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Sull'uso della tecnologia predittiva applicata ai precedenti nel processo tributario: note minime sul PNRR e a margine di una recente sentenza …

Scritto da Giuseppe Melis • set 2021

Sintesi

Il contributo, prendendo spunto da talune affermazioni contenute nel PNRR sulla digitalizzazione della giustizia, svolge talune riflessioni sull’uso della tecnologia predittiva applicata ai precedenti nel diritto tributario. Si sofferma poi su una recente sentenza tributaria di merito del tutto imprevedibile alla luce del diritto vivente, interrogandosi sul perché di siffatte pronunzie nonché sulla possibile implementazione di decisioni robotiche in campo tributario e sulle modalità di formazione in termini valoriali del relativo algoritmo.

Abstract

Taking as a starting point certain statements in the PNRR on the digitisation of justice, the paper makes some reflections on the use of predictive technology applied to precedents in tax law. It then discusses a recent first instance court judgement, which was completely unpredictable having regard to settled case law and questions the reasons underlying such judgements. The paper also deals with the possible implementation of robotic decisions in the tax field and the way in which the relevant algorithm is made up.

Contenuto


1. Premessa

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) offre l’occasione per svolgere talune riflessioni su quel particolare profilo della “prevedibilità” delle decisioni giudiziarie relativo all’applicazione delle tecnologie predittive ai “precedenti” nel processo tributario.

Si tratta di un tema tutt’altro che teorico, posto che il diritto tributario è un settore che viene non di rado considerato proprio tra quelli “elettivi” per un’implementazione anche spinta della tecnologia applicata ai precedenti, e ciò vuoi per le sue «oceaniche masse di ricorsi»,1 che consentono di disporre di un’ampia “base” per alimentare i c.d. big data, vuoi per l’estremo “tecnicismo” e l’uso di un linguaggio fortemente specializzato (sia tecnico, sia tecnicizzato), che agevolerebbero siffatta implementazione.2 Alcuni sistemi di giustizia predittiva risultano addirittura espressamente pensati per questioni attinenti a controversie fiscali.3

In generale, le potenzialità dell’applicazione della tecnologia ai precedenti sono le più varie e di intensità crescente:4 dall’analisi dei moduli argomentativi a disposizione degli avvocati per poter selezionare i migliori argomenti difensivi in fase di ricorso, alla previsione dei probabili esiti di un giudizio quale efficace strumento per la deflazione del contenzioso;5 dall’ausilio ai giudici per lo “spoglio e stralcio” grazie all’analisi dei precedenti, alle decisioni processuali incidentali più semplici; dalla “preparazione” della decisione giudiziale, sino all’estremo della diretta sostituzione del giudice con un robot, vale a dire la c.d. “decisione robotica” orientata da un “pensiero algoritmico”,6 in cui si supera la mera elaborazione del dato per trasformarlo, anche mediante il c.d. “autoapprendimento” (machine learning), in una decisione sul caso concreto, riproducendo le capacità cognitive del giudice.7

È un tema che viene più volte sfiorato – ma mai davvero toccato – nel PNRR. In tale sede, si sottolinea genericamente la necessità di «digitalizzazione degli uffici giudiziari e dello stesso processo» (p. 53); si precisa, più a livello di obiettivi che di mezzi, che «i progetti presentati nell’ambito del PNRR ci consentono di declinare sotto diversi aspetti l’azione riorganizzativa della macchina giudiziaria e amministrativa con il fine principale di (…) aumentare il grado di digitalizzazione della giustizia mediante l’utilizzo di strumenti evoluti di conoscenza (utili sia per l’esercizio della giurisdizione sia per adottare scelte consapevoli), il recupero del patrimonio documentale, il potenziamento dei software e delle dotazioni tecnologiche, l’ulteriore potenziamento del processo (civile e penale) telematico» (p. 54); si prevede il nuovo istituto del c.d. “rinvio pregiudiziale in cassazione”, ossia il potere del giudice di merito «di rivolgersi direttamente alla Corte di Cassazione per sottoporle la risoluzione di una questione nuova (non ancora affrontata dalla Corte), di puro diritto e di particolare importanza, che presenti gravi difficoltà interpretative e sia suscettibile di porsi in numerose controversie. In questo modo è favorito il raccordo e il dialogo tra gli organi di merito e la Cassazione e valorizzato il suo fondamentale ruolo nomofilattico» (p. 57); si rileva, specificamente per il processo tributario, che «il Piano assicura un migliore accesso alle fonti giurisprudenziali mediante il perfezionamento delle piattaforme tecnologiche e la loro piena accessibilità da parte del pubblico. Si tratta di un ambito sul quale il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria ha prospettato interventi concreti mediante un progetto da realizzarsi nell’arco di un triennio. Allo stesso scopo il Piano ipotizza di introdurre il rinvio pregiudiziale per risolvere dubbi interpretativi, per prevenire la formazione di decisioni difformi dagli orientamenti consolidati della Corte di Cassazione» (p. 59). Tuttavia, nell’ambito del processo, la “prevedibilità” viene riferita soltanto alla «durata dei procedimenti civili e penali» (p. 44).

La “calcolabilità giuridica” è un fattore rilevante di sviluppo economico: l’imprenditore, tra i vari elementi decisionali considerati ai fini della localizzazione di un investimento produttivo, assegna valore anche ai tempi e ai modi con cui il possibile ordinamento giuridico di destinazione assicura il servizio di giustizia per dirimere le controversie che l’impresa si troverà ad affrontare, consentendo, tra l’altro, la prevedibilità dell’esito della lite una più oculata pianificazione dei costi.8 È un ambito in cui il nostro Paese, tuttavia, non esattamente eccelle.9

Nella “calcolabilità”, il “precedente” svolge un ruolo essenziale, generando aspettative circa la decisione di casi futuri.10 Come è stato rilevato, «solo se il diritto e calcolabile – e, tanto più, come si vedrà, se lo è attraverso il “sistema dei precedenti giudiziali” – può esservi spazio per un largo utilizzo del calcolatore (-robot) nelle professioni legali».11

È un tema, tra l’altro, sempre più “incalzante”, poiché stanno progressivamente prendendo forma e piede software predittivi delle decisioni giudiziali. Tra questi, a mero titolo di esempio, quello sviluppato dalla società Predictrice, lanciato sul mercato francese a metà 2017 in partnership con Wolters Kluwer,12 con il dichiarato fine di fornire un aiuto alla decisione; ma gli esempi potrebbero essere numerosi.13


2. I contenziosi seriali, il diritto vivente e la decisione "imprevedibile"

Per avviare un ragionamento concreto su questi temi, può essere utile muovere da un caso emblematico, quello delle decine di migliaia di accertamenti catastali di “massa” ex art. 1, co. 335, L. n. 311/2004 riguardanti ca. 200.000 immobili del Comune di Roma notificati dall’Agenzia del Territorio verso la fine del 2013, che rappresentano forse il caso più eclatante di “serialità” del decennio da poco trascorso, vuoi per le modalità di formazione del provvedimento di riclassamento, vuoi per quanto riguarda i relativi risvolti giudiziari, avendo essi letteralmente “inondato” le Commissioni tributarie romane.

Cosa è avvenuto? E’ avvenuto che la giurisprudenza della Commissione tributaria provinciale si è distribuita sostanzialmente fifty-fifty tra decisioni favorevoli al Fisco e decisioni favorevoli al contribuente; nel frattempo sono state emesse le prime decisioni, ampiamente motivate, della Cassazione del 2015, che hanno sancito la nullità per difetto di motivazione degli avvisi di accertamento catastali riguardanti altri Comuni italiani (Lecce, Ferrara, Napoli, ecc.); tali sentenze sono state tuttavia sostanzialmente ignorate dalle commissioni romane; nel 2016 è giunta poi – quanto mai inattesa – una “isolata” ed eccentrica sentenza favorevole al Fisco che spostava addirittura l’onere probatorio sul contribuente (Cass., n. 21176/2016); la CTR Lazio ha deciso quasi sempre a favore dell’Agenzia del territorio, sistematicamente richiamando la sola sentenza del 2016 ed ignorando quelle del 2015. Le vicende “romane” giungono finalmente, verso il 2018, in Cassazione, dove, a seguito di un’udienza monotematica e riprendendo le ineccepibili sentenze del 2015, viene sancita definitivamente la nullità anche di tali accertamenti per difetto di motivazione, cassando sistematicamente senza rinvio, e “derubricando” espressamente la graziata sentenza del 2016 a mero “precedente isolato” (finanche dallo stesso giudice che ne era stato a suo tempo estensore!). Seguono, a quel punto, centinaia di sentenze favorevoli ai contribuenti e la formazione di un orientamento consolidato delle sezioni semplici.

Ebbene, a luglio 2021, la CTP Roma, sezione 2°, relatore un magistrato della Cassazione (non della sezione tributaria), decide su un ricorso riassunto in primo grado per difetto di contraddittorio, ritenendo che l’accertamento ex comma 335 oggetto del contendere fosse motivato, e ciò nonostante la difesa avesse compiutamente rappresentato l’esistenza di tale pacifico orientamento e richiamato le relative sentenze.14 Queste ultime vengono ignorate, come se non esistessero, richiamando al contrario due precedenti inconferenti poiché non riguardanti il “comma 335”.

Voilà: una decisione che avrebbe dovuto essere scontata, prevedibilissima, con un “fatto” ormai degradato alla totale irrilevanza e un principio di diritto “scolpito” dalla Cassazione, ha un esito… imprevedibile!

Ora, nella narrata vicenda giurisprudenziale che ha interessato il comma 335, avrebbe potuto trovare applicazione l’intelligenza artificiale? Come visto, all’inizio della vicenda si è brancolato nel buio, in un contesto di legge obiettivamente oscura e in assenza di precedenti sugli avvisi ex comma 335. I ricorsi sono pertanto tipicamente ad ampio “spettro”, spaziando dal difetto di motivazione, alla inadeguatezza dei “comparabili”, spesso accompagnati da perizie di stima di consulenti di parti, sino ai dubbi di legittimità costituzionale (che infatti approderanno alla Consulta, che si pronunzierà con la sent. n. 249/2017 ribadendo, anch’essa, l’esigenza imprescindibile di un forte onere motivazionale). Il dato normativo non è in effetti per nulla chiaro – né quanto ai suoi presupposti generali (presupposti di “attivabilità” della procedura e requisiti per la loro “intellegibilità” da parte del destinatario), né quanto alle modalità applicative ai singoli immobili – e suscita reazioni giurisprudenziali diverse in relazione ai singoli aspetti appena richiamati. Sicché le decisioni di segno opposto possono giustificarsi almeno sino al momento in cui intervengono le citate sentenze di legittimità del 2015, che, pur relative a Comuni diversi da Roma, affermano principi generali idonei a disciplinare anche gli accertamenti romani e che infatti sarebbero stati successivamente adottati dalla giurisprudenza di legittimità anche per questi ultimi. In questo frangente temporale, tuttavia, si è inserito il “cigno nero” rappresentato dalla sentenza del 2016, anch’esso relativo ad accertamenti non romani, su cui si è invece fondata la quasi totalità della giurisprudenza della CTR Lazio.

Ecco il punto: quale utilità avrebbe avuto in questa vicenda un sistema predittivo “attivo”? Esso sarebbe stato sicuramente inefficace almeno sino alle sentenze del 2015, sarebbe forse entrato “in crisi” nel 2016 con la sentenza di segno contrario, ma dal 2018 in poi avrebbe sicuramente risparmiato diverse migliaia di ricorsi in Cassazione.

Come si vede, tuttavia, pur dopo la formazione del “diritto vivente” dal 2018, ci sono ancora commissioni tributarie che lo ignorano scientemente, non dandone neanche conto in motivazione, come se non esistesse, e richiamando giurisprudenza inconferente a supporto della tesi erariale.


3. Sulla causa di siffatte sentenze "imprevedibili" e sulla decisione robotica in campo tributario

Le osservazioni che precedono inducono a chiedersi su cosa vi sia alla base di queste sentenze che ignorano il diritto vivente – pur rappresentato dalla difesa evitando al giudice persino la fatica della ricerca giuridica “automatizzata” – senza neanche avere cura di illustrare gli argomenti di dissenso?

Dovendo escludere l’incuria per la completezza delle difese svolte e la provenienza del relatore, vi è forse alla base di questo modo di decidere l’applicazione di un inespresso “giudizio di valore”, che conduce spediti all’incalcolabilità giuridica ancor più di quanto non faccia già un giudizio espressamente formulato su valori?

Ma qui, ove mai un “valore” vi fosse, esso consisterebbe nel mero favor Fisci, nulla di più. Ci chiediamo allora: può ciò dipendere dal fatto che il giudizio tributario finisce per interessare “indirettamente” lo stesso giudice? Se l’obbligazione tributaria è “di riparto”, la minore imposta pagata dall’uno si risolve nel maggior pagamento dell’imposta da parte di un altro, giudici compresi; se il tributo è mezzo di finanziamento dei diritti sociali, la relativa erogazione coinvolge tutti, giudici compresi. Si può allora dire che manchi addirittura una posizione di “ontologico” distacco rispetto all’esito della causa e che ciò giustifichi esiti “imprevedibili” pro Fisco o esiti percentualmente più favorevoli all’erario, come le statistiche parrebbero indicare?

Di fronte all’arbitrio e al soggettivismo di cui la decisione della CTP richiamata è manifestazione paradigmatica, ci si potrebbe dunque chiedere se «quello del giudice-automa sia un buon paradigma idealtipico da opporre»,15 tanto più che dopo l’introduzione dell’art. 360-bis, co. 1, c.p.c. «si sono realizzate le condizioni che rendono possibile un largo impiego dei robot (…). Tali condizioni dunque consistono: nell’assoluta centralità della giurisprudenza (rectius, giurisdizione), nella forza vincolante per legge dei precedenti, almeno di quelli che costituiscono la “giurisprudenza della Corte”, nell’esistenza di una giurisprudenza che, sempre più meccanicamente, decide per precedenti».16

È noto che l’elenco degli argomenti contrari addotti alla concreta applicazione della decisione robotica è assai lungo, sicché una sua puntuale analisi eccederebbe ampiamente lo spazio di queste brevissime osservazioni.17 Per avere un’idea di massima, è sufficiente leggere il Report del Gruppo 1 (“Prevedibilità, predittività e umanità del giudicare”) reso nell’ambito della XIII Assemblea nazionale degli osservatori sulla giustizia civile, in cui, evidenziato il valore imprescindibile della prevedibilità delle decisioni, si propongono tutta una serie di rimedi di natura meramente organizzativa, stigmatizzando al contrario l’uso della giustizia predittiva sulla base: i) del principio di soggezione del giudice soltanto alla legge; ii) della previsione dell’accesso in magistratura soltanto per concorso; iii) della non trasparenza della decisione robotica; iv) del costituire l’algoritmo e i dati su cui lavora oggetto di una “scelta politica”, che non può sottrarsi alla legittimazione e al controllo democratico. Per giungere infine alla conclusione che «non può essere confusa la prevedibilità delle decisioni, con la loro predizione: la prima, “vede” un futuro esito giudiziario della lite la cui realizzazione è tutta da costruire; la seconda – nella sua forma propria e più estrema – si sostituisce ad esso immediatamente, con ciò cancellandolo e negando i valori che gli sono sottesi».18

Di contro, vi è chi invece vede nell’introduzione di modelli matematici nella giustizia la strada maestra per eliminare l’eccessiva discrezionalità interpretativa, dando certezza al diritto, maggiore celerità e semplificazione attraverso l’iniezione di una materia più certa come la matematica.19

Sicuramente, minori ostacoli incontra l’ipotesi in cui l’applicazione si limiti a leggere gli scritti delle parti e ad identificare l’argomento della questione da decidere e, conseguentemente, cerchi la giurisprudenza applicabile per determinare una o più possibili soluzioni alternative, fornendo magari anche dati percentuali del rapporto di frequenza con cui ciascuna di tali alternative ricorre. In tal modo, il giudice verrebbe sgravato di una parte importante del proprio lavoro, pur non imponendo ad esso la sentenza.20 Insomma, un modo evoluto per acquisire consapevolezza della giurisprudenza, per stabilizzarla, ma anche per avere un punto di partenza chiaro per eventuali modifiche alla giurisprudenza stabilizzata che siano tuttavia il frutto di profonde riflessioni ed adeguate motivazioni.21

All’analisi delle questioni generali, dovrebbe poi affiancarsi quella sulle specifiche caratteristiche della materia tributaria. Ad esempio, l’assenza di discrezionalità amministrativa, la forte “testualità” tributaria, il ricorso quasi inesistente all’analogia, la scarsa presenza di forme di vaghezza c.d. “socialmente tipica”, il privilegio tradizionalmente accordato alla testualità tributaria, la natura essenzialmente documentale del processo, costituiscono tutti elementi che agevolerebbero la c.d. “decisione robotica”; al contrario, la continua mutevolezza della legislazione e la forte “porosità” con il diritto unionale e con il diritto internazionale,22 con le conseguenti difficoltà di ricostruire la “norma” applicabile, si porrebbero quali elementi ad essa ostativi.

Tra le questioni di ordine generale, ne vorremmo segnalare una sola. Uno dei nodi principali della decisione robotica risiede nelle modalità di formazione e supervisione dell’algoritmo. Se la macchina non si preoccupa di un’eventuale influenza esterna, essa può invece essere condizionata dal suo programmatore, ossia da colui che elabora l’algoritmo che fa funzionare la macchina, la cui ideologia può influenzare a sua volta in modo decisivo la configurazione dell’algoritmo.23 La sua declinazione, in ambito tributario, è particolarmente delicata, proprio perché va evitato il rischio che si attribuisca rilievo all’interesse fiscale. Vale a dire, evitare che un pregiudizio individuale venga direttamente “istituzionalizzato”. Come andrebbe risolto il dubbio interpretativo tra i tanti possibili esiti tutti compatibili con gli ordinari canoni interpretativi? A favore del Fisco, o a favore del contribuente?

Di questo problema, mi pare emblematica la sentenza n. 8500/2021 resa dalle Sezioni Unite in relazione ai termini di decadenza nel caso di oneri pluriennali, in cui, tra (almeno) due possibili interpretazioni tutte argomentabili, la Corte ha scelto quella che nega in radice il valore della “certezza” del diritto, esponendo l’impresa all’indefinita azione di accertamento del Fisco. Se si pensa, infatti, che l’ammortamento di alcuni beni può superare i trent’anni e che il riporto delle perdite – che la sentenza, con ambizioni di trattazione organica e sistematica dell’istituto, “include” nel proprio ragionamento, pur non richiesta in tal senso – è addirittura illimitato, viene introdotto nel nostro ordinamento il nuovo istituto del c.d. “accertamento in perpetuum”. Un evento di gravità tale da aver già provocato la ribellione di una recente Commissione tributaria provinciale, resa in espresso ed argomentato dissenso dalle Sezioni Unite.24

Come perspicuamente rilevato,25 le interpretazioni non si giudicano con il parametro della “verità”, ma con quello della “giustizia”. Il diritto è infatti “argomentazione”, è “retorica”, ciò che consente di giustificare molti significati diversi di un medesimo testo o di un medesimo sistema di norme. Sicché, tra i vari significati, occorre preferire quello più “congruo” rispetto al problema che il diritto (globalmente inteso) intende risolvere, che soddisfi adeguatamente gli interessi in gioco. E le Sezioni Unite, restringendo al massimo il significato della “definitività”, per estendere quanto più possibile la possibilità di manovra dell’Agenzia delle Entrate, hanno fatto chiaramente prevalere l’interesse fiscale sull’esigenza di certezza e di consolidamento dei rapporti giuridici. Il che, si badi bene, non ha riflessi sono fiscali, se solo si pone mente all’ipotesi delle c.d. “clausole di indennizzo” contenute nei contratti di cessioni di partecipazioni, il cui orizzonte temporale risulterà adesso ampliato a dismisura, con intralcio ai traffici giuridici.


4. Conclusioni: in dubio contra Fiscum quale principio interpretativo “ultimo” nella configurazione dell’algoritmo?

Per concludere, per chi crede nel valore della “certezza del diritto”, anche quale fattore di sviluppo e di benessere economico di un sistema-Paese, vale sicuramente la pena di riflettere, de jure condendo, se il principio interpretativo “ultimo” da assumere nell’algoritmo nel caso di dubbio, possa essere individuato nella disposizione dell’ordinamento tributario ucraino, ripresa dalla Corte EDU nella decisione resa nel caso Shchokin c. Ucraina del 14 gennaio 2011, nn. 23759/03 e 37943/06,26 che, riproducendo in sostanza il brocardo in dubio contra Fiscum di “modestiniana” memoria,27 prevede che, nel caso di più possibili interpretazioni tutte compatibili con il testo legislativo, debba trovare applicazione quella più favorevole al contribuente.

Se il legislatore non è stato in grado di redigere una norma priva di ambiguità semantiche o sintattiche o non ha saputo sufficientemente “contenere” la vaghezza normativa, e il contribuente, dal canto suo, ha scelto ed applicato uno dei legittimi significati della disposizione, perché, tra i possibili significati, deve essere scelto proprio quello che gli impone di pagare il tributo (o gli nega il rimborso)?

1 G. LEGNINI, Introduzione, in AA.VV. (a cura di A. CARLEO), Decisione robotica, Bologna, 2019, p. 11.

2 Per i riferimenti bibliografici, si v. B. KUZNIACHI, The Marriage of Artificial Intelligence and Tax Law: Past & Present, Kluwer International Tax Blog, http://kluwertaxblog.com. Rileva, tuttavia, come anche nei settori più tecnici del diritto tributario, qual è il reddito di impresa, siano presenti aree di ampia indeterminatezza (ad es., la valutazione delle rimanenze, il principio di inerenza), S. DORIGO, Intelligenza artificiale e norme antiabuso: il ruolo dei sistemi “intelligenti” tra funzione amministrativa e attività giurisdizionale, in Rass. trib., 2019, pp. 728 e ss. Sul tema, sia consentito rinviare a G. MELIS, L’interpretazione nel diritto tributario, Padova, 2003, pp. 108 e ss.

3 M. MAUGERI, I robot e la possibile “prognosi” delle decisioni giudiziali, in AA.VV. (a cura di A. CARLEO), cit., p. 160.

4 Per una visione di sistema, A. GARAPON - J. LASSÈGUE, La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà, Bologna, 2021, pp. 171 e ss.

5 A. VOZZA, Intelligenza artificiale, giustizia predittiva e processo tributario, in Il Fisco, 2019, pp. 3154 e ss.

6 E. VINCENTI, Il “problema” del giudice-robot, in AA.VV. (a cura di A. CARLEO), cit., p. 116.

7 Si ricorda che la definizione di IA proposta dalla Commission for the Efficiency of Justice (CEPEJ) nell’ambito ella European Ethical Charter on the Use of Artificial Intelligence in Judicial Systems and their Environment è di «set of scientific methods, theories and techniques whose aim is to reproduce, by a machine, the cognitive abilities of human beings». Sulla prevedibilità delle decisioni attraverso modelli matematici, v. L. VIOLA, Interpretazione della legge con modelli matematici. Processo, a.d.r., giustizia predittiva, 2018, pp. 165 e ss.

8 O. MAZZOTTA, Algoritmi al servizio dell’uomo che giudica (mai però al suo posto), in Il Sole 24 Ore, 27 maggio 2021, p. 14.; M. LUCIANI, Decisione robotica, in AA.VV. (a cura di A. CARLEO), cit., p. 68, secondo cui si tratta, a monte, di una delle prestazioni di sicurezza di cui lo Stato moderno si fa erogatore.

9 Per una lucida visione di insieme, M.R. COVELLI, Dall’informatizzazione della giustizia alla «decisione robotica»? Il giudice del merito, in AA.VV. (a cura di A. CARLEO), cit., pp. 125 e ss.

10 N. IRTI, Il tessitore di Goethe (per la decisione robotica), in AA.VV. (a cura di A. CARLEO), Decisione robotica, cit., p. 19; id., Sulla relazione logica di conformità (precedente e susseguente), in AA.VV. (a cura di A. CARLEO, Il vincolo giudiziale del passato. I precedenti, Bologna, 2018, p. 23: “i precedenti suscitano un’aspettativa circa la futura decisione del giudice: essi permettono un calcolo di probabilità che può incitare o dissuadere la parte”.

11 A. DI PORTO, Avvocato-robot nel «nostro stare decisis», in AA.VV. (a cura di A. CARLEO), Decisione robotica, cit., p. 239.

12 L. LARRET-CHANINE, La justice prédictive, in AA.VV. (a cura di E. CALZOLAIO), La decisione nel prisma dell’intelligenza artificiale, Padova, 2020, p. 162, secondo cui «la justice prédictive est devenue un réalité».

13 Cfr. A. VOZZA, Intelligenza artificiale, giustizia predittiva e processo tributario, cit., pp. 3154 e ss.

14 CTP Roma, sez. 2, n. 7042/2021.

15 M. LUCIANI, Decisione robotica, in AA.VV. (a cura di A. CARLEO), cit., p. 75.

16 A. DI PORTO, Avvocato-robot nel «nostro stare decisis», in AA.VV. (a cura di A. CARLEO), Decisione robotica, cit., p. 239.

17 Ne fa un interessante catalogo, M. LUCIANI, Decisione robotica, in AA.VV. (a cura di A. CARLEO), cit., pp. 76 e ss.

18 C. CASTELLI, Giusto processo ed efficienza, in C. CASTELLI, D. PIANA, Giusto processo ed intelligenza artificiale, Santarcangelo di Romagna, 2019, p. 41.

19 L. VIOLA, Interpretazione della legge con modelli matematici, cit., p. 3.

20 J. NIEVA-FENOLL, Intelligenza artificiale e processo, traduzione e prefazione di P. COMOGLIO, Torino, 2019, p. 35.

21 A. VOZZA, Intelligenza artificiale, giustizia predittiva e processo tributario, cit., pp. 3154 e ss.

22 Sul tema specifico dell’IA applicata al diritto tributario internazionale vedi S. DORIGO, Intelligenza artificiale e norme antiabuso: il ruolo dei sistemi “intelligenti” tra funzione amministrativa e attività giurisdizionale, cit., pp. 728 e ss.

23 J. NIEVA-FENOLL, Intelligenza artificiale e processo, cit., p. 112.

24 C.T.P. Reggio Emilia (sentenza n. 162/1/21 del 14 giugno 2021)

25 G. FRANSONI, Le sezioni unite e la decadenza: una sentenza che farà danni, reperibile all’indirizzo https://fransoni.it/argomenti/le-sezioni-unite-e-la-decadenza-una-sentenza-che-fara-danni/.

26 «57. In this regard the Court cannot overlook the requirement of section 4.4.1 of the Law “On the procedure for payment of taxpayers' liabilities to budgets and state purpose funds” of 21 December 2000 which provided that if domestic legislation offered ambiguous or multiple interpretations of the rights and obligations of the taxpayers the domestic authorities were obliged to take the approach which was more favourable to the taxpayer. However, in the present case the authorities opted for the less favourable interpretation of the domestic law which resulted in the increase in the applicant's income tax liability. 58. The foregoing considerations are sufficient to enable the Court to conclude that the interference with the applicant's property rights was not lawful for the purpose of Article 1 of Protocol No. 1. It holds for this reason that there has been a violation of that provision».

27 «Non puto delinquere eum, qui in dubiis quaestionibus contra fiscum facile responderit» (D. 10, D. 49, 14).