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Profili critici della relazione fra avviso bonario e successivo atto impositivo

Scritto da Federico Vinciguerra • lug 2019

Sintesi

La relazione fra avviso bonario e successivo atto impositivo, la cartella di pagamento, catalizza, da oramai oltre un decennio, l’attenzione della dottrina ed è oggetto del contendere di Amministrazione finanziaria e contribuenti per via di peculiari profili di criticità. La prima complessità sta nel comprendere quali siano le conseguenze dell’omesso invio dell’avviso bonario al contribuente, in presenza di successiva notifica del provvedimento impositivo. A tal fine, stante l’impossibilità di giungere a conclusioni assolute, sarà opportuno discriminare fra le differenti fattispecie che l’operatività riconosce, ovvero comunicazioni di irregolarità frutto di controlli automatici o di controlli formali. In secondo luogo, si analizzano gli aspetti sanzionatori del rapporto fra i provvedimenti citati, dove i giudici tributari non sono unanimemente concordi nel riconoscere al contribuente il beneficio della riduzione a un terzo delle sanzioni da omesso versamento in assenza di comunicazione di irregolarità.

Abstract

For more than a decade now, the relationship between a good-faith notice and the subsequent tax assessment notice has been drawing attention to doctrine and jurisprudence due to particular criticism. The first complexity lies in understanding the consequences of the omitted notice of good faith, in light of the subsequent notification to the taxpayer of the tax assessment notice. Considering the impossibility of reaching absolute conclusions, it would be opportune to discriminate between good-faith notices resulting from automated controls and those arising from formal controls. Secondly, the article deals with penalty aspects of the relationship between the aforementioned deeds. Tax judges are not unanimously agreed in recognizing, to the benefit of the taxpayer, the reduction to one third of the sanctions for omitted payment in the case of absence of notification of the communication of irregularity.

Contenuto

1. Considerazioni preliminari

Il rapporto fra comunicazioni di irregolarità (più comunemente conosciute come avvisi bonari) e il successivo atto impositivo, la cartella di pagamento, ha nel corso dell’ultimo decennio “infiammato” la dottrina e creato filoni giurisprudenziali profondamente in contrasto fra loro. I profili di criticità emersi sono innumerevoli e, continuano, tutt’oggi, ad alimentare la dialettica dottrinale e a tenere banco in molteplici sedi delle Commissioni Tributarie.

Ciò che prioritariamente ha ingenerato conflitto di vedute è la natura dell’avviso bonario, il cui difficile inquadramento – a livello processuale – ha suscitato perplessità sulla impugnabilità di tale categoria di provvedimenti con riflessi, di non scarso rilievo, sul rapporto fra gli stessi e le susseguenti cartelle di pagamento. Proprio sul punto, si registrano importanti avvicendamenti di indirizzi giurisprudenziali, alterni fra loro in quanto tesi a tutelare principi non conciliabili: da un lato l’interesse ad agire del contribuente, ex art. 1001 c.p.c., dall’altro la “sacralità” di uno schema di impugnazione tributaria, basato su atti tassativamente elencati, ai sensi dell’art. 192 del D.Lgs. n.546/1992. Pertanto, dall’originaria impostazione volta a considerare impugnabili i provvedimenti pedissequamente ed esplicitamente richiamati dal legislatore, dottrina autorevole e giurisprudenza si distaccano, dapprima approdando al concetto di interpretazione estensiva della norma, per poi “partorire”, quasi dal nulla, la categoria di atti facoltativamente impugnabili. Tale diatriba ha danneggiato, per anni, il contribuente, ponendolo in una posizione che se già di suo è più debole rispetto a quella dell’Amministrazione finanziaria, risulta ancora più fragile alla luce dell’insicurezza tradita dai giudici tributari.

Il tema dell’impugnabilità della comunicazione di irregolarità non risulta critico in una prospettiva cosiddetta “stand alone”, ma nel suo rapporto con l’impugnazione della successiva cartella di pagamento. Solo di recente, si è raggiunta unitarietà di indirizzo3 nella valutazione di tali fattispecie consentendo al contribuente, che lo ritenesse opportuno (nella pratica esclusivamente nelle ipotesi in cui la pretesa dell’Amministrazione finanziaria risulta essere di importo rilevante), di accedere alla tutela in via rigorosamente facoltativa salva, comunque, la necessità di fare opposizione nei confronti della successiva cartella di pagamento.

Ulteriore aspetto, meritevole di approfondimento, nel rapporto fra comunicazioni di irregolarità e cartella di pagamento è rappresentato dalla “potenziale” nullità dell’atto impositivo (cartella di pagamento) in caso di omessa comunicazione al contribuente dell’avviso bonario.

In tale contesto, è necessario inquadrare sistematicamente le alternative fattispecie configurabili nella pratica, evitando la ricerca di soluzioni uniformi in forza di rigide applicazioni normative, bensì spingendo per un’analisi razionale e ad hoc delle singole casistiche. Precisamente, si tratta di analizzare e comprendere come si atteggi l’omesso invio dell’avviso bonario, nelle sue differenti declinazioni naturali, comunicazione di irregolarità frutto di controlli automatici, ex art. 36-bis del D.P.R. n.600/1973, in materia di imposte dirette, e ai sensi dell’art. 54-bis del D.P.R. n.633/1972, in ambito IVA, e comunicazione di irregolarità frutto di controlli formali, ex art. 36-ter del D.P.R. n.600/1973 con la successiva notifica al contribuente della cartella di pagamento. In particolare, ci si interroga se la comunicazione di irregolarità costituisca provvedimento necessario di cui il contribuente deve essere sempre e comunque edotto, all’interno dell’iter procedurale seguito dall’Amministrazione finanziaria, al punto che la sua omissione infici la regolarità della cartella di pagamento, causandone la nullità.

Nel corso della trattazione si tratteggeranno, con puntualità, i contorni delle differenti casistiche, analizzando i più recenti filoni giurisprudenziali su tale tema.

Per concludere l’esame della complessa relazione fra avviso bonario e successiva cartella di pagamento, ci si soffermerà sugli aspetti sanzionatori, sottolineando l’attuale insussistenza di un costante orientamento fra i giudici tributari con riferimento alla possibilità, da parte del contribuente, di beneficiare della riduzione a un terzo delle sanzioni da omesso versamento in assenza di comunicazione di irregolarità.


2. La nullità della cartella di pagamento in assenza di avviso bonario: conseguenza automatica e diretta?

All’interno del quadro normativo definito dal legislatore un’importanza sempre crescente hanno assunto le comunicazioni di irregolarità. Tali categorie di provvedimenti vengono alla luce per soddisfare la forte esigenza percepita fra i principali attori della relazione tributaria, Fisco e contribuente, invero più dal contribuente che dall’Amministrazione finanziaria, di incrementare le occasioni di contraddittorio evitando che qualsivoglia incerta pretesa possa trasformarsi in oggetto di contenzioso.

Gli atti in questione possono essere il risultato di controlli automatici, ovvero attività realizzate attraverso l’uso di procedure informatiche con cui l’Amministrazione finanziaria valuta il contenuto delle dichiarazioni (liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi) prodotte dai contribuenti, relazionando opportunamente i versamenti eseguiti con le risultanze debitorie e creditorie emergenti; si tratta delle comunicazioni ex art. 36-bis del D.P.R. n.600/1973, con riferimento alle imposte dirette e delle comunicazioni ex art. 54-bis del D.P.R. n.633/1972 relativamente alle indirette.

A fianco della suddetta categoria si pongono gli avvisi bonari frutto di controllo formale, ossia attività dell’Amministrazione finanziaria che si sostanziano nel riconoscimento di deduzioni e detrazioni, attraverso l’analisi della documentazione giustificativa alla base delle dichiarazioni; ci si riferisce alle comunicazioni ex art. 36-ter.

In passato, tanto le attività di controllo formale che sostanziale dovevano essere svolte da parte degli uffici su tutte le dichiarazioni; successivamente il legislatore, per rendere meno gravosa la procedura, ha istituito in primis il criterio del sorteggio con il D.L. 6 luglio 1974, n.260,4 convertito con L. 14 agosto 1974, n.354, e in seconda battuta il programma dei controlli annuali, previsto con decreto ministeriale L. 24 aprile 1980, n.146, che modificava l’art. 37 del D.P.R. 29 settembre, n.600.

Infine, per completare il possibile ventaglio di provvedimenti di cui il contribuente può essere reso edotto dall’Amministrazione finanziaria devono essere menzionati gli avvisi bonari discendenti dalla liquidazione delle imposte sui redditi a tassazione separata.

Si comprende, pertanto, come le comunicazioni di irregolarità rappresentano atti “endoprocedimentali”, privi della forma autoritativa che caratterizza i provvedimenti tipici dell’Amministrazione finanziaria, volti a permettere al contribuente di regolare la propria posizione dinanzi a un ufficio che richieda approfondimenti. La mancata cooperazione del medesimo determina necessariamente l’iscrizione a ruolo delle somme, decorso vanamente il termine concesso (tipicamente nei 30 giorni successivi alla comunicazione), e la notifica della cartella di pagamento, che costituisce per tradizione il momento in cui si consolida la pretesa dell’Amministrazione finanziaria.

Chiarita succintamente la relazione temporale che lega l’avviso bonario e la successiva cartella di pagamento, si rende necessario comprendere se la validità di tale ultimo provvedimento sia condizionata dalla avvenuta conoscenza, da parte del contribuente, della comunicazione di irregolarità.

In tale contesto, la giurisprudenza fornisce risposte contrapposte sulle conseguenze dell’omesso invio della comunicazione bonaria a seconda della tipologia di procedura (controllo automatizzato o controllo formale) presa in considerazione.

Con la pronuncia della Cassazione n.1711/2018, gli Ermellini si esprimono in relazione alla nullità della cartella di pagamento in assenza di comunicazione al contribuente dell’avviso bonario frutto di controllo automatico. Si badi in primis alla formulazione normativa, rispettivamente degli artt. 36-bis, co. 3,5 del D.P.R. n.600/1973 e 54-bis, co. 3,6 del D.P.R. n.633 del 1972, che paiono definire concretamente quando sussista l’obbligo di comunicazione al contribuente, ricollegandolo alle ipotesi in cui dal controllo automatico emerga un risultato differente fra l’imposta auto-liquidata (dal contribuente) e le risultanze dell’Amministrazione finanziaria, ovvero emerga un’imposta o una maggiore imposta.

All’interno di questo perimetro, la giurisprudenza di legittimità si è – in diverse occasioni – espressa asserendo che la cartella di pagamento non è suscettibile di essere dichiarata nulla in tutte le circostanze in cui l’avviso bonario non è inviato al contribuente per via di meri errori materiali.

Infatti, si ritiene che la materialità degli errori, riconducibili a sviste, omissioni, errori di calcolo, non determinino l’esigenza da parte dell’Amministrazione finanziaria di invitare il contribuente a fornire i dovuti chiarimenti, considerando dette fattispecie talmente palesi da non richiedere contraddittorio fra le parti. Parimenti, quand’anche l’imposta auto-liquidata dal contribuente risultasse quantificata in consistenza diversa rispetto a quella emergente dai controlli automatici dell’Amministrazione finanziaria, i giudici ripetutamente hanno sostenuto che, nonostante l’obbligo esista, l’eventuale omissione dell’avviso bonario non può comunque determinare la nullità della cartella di pagamento, configurando tale “mancanza” una semplice irregolarità.7

Viceversa l’orientamento giurisprudenziale più diffuso ritiene che la cartella di pagamento debba necessariamente essere preceduta dalla comunicazione di irregolarità quando dal controllo automatico l’Amministrazione finanziaria ravvisi elementi di incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione.8

Pertanto, in detta circostanza, l’invio al contribuente dell’avviso bonario costituirà occasione per permettere a quest’ultimo di fornire dati, informazioni e chiarimenti.

Nel contesto delineato, relativo all’esito dei controlli automatici (tanto in materia di imposte dirette quanto di indirette) si distinguono, dunque, due fattispecie.

La prima, in cui l’Amministrazione finanziaria identifichi errori materiali, il più classico la non corrispondenza fra quanto liquidato in dichiarazione e quanto – di fatto – versato, o ancora il mero errore aritmetico riveniente dal confronto fra redditi percepiti, costi deducibili e detrazioni per la corretta determinazione dell’imposta dovuta, che non richiedono un confronto fra il preposto ufficio al controllo e il contribuente, poiché trattasi di casistiche chiare da decifrare.

La seconda, in cui il controllo automatico non rilevi semplicemente inesattezze, quanto, piuttosto, emerga la necessità di rettificare dati/informazioni contenute nella dichiarazione. In tale ultima ipotesi, la linea di demarcazione che costituisce il discrimine per valutare le conseguenze dell’omesso invio al contribuente della comunicazione bonaria è rappresentato dalla sussistenza o meno di rilevanti incertezze sulla dichiarazione.

Nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria non attesti la presenza di incertezze importanti, la mancata comunicazione al contribuente dell’esito del controllo automatico non può costituire causa di nullità della successiva cartella di pagamento; nel caso opposto, viceversa, si ritiene che l’atto impositivo sia da etichettarsi come “invalido”, poiché l’ultimo periodo del terzo comma dell’art. 36-bis D.P.R. n.600/1973 e dell’art. 54-bis D.P.R. n.633/1972 prescrivono un obbligo:

Qualora a seguito della comunicazione il contribuente o il sostituto di imposta rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all’amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.”

La disposizione normativa, così confezionata, impone un’obbligazione in capo all’ufficio deputato al controllo automatico, ovvero quello di invitare il contribuente al contraddittorio prima dell’emissione dell’atto autoritativo espressivo della pretesa tributaria compiuta e definita (la cartella di pagamento).

Il periodo richiamato, inoltre, non costituisce parte della formulazione originaria del comma 3, ma rappresenta un’integrazione prevista dall’art. 1, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n.32/2001,9 attraverso la quale il legislatore ha voluto recepire la disposizione sancita dall’art. 6, comma 5, della Legge n.212/200010 (c.d. Statuto del contribuente).

A differenza del contenuto normativo degli artt. 36-bis e 54-bis, lo Statuto del Contribuente è esplicito nell’individuare nella nullità della cartella di pagamento l’esito dell’omessa comunicazione bonaria da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Tuttavia, deve precisarsi che, nonostante le disposizioni in materia di controlli automatici non ripropongano gli effetti sanciti dalla L. 212/2000, non si può cogliere in tale scelta del legislatore una difforme volontà.

È infatti abbastanza unanime11 reputare l’art. 6, co. 5, dello Statuto del Contribuente norma procedimentale con applicazione immediata dal momento della sua entrata in vigore (indipendentemente dalle questioni attinenti la “gerarchizzazione” dello Statuto del Contribuente nel panorama delle fonti normative) senza riconoscersi elementi di contrapposizione con le disposizioni citate in materia di controllo automatico.

Preme, in aggiunta, rimarcare come la sussistenza di “incertezza rilevante”, di cui sopra trattato, sia chiaramente un giudizio rimesso al giudice tributario sulla base di una oculata valutazione delle prove fornite dal contribuente, qualora quest’ultimo impugni la cartella di pagamento al fine di richiederne la nullità, per via della mancata ricezione della comunicazione bonaria.

Dunque, è proprio su quest’ultimo soggetto che ricade l’onere probatorio,12 ciò in quanto a livello normativo non è possibile cogliere come volontà del legislatore quella di imporre il contraddittorio preventivo in tutte le ipotesi di iscrizione a ruolo, ma esclusivamente nelle circostanze di obiettiva indeterminatezza.

Quanto agli avvisi bonari discendenti da controllo formale, ai sensi dell’art. 36-ter, tali attività, condotte dall’Amministrazione finanziaria, mirano ad escludere parzialmente o totalmente, a seconda delle circostanze, detrazioni d’imposta, deduzioni dal reddito e ritenute d’acconto non spettanti al contribuente, o ancora, a ridefinire eventuali crediti di imposta, calcolare maggiori importi in termini di imposta, rivenienti da discordanze fra i dati a disposizione dell’Agenzia delle Entrate e quelli dichiarati.13

Ai sensi del comma 3,14 gli uffici preposti chiedono alternativamente al contribuente in forma scritta, telematica e/o telefonicamente informazioni/dati a corredo della dichiarazione presentata.

Successivamente alle verifiche effettuate, l’esito di tale attività viene comunicato alla controparte, esplicando le ragioni che hanno condotto l’ufficio ad apportare modifiche alla liquidazione dei tributi con la possibilità – da concedere al contribuente – di fornire ulteriori elementi suscettibili di valutazione nei trenta giorni successivi alla comunicazione bonaria.15

La norma in oggetto, nel suo contenuto letterale, non indica quale conseguenza possa derivare dal mancato invito del contribuente al contraddittorio preventivo. Né, altresì si può immaginare un’applicazione estensiva della disposizione prevista all’art. 6 dello Statuto del contribuente, con riferimento all’esito dei controlli automatici, in quanto trattasi di una norma di natura eccezionale che trova la sua ragion d’essere nella fattispecie disciplinata.16

E, infatti, a ben vedere non si possono non cogliere i profili di diversità che caratterizzano comunicazioni bonarie frutto di controlli automatici e quelle derivanti da controlli formali.

Mentre, nelle ipotesi di cui all’art. 36-bis le competenze dell’Ufficio, ed il relativo raggio di azione, sono circoscritti ad un’attività meramente liquidatoria, nelle fattispecie dell’art. 36-ter i poteri dell’Agenzia delle Entrate risultano più sostanziali, estrinsecandosi in controlli e valutazioni di ben altro rilievo.

Inoltre, si badi, mentre nei controlli automatizzati si prevede la “presenza” del contribuente solo nella ipotesi in cui emergano risultanze differenti rispetto a quanto da egli stesso dichiarato, nei controlli formali l’impostazione strutturale cambia.

Infatti, il comma 3 dell’art. 36-ter richiede il contraddittorio preventivo con il contribuente ed esclusivamente a valle dello stesso verrà emesso l’esito.

Si comprende, dunque, che il confronto fra le parti costituisca uno “step” procedimentale inamovibile, così tratteggiato a tutela degli interessi del contribuente. Pertanto, alla luce di tali motivazioni, deve necessariamente configurarsi, in assenza di comunicazione bonaria, la nullità della successiva cartella di pagamento.17

Gli Ermellini, in diverse pronunce, hanno ribadito l’importanza del contraddittorio procedimentale, elevandolo a “momento” sempre più rilevante nel campo tributario, non solo come forma di garanzia per il contribuente, ma anche come strumento per rendere più efficace ed efficiente l’attività dell’Amministrazione finanziaria.

La conseguenza dell’omessa conoscenza dell’avviso bonario in tale contesto è da rintracciarsi, rispetto alle casistiche connesse al controllo automatico (in cui è necessario uno “sforzo valutativo” delle singole fattispecie”), nell’invalidità dell’atto impositivo (cartella di pagamento), in quanto viene inevitabilmente leso il diritto di difesa del contribuente ex art. 2418 della Costituzione.

Infatti quest’ultimo, in assenza di comunicazione bonaria, non saprà se la documentazione fornita all’ufficio preposto al controllo sia stata o meno ritenuta sufficiente per declinare la pretesa nei suoi confronti, e, non rende più “leggera” la gravità dell’omissione19 la circostanza che nell’ordinamento tributario vi siano ulteriori strumenti di tutela suscettibili di utilizzazione da parte del contribuente (vedasi istanza di autotutela, accertamento con adesione etc.).





3. Profili sanzionatori del rapporto fra comunicazione bonaria e cartella di pagamento

Un ultimo profilo di complessità che contraddistingue la relazione fra comunicazioni bonarie e successiva cartella di pagamento è costituito dall’aspetto sanzionatorio.

L’art. 2, comma 2, del D.P.R. n.462/1997, rubricato come “Riscossione delle somme dovute a seguito dei controlli automatici”, stabilisce che:

L’iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente o il sostituto d’imposta provvede a pagare le somme dovute con le modalità indicate nell’articolo 19 del Decreto legislativo 9 luglio 1997, n.241, concernente le modalità di versamento mediante delega, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, prevista dai commi 3 dei predetti articoli 36-bis e 54-bis, ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d’imposta. In tal caso, l’ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ad un terzo e gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione.” Pertanto, dalla disposizione normativa citata si comprende come l’iscrizione a ruolo, di cui il contribuente viene a conoscenza attraverso la notifica della cartella di pagamento, non viene eseguita se nei trenta giorni dalla comunicazione bonaria si versano le somme in essa indicate (pagamento integrale o pagamento prima rata), con l’effetto benefico di vedere le sanzioni amministrative ridotte a un terzo.

Si tratta, chiaramente, della sanzione del 30% prevista per l’omesso versamento, ex art. 13 del D.Lgs. n.471/97.20

La possibilità di usufruire del regime sanzionatorio “agevolato” è discussa nell’ipotesi di mancato invio al contribuente dell’avviso bonario.

Se per un verso, parte della giurisprudenza ritiene che si debba accedere alla definizione delle sanzioni, pur in assenza della comunicazione di irregolarità,21 di altro avviso il filone22 che asserisce che da detta omissione debba discendere l’impossibilità – da parte del contribuente – di accedere ai benefici citati.

La recente pronuncia degli Ermellini, depositata lo scorso 31 gennaio 2019, n.2870 rappresenta un momento rilevante nel contesto della riflessione in esame. In particolare, una società a responsabilità limitata si è vista notificare, da parte dell’Amministrazione finanziaria, una cartella di pagamento, senza aver ricevuto – previamente – la comunicazione d’irregolarità attinente l’esito del controllo automatico.

La Commissione Tributaria Regionale, ricollegando all’omessa comunicazione dell’avviso bonario il fatto ostativo dell’accesso alla riduzione delle sanzioni amministrative, ha ritenuto che da detta circostanza non possa derivare nocumento al contribuente. Infatti, quest’ultimo qualora fosse stato messo tempestivamente a conoscenza dall’avviso bonario avrebbe potuto beneficiare dei vantaggi menzionati.

Pertanto, lo snodo della materia è rappresentato dall’opportunità di ottenere la riduzione delle sanzioni a un terzo indipendentemente dal pagamento delle somme dovute (ciò come conseguenza logica dell’assenza dell’avviso bonario).

I giudici di Cassazione dirimono la questione distinguendo due ipotesi: il caso in cui dall’omessa comunicazione dell’avviso bonario discenda la nullità della cartella di pagamento, da quello in cui la mancata “notifica” rappresenti una mera irregolarità non inficiante la validità del successivo atto impositivo.

Partendo proprio dalla seconda delle fattispecie, gli Ermellini stabiliscono che, stante il necessario nesso che collega riduzione delle sanzioni al pagamento delle somme dovute indicate nell’avviso bonario entro trenta giorni dal ricevimento, l’assenza della comunicazione di irregolarità implica che il termine (30 giorni) decorra dalla notifica della cartella di pagamento, purché, si badi, l’omissione costituisca un vizio “formale”.

Ciò detto, si estende anche all’ipotesi in cui la cartella di pagamento non faccia menzione della possibilità di usufruire del regime sanzionatorio agevolato, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del D.Lgs. n.462/1997.23

Viceversa, qualora la mancata comunicazione dell’avviso bonario si rifletta nella nullità della cartella di pagamento, alla luce di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione che necessitavano contraddittorio preventivo fra le parti, il tema della riduzione delle sanzioni a un terzo non si pone, in quanto la pretesa dell’Amministrazione finanziaria risulta ab origine invalida.

La pronuncia in questione vede soccombente il contribuente, in quanto la Commissione Tributaria Regionale nel suo iter decisionale non ha debitamente pesato il rapporto esistente fra pagamento e riduzione delle sanzioni, alla luce del fatto che ha giustificato l’omesso pagamento per via dell’assenza della comunicazione bonaria. Invece, gli Ermellini hanno chiarito come le sanzioni avrebbero potuto essere mitigate se il contribuente avesse pagato quanto preteso dall’Amministrazione finanziaria nel termine di 30 giorni decorrenti dalla cartella di pagamento.


4. Conclusioni

Come emerso nel corso della trattazione, la relazione fra avvisi bonari e successiva cartella di pagamento presenta peculiari aspetti controversi.

La giurisprudenza, con notevoli difficoltà, sta cercando di definire le diverse fattispecie, proponendo soluzioni ad hoc per le singole casistiche.

Il punto raggiunto, in materia di obbligatorietà di comunicazioni di irregolarità risulta pienamente condivisibile. In particolare, gli avvisi bonari possono essere frutto di attività concettualmente diverse e pertanto le conseguenze delle omissioni non possono essere generalizzate.

È importante, altresì, restituire alle disposizioni normative una dimensione “pratica”, così ricollegando la nullità della cartella di pagamento alle ipotesi di omesso invito del contribuente al contraddittorio nel solco dei controlli formali e alle fattispecie di rilevanti incertezze nell’ambito dei controlli automatici. Al di là di tali casistiche, le omissioni dell’Amministrazione finanziaria (nella “notifica dell’avviso bonario”) si inseriscono nell’alveo delle mere irregolarità che non si riflettono patologicamente sulla validità della cartella di pagamento.

Più aperto, invece, il dibattito sotto il profilo sanzionatorio che connette le due categorie di atti. Anche nella suddetta fattispecie, si ritiene l’approdo raggiunto dagli Ermellini (con la pronuncia dello scorso gennaio) conciliante sia in termini di tutela del contribuente che in termini di aderenza e coerenza interpretativa delle differenti disposizioni normative coinvolte.

1 Art. 100 c.p.c., “Interesse ad agire”, di cui si riporta integralmente il dispositivo:

Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse.”

2 Art. 19, comma 1, D.Lgs. n.546/1992, “Atti impugnabili e oggetto del ricorso”:

Il ricorso può essere proposto avverso:

a. l’avviso di accertamento del tributo;

b. l’avviso di liquidazione del tributo;

c. il provvedimento che irroga le sanzioni;

d. il ruolo e la cartella di pagamento;

e. l’avviso di mora

e-bis) l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.602, e successive modificazioni;

e-ter) il fermo di beni mobili registrati di cui all’articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.602, e successive modificazioni;

f. gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2 comma 2;

g. il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti;

h. il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;

i. ogni altro atto per il quale la legge ne prevede l’autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie.”

3 Sul punto si ricorda come, originariamente, le SS.UU. con le sentenze n.16293 e 16428 del 2007 abbiano etichettato gli avvisi bonari di cui agli artt. 36-bis­, comma 3, 36-ter, comma 4, del D.P.R. n.600/1973 e 54-bis, comma 3 del D.P.R. n.633/1972 come atti privi della capacità di esprimere, nei confronti del contribuente, una pretesa tributaria definita e compiuta, altresì costituendo essenzialmente provvedimenti in itinere. Quest’ultimi, a giudizio degli Ermellini come emerge dalle suddette pronunce, avrebbero come obiettivo quello di consentire al contribuente la possibilità di fornire chiarimenti, tesi a regolarizzare la propria posizione prima dell’emissione della cartella di pagamento. Per approfondimenti si vedano le motivazioni contenute nelle sentenze di Cass., SS.UU., 24 luglio 2007, n.16293, in Documentazione economica e finanziaria a cura del CeRDEF, Cass., SS.UU., 26 luglio 2007, n.16428, in Documentazione economica e finanziaria a cura del CeRDEF.

La successiva creazione della categoria di atti facoltativamente impugnabili ha assorbito al suo interno gli avvisi bonari, in quanto gli stessi diversamente da quanto sancito in prima istanza dai giudici della Suprema Corte, sarebbero suscettibili di garantire al contribuente la piena conoscibilità della pretesa dell’Amministrazione Finanziaria. Per approfondimenti sulla questione si leggano le motivazioni addotte dalla Cassazione, Sez. VI, 28 novembre 2014, n.25297, in Documentazione economica e finanziaria a cura del CeRDEF.

4 D.L. n.260/1974, “Norme per la migliore realizzazione della perequazione tributaria e della repressione dell’evasione fiscale, nonché per il potenziamento dei servizi dell’Amministrazione finanziaria”, art. 7:

Fermi restando i poteri in materia di accertamenti, controlli e verifiche attribuiti agli organi dell’amministrazione finanziaria dalle singole leggi tributarie, la guardia di finanza procede a controlli globali per tutti i tributi nei confronti di soggetti scelti mediante sorteggio. Il sorteggio è effettuato, secondo criteri stabiliti annualmente con decreto del Ministro per le finanze, nell’ambito di categorie economiche e professionali, con riguardo al volume di affari risultante dalle dichiarazioni annuali presentate dai contribuenti dell’imposta sul valore aggiunto o ai redditi dichiarati agli effetti delle relative imposte ovvero con riguardo ad indizi di evasione fiscale rilevabili da consistenti divari tra le dichiarazioni dei contribuenti e gli accertamenti degli uffici nonché a specifici indici di capacità contributiva desunti anche da fonti esterne all’amministrazione finanziaria. Con il decreto di cui al comma precedente può stabilirsi che i controlli si estendono agli amministratori e ai soci delle società ed ai componenti il nucleo familiare delle persone fisiche sorteggiate. I controlli previsti nei precedenti commi possono essere effettuati, con i criteri e le modalità ivi indicati, anche da nuclei misti di funzionari delle amministrazioni delle imposte dirette e delle tasse e imposte indirette sugli affari, costituiti con decreto del Ministro per le finanze.”

5 Art. 36-bis, co. 3, D.P.R. n.600/1973, “Liquidazioni delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni”:

Quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero dai controlli eseguiti dall’ufficio, ai sensi del comma 2-bis, emerge un’imposta o una maggiore imposta, l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali. Qualora a seguito della comunicazione il contribuente o il sostituto di imposta rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all’Amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.”

6 Art. 54-bis, co. 3 del D.P.R. n.633/1972, “Liquidazione dell’imposta dovuta in base alle dichiarazioni”:

Quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, ovvero dai controlli eseguiti dall’ufficio, ai sensi del comma 2-bis, emerge un’imposta o una maggiore imposta, l’esito della liquidazione è comunicato ai sensi e per gli effetti di cui al comma 6 dell’articolo 60 al contribuente, nonché per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali. Qualora a seguito della comunicazione il contribuente rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all’amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.”

7 Cfr. Cass., Sez. 5, sent. 6 luglio 2017, n.13759, in Documentazione economica e finanziaria a cura del CeRDEF e Cass., Sez, 5, sent. 4 luglio 2014 n.15311, in Documentazione economica e finanziaria a cura del CeRDEF.

8 Cfr. Cassazione, Sez. 5, 9 settembre 2016, n.17829/2016, in Documentazione economica e finanziaria a cura del CeRDEF e Cassazione, Sez. 5, 23 giugno 2010, n.17396/2010, in Banca Dati il Sole 24 ore.

9 Art. 1, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n.32/2001, “Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.600, concernente l’accertamento delle imposte sui redditi”:

a) all’articolo 36-bis, riguardante la liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni, nel comma 3, le parole: “e la comunicazione all’Amministrazione finanziaria di eventuali dati ed elementi non considerati nella liquidazione” sono soppresse; è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Qualora a seguito della comunicazione il contribuente o il sostituto di imposta rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all’Amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.”

10 Art. 6, comma 5, Legge n.212/2000, Conoscenza degli atti e semplificazione:

Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’Amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell’ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma.” 

11 Ulteriori pronunce che avallano l’attuale posizione giurisprudenziale sono le seguenti: Cassazione, Sezione 5, 25 maggio 2012, n.8342, in Banca Dati De Jure, Cassazione, Sezione 5, 10 giugno 2015, n.12023, in Documentazione economica e finanziaria a cura del CeRDEF e Cassazione, Sezione 5, 26 gennaio 2015, n.1306, in Documentazione economica e finanziaria a cura del CeRDEF.

12 Sul punto si veda il contributo di L. CICOZZETTI e B. SANTORE, Contraddittorio necessario se ci sono incertezze della dichiarazione, in Ipsoa Quotidiano del 6 ottobre 2016.

13 Art. 36-ter, comma 2 del D.P.R. n.600/1973:

Senza pregiudizio dell’azione accertatrice a norma degli articoli 37 e seguenti, gli uffici possono:

a) escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d’acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti d’imposta, dalle comunicazioni di cui all’articolo 20, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.605, o dalle certificazioni richieste ai contribuenti ovvero delle ritenute risultanti in misura inferiore a quella indicata nelle dichiarazioni dei contribuenti stessi;

b) escludere in tutto o in parte le detrazioni d’imposta non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti o agli elenchi di cui all’articolo 78, comma 25, della legge 30 dicembre 1991, n.413;

c) escludere in tutto o in parte le deduzioni dal reddito non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti o agli elenchi menzionati nella lettera b);

d) determinare i crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e ai documenti richiesti ai contribuenti;

e) liquidare la maggiore imposta sul reddito delle persone fisiche e i maggiori contributi dovuti sull’ammontare complessivo dei redditi risultanti da più dichiarazioni o certificati di cui all’articolo 1, comma 4, lettera d), presentati per lo stesso anno dal medesimo contribuente;

f) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi nelle dichiarazioni dei sostituti d’imposta.”

14 Art. 36-ter, comma 3 del D.P.R. n.600/1973:

Ai fini dei commi 1 e 2, il contribuente o il sostituto d’imposta è invitato, anche telefonicamente o in forma scritta o telematica, a fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella dichiarazione e ad eseguire o trasmettere ricevute di versamento e altri documenti non allegati alla dichiarazione o difformi dai dati forniti da terzi.”

15 Art. 36-ter, comma 4 del D.P.R. n.600/1973:

L’esito del controllo formale è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili, delle imposte, delle ritenute alla fonte, dei contributi e dei premi dichiarate, per consentire anche la segnalazione di eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.”

16 Cfr. Cass., Sez. 5, sent. 17 marzo 2000, n.3119, in Documentazione economica e finanziaria a cura del CeRDEF; Cass., Sez. 5, sent. 21 febbraio 2001, n.2531, in Documentazione economica e finanziaria a cura del CeRDEF; Cass., sent. 7 maggio 2007, n.10340, in Documentazione economica e finanziaria a cura del CeRDEF.

17 A favore dell’obbligatorietà dell’avviso bonario, ad esito dell’attività di controllo formale, si veda la posizione dell’Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Accertamento, circolare 16 luglio 2001, n.68, in www.finanze.it e circolare 3 agosto 2001, n.77, in www.finanze.it.

18 Art. 24 Costituzione:

Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.

Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.

La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.”

19 Cfr. Cass., sent. n.15312/2014, dove gli Ermellini affermano “la sanzione dell’invalidità dell’atto conclusivo del procedimento, pur non espressamente prevista, deriva ineludibilmente dal sistema ordinamentale, comunitario e nazionale, nella quale la norma opera e, in particolare dal rilievo che il vizio del procedimento si traduce, nella specie, in una divergenza dal modello normativo non certo innocua o di lieve entità – non paragonabile, ad es., alla omessa indicazione del responsabile del procedimento, ora sanzionata ex lege da nullità per le cartelle di pagamento, bensì di particolare gravità, in considerazione della rilevanza della funzione, di diretta derivazione da principi costituzionali, cui la norma stessa sopra delineata assolve – e della forza impediente, rispetto al pieno svolgimento di tale funzione, che assume il fatto viziante.”

20 Art. 13 D.Lgs. n.471/97, “Ritardati od omessi versamenti diretti e altre violazioni in materia di compensazione”:

1. Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a novanta giorni, la sanzione di cui al primo periodo è ridotta alla metà. Salva l’applicazione dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.472, per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al secondo periodo è ulteriormente ridotta a un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo.

2. La sanzione di cui al comma 1 si applica nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.600, e ai sensi dell’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633. […].”

21 Cfr. Cass., Sez. 5, sent. 25 settembre 2015, n.19052, in Documentazione economica e finanziaria a cura del CeRDEF.

22 Cfr. Cass., Sez. trib., sent. 19 maggio 2015, n.12645, in Documentazione economica e finanziaria a cura del CeRDEF.

23 Cfr. Cassazione, Sez. 5, 6 luglio 2016, n.13759, in Documentazione economica e finanziaria a cura del CeRDEF.