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Sull'applicazione dell’art. 31, primo comma, D.L. n. 78 del 2010, in corso di sequestro ex D.Lgs. n. 159 del 2011

Scritto da Salvatore Muleo • giu 2024

Sintesi

I profili tributari delle imprese assoggettate a provvedimenti adottati sulla scorta del c.d. codice antimafia di cui al D.Lgs. n. 159 del 2001 non sono sempre chiari e lineari.

In particolare, si pone un problema in ordine all’applicazione dell’art. 31, primo comma, D.L. 78 del 2010, come convertito e poi modificato, in corso di sequestro ex D.Lgs. n. 159 del 2011, magari anche per il caso in cui siano emessi atti impositivi in epoca successiva al sequestro, ma con riferimento ad anni antecedenti, e siano stati impugnati.

In specie, il dubbio sussiste circa la possibilità di effettuare compensazioni tra crediti tributari insorti post sequestro e debiti tributari sempre post sequestro, nonostante il dettato dell’art. 31, primo comma, D.L. n. 78 del 2010.

Una questione particolare, che induce a riflettere sull’applicabilità dell’istituto.


Abstract

The tax profiles of companies subject to measures adopted on the basis of the so-called anti-mafia code pursuant to Legislative Decree no. 159 of 2001 are not always clear and linear. In particular, a problem arises regarding the application of the art. 31, first paragraph, Legislative Decree 78 of 2010, as converted and then amended, in the course of seizure pursuant to Legislative Decree no. 159 of 2011, perhaps also for the case in which tax deeds are issued after the seizure, but with reference to previous years, and have been challenged. In particular, doubt exists regarding the possibility of carrying out compensations between tax credits arising after seizure and tax debts also post seizure, despite the provisions of the art. 31, first paragraph, Legislative Decree n. 78 of 2010. A particular question, which leads us to reflect on the applicability of the institute.

Contenuto

1. La disciplina positiva

Ai fini della disamina della questione occorre prendere come base di partenza la disciplina normativa sancita dall’art. 31, primo comma, D.L. 78 del 2010.

Ebbene, in base a detto articolo è ordinariamente disposto il divieto di compensazione per i crediti di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, relativi alle imposte erariali, fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a millecinquecento euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento.

Con questa disposizione si deve raffrontare la disciplina speciale stabilita dal D.Lgs. n. 159 del 2011.

L’art. 50 D.Lgs. n. 159 del 2011, dopo aver stabilito al primo comma la sospensione delle procedure esecutive dei concessionari di riscossione pubblica, al secondo comma dispone che nelle ipotesi di confisca dei beni, aziende o partecipazioni societarie sequestrati, i crediti erariali si estinguono per confusione ai sensi dell'articolo 1253 del codice civile. E poi aggiunge nel periodo successivo che “entro i limiti degli importi dei debiti che si estinguono per confusione, non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 31, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.”

La norma, di non particolare fattura e chiarezza, non si occupa espressamente del sequestro disposto in applicazione del D.Lgs. n. 159 del 2011, ma solamente della confisca, in relazione alla quale, con ovvia disposizione, ha previsto l’estinzione per confusione dei crediti erariali, per via della sopravvenuta coincidenza tra soggetto attivo e soggetto passivo del rapporto in seguito alla confisca medesima.

2. Le diverse interpretazioni possibili

L’interpretazione letterale non appare né piana né agevole. L’ermetica statuizione secondo cui “entro i limiti degli importi dei debiti che si estinguono per confusione, non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 31, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122” difficilmente può riferirsi alla confisca. Ma bisogna percorrere questa ipotesi interpretativa, che non è priva di addentellati giurisprudenziali, come si dirà appresso.Proprio per via della confusione1 tra debiti e crediti erariali, che interviene ex lege allorquando è disposta la confisca, all’epoca della confisca la questione della compensazione dei crediti per imposte erariali con i debiti risultanti allo stesso titolo appare difficilmente prospettabile, poiché i crediti estinguibili in quel momento sono già estinti per confusione e, per la parte rimanente, occorre considerare che si è in sede di riparto.

E’ ben vero che Cass. n. 15601 del 22 luglio 2020 ha sottolineato che “questa Corte ha già chiarito che "il fatto che l'estinzione dei debiti avvenga nei limiti in cui si verifica la confusione si evince dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 50, comma 2, seconda parte" (disposizione nella quale è oggi trasfusa la norma invocata dal ricorrente) "ove si prevede che le limitazioni alle ulteriori compensazioni valgono solo per gli importi che non si estinguono per compensazione. Ne consegue che l'estinzione del credito erariale nel caso che occupa può avvenire solo nei limiti in cui il credito stesso abbia trovato capienza nel patrimonio della società oggetto di confisca" (Cass. 03/01/2019, n. 56)”. Questo enunciato è stato poi ripetuto in Cass. nn. 28699 e 28717 del 18 ottobre 2021, Cass. 3356 del 3.2.2022.

Il principio su cui le sentenze si sono focalizzate è che il rapporto tra l’Erario e il debitore si conclude, ma nel limite del valore assegnato nel riparto2.

Ma, sebbene tali sentenze non abbiano trattato il tema delle compensazioni in pendenza di sequestro ex D.Lgs. n. 159 del 2011, purtuttavia, esse hanno assegnato al secondo periodo dell’art. 50, secondo comma, citato, una funzione che riconoscerebbe al dettato normativo stesso una operatività nel caso della confisca. Operatività che è difficile intravedere (poiché, allorquando interviene la confisca, vi è una cessazione delle attività di conservazione e si effettua la fase del riparto, che fisiologicamente esclude le compensazioni), ma della cui lettura ad opera della Suprema Corte occorre prendere atto.

Se così fosse – e cioè se il secondo periodo del secondo comma dovesse esser letto effettivamente come riguardante l’ipotesi della confisca – occorrerebbe domandarsi se il silenzio del legislatore del D.Lgs. n. 159 del 2011 sul sequestro possa esser colmato facendo ricorso all’istituto dell’analogia, applicando così anche per il sequestro la regola posta per la confisca. Ovvero, al contrario, se la previsione espressa per la confisca non sottenda la volontà del legislatore di non disciplinare in egual maniera il divieto di compensazione ex art. 31, primo comma, D.L. 78 del 2010 per il sequestro.

Si tratterebbe di applicare, cioè, gli ordinari canoni interpretativi.

Questi essendo gli elementi da esaminare, il criterio interpretativo ubi voluit dixit potrebbe apparire in qualche modo sminuito dalla (generalmente riconosciuta) mancata compiutezza dei profili fiscali da parte del legislatore del D.Lgs. n. 159 del 2011 per le imprese assoggettate ad esso.

L’applicazione analogica della regola posta dall’art. 50, secondo comma, secondo periodo, D.Lgs. n. 159 del 2011 potrebbe invece trovare un forte appiglio nella disposizione di cui all’art. 104-bis, comma 1-bis, disp. att. al c.p.p. secondo cui “In caso di sequestro disposto ai sensi dell'articolo 321, comma 2, del codice o di confisca ai fini della tutela dei terzi e nei rapporti con la procedura di liquidazione giudiziaria si applicano, altresì, le disposizioni di cui al titolo IV del Libro I del citato decreto legislativo.” Esprimendo così una compatibilità strutturale tra le regole di cui al titolo IV D.Lgs. n. 159 del 2011 (che inizia proprio con l’art. 50 in esame) ed il sequestro disposto ai sensi dell’art. 321 comma 2 c.p.p.

L’altra opzione interpretativa consiste invece nel riferire la previsione dell’art. 50, secondo comma, secondo periodo, del D.Lgs. n. 159 del 2011 all’altro istituto contemplato nel corpo delle disposizioni, vale a dire al sequestro. La dizione entro i limiti degli importi dei debiti “che si estinguono per confusione” si intenderebbe come facente riferimento ai debiti “che potranno” estinguersi per confusione ovvero “che saranno estinguibili” a tale titolo. Essendo il sequestro funzionale alla confisca, cronologicamente ad essa propedeutico e disciplinato nello stesso D.Lgs. n. 159 del 2011, la norma, letta così, lo ricomprenderebbe e disapplicherebbe in tal caso l’ordinario divieto di compensazione ex art. 31, primo comma, D.L. 78 del 2010.

Detta opzione non è priva di logica, come si vedrà appresso, ma comporterebbe in certo modo una lettura non esattamente letterale della norma. Con le perplessità che conseguono in base agli ordinari canoni interpretativi circa il superamento del dato letterale.

Una conferma potrebbe cogliersi con l’interpretazione sistematica.

La disciplina del D.Lgs. n. 159 del 2011 provoca, in ragione dei rilevanti interessi pubblici in gioco, un vistoso impatto nella gestione delle imprese in via ordinaria, causando tra i soggetti gerenti una dissociazione notevolmente similare, anche se non identica, a quel che avviene nelle dinamiche fallimentari.

Esiste quindi una rilevazione dei debiti dell’impresa alla data dell’intervento giudiziale, con riferimento alla quale gli organi giudiziari hanno una funzione di controllo, ed è del tutto separata la vicenda dei debiti insorti durante la procedura.

In tale quadro di separazione delle gestioni e di decisivo intervento degli organi giudiziari, la disapplicazione dell’ordinario divieto di compensazione ex art. 31, primo comma, D.L. n. 78 del 2010 per i debiti d’imposta relativi al periodo antecedente al sequestro (e quindi alla confisca) apparirebbe coerente sia con il sistema di accertamento dei debiti antecedenti il sequestro medesimo (mediante insinuazione al passivo, controllo giudiziale e liquidazione secondo l’ordine delle preferenze stabilite dalla legge) sia con la necessità di impedire che uno dei creditori (sia pur l’Erario) acquisisca vantaggi successivamente al sequestro in danno degli altri ed in spregio dei provvedimenti giudiziali sullo stato passivo. Sia, ancora, con la generale sospensione delle procedure a carico dell’impresa del preposto, dalla quale è possibile desumere il superamento delle tutele individuali e l’affidamento delle valutazioni sulle attività da svolgere in corso di sequestro agli organi della procedura.

Rispettando il principio di separazione sancito dalla norma speciale del D.Lgs. n. 159 del 2011, la valutazione delle ragioni dei creditori ed il loro soddisfo sono così affidati agli organi giudiziari della procedura in una forma di liquidazione che supera le iniziative individuali, che per l’appunto sono bloccate ed interdette.

La permanenza del divieto di compensazione tra crediti verso l’Erario post sequestro e debiti erariali ante sequestro non avrebbe ragion d’essere in termini di tutela degli interessi erariali quanto alla riscossione, poiché anche le potestà ordinarie in tema di procedure esecutive di riscossione sono sospese ex lege in pendenza di sequestro. L’assegnazione di somme al creditore-Fisco prescinde, in tal caso, da ogni volontà dell’ex gerente dell’impresa (il proposto) ed è affidata esclusivamente agli organi della procedura, che la eseguono secondo i dettami della legge speciale. L’attribuzione di un’utilità aggiuntiva al creditore-Fisco ante sequestro mediante l’imputazione di somme generatesi con attività effettuate post sequestro sarebbe quindi eversiva rispetto al piano di riparto redatto dagli organi della procedura.

E’ chiara peraltro in giurisprudenza l’assoluta cesura tra la gestione ante sequestro e quella post sequestro.

In specie, la Corte di cassazione ha avuto modo di ribadire, con la sentenza n. 5865/2019, che il criterio della par condicio creditorum, comune alle procedure fallimentari, non è stravolto dalla presenza di ragioni creditorie dell’Erario, presenza dalla quale non si deve dedurre una ragione di prededuzione su quei crediti stessi3.

Non parrebbe sistematicamente incoerente pertanto che l’amministratore giudiziario in corso di sequestro – mentre provvede ordinariamente agli adempimenti tributari di contabilità, dichiarazione e versamento4 - potesse procedere ad effettuare le compensazioni consentite dalla legge, senza il filtro dell’art. 31, primo comma, D.L. 78 del 2010. Filtro che rimarrebbe sospeso per la durata della procedura di sequestro ex D.Lgs. n. 159 del 2011.

L’interpretazione sistematica, tuttavia, è strumento non principale ai fini ermeneutici, dovendosi preferire l’interpretazione letterale e potendosi frequentemente, nell’interpretazione sistematica, rinvenire delle logiche che possono portare a risultati divergenti.



3. La risposta n. 919-46/2024 all'interpello e le sue criticità

Da quanto sopra esposto, è emerso come la soluzione dell’applicabilità della previsione di cui all’art. 50, secondo comma, secondo periodo, D.Lgs. n. 159 del 2011, pur prospettabile per le ragioni su esposte, non sia per nulla pacifica e la soluzione interpretativa sia tutt’altro che univoca.

Per giunta, su questo specifico tema della compensazione delle imposte5 nel sequestro non sono noti contributi dottrinari, né arresti giurisprudenziali né indirizzi di prassi, atti a confortare il comportamento degli amministratori giudiziari6, essendosi invece diretti tutti questi apporti sui temi viciniori della confisca7.

Esiste però la recente risposta della DRE Calabria n. 919-46/2024 ad interpello. Risposta che, pur non essendo condivisibile, è certamente utile a evidenziare le ragioni di una conclusione avversa.

In essa la DRE, dopo aver considerato l’art. 31, comma primo, D.L. n. 78 del 2010, istitutivo del divieto di compensazione, e richiamato la relativa circolare applicativa, pur richiamando diffusamente la Risoluzione n. 70/E del 29.10.2020, ha poi ritenuto che nel sequestro preventivo non si possa applicare il secondo comma dell’art. 50 D.Lgs. n. 159 del 2011 a causa della “differente natura, finalità e durata dei due istituti”, poiché:

  • il sequestro si caratterizzerebbe per la sua temporaneità, al contrario della confisca, contraddistinta dalla definitività:

  • ancora, il sequestro avrebbe natura cautelare provvisoria, mentre la confisca avrebbe il carattere della definitività;

  • gli amministratori giudiziari sarebbero già agevolati dalle regole di cui all’art. 50, primo comma, D.Lgs. n. 159 del 2011, a mente del quale le procedure esecutive, gli atti di pignoramento e i provvedimenti cautelari sono sospesi nelle ipotesi di sequestro di aziende o partecipazioni societarie, e quindi tale norma consentirebbe loro “di dedicarsi ai già difficili aspetti operativi aziendali, senza l’ulteriore incombenza di gestire, in assenza dello strumento della compensazione, le posizioni debitorie in carico agli enti della riscossione e le conseguenti azioni esecutive”.

La conclusione non è convincente. I primi due argomenti – che poi in realtà costituiscono due profili dello stesso argomento – sono irrilevanti ai fini della decisione. La differenza strutturale enfatizzata dalla DRE esiste certamente, poiché altrimenti si avrebbe un unico istituto. Ma esiste un altro tratto comune al sequestro ed alla confisca, che invece è stato trascurato nella risposta ad interpello: la frattura tra proprietà dell’impresa e la sua gestione (frattura provvisoria nel sequestro e definitiva nella confisca) o, in altri termini, lo spossessamento che interviene in entrambi i casi. Accompagnato dalla volontà statuale di agire sulle imprese in modo chirurgico, per non distruggere tutto ciò che gravita intorno ad esse, quanto ai terzi in buona fede e specialmente ai lavoratori impiegati.

Nemmeno il terzo argomento è convincente. In esso si sottolinea la comunanza della considerazione di entrambi gli istituti di sequestro e confisca nel primo comma dell’art. 50 D.Lgs. n. 159 del 2011, ma poi si ritiene che il blocco delle procedure esecutive etc. possa già esser sufficiente per alleviare il compito degli amministratori giudiziari. Come se per gli amministratori giudiziari fosse già un sollievo dai loro compiti (e dovesse esser sufficiente) non occuparsi delle procedure esecutive intraprese dagli enti di riscossione.

Ma la ragione per la quale il divieto di compensazione dovrebbe reputarsi insussistente nei sequestri ex D.Lgs. n. 159 del 2011 sta nella similitudine degli effetti (al di là del profilo temporale) e negli altri aspetti sopra illustrati, da cui dovrebbe derivare la possibilità per gli amministratori giudiziari (che peraltro sono terzi con qualifica di pubblico ufficiale) di estinguere le obbligazioni tributarie mediante compensazione anche nel caso di sequestro. Agendo quindi sotto il profilo sostanziale e non sotto quello degli aspetti esecutivi.

1 L’Agenzia delle Entrate, con risposta del 16.9.2013 ad un’istanza di interpello del 14.8.2013, ha concluso che l’estinzione delle obbligazioni tributarie per confusione avviene per tutti i debiti di natura erariale.

2 Cfr. F. CIMINO, L’estinzione dei crediti erariali per confusione a seguito della confisca dei beni, in Riv. Guardia di Finanza, 2022, p. 61 s.

3 “…Secondo il Collegio, la ricostruzione operata dal Tribunale milanese, secondo cui anche il credito erariale va accertato secondo le disposizioni di cui agli artt. 57 e seguenti D.Lgs. n. 159/2011, salvo estinguersi per confusione una volta accertato nella sua esistenza nel grado di privilegio, è perfettamente aderente alle coordinate di un sistema improntato alla tutela della par condicio creditorum nella quale la particolare disciplina della confusione estintiva in ragione della coincidenza della qualità di creditore e debitore presuppone però la valutazione comparativa dei titoli vantati dai terzi. Il rischio paventato dal ricorrente, ossia che il compendio confiscato sulla relazione bancaria risulterebbe aggredibile dai terzi creditori, lasciando insoddisfatto il credito vantato dallo Stato, pur teorico, è del tutto conforme ai principi generali dell’ordinamento, mentre sarebbe la diversa soluzione propugnata, che sacrifica sempre e comunque, a prescindere dalla tipologia delle cause di prelazione, i diritti dei terzi creditori, a manifestare seri dubbi di tenuta costituzionale. La regola di cui all’art.50 del D.Lgs. n. 159/2011 intende disciplinare solo le modalità di estinzione (per confusione) dei crediti erariali suscettibili di essere fatti valere sui beni confiscati. La tesi propugnata dal ricorrente finirebbe con l’assegnare a tale disposizione l’impropria valenza di riconoscimento di credito in prededuzione, che rappresenta invece una ipotesi del tutto eccezionale in deroga alla par condicio, tanto più se attribuita a un credito non contratto nell’interesse e nel corso della procedura concorsuale e in difetto di una specifica e inequivocabile norma di legge in tal senso, come appare lecito ritenere argomentare sistematicamente dall’art. 111 della legge fallimentare. (sottolineatura nostra)

4 Come ricorda l’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 114/E del 31.8.2017 “resta ferma, durante la vigenza del procedimento cautelare, l’imprescindibilità degli obblighi contabili, dichiarativi e di versamento a carico dell'amministratore giudiziario, la cui inosservanza può rappresentare comportamento sanzionabile per lo stesso”.

5 Non è nemmeno chiaro lo spettro delle imposte estinguibili per confusione. Secondo la risoluzione n. 114/E del 31.8.2017, richiamata dalla successiva risoluzione n. 70/E del 29.10.2020, i crediti aventi natura erariale suscettibili di estinzione per confusione sono quelli relativi ad IRPEF, ad IRES, ad IVA, a ritenute alla fonte, ad imposta di registro e alle ipotecarie e catastali, escludendo i crediti relativi a contributi previdenziali e assistenziali, ai tributi locali e ai diritti camerali.

Per quanto concerne l’IRAP, la DRE Sicilia 12.6.2012 n. 39986 e S. CAPOLUPO, Confisca dei beni ed estinzione dei crediti erariali, in Il Fisco, 2017, n. 38, p. 3644 ne hanno negato la estinguibilità per confusione valorizzando la destinazione regionale del tributo, mentre la DRE Calabria con risposta n. 919-70/2017 del 26 giugno 2017 ad interpello ha concluso in senso opposto.

Per quanto riguarda i contributi previdenziali, la dottrina (F. CIMINO, L’estinzione dei crediti erariali per confusione a seguito della confisca dei beni, in Riv. Guardia di Finanza, 2022, p. 58, ove rinvii a P. PURI, Destinazione previdenziale e prelievo tributario. Dalla parafiscalità alla fiscalizzazione del sistema previdenziale, Milano, 2005) ha sottolineato che detti prelievi sono ascritti ora all’area della parafiscalità ora alla nozione di tributo, seppur nella species della tassa, o dei prelievi a carattere commutativo o della c.d. imposta speciale.

6 Lo stesso S. CAPOLUPO, Confisca dei beni ed estinzione dei crediti erariali, in Il Fisco, 2017, n. 38, p. 3644 ha posto l’accento sulle eventuali responsabilità amministrative e penali sia del contribuente sia dello stesso amministratore giudiziario.

7 Cfr. ad esempio, S. CAVALIERE, Il regime fiscale dei beni sequestrati o confiscati, in AA.VV. (a cura di D. POSCA), Problematiche gestionali di beni e aziende sequestrate, Castel San Giorgio (Sa), 2023, p. 390 s.