass. civ., Sez. trib., sent. 22 gennaio 2020, n. 1299; Cass. civ., sentt. n. 992/2015 e n. 28390/2013, in Giustizia Civile Massimario, 2020). Tutto ciò conduce a ritenere che la gerarchia assiologica dei valori è governata da un criterio “casistico” o “del caso concreto”, sicché l’interesse prevalente deve essere di volta in volta oggetto di valutazione da parte dell’Ufficio.

Il principio di proporzionalità è, finalmente, approdato anche nello Statuto dei diritti del contribuente, per effetto dell’ultima, rivoluzionaria, riforma fiscale, la quale ha introdotto l’art. 10-ter rubricato “Principio di proporzionalità nel procedimento tributario” (Norma introdotta dall’art. 1, comma 1, lett. m), D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219).

La suddetta disposizione, al primo comma, testualmente prescrive l’esigenza di un bilanciamento tra l’interesse erariale alla percezione dei tributi e i diritti fondamentali.

Il principio di proporzionalità, pertanto, diviene il mezzo per bilanciare, da un lato, l’azione impositiva, dall’altro i diritti del contribuente, prevedendo il giusto equilibrio tra mezzo e fine, come previsto al comma 2 della medesima norma. Si tratta, dunque, del cd. principio del minimo mezzo secondo cui tra più strumenti disponibili l’amministrazione deve scegliere quello meno lesivo per il contribuente e in caso di violazione è prevista l’annullabilità dell’atto.


2. La natura immanente del principio di proporzionalità: il caso delle autorizzazioni

Sebbene l’attività impositiva sia essenzialmente vincolata, essa presenta anche dei profili di discrezionalità, ad esempio, nella scelta dei contribuenti da sottoporre a controllo e nella tipologia di poteri da esercitare, sicché all’esercizio dei poteri amministrativi si contrappone una situazione giuridica affievolita di interesse legittimo di cui è titolare il contribuente.9

Pertanto, l’Amministrazione, nel perseguire l’interesse primario, in quanto “parte imparziale” (art. 97 Cost.), deve considerare gli interessi dei privati (interessi secondari) coinvolti nella sua azione (libertà personale, di domicilio e di comunicazione, segreto professionale e bancario, diritto alla riservatezza, etc.) utilizzando lo strumento meno lesivo, sulla base del principio di proporzionalità. Quest’ultimo può orientare l’Amministrazione finanziaria nell’esercizio dei poteri istruttori autoritativi limitando la discrezionalità nell’esercizio in caso di accesso, ispezioni e verifiche fiscali (art. 32 D.P.R. n. 600/73 e art. 52 D.P.R. n. 633/72), il cui esercizio deve essere improntato alla proporzionalità.

Giova rammentare che l’accesso può avvenire: a) nei locali destinati all’esercizio delle attività, da effettuarsi previa autorizzazione rilasciata dal capo ufficio; b) nei locali che siano adibiti anche ad abitazione, da effettuarsi previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica; c) nei locali diversi da quelli indicati in precedenza, da effettuarsi previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, soltanto in caso di gravi indizi di violazioni alle norme allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture ed altre prove di violazione. È proprio in tale contesto che assume un ruolo preminente il principio di proporzionalità, il quale impone alla Pubblica Amministrazione di considerare gli interessi coinvolti nel procedimento di controllo e scegliere, tra più strumenti, quello meno lesivo per l’amministrato.10

Il legislatore, consapevole della posizione di debolezza in cui versa il contribuente e al fine di garantire che l’attività amministrativa non sia sproporzionata rispetto al fine da raggiungere, ha previsto meccanismi più rigidi per l’esercizio dei poteri istruttori, subordinandoli al rilascio di un’apposita autorizzazione, la quale ha il compito di delimitare l’ambito soggettivo e oggettivo del controllo e delineare i confini di legittimità dell’attività ispettiva.

Per esempio, per accedere nei locali all’interno dei quali il contribuente svolga la propria attività lavorativa (azienda o studi professionali) è necessaria l’autorizzazione scritta del Capo dell’Ufficio.11

L’atto in questione che conferisce legittimità all’azione dei funzionari deve essere previamente esibito e consegnato in copia all’interessato e deve contenere l’indicazione dei motivi per cui l’Ufficio ha preferito l’utilizzo di uno strumento piuttosto che un altro.

Qualora, invece, il controllo renda necessario l’accesso ai locali adibiti anche ad abitazione, all’autorizzazione del titolare dell’Ufficio deve aggiungersi quella rilasciata preventivamente dal Procuratore della Repubblica.

Tuttavia, mentre l’accesso in locali adibiti esclusivamente ad abitazione richiede la sussistenza degli appena menzionati gravi indizi, non è previsto il medesimo vincolo per l’accesso in locali adibiti ad uso promiscuo per cui è richiesta una generica autorizzazione.12

L’Autorità giudiziaria prima di decidere se concedere o meno l’autorizzazione nell’ipotesi di abitazione deve effettuare una valutazione di legittimità della richiesta (formale e sostanziale), indagandone l’utilità per l’attività di verifica, secondo il criterio della proporzionalità.

Essa deve essere specificamente motivata in ordine alla sussistenza dei gravi indizi e non è sufficiente, al riguardo, il mero rinvio per relationem alla richiesta degli accertatori; inoltre, dall’autorizzazione devono risultare i motivi dai quali si evinca che l’accesso domiciliare sia indispensabile ai fini dell’azione impositiva.

L’attribuzione del potere autorizzatorio ad un organo terzo rispetto all’amministrazione procedente e non preposto all’organizzazione interna degli uffici determina una riserva di giurisdizione, posta a garanzia della libertà della persona e funzionale, da un lato a tutelare il contribuente da intromissioni indebite nella propria sfera giuridica, dall’altro a legittimare l’azione accertatrice.13

Come asserito dalla Corte, nel suo più ampio consesso, solo l’autorizzazione “rende legittima l’azione accertatrice e fa sorgere a carico del contribuente l’obbligo di soggiacere a detta azione... (Cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 2 maggio 2016, n. 8587, in Massima Redazionale, 2016).

L’illegittimità o l’assenza della predetta autorizzazione (anche nell’ipotesi di autorizzazione all’accesso nei locali commerciali) comportano la sanzione della inutilizzabilità delle prove acquisite, con conseguente illegittimità dell’attività istruttoria così come previsto dal neo-introdotto art. 7-quinques dello Statuto dei diritti del contribuente.

Come si è detto, in considerazione dell’elevato grado di incidenza sulla sfera personale del soggetto interessato, nell’ipotesi di accesso nella “casa privata” del contribuente, la previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica competente per territorio, c.d. competenza di prossimità14 può essere rilasciata solo in presenza di “gravi indizi” di violazioni tributarie, la cui sola sussistenza, legittimerebbe l’amministrazione a procedere ad accessi domiciliari e simili. Con la formula “gravi indizi” il legislatore ha voluto contemperare l’interesse pubblico all’efficace repressione delle violazioni tributarie (art. 97 Cost.) con il diritto alla inviolabilità personale e del domicilio (artt. 13 e 14 Cost.).

La formula “gravi indizi”, tuttavia, è un glossema di dubbia interpretazione che ha suscitato non poche perplessità: permane ancora il dubbio, infatti, circa il valore probatorio da attribuire a tali indizi, che non sarebbero da ricollegare all’ambito di operatività di cui all’art. 2729 c.c., ma ai gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 c.p.p. che rappresentano il presupposto per l’applicazione delle “misure cautelari”. Si tratta, pertanto, di un concetto giuridico indeterminato, in quanto non specifica in quali ipotesi l’Amministrazione sarebbe legittimata ad effettuare l’accesso domiciliare e ciò implica la difficoltà a verificare la legittimità dell’azione impositiva secondo il principio di proporzionalità.

La indeterminatezza è superabile solo mediante l’utilizzo di termini con valenza semantica specifica; spetterebbe, allora, all’amministrazione finanziaria secondo una discrezionalità cd. integrativa il compito di specificare la fattispecie di riferimento (c.d. riserva di amministrazione) ovvero alla stessa giurisprudenza secondo una valutazione casistica.

Al di là della quaestio iuris sulla natura dei gravi indizi, occorre sottolineare che, una volta rispettati i suddetti presupposti, l’amministrazione finanziaria può dirsi libera, nel senso che, tra tutte le possibili soluzioni conformi alla legge (cioè, rispondenti alla finalità del potere, ragionevoli, proporzionate, etc.), essa può liberamente scegliere quella che ritiene più opportuna o adeguata al caso concreto, senza che sia dato ad alcun giudice la possibilità di sindacare tale scelta.

L’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, allora, è il filtro necessario per salvaguardare le posizioni giuridiche del contribuente di fronte agli accessi irregolari della Pubblica Amministrazione e per garantire la proporzionalità tra il mezzo usato e il fine perseguito.15

Trovandoci nell’ambito di un’attività discrezionale della Pubblica Amministrazione, l’assenza di autorizzazione potrebbe determinare il vizio di eccesso di potere, quale risvolto patologico della discrezionalità.

Se è vero, infatti, che nel corso del procedimento amministrativo tributario sussistono interessi primari (ad es. controllo dei dati fiscalmente rilevanti) è parimenti vero che questi dialogano con altri interessi cd. secondari (ad es. quello del contribuente a non vedere compressi i propri diritti costituzionali) che l’Amministrazione deve curare secondo il principio di proporzionalità. Quest’ultimo impone all’Amministrazione finanziaria di non interferire sulle libertà individuali in misura superiore a quanto sia necessario per conseguire lo scopo prefissato e di scegliere lo strumento meno restrittivo per le libertà individuali, al fine di non arrecare un danno, appunto, sproporzionato. Il che porta conseguentemente ad escludere che la potestà conoscitiva e di controllo tributaria sia improntata a discrezionalità tecnica, rinvenendosi in essa, al contrario, i caratteri tipici della discrezionalità pura o amministrativa.16


3. Mancanza dell'autorizzazione e tesi del consenso sanante

Il diritto vivente attribuisce all’autorizzazione la natura di atto amministrativo, mentre la dottrina la inserisce nell’alveo dei provvedimenti giurisdizionali.17

La natura amministrativa sarebbe giustificata dalla circostanza che tale atto, inserendosi in un procedimento amministrativo, avrebbe i caratteri tipici di un provvedimento amministrativo.

I fautori della natura giurisdizionale, invece, fanno leva sulla provenienza del provvedimento da un organo giurisdizionale con conseguente ammissibilità del ricorso alla Suprema Corte di cui all’art. 111 Cost.

Quel che appare pacifico è che il provvedimento del giudice ha natura di atto formalmente amministrativo, ma sostanzialmente l’autorità giudiziaria non può intervenire sull’opportunità o meno dell’accesso, prevalendo, in tal caso, la discrezionalità amministrativa.

Tuttavia, sia che si tratti di provvedimento giurisdizionale, sia che si tratti di atto amministrativo, sussiste l’obbligo di motivazione come previsto agli artt. 111 Cost. e 3 L. n. 241/90.18

Da quanto suesposto emerge che l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria risponde all’esigenza di bilanciare l’interesse erariale con i diritti fondamentali.19

Analoga autorizzazione è necessaria qualora si debba procedere al compimento di attività che incidano sui diritti fondamentali del contribuente sottoposto a verifica, come ad esempio la libertà personale, nonché la segretezza della corrispondenza.20

Secondo un granitico orientamento della giurisprudenza di legittimità, qualora l’apertura avvenga con modalità “coattive”, l’esercizio dei poteri istruttori sarebbe legittimo solo se preceduto dall’autorizzazione del Procuratore della Repubblica. A tal proposito si richiama un interessante arresto della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. trib., 12 aprile 2019, n. 10275, in Massima Redazionale, 2019). La decisione riguardava l’utilizzo dei dati contenuti all’interno di una pen drive reperita nel corso della verifica fiscale svolta in assenza dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica. La sentenza evidenzia che “è legittima l’acquisizione di documentazione custodita all’interno di una borsa rinvenuta in sede di verifica fiscale, laddove l’apertura della stessa è avvenuta se non spontaneamente, comunque volontariamente”. Codesta Corte, dunque, rafforza il principio secondo il quale solo in caso di “apertura coattiva” è necessaria l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica. Si tratta di un caso estremamente interessante, tuttavia, anche per altro verso. La borsa oggetto di ispezione, infatti, conteneva “la documentazione dell’azienda e non oggetti personali”, per tale ragione essa risultava “ispezionabile dai verificatori”. La giurisprudenza in esame, dunque, evidenzia che, se la documentazione è attinente all’azienda e non a questioni personali, può essere oggetto di ispezione anche in assenza di autorizzazione del Procuratore della Repubblica (cfr. Cass. civ., Sez. trib., 22 aprile 2021, n. 10664, in Diritto & Giustizia, 23 aprile 2021). Qualora si tratti di accesso domiciliare già autorizzato dall’Autorità Giudiziaria, invece, non è necessaria una ulteriore autorizzazione per l’apertura di borse e plichi sigillati, in considerazione della vis attrattiva della prima autorizzazione e per il carattere assorbente della stessa.21

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite., con la sentenza del 2 febbraio 2022, n. 3182, opera un primo distinguo tra prove esistenti all’interno di borse o di altri contenitori intrinsecamente collegati alla persona (si pensi al portafoglio, al portamonete, alle borse, borselli e borsette a contatto diretto con la persona, etc.; cfr. Corte cost., sent. 31 marzo 1987, n. 88) rispetto a prove acquisite all’interno di borse rinvenute nei locali oggetto di ispezione. Nel primo caso la tutela è assoluta, perché riconducibile ad un’estensione dell’inviolabilità della persona e, quindi, protetta dall’art. 13 della Costituzione, nel secondo caso, al contrario, l’inviolabilità è ricollegabile alla tutela della libertà domiciliare che, come osservato, può essere limitata da una legge, per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali. Nel primo caso, la borsa è una proiezione della persona e gode di tutte le tutele legate alla persona (es. l’inviolabilità), nel secondo caso, al contrario, la borsa è un elemento legato al luogo e si appresta la tutela riconosciuta al domicilio.

La giurisprudenza sostiene che, in caso di consenso del contribuente all’apertura di pieghi sigillati, casseforti, borse ecc… ovvero qualora i cassetti e gli armadi non siano chiusi a chiave, l’attività amministrativa sarebbe legittima pur in assenza dell’autorizzazione in quanto verrebbe meno il requisito della “coattività”.22

Viene, dunque, in rilievo il c.d. consenso sanante o collaborativo del contribuente il quale, secondo la giurisprudenza, è funzionale al superamento anche di eventuali vizi dell’attività istruttoria svolta dalla Guardia di Finanza. Ad oggi, non sussiste un orientamento uniforme sul punto, infatti, una parte della giurisprudenza esclude l’efficacia sanante del consenso, facendo prevalere il vizio procedimentale (Cass., sent. 1° ottobre 2004, n. 19689, in Il Fisco 2005); altra, invece, attribuisce rilevanza alla volontà del contribuente (Cass., sent. 23 aprile 2007, n. 9565, in Il fisco 2007).23

Ci si chiede, allora, se possa assumere rilevanza il consenso manifestato dal contribuente e, dunque, se abbia efficacia sanante del vizio procedimentale o renda legittimo l’accesso operato al di fuori delle previsioni di legge (ad esempio, in mancanza di autorizzazione).

Appare preferibile escludere l’efficacia sanante del consenso per due ragioni.

In primis, nessuna norma giuridica attribuisce espressamente rilevanza alla manifestazione di volontà del contribuente (ne deriva, allora, che il consenso non produrrebbe alcun effetto giuridico), né vi è alcuna disposizione che prescriva i caratteri del consenso c.d. “sanante” (in assenza di una previsione legislativa, potrebbe, infatti, essere considerata sanante una qualsivoglia condotta adottata dal contribuente).

L’unica strada percorribile sarebbe quella di un rinvio esterno alla disciplina privatistica, laddove, si attribuisce rilevanza al consenso personale, attuale e informato, ma tale norma di rinvio, in ogni caso, non è presente nella disciplina di settore.

Inoltre, sono evidenti le differenze che intercorrono tra la materia privatistica che verte su un rapporto paritario tra le parti e il consenso prestato dal contribuente nel corso delle attività ispettive, che attiene ad un rapporto fondato su una naturale “asimmetria informativa”: da un lato vi è un soggetto incaricato di effettuare delle indagini con piena diligenza; dall’altro il contribuente che, al contrario, subisce le indagini. Ne deriva che il contribuente, invero, già versa in una posizione di debolezza e soggezione psicologica rispetto all’Ufficio, pertanto, la manifestazione di volontà non potrà mai dirsi libera da condizionamenti (il contribuente potrebbe acconsentire per il timore di subire un danno grave e irreparabile). D’altronde, non può essere considerato “libero” il consenso se non vi è la possibilità di negarlo senza incorrere in sanzioni. Ne deriva che, in assenza dell’autorizzazione, la Guardia di Finanza non potrebbe appellarsi alla manifestazione di volontà del contribuente, in quanto non vi è alcuna previsione legislativa che attribuisca efficacia sanante al consenso.


4. L'estensione delle indagini bancari ai terzi

Pertiene alla tematica della proporzionalità tra mezzo e fine anche la questione dell’ammissibilità dei controlli bancari sui conti correnti dei terzi.24 Secondo la giurisprudenza, ormai, conforme l’Ufficio non è legittimato ad effettuare un controllo generalizzato sui conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma deve sussistere un motivo per ritenere che vi sia inerenza con il reddito del contribuente (Cass. civ., Sez. V, ord. 11/03/2020, n. 6831, in Massima Redazionale, 2020). Lo stretto rapporto non è sufficiente a giustificare la riferibilità delle operazioni riscontrate sui conti correnti, ad esempio, del coniuge, pertanto, l’Ufficio, deve provare con elementi gravi e concordanti che tutte le movimentazioni risultanti da quei rapporti rappresentino operazioni non tassate, riconducibili sostanzialmente al professionista.25 Appare chiaro, dunque, che i presupposti per l’operatività dei controlli sui conti correnti dei terzi debbano essere stringenti, in quanto l’estensione delle indagini bancarie a soggetti terzi rispetto al contribuente finirebbe per sottoporre a controllo soggetti che non hanno neppure maturato il presupposto d’imposta. Tuttavia, sebbene la giurisprudenza ritenga estendibili le indagini bancarie a terzi (sulla base di elementi gravi, precisi e concordanti) resta il dubbio sulla violazione del diritto alla riservatezza nei confronti di questi ultimi i quali potrebbero non avere nessun tipo di coinvolgimento nelle presunte condotte fiscalmente rilevanti.26 Sarebbe, allora, opportuno il rilascio di un’autorizzazione ad hoc al pari di quanto accade per accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuati nel domicilio del contribuente, la quale deve essere adeguatamente motivata (in quanto provvedimento amministrativo ricompreso nell’art. 3, L. n. 241/90) in relazione alle ragioni sottese alla decisione di indagare i conti correnti di soggetti diversi dal contribuente sottoposto a controllo e dalla quale emerga, in modo particolare, la necessarietà dell’utilizzo del suddetto strumento.

Nell’autorizzazione, inoltre, è necessario che siano indicati i soggetti terzi verso i quali è ritenuta opportuna l’estensione dell’accertamento, nonché l’individuazione dei collegamenti esistenti con il contribuente principale oggetto di controllo e degli elementi acquisiti, eventualmente anche di carattere indiziario, in ordine all’effettiva riconducibilità a quest’ultimo di disponibilità fittiziamente intestate.27

Ne deriva che, l’estensione ai conti correnti dei terzi non deve comprimere il complesso di garanzie previste nel procedimento amministrativo tributario, infatti, l’Amministrazione deve rispettare le regole del “giusto procedimento” in tutte le fasi di acquisizione e impiego dei dati al fine di tutelare il diritto alla protezione dei dati personali, in linea con una buona amministrazione.28

Pertanto, qualora, nel corso di un procedimento amministrativo emergano una pluralità di diritti costituzionali essi possono entrare in conflitto tra loro ed è necessario assicurare un bilanciamento che spetta all’atto di autorizzazione, il quale, pertanto, dovrebbe assumere la natura di provvedimento amministrativo.29


5. Conclusioni

Tornando al piano di analisi, è opportuno evidenziare che, nonostante la normativizzazione del principio di proporzionalità ad opera della riforma fiscale, esso non rappresenta un canone rigido e immodificabile, ma un concetto giuridico indeterminato che può essere riempito di qualsivoglia contenuto e significato.

Non esiste uno standard di proporzionalità e si tratta, pertanto, di un principio flessibile e polisemico. Si è, dunque, ancora alla ricerca dei confini applicativi del principio di proporzionalità la cui attuazione deve essere valutata caso per caso non potendo rientrare in categorie precostituite. La natura dinamica ed elastica della norma si presta ad una interpretazione integrativa da parte dell’Ufficio con conseguente rischio di riduzione di tutele verso i cittadini. Sarebbe stata, pertanto, opportuna una indicazione tassativa delle ipotesi di operatività del suddetto principio inserendo all’interno del D.P.R. n. 600/73 una norma che preveda espressamente le ipotesi di violazione del principio di proporzionalità, nonché la sanzione da irrogare. Ad esempio, la proporzionalità potrebbe essere attuata prescrivendo l’utilizzo dello strumento tecnologico (richiesta al contribuente di invio della documentazione via mail o pec), in luogo dell’ingerenza all’interno dei locali. L’Amministrazione finanziaria, pertanto, dovrebbe limitarsi a richiedere la trasmissione di documenti via mail o pec (anche in linea con il processo di digitalizzazione di cui ormai è parte anche l’Amministrazione finanziaria) relegando l’accesso nei locali ad una funzione meramente residuale (ad esempio, per verificare le giacenze o i beni strumentali presenti in azienda) e solo qualora il contribuente non provveda alla trasmissione dopo ripetuti richiami.

Occorre, inoltre, che il legislatore indichi tassativamente il contenuto dell’autorizzazione, la quale deve recare lo scopo della verifica e l’oggetto; è, inoltre, opportuno che per l’esercizio dell’accesso presso terzi sia prescritta una autorizzazione autonoma rispetto a quella prevista in via generale per le verifiche fiscali (contenente una motivazione specifica circa l’esigenza di procedere all’accesso presso terzi).


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1 La traduzione della predetta formula è: la polizia non dovrebbe sparare ai passeri con i cannoni, in tal senso si rinvia a F. Fleiner, Institutionen des Deutschen Verwaltungsrechts, Tübingen, 1912, p. 354.

2 R. von Krauss, Der Grundsatz der Verhältnismäßigkeit in seiner Bedeutung für die Notwendigkeit des Mittels im Verwaltungsrecht, Hamburg, 1955, p. 94): l’idoneità (Geeignetheit), la necessarietà (Erforderlichkeit) e, infine, la proporzionalità in senso stretto (Verhältnismäßigkeit im engeren Sinne; sul punto Bundesverfassungsgericht, 11, p. 6, 1958, in BVerfGE 7, pp. 377 e ss.

3 S. Cognetti, Il principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e analisi sistematica, Torino, 2011; C. Buccico, L'applicazione del principio di proporzionalità, in Dir. prat. trib. int., 2021, 3, pp. 933-964; G. Ingrao, Appunti sull’applicazione del principio di proporzionalità per la revisione delle sanzioni amministrative tributarie, in Riv. Dir. Trib., 2014, 9, p. 970; R. Cordeiro Guerra, Adeguamento delle sanzioni punitive al principio di proporzionalità e coperture finanziarie: un evidente corto circuito, in Riv. Tel. Dir. Trib., 28 ottobre 2023; D.U. Galetta, Il principio di proporzionalità fra diritto nazionale e diritto europeo (e con uno sguardo anche al di là dei confini dell'Unione europea), in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, 2019, 6, p. 907.

4 A. Zito, La scelta discrezionale della P.a. tra principio di esauribilità del potere e controllo effettivo sul suo esercizio: per una ridefinizione del concetto di discrezionalità, in Dir. Amm., 2023, 1, p. 29; S. Cassese, La nuova discrezionalità, in Giorn. Dir. Amm., 2022, 6, p. 725; B. Marchetti, Vincoli sovranazionali e discrezionalità amministrativa, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2022, 5-6, p. 721; G. Moschetti, Il principio di proporzionalità come giusta misura del potere nel diritto tributario, Padova, 2017; S. Villamena, Osservazioni su “conflitto di interessi” e provvedimento amministrativo, in Al di là del nesso autorità/libertà: tra legge e amministrazione, S. Perongini (a cura di), Torino, 2017, pp. 287-292, op. cit.; La pubblica amministrazione ed i suoi principi, in S. Cognetti - A. Contieri - S. Licciardello - F. Manganaro - S. Perongini - F. Saitta (a cura di), Percorsi di diritto amministrativo, Torino, 2014, pp. 43-57; S. Cognetti, Principio di proporzionalità, Torino, 2010; S. Cassese, Le basi del diritto amministrativo, Milano, 2000, pp. 444 e ss.

5 M.S. Giannini, Il potere discrezionale della Pubblica Amministrazione. Concetto e problemi, Milano, 1939.

6 F. Cammeo, Corso di diritto amministrativo, Padova, 1914, p. 337.

7 Cfr. G. Marino, I principi di ragionevolezza e proporzionalità nel diritto amministrativo, in Il Quotidiano Giuridico, 24 febbraio 2021.

8 Cass. civ., Sez. trib., sent. 22 gennaio 2020, n. 1299; Cass. civ., sentt. n. 992/2015 e n. 28390/2013, in Giustizia Civile Massimario, 2020.

9 Cfr. A. Guidara, Discrezionalità e vincolatezza nell’azione dell’amministrazione finanziaria, retro, 2020, I, pp. 5 e ss.

10 G. Izzo, I verificatori sono responsabili dei danni conseguenti all’accertamento fiscale errato, in Resp. Civ. e Prev., 2023, 5, 1558, nota a Cassazione civile, Sez. III, 28 febbraio 2023, n. 5984; A. Contrino, G. Consolo - C. Sgattoni, Il diritto tributario nel confronto tra prassi e dottrina. Casi e questioni, Pisa, 2021.

11 A. Viotto, Note sull’obbligatorietà dell’autorizzazione per l’accesso nei locali aziendali, in Dir. prat. trib., 2021, 3, p. 1334; R. Miceli, L’attività istruttoria tributaria, in Diritto tributario (a cura di A. Fantozzi), 2012, p. 615.

12 L. Cogliandro, L’autorizzazione del Procuratore della Repubblica per l’effettuazione di verifiche fiscali nei locali ad uso promiscuo, in Dir. e prat. trib., 2023, 4, p. 1418.

13 Sul punto si rinvia a G. Ferrara, Occorre una tutela giurisdizionale - effettiva e adeguata prima e dopo l’accesso domiciliare - l’inviolabilità del domicilio richiede una tutela - nel caso di accesso nell’ambito delle verifiche fiscali, in GT - Rivista di Giurisprudenza Tributaria 2019, 1, pp. 9 e ss.; C. Marrazzo, L'autorizzazione del Procuratore della Repubblica e le tutele del contribuente, in Giurisprudenza delle imposte, 2017, 4, pp. 55-88; S. Marchese, Attività istruttorie dell’amministrazione finanziaria e diritti fondamentali europei dei contribuenti, retro, 2013, I, pp. 493 e ss.

14 Sul punto si rinvia a C. Marrazzo, L’autorizzazione del Procuratore della Repubblica e le tutele del contribuente in Giurisprudenza delle imposte, 2017, 2, Vol. n. XC diretta da B. Assumma - C. Berliri - A. Di Pietro - M. Miccinesi - I. Vacca - T. Alesci, L’autorizzazione del procuratore della Repubblica all'accesso presso i locali del contribuente: natura e regime giuridico, in Processo Penale e giustizia, 2015, 1, pp. 87 e ss.

15 Sul punto si rinvia a F.A. Cimino, Il potere di accesso dell’amministrazione finanziaria presso il contribuente, in Dir. e Prat. Trib. 2008, 2, pp. 391-410; A. M. Gaffuri, Potere di accesso degli uffici finanziari, in Rassegna tributaria, 2000, 2, p. 536; cfr. in giurisprudenza, Cass. civ., Sez. trib., 09/01/2024 (ud. 21/11/2023, dep. 09/01/2024), n. 763, in Diritto & Giustizia, 2024.

16 Cfr. G. Vanz, I principi della proporzionalità e della ragionevolezza nelle attività conoscitive dell’Amministrazione Finanziaria, in Dir. e Prat. Trib., 2017, 5, pp. 1912-1943.

17 A. E. Granelli, La tutela giuridica del segreto professionale nelle ispezioni fiscali, in Riv. Guardia di Fin., 1980; Cass. civ., SS. UU., n. 8062/1990.

18 Cfr. A. Terlizzi, L’autorizzazione della Procura della Repubblica priva di adeguata motivazione è illegittima in Diritto & Giustizia, 2013, 1660, nota a Cassazione civile, Sez. VI, 17 dicembre 2013, n. 28188, la cui violazione può essere eccepita dal contribuente in sede di impugnazione c.d. differita. Sul punto si veda anche C. Glendi, Atti impugnabili e oggetto del ricorso, in Dir. e Prat. Trib., 2017, 6, p. 2746.

19 A. Cimino, Il potere di accesso dell’amministrazione finanziaria presso il contribuente in Dir. e Prat. Trib., 2008, 2, pp. 391-410; A.M. Gaffuri, Potere di accesso degli uffici finanziari, in Rassegna tributaria, 2000, 2, p. 536.

20 A. Marcheselli, Le garanzie del professionista dell’istruttoria tributaria: dalla tutela differita alla tutela inibitoria, in Dir. e Prat. Trib., 2011, I, 20.

21 M. Miscali, Documentazione illecitamente acquisita e tutela giurisdizionale nel processo tributario, in Riv. dir. trib., 2012, 9, p. 759.

22 Sul dibattito si rinvia a A. Natalini, Pieghi sigillati e borse: solo in caso di apertura coattiva è necessaria l'autorizzazione del PM, in www.Iltributario.it, 15 gennaio 2019; M. Martella, Orientamenti giurisprudenziali in tema di acquisizione di prove nella fase istruttoria del procedimento di accertamento tributario, in Riv. Dir. Trib., 2002, 11, p. 1161.

23 Sul punto si rinvia a T.C. Manigrasso, La rilevanza del consenso dell’avente diritto nelle attività di indagine irritualmente esercitate, in Dir. e prat. Trib., 2019, 5, p. 2108.

24 S. Didoni, Attività di accertamento nei confronti di società di capitali e presupposti per l’estensione ai soci nelle indagini bancarie, in Riv. Tel. Dir. Trib., 3 giugno 2020; A. Kostner, L’onere della prova nelle ipotesi di estensione delle indagini finanziarie a soggetti terzi rispetto al contribuente accertato, in Riv. Tel. Dir. Trib., 12 agosto 2019.

25 C. Ferriani, Accertamento sui conti del coniuge del professionista: onere della prova a carico dell’A.E., in Quotidiano Giuridico, 2019, 19, p. 120; V. Uckmar - A. Marcheselli, Il diritto tributario tra tutela della riservatezza e trasparenza delle attività economiche, in Dir. e Prat. Trib., 1998, 2, pp. 242 e ss.; cfr. C. Glendi - M. Bruzzone, Osservatorio di giurisprudenza italiana, in Riv. Giur. Trib., 2017, p. 6.

26 M.R. Viviano, La tutela dei diritti fondamentali nell’accertamento delle imposte dirette: l’irricevibilità/incompatibilità da parte della Corte di giustizia, in Dir. e prat. int., 2021, 4, 1916; F. Amatucci, L’incidenza della tradizione costituzionale comune sui principi del diritto europeo rilevanti in materia tributaria, in Dir. prat. trib., 2020, 3, p. 906; Id., Le indagini bancarie nella determinazione del maggior reddito tassabile, in Riv. dir. trib., 2019, p. 11, 2010.

27 In tal senso, A. Monaci, L’autorizzazione alle indagini bancarie nella sua evoluzione storico-normativa: gli interessi sottesi e la sua progressiva svalutazione ad opera del Legislatore e dei Giudici di legittimità, in Diritto e pratica tributaria, 2023, 5, p. 1828.

28 Cfr. A. Contrino, Spinte evolutive (sul piano sovranazionale) e involutive (a livello interno) in tema di bilanciamento fra diritto alla protezione dei dati dei contribuenti ed esigenze di contrasto all’evasione fiscale, in Riv. Tel. Dir. Trib., 3 ottobre 2023; Id., Banche dati tributarie, scambio di informazioni fra autorità fiscali e “protezione dei dati personali”: quali diritti e tutele per i contribuenti?, in Riv. dir. trib., 2019, pp. 1 e ss.; C. Francioso, Pubblicazione di dati fiscali e diritto al rispetto della vita privata, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 2023, 1, p. 82.

29 Sul punto si rinvia a C. Francioso, Pubblicazione di dati fiscali e diritto al rispetto della vita privata, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 2023, 1, p. 82; G. Pitruzzella, Dati fiscali e diritti fondamentali, in Dir. prat. trib. Int., 2022, 2, p. 666; M. Clarich, Le reazioni della dottrina italiana alla sentenza del Bundesverfassungsgericht del 5 maggio 2020 sul public sector purchase programme, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 2023, 4, p. 1261; A. Carinci, Fisco e privacy: storia infinita di un apparente ossimoro, Milano, 2019.